Ricorso n. 96 del 7 ottobre 2004 (Regione Marche)
N. 96 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 ottobre 2004 (della Regione Marche)
(GU n. 42 del 27-10-2004)
Ricorso ai sensi dell'art. 127, secondo comma Cost., della
Regione Marche, in persona del presidente pro tempore della giunta
regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della giunta
regionale n. 1.091 del 21 settembre 2004, rappresentato e difeso
dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, piazza
Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio
Simonetta Sabatini di Ancona n. rep. 40.150 del 21 settembre 2004;
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e dell'art. 3, comma 1
del d.l. 12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il
contenimento della spesa pubblica, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 161 del 12 luglio 2004 suppl. ord.), nel testo
convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191 (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 luglio 2004 suppl. ord.), per
violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost.
F a t t o
1. - Il d.l. 12 luglio 2004, n. 168 (Inteventi urgenti per il
contenimento della spesa pubblica), nel testo convertito dalla legge
30 luglio 2004, n. 191 contiene alcune disposizioni che la Regione
Marche ritiene lesive della propria sfera di competenza
costituzionalmente garantita.
Si tratta, in particolare, della disposizione di cui all'art. 1
(Interventi correttivi di finanza pubblica), relativamente ai
seguenti commi:
comma 9, per il quale «la spesa annua sostenuta nell'anno
2004 dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, escluse le universita',
gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, per studi ed
incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei
all'amministrazione, deve essere non superiore alla spesa annua
mediamente sostenuta nel biennio 2001-2002, ridotta del 15 per cento.
L'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di
consulenze a soggetti estranei all'amministrazione in materie e per
oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica
dell'ente, deve essere adeguatamente motivato ed e' possibile
soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi
straordinari. In ogni caso va preventivamente comunicato agli organi
di controllo ed agli organi di revisione di ciascun ente.
L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al
presente comma costituisce illecito disciplinare e determina
responsabilita' erariale. Le pubbliche amministrazioni,
nell'esercizio dei diritti dell'azionista nei confronti delle
societa' di capitali a totale partecipazione pubblica, adottano le
opportune direttive per conformarsi ai principi di cui al presente
comma. Le predette direttive sono comunicate in via preventiva alla
Corte dei conti. La disposizione di cui al presente comma non si
applica agli organismi collegiali previsti per legge o per
regolamento, ovvero dichiarati comunque indispensabili ai sensi
dell'art. 18 della legge 28 dicembre 2001, n. 448»;
comma 10, per il quale: «la spesa annua sostenuta nell'anno
2004 dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per missioni all'estero e
spese di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, deve essere
non superiore alla spesa annua mediamente sostenuta negli anni dal
2001 al 2003, ridotta del 15 per cento. Gli atti e i contratti posti
in essere, dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in
violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del
presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano
responsabilita' erariale. Gli organi di controllo e gli organi di
revisione di ciascun ente vigilano sulla corretta applicazione del
presente comma. Il limite di spesa stabilito dal presente comma puo'
essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato
provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione,
da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi
di revisione dell'ente»;
comma 11, per il quale «in coerenza con le riduzioni di spesa
per consumi intermedi previste dal presente articolo, ai fini della
tutela dell'unita' economica della Repubblica, ciascuna regione a
statuto ordinario, ciascuna provincia e ciascun comune con
popolazione superiore a 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2004-2006
assicurando che la spesa per l'acquisto di beni e servizi, esclusa
quella dipendente dalla prestazione di servizi correlati a diritti
soggettivi dell'utente, sostenuta nell'anno 2004 non sia superiore
alla spesa annua mediamente sostenuta negli anni dal 2001 al 2003,
ridotta del 10 per cento. Tale riduzione si applica anche alla spesa
per missioni all'estero e per il funzionamento di uffici all'estero,
nonche' alle spese di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni
ed alla spesa per studi di incarichi di consulenza conferiti ai sensi
del comma 6 dell'art. 110 del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267. Si applicano il secondo, il terzo ed il quarto
periodo del comma 10. Per le regioni e gli enti locali che hanno
rispettato, per l'anno 2003 e fino al 30 giugno 2004, gli obiettivi
previsti relativamente al Patto di stabilita' interno, la riduzione
del 10 per cento non si applica con riferimento alle spese che siano
gia' state impegnate alla data di entrata in vigore del presente
decreto»;
nonche' della disposizione di cui all'art. 3 (Disposizioni in
materia di finanza regionale), relativamente al primo comma, per il
quale «1. All'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il
comma 21, sono inseriti i seguenti. "21-bis. In deroga a quanto
stabilito dal comma 18, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano possono ricorrere all'indebitamento per finanziare contributi
agli investimenti a privati entro i seguenti limiti:
a) impegni assunti al 31 dicembre 2003, al netto di quelli
gia' coperti con maggiori entrate o minori spese, derivanti da
obbligazioni giuridicamente perfezionate, finanziati con ricorso
all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla
legge di assestamento del bilancio 2004.
b) impegni assunti nel corso dell'anno 2004, derivanti da
obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultante
dall'elencazione effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla
data di approvazione della legge di bilancio per l'anno 2004, con
esclusione di qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata
successivamente.
21-ter. L'istituto finanziatore puo' concedere i finanziamenti
destinati ai contributi agli investimenti a privati soltanto se
compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto
ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale».
2. - La Regione Marche, con deliberazione della giunta n. 1.091
del 21 settembre 2004 ha deliberato di impugnare davanti a questa
Corte le norme sopra richiamate, perche' illegittime e lesive
dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla
stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di
D i r i t t o
3. - Illegittimita' dell'art. 1, commi 9, 10 , 11 e del d.l. 12
luglio 2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004,
n. 191, per violazione dell'art. 3 Cost. e per lesione della sfera di
competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione
dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost.
L'art. 1, commi 9, 10 e 11 del decreto-legge 12 luglio 2004, nel
testo convertito dalla legge 191/2004, prevede una disciplina
esaustiva che stabilisce le specifiche categorie di spesa sulle quali
gli enti devono operare, che vengono cosi' privati della possibilita'
di effettuare scelte autonome all'interno dei propri bilanci.
Il legislatore statale, con tali disposizioni vincolanti e
dettagliate viola l'autonomia di spesa costituzionalmente garantita
dall'art. 119 Cost. e il riparto di competenze di cui all'art. 117,
terzo comma Cost., dal momento che spetta allo Stato, in sede di
legislazione concorrente, la sola «determinazione dei principi
fondamentali nella materia compresa nella endiadi espressa dalla
indicazione di "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, terzo
comma; art. 119, secondo comma, della Costituzione riguardante i
"tributi e le entrate propri" delle regioni ed enti locali)» (Corte
costituzionale, 10 gennaio 2004, n. 17, punto 3.2 parte in diritto).
In particolare, il comma 9 dell'art. 1 e' illegittimo per la
parte in cui vincola le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, escluse le
universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati (quindi,
per espressa disposizione della norma, «le aziende ed amministrazioni
dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i
comuni, le comunita' montane e loro consorzi e associazioni ... tutti
gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, le
amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300») a determinate specifiche categorie di spesa
(«per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei
all'amministrazione»), privandole di autonoma scelta decisionale
relativamente ai propri bilanci, in palese violazione dell'art. 119
Cost.
Analoga censura deve essere operata con riferimento al successivo
comma 10, che, fra l'altro, non opera discriminazioni tra le
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ricomprendendo pertanto anche le
universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati.
Lo stesso comma 10, nella parte introdotta in sede di
conversione, prevede che «il limite di spesa stabilito dal presente
comma puo' essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un
motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice
dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di
controllo ed agli organi di revisione dell'ente», consentendo,
pertanto, di superare il limite di spesa in casi eccezionali solo per
le missioni all'estero, le spese di rappresentanza, le relazioni
pubbliche ed i convegni (che per la circolare n. 31 del 3 agosto 2004
del Ministero dell'economia e delle finanze, Dip. Ragioneria generale
dello Stato, «sono da considerare quali spese pr funzionamento per
consumi intermedi (SEC '95 - classificazione economica dei capitoli
di spesa- allegato 2)»), ma non per altre categorie attinenti agli
obiettivi strategici degli enti, comprimendo in tal modo
ulteriormente l'autonomia degli enti stessi, in violazione
dell'art. 119 Cost.
Inoltre, il comma 9, il comma 10 e il comma 11 si riferiscono
all'esercizio dell'anno 2004, senza tenere conto della natura e della
struttura delle entrate dei singoli enti, con obiettivi che pertanto
devono essere conseguiti nell'ultimo semestre, per cui incidono sui
criteri di programmazione in atto, in violazione dell'art. 119
Cost.).
Sempre il comma 11, da un lato, impone una riduzione della spesa
privando gli enti territoriali di un autonomo spazio decisionale
(nonostante il parere favorevole della VI Commissione Finanze della
Camera dei deputati che nella seduta del 21 luglio 2004 aveva
osservato «in riferimento all'art. 1, comma 11, valuti la Commissione
di merito l'opportunita' di prevedere che la riduzione, ivi prevista,
delle spese per consumi intermedi da parte delle regioni a statuto
ordinario, delle province e dei comuni con popolazione superiore a
5000 abitanti, sia riferita alle spese correnti, limitatamente ai
beni e servizi, al fine di garantire comunque a tali enti un residuo
ambito di discrezionalita' nell'effettuazione medesima»), dall'altro
applica un parametro rigido, il 10%, indiscriminatamente a tutti gli
enti, senza tenere conto delle loro effettive disponibilita'
finanziarie ne' dell'andamento delle entrate e delle spese, in
violazione dell'art. 3 Cost. Infine il vincolo previsto dall'ultimo
periodo del comma 11, introdotto in sede di conversione («per le
regioni e gli enti locali che hanno rispettato, nell'anno 2003 e fino
al 30 giugno 2004, gli obiettivi previsti relativamente al Patto di
stabilita' interno, la riduzione del 10 per cento non si applica con
riferimento alle spese che siano gia' state impegnate alla data di
entrata in vigore del presente decreto») si aggiunge a quelli
previsti dal Patto di stabilita' interno, comportando una doppia
penalizzazione a carico degli enti piu' virtuosi, in violazione
dell'art. 3 Cost.
4. - Illegittimita' dell'art. 3, primo comma del d.l. 12 luglio
2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004,
n. 191, per lesione della sfera di competenza legislativa regionale,
particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost.
L'art. 3, comma 1 del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, nel testo
convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, prevede che «1.
All'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il comma 21,
sono inseriti i seguenti. "21-bis. In deroga a quanto stabilito dal
comma 18, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
possono ricorrere all'indebitamento per finanziare contributi agli
investimenti a privati entro i seguenti limiti:
c) impegni assunti al 31 dicembre 2003, al netto di quelli
gia' coperti con maggiori entrate o minori spese, derivanti da
obbligazioni giuridicamente perfezionate, finanziati con ricorso
all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla
legge di assestamento del bilancio 2004.
d) Impegni assunti nel corso dell'anno 2004, derivanti da
obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultante
dall'elencazione effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla
data di approvazione della legge di bilancio per l'anno 2004, con
esclusione di qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata
successivamente.
21-ter. L'istituto finanziatore puo' concedere i finanziamenti
destinati ai contributi agli investimenti a privati soltanto se
compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto
ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale».
E' cosi' prevista una deroga all'art. 3, comma 18, della legge 24
dicembre 2003, n. 350, norma che, ai fini di cui all'art. 119, sesto
comma, delimita la nozione di investimenti, ricomprendendovi:
a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
f) le parteczazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui
concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche
anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio».
La norma di cui all'art. 3, comma 1 del d.l. n. 168/2004, pur
ammettendo l'indebitamento per finanziare contributi agli
investimenti a privati, concede la facolta' di ricorrervi in via
transitoria e subordinatamente a condizioni precise e dettagliate. La
norma cosi' introdotta, finalizzata a dare attuazione e integrare un
principio presente nell'art. 119, ultimo comma Cost., viola
l'autonomia di spesa costituzionalmente riconosciuta e garantita alle
regioni dal primo comma dell'art. 119 Cost. Ne' il principio
costituzionale di cui all'art. 119, ultimo comma, Cost. puo' essere
oggetto di autonoma interpretazione del legislatore nazionale e
definito nei suoi aspetti applicativi direttamente dalla legge
statale, escludendo l'intervento o una possibilita' di definizione da
parte del legislatore regionale.
In particolare, nel disciplinare l'indebitamento delle regioni e
degli enti locali con previsioni di dettaglio non riconducibili ai
principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario di cui all'art. 119 della Costituzione, la norma impugnata
viola l'autonomia finanziaria garantita agli enti sub-statali proprio
dall'art. 119 della Costituzione.
L'art. 119, secondo comma Cost. prevede, infatti, che l'autonomia
finanziaria delle regioni si muova «secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»,
presupponendo l'applicazione dell'art. 117, terzo comma Cost., che
ricomprende il coordinamento tra le materie oggetto di legislazione
concorrente.
Cosi', al fine di delimitare la portata del coordinamento, si
deve ritenere che il confronto con la precedente versione
dell'art. 119 impedisce di intendere questa locuzione nel senso che
il potere impositivo e' conferito dalla legge statale che fissa i
principi del coordinamento: infatti, mentre il precedente testo
conferiva alla legge statale il duplice compito di disciplinare le
forme ed i limiti dell'autonomia finanziaria e, una volta fatto cio',
di coordinare tale autonomia; in base alla nuova versione,
l'autonomia finanziaria, comprensiva questa volta dell'autonomia di
entrata, e' attribuita direttamente dalla Costituzione ed il
coordinamento, eventualmente effettuato dallo Stato, interviene su
una potesta' gia' preesistente.
In altri termini, lo Stato, in quanto non sovraordinato alle
regioni nelle materie di legislazione concorrente (e, quindi, in
materia di coordinamento), resta di conseguenza titolare di un potere
di coordinamento nei confronti delle regioni e degli enti locali solo
per quanto attiene alla determinazione dei principi fondamentali. E
tale potere svolge non in quanto Stato-persona e cioe' come ente
equiordinato rispetto agli ordinamenti coordinati (tra i quali e'
compreso lo stesso Stato-persona) bensi' quale Stato-ordinamento e
cioe' in nome e nell'interesse (non della finanza statale, ma) della
finanza pubblica nel suo complesso. I limiti alla «competenza»
finanziaria regionale imposti dalla legge statale derivano, quindi,
solo dalla tutela di interessi pubblici generali che fanno capo
all'ordinamento generale e non all'ordinamento particolare
concorrente dello Stato-persona.
Il legislatore statale puo' dettare principi, ma - proprio
perche' diretti ad attuare il previsto coordinamento - tali principi
debbono essere inseriti in una disciplina che determini
contestualmente i «principi generali», «non potendosi ammettere in
mancanza di cio' l'emanazione di discipline autonome delle singole
regioni» (Corte costituzionale, 16 gennaio 2004, n. 16, punto 6 parte
in diritto; in precedenza sentenze 26 settembre 2003, n. 296; 26
settembre 2003, n. 297; 15 ottobre 2003, n. 311). E', infatti,
evidente come «cio' richieda altresi' la definizione di una
disciplina transitoria che consenta l'ordinato passaggio dall'attuale
sistema, caratterizzato dalla permanenza di una finanza regionale e
locale ancora in non piccola parte «derivata», cioe' dipendente dal
bilancio statale, e da una disciplina statale unitaria di tutti i
tributi, con limitate possibilita' riconosciute a regioni ed enti
locali di effettuare autonome scelte, ad un nuovo sistema» (Corte
costituzionale, 26 gennaio 2004, n. 37).
La determinazione di norme, per di piu' di dettaglio, nell'ambito
delle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, risulta -
anche sotto questo profilo - illogica e lesiva delle competenze
regionali.
Il coordinamento della finanza pubblica costituisce un ambito
residuale di intervento sulla autonomia finanziaria delle regioni e
degli enti locali, che investe tutto cio' che non riguarda
direttamente i tributi propri, che non puo' comprimere e comunque
ledere le competenze regionali con una puntuale elencazione degli
«investimenti» e degli «indebitamenti» ammessi, di cui al primo comma
dell'art. 3 della legge impugnata, che finiscono per condizionare in
termini stringenti - e, come tali, inammissibili - la stessa
capacita' di esercizio autonomo delle competenze legislative ed
amministrative delle regioni.
La finanza derivata che il vecchio art. 119 Cost. prevedeva per
gli enti locali e' divenuta con la riforma una finanza
autosufficiente correlata alle nuove responsabilita' dell'ente
regione, che trova stabilita' proprio nel collegamento
dell'indebitamento con le spese di investimento, considerato che il
finanziamento con debito degli investimenti locali e' del tutto
fisiologico.
La tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura
economica della spesa e i trasferimenti in conto capitale ai privati
non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto consolidato
di investimento. La compressione della competenza regionale e'
pertanto evidente per la parte in cui la norma impugnata prevede una
restrizione non giustificata per il finanziamento mediante ricorso
all'indebitamento degli interventi destinati alla realizzazione di
investimenti riferiti ai trasferimenti in conto capitale a favore di
privati e, quindi, produce - in assenza di qualsiasi previo
meccanismo di coordinamento o di intesa - un'alterazione consistente
degli equilibri dei bilanci regionali: dati i ristretti margini di
autofinanziamento delle regioni, la quasi totalita' delle spese
regionali di investimento sono, infatti, finanziate con
l'indebitamento.
In definitiva, la disciplina posta dallo Stato si pone in
contrasto con il sistema costituzionale vigente che attribuisce alle
regioni potesta' normativa nel quadro dei principi fondamentali
stabiliti dalla legge statale, che deve essere pertanto legge di
coordinamento e non di dettaglio.
Allo Stato deve spettare il compito di dettare gli indirizzi
fondamentali della finanza pubblica nel suo complesso, senza
intaccare con disposizioni precettive e di dettaglio l'autonomia
delle regioni e degli enti locali, rimanendo la disciplina specifica
oggetto di disposizioni di rango regionale, nel rispetto delle
prerogative degli enti locali e della loro autonomia normativa di
rango regolamentare, questo perche' il ruolo proprio dello Stato
(dello Stato-ordinamento) sia quello di garante di ultima istanza;
esso ha, cioe', la funzione di definire e concretamente implementare
sistemi che garantiscano il cittadino rispetto a distorsioni nei
meccanismi attraverso i quali le scelte pubbliche sono decise, fermo
restando il coinvolgimento delle regioni nelle decisioni di spesa
necessarie al rispetto dei parametri economici comunitari, compresi
quelli relativi al Patto di stabilita' e l'onere per il legislatore
ordinario di autolimitare responsabilmente la portata del proprio
spazio normativo.
Di conseguenza «l'autofinanziamento delle funzioni attribuite
alle regioni ed enti locali non costituisce altro se non un
corollario della potesta' legislativa regionale esclusiva in materia
di ordinamento ed organizzazione amministrativa, affinche' per tale
via possa trovare compiuta realizzazione il principio piu' volte
ribadito ... circa il parallelismo fra responsabilita' di disciplina
della materia e responsabilita' finanziaria» (Corte costituzionale,
16 gennaio 2004, n. 17, punto 4.2 parte in diritto).
Si deve anche rilevare che l'art. 3, commi da 16 a 20 della legge
n. 350, precisa quali siano le ipotesi nelle quali le regioni e gli
enti locali possono ricorrere all'indebitamento, esplicitamente dando
attuazione all'art. 119 Cost.
Sotto questo profilo, la disciplina impugnata risulta illegittima
per la parte in cui precisa in modo dettagliato - con riferimento
essenzialmente agli investimenti delle regioni e degli enti locali -
quale sia il concetto di spese di investimento.
La norma costituzionale, nel porre l'obbligo di ricorrere
all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, ha fatto
riferimento al concetto di spese di investimento presente
nell'ordinamento della contabilita' dello Stato. E cioe' ha inteso -
e non poteva non intendere - le spese di investimento come le «spese
in conto capitale (o di investimento)» di cui all'art. 3, comma 2
della legge n. 62 del 1964. E la parte in conto capitale - come
precisa l'art. 6, comma 2 della legge n. 468 del 1978 - comprende le
partite che attengono agli investimenti «diretti» ed «indiretti»,
ecc.
Si tratta di definizioni dettate in via generale per l'intera
contabilita' pubblica che, come tali, costituiscono il limite posto
dalla norma costituzionale.
La fissazione da parte della legge statale di che cosa si debba
intendere per spese di investimento, con specifico riferimento
all'indebitamento delle regioni e degli enti locali, implica una
interferenza del legislatore statale sulla gestione della spesa delle
regioni, in quanto la limitazione delle categorie di spese
classificabili come spese di investimento orienta, in modo
vincolante, la capacita' di spesa delle autonomie locali,
comprimendone in modo illegittimo l'autonomia finanziaria.
Infatti, la determinazione di specifiche spese di investimento
ammissibili significa porre un vincolo alle capacita' di gestire le
risorse da reperire mediante indebitamento. Ed in sostanza il
legislatore statale finisce per dettare regole di gestione della
finanza locale che non solo comprimono l'autonomia finanziaria delle
regioni, ma che possono anche impedire ad esse spese di investimento
in grado di rendere «virtuosa» la gestione finanziaria, in funzione
dello sviluppo locale.
P. Q. M.
Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e dell'art. 3, primo comma del d.l. 12
luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il contenimento della
spesa pubblica), nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004,
n. 191, per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost.
Roma, addi' 27 settembre 2004
Prof. avv. Stefano Grassi