Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 ottobre 2015 (della Regione Liguria) .
 


(GU n. 51 del 2015-12-23)

     Ricorso della Regione Liguria  (C.F.  e  P.I.  …),  in
persona del Presidente della Giunta Regionale e legale rappresentante
pro tempore, Dott. Giovanni Toti (C.F.  …),  con  sede
legale in Genova, Piazza De Ferrari, 1, rappresentata  e  difesa,  ai
fini del presente giudizio, con facolta' anche  disgiunte,  dall'Avv.
Barbara Baroli Mariniello (C.F. …) e  dall'Avv.  Prof.
Giuseppe Franco Ferrari (C.F.  ..),  giusta  procura  a
margine del presente ricorso e delibera  della  Giunta  Regionale  n.
1079 dell'8 ottobre 2015 (doc. n. 1), con domicilio eletto presso  lo
studio del secondo in Roma, Via di Ripetta,  142  e  indicazione  del
numero di fax  …  e  dell'indirizzo  di  posta  elettronica
certificata  …  per  ogni  futura
comunicazione;
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  per  la
dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies,
commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 19 giugno 2015, recante  Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni  per  garantire
la continuita' dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 19.6.2015, n. 140,  S.O
e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, 1. n.
125 del 6 agosto 2015, pubblicata in  Gazzetta  Ufficiale  14  agosto
2015, n. 188, S.O.
 
                                Fatto
 
    Con il  presente  ricorso,  la  Regione  Liguria  impugna  l'art.
9-septies (Rideterminazione del livello di finanziamento del Servizio
sanitario nazionale) del d.l. 19 giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni  per  garantire
la continuita' dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), introdotto dalla legge di conversione 6 agosto 2015, n.
125 (Conversione in legge, con modificazioni,  del  decreto-legge  19
giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia  di  enti
territoriali), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2015, n.
188, S.O.
    In particolare, oggetto di censura sono i commi 1 e  2  dell'art.
9-septies, di seguito riportati:
        «1. Ai fini del  conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica di cui all'art. 46, comma 6,  del  decreto-legge  24  aprile
2014, n. 66, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23  giugno
2014, n. 89 e successive modificazioni, e  in  attuazione  di  quanto
stabilito dalla  lettera  E.  dell'intesa  sancita  dalla  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  in  data  26  febbraio  2015  e
dall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano  in
data 2 luglio 2015, nonche' dagli articoli da 9-bis  a  9-sexies  del
presente decreto, il livello del finanziamento del Servizio sanitario
nazionale a cui concorre lo Stato, come  stabilito  dall'articolo  1,
comma  556,  della  legge  23  dicembre  2014,  n.  190  e'   ridotto
dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015.
    2. Le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  al
fine di salvaguardare i livelli  essenziali  di  assistenza,  possono
comunque conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma
1 anche adottando misure alternative, purche' assicurino l'equilibrio
del bilancio sanitario con il livello del finanziamento ordinario».
    In altri termini, la disciplina di cui  al  comma  1  citato,  in
asserita attuazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  di  cui
all'articolo 46, comma 6, del d.l. n. 66/2014, nonche' di due  intese
sancite in  Conferenza  Stato-Regioni  (rispettivamente  in  data  26
febbraio 2015 e 2 luglio 2015), nonche' degli  articoli  da  9-bis  a
9-sexies  del  medesimo  decreto-legge  n.  78  del  2015,  anch'essi
inseriti in sede  di  conversione,  dispone  un  taglio  lineare  del
finanziamento statale al Servizio sanitario nazionale nella misura di
euro 2.532 milioni di euro «a decorrere dal 2015».
    La disciplina contenuta nel comma  2,  invece  (con  formulazione
peraltro di non immediata comprensione come si dira' infra), fa salva
la possibilita', per le Regioni e le Province autonome, «al  fine  di
salvaguardare i livelli essenziali di assistenza»  (indipendentemente
dal taglio disposto dal  primo  comma),  di  «conseguire  l'obiettivo
economico-finanziario di  cui  al  comma  1  anche  adottando  misure
alternative, purche' assicurino l'equilibrio del  bilancio  sanitario
con il livello del finanziamento ordinario».
    Piu' nel dettaglio, per quanto concerne il comma 1, la disciplina
impugnata si presenta come diretta a ridurre la  spesa  sanitaria,  a
partire dall'esercizio in corso, in una misura fissa  (2.352  milioni
di euro) e in via definitiva, con previsione di applicazione  annuale
del «taglio» di spesa, senza limite di tempo.
    Come anticipato, la riduzione del finanziamento del SSN  prevista
dal  comma  1  vuole  apparire  funzionale  al  conseguimento   degli
obiettivi di finanza pubblica di cui all'articolo 46,  comma  6,  del
d.l. n. 66 del 2014 e coordinata con le  misure  di  risparmio  e  di
contenimento della spesa sanitaria  disciplinate  negli  articoli  da
9-bis a 9-sexies richiamati.
    A tale proposito, occorre, quindi, riportare  per  esteso  l'art.
46, comma 6, citato, ricordando sin d'ora che gli ultimi due  periodi
- cui si riferisce segnatamente l'art. 9-septies, comma 1,  del  d.l.
n. 78/2915 - sono stati aggiunti dall'art. 1, comma  398,  lett.  c),
della legge di stabilita' 2015, n. 190 del 2014:
        «Le   regioni   a   statuto   ordinario,    in    conseguenza
dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di  coordinamento
della finanza pubblica introdotti dal presente decreto e a valere sui
risparmi  derivanti   dalle   disposizioni   ad   esse   direttamente
applicabili  ai  sensi  dell'articolo  117,  comma   secondo,   della
Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica  pari  a
500 milioni di euro per l'anno 2014 e di  750  milioni  di  euro  per
ciascuno degli anni dal 2015 al  2018,  in  ambiti  di  spesa  e  per
importi proposti in sede di autocoordinamento delle regioni medesime,
da recepire con Intesa sancita  dalla  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, di Trento e
di Bolzano, entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed
entro il settembre 2014, con riferimento agli anni 2015  e  seguenti.
In assenza di tale intesa entro i predetti termini, con  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,   da   adottarsi,   previa
deliberazione del Consiglio  dei  Ministri,  entro  20  giorni  dalla
scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad
ambiti di  spesa  ed  attribuiti  alle  singole  regioni  e  Province
autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto  del  Pil  e  della
popolazione  residente,   e   sono   rideterminati   i   livelli   di
finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione
delle risorse da  parte  dello  Stato.  Per  gli  anni  2015-2018  il
contributo delle  regioni  a  statuto  ordinario,  di  cui  al  primo
periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti  di
spesa e per  importi  complessivamente  proposti,  nel  rispetto  dei
livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento  dalle
regioni da recepire con intesa sancita  dalla  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, entro  il  31  gennaio  2015.  A  seguito  della
predetta intesa sono rideterminati i livelli di  finanziamento  degli
ambiti individuati e le modalita' di acquisizione  delle  risorse  da
parte dello Stato. In  assenza  di  tale  intesa  entro  il  predetto
termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto  previsto  al  secondo
periodo, considerando anche le  risorse  destinate  al  finanziamento
corrente del Servizio sanitario nazionale».
    Per  quanto  riguarda  le   due   intese   sancite   nella   sede
inter-istituzionale, delle quali la disciplina denunciata si presenta
come attuativa, occorre  anzitutto  riportare  quanto  previsto  alla
lettera E dell'intesa in data 26 febbraio 2015:
        «Ai sensi dell'art. 30, comma 2, del Patto  della  Salute  di
cui all'Intesa  del  10  luglio  2014  Governo,  Regioni  e  Province
Autonome, entro il 31 marzo 2015, con Intesa da sancire  in  sede  di
Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome  individuano  misure  di
razionalizzazione ed efficientamento della spesa del SSN.  Procedono,
altresi', al rafforzamento dei  sistemi  di  monitoraggio  in  ordine
all'attuazione del Regolamento  sugli  standard  ospedalieri  di  cui
all'Intesa Stato-Regioni e Province Autonome del 5  agosto  2014.  Le
regioni  e  province  autonome  potranno  conseguire,  comunque,   il
raggiungimento dell'obiettivo finanziario intervenendo su altre  aree
della spesa sanitaria,  alternative  rispetto  a  quelle  individuate
dalla citata Intesa da sancire entro il 31 marzo 2015, ferma restando
la garanzia di raggiungimento dell'equilibrio di bilancio del proprio
servizio sanitario regionale, assicurando, in ogni caso, economie non
inferiori  a  2.352  milioni  di  euro  alle  quali  corrisponde  una
conseguente rideterminazione delle risorse individuate  dall'art.  1,
comma 556, della legge n. 190/2014» (che si ritrascrive  di  seguito:
«Il livello del finanziamento del Servizio Sanitario nazionale a  cui
concorre lo Stato e' stabilito in  112.062.000.000  euro  per  l'anno
2015 e in 115.444.000.000  euro  per  l'anno  2016,  salve  eventuali
rideterminazioni  in  attuazione  dell'articolo  46,  comma  6,   del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,  convertito  con  modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dal comma 398  del
presente articolo, in attuazione di quanto previsto dall'articolo  1,
comma 1, del Patto per la salute»).
    Nel preambolo del decreto-legge n. 78 del 2015 si fa riferimento,
tra l'altro, alla «necessita' e urgenza di specificare ed  assicurare
il contributo alla finanza pubblica da parte degli enti territoriali,
come sancito nell'Intesa raggiunta in sede di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano nella riunione del 26 febbraio 2015».
    E'  importante  sottolineare  fin  d'ora  che   le   disposizioni
impugnate rinviano all'intesa in data 10 luglio 2014, con la quale e'
stato sottoscritto il Patto per la salute 2014-2016, che all'art.  1,
comma 1, aveva fissato - al  fine  di  garantire  il  rispetto  degli
obblighi comunitari e la realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica per il predetto  triennio  -  in  112.062.000.000  euro  per
l'anno 2015 e in 115.444.000.000 euro per l'anno 2016 il livello  del
finanziamento  del  SSN  cui  concorre  lo  Stato,  «salvo  eventuali
modifiche che si rendessero necessarie in relazione al  conseguimento
degli obiettivi  di  finanza  pubblica  e  a  variazioni  del  quadro
macroeconomico», con conseguente applicazione dell'art. 30,  comma  2
(a norma del quale «in caso di modifiche  normative  sostanziali  e/o
degli importi di cui all'art.  1,  ove  necessarie  in  relazione  al
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni  del
quadro macroeconomico, la  presente  intesa  dovra'  essere  altresi'
oggetto di revisione»).
    Le disposizioni legislative impugnate, come si e' detto, rinviano
anche all'intesa in data 2 luglio 2015, con la quale,  sub  G.1.,  si
prevede quanto segue:
        «Ai  fini  del  conseguimento  degli  obiettivi  di   finanza
pubblica di cui all'art. 46, comma 6,  del  decreto-legge  24  aprile
2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014,
n. 89 e in attuazione di quanto stabilito dall'Intesa  sancita  dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e  Bolzano  in  data  26  febbraio  2015,
prevista dall'art. 1, comma 398, della legge  23  dicembre  2014,  n.
190, il livello del finanziamento del SSN a cui  concorre  lo  Stato,
come stabilito dall'articolo 1, comma 556, della  legge  23  dicembre
2014, n. 190 e' ridotto dell'importo  di  2.352  milioni  di  euro  a
decorrere dal 2015.  Conseguentemente  per  l'anno  2015  le  risorse
disponibili per il SSN sono pari a 109.715 miliardi  di  euro  e  per
l'anno 2016 sono  pari  a  113.097  miliardi  di  euro,  che  saranno
ripartiti  in  base  agli  attuali  criteri  previsti   dal   decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68».
    Mette conto ricordare che il comma 398 citato aggiunge al comma 6
dell'art. 46 del d.l. n. 66 del 2014 i  seguenti  periodi:  «Per  gli
anni 2015-2018 il contributo delle regioni a  statuto  ordinario,  di
cui al primo periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro  annui
in ambiti di spesa  e  per  importi  complessivamente  proposti,  nel
rispetto  dei  livelli  essenziali  di   assistenza,   in   sede   di
autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita  dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A
seguito  della  predetta  intesa  sono  rideterminati  i  livelli  di
finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione
delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale  intesa  entro
il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica  quanto  previsto
al secondo  periodo,  considerando  anche  le  risorse  destinate  al
finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale».
    La medesima intesa in data 2 luglio, sub  G.2,  prevede  che  «Le
Regioni a seguito di quanto convenuto al punto E) dell'Intesa del  26
febbraio 2015, in relazione alla previsione di  rideterminazione  del
livello  del  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  ivi
contenuta, hanno iniziato a porre in essere azioni di contenimento ed
efficientamento della dinamica della spesa dei propri SSR».
    Occorre sin d'ora sottolineare che  la  Regione  Liguria  non  ha
partecipato all'intesa in data 2 luglio 2015 e non  ha  approvato  le
previsioni in essa contenute.
    Per quanto riguarda il comma 2 dell'impugnato art. 9-septies («Le
regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  al  fine  di
salvaguardare i livelli essenziali di  assistenza,  possono  comunque
conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma 1  anche
adottando misure alternative,  purche'  assicurino  l'equilibrio  del
bilancio sanitario con il livello del finanziamento ordinario»), esso
va messo in relazione con la riportata lettera E dell'intesa in  data
26 febbraio 2015, laddove questa stabiliva che «Le regioni e province
autonome   possono   conseguire,    comunque,    il    raggiungimento
dell'obiettivo finanziario intervenendo su  altre  aree  della  spesa
sanitaria, alternative rispetto a  quelle  individuate  dalla  citata
Intesa da sancire entro il 31 marzo 2015, ferma restando la  garanzia
di raggiungimento dell'equilibrio di bilancio  del  proprio  servizio
sanitario  regionale,  assicurando,  in  ogni  caso,   economie   non
inferiori  a  2.352  milioni  di  euro  alle  quali  corrisponde  una
conseguente rideterminazione delle risorse individuate  dall'art.  1,
comma 556, della legge n. 190/2014» (enfasi aggiunta).
    In definitiva, ipotizzando di suddividere  il  «taglio»  disposto
dalle disposizioni censurate tra le Regioni sulla  base  del  riparto
risultante dalla Intesa Stato-Regioni n. 173/2014, avente ad  oggetto
la Nuova proposta del Ministero della  salute  di  deliberazione  del
CIPE concernente il  riparto  tra  le  Regioni  delle  disponibilita'
finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno  2014,  il
pregiudizio economico che la Regione esponente e' destinata a  subire
in termini di riduzione del finanziamento puo' essere quantificato in
circa sessantacinque milioni di euro, importo che  -  come  si  dira'
meglio infra  -  non  trova  capienza  nei  risparmi  presumibilmente
conseguibili  attraverso  le  misure  di  contenimento  della   spesa
previste dalle disposizioni di cui agli artt. da 9-bis a 9-sexies  (i
cui  effetti  potranno  eventualmente  percepirsi  nell'ambito  delle
annualita'  successive  al  2015,  tenuto  conto  delle   tempistiche
necessarie per la loro effettiva attuazione).
    Cosi' ricostruito il quadro normativo  in  cui  si  inserisce  la
previsione censurata e le immediate ricadute che la sua  applicazione
e' idonea a produrre sul servizio sanitario regionale,  si  evidenzia
che l'art. 9-septies, commi 1 e 2, del d.l. n. 78  del  2015  risulta
manifestamente illegittimo per le seguenti  ragioni  di  diritto,  in
forza delle quali si insiste affinche' codesta  ecc.ma  Corte  voglia
pronunciarne l'illegittimita' costituzionale.
 
                               Diritto
 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi  1  e  2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117,  secondo  e  terzo
comma, 118, 119, primo e quarto comma, 120 Cost. e del  principio  di
leale collaborazione, sotto il profilo dei riflessi  immediati  delle
disposizioni  impugnate  sull'autonomia  finanziaria  della   Regione
ricorrente e, in generale, sulle  competenze  in  materia  di  tutela
della salute e organizzazione sanitaria.
    La disciplina legislativa  oggetto  della  presente  impugnazione
dev'essere censurata - in riferimento ai rubricati  parametri  e,  in
particolare, per il vulnus arrecato all'autonomia  finanziaria  della
ricorrente, specie sotto il profilo della violazione  dell'art.  119,
primo e quarto comma, Cost. - anzitutto nella parte  in  cui  dispone
una forte riduzione del finanziamento del SSN con effetto immediato e
destinato ad incidere sull'esercizio in corso, senza  che,  peraltro,
tale riduzione possa realisticamente essere affrontata attraverso  le
misure di razionalizzazione e risparmio previste dagli artt. da 9-bis
a 9-sexies del medesimo decreto-legge n.  78  del  2015,  anch'  essi
inseriti in sede di conversione.
    Si tratta, infatti, per  lo  piu'  di  misure  di  non  immediata
applicazione,   subordinate   alla   previa   adozione   di   decreti
ministeriali e di ulteriori intese in Conferenza Stato-Regioni (cfr.,
ad esempio, art. 9-ter, comma 1, lett. b), che fa riferimento  ad  un
«accordo in sede di Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  da
adottare entro il 15 settembre 2015» per la determinazione del «tetto
di spesa  regionale  per  l'acquisto  di  dispositivi  medici»;  art.
9-quater, comma 1, che rimette ad  un  «decreto  del  Ministro  della
salute, da adottare entro trenta giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, previa intesa
in sede di Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
regioni  e  le  province   autonome   di   Trento   e   di   Bolzano»
l'individuazione delle «condizioni di erogabilita' e  le  indicazioni
di  appropriatezza  prescrittiva  delle  prestazioni  di   assistenza
specialistica  ambulatoriale»;  l'art.   9-quater,   comma   8,   che
attribuisce ad un «decreto del Ministro  della  salute,  da  adottare
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni  e  le  province   autonome   di   Trento   e   di   Bolzano»
l'individuazione dei  «criteri  di  appropriatezza  dei  ricoveri  di
riabilitazione ospedaliera»; art. 9-ter, comma 10, lett. b),  secondo
cui «entro il 30 settembre 2015,  l'AIFA  conclude  le  procedure  di
rinegoziazione con le aziende farmaceutiche volte alla riduzione  del
prezzo di rimborso dei medicinali a  carico  del  Servizio  sanitario
nazionale»),   destinate   a    produrre    effetti    «a    regime»,
prevedibilmente, negli esercizi successivi, con grave pregiudizio per
l'organizzazione  e  il  buon  andamento   del   servizio   sanitario
regionale, della garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni  e
del principio di integrale finanziamento delle funzioni.
    L'autonomia  legislativa,  amministrativa  e  finanziaria   della
Regione  in  materia   di   tutela   della   salute   risulta   cosi'
immediatamente compressa, in contrasto  con  il  principio  di  leale
collaborazione che avrebbe quanto meno imposto di  attendere  l'avvio
della fase di attuazione dei  nuovi  meccanismi  di  risparmio  e  di
contenimento della spesa, al fine di  mitigare  (non  certo  elidere,
stante l'inadeguatezza - di cui si dira' meglio infra - delle  misure
in questione) l'impatto del taglio  sull'organizzazione  del  sistema
sanitario.
    Si  evidenzia,  infatti,  che,   sulla   base   dell'ipotesi   di
ripartizione  del  «taglio»  richiamata  nella  parte  narrativa  del
presente ricorso, la  Regione  Liguria  e'  destinata  a  subire  una
riduzione di circa sessantacinque milioni di euro della contribuzione
statale al SSN e tale riduzione interviene in una fase assai avanzata
della  programmazione  e  pianificazione  sanitaria,  senza   che   i
meccanismi di contenimento della spesa previsti dagli artt. da  9-bis
a 9-sexies del d.l. n. 78/2015 (quand'anche  li  si  voglia  ritenere
adeguati al fine di compensare il taglio  censurato)  dispongano  del
tempo necessario  per  produrre  i  propri  effetti,  tanto  piu'  in
presenza  di   ulteriori   disposizioni   che   aggravano   (anziche'
alleggerire) i costi del servizio sanitario.
    Piu' nel dettaglio,  l'Intesa  Stato-Regioni  n.  173/2014  sopra
citata ha,  a  suo  tempo,  calcolato  il  fabbisogno  delle  Regioni
suddividendolo  nei  3  livelli   essenziali   di   assistenza:   (a)
prevenzione per il 5%, (b) distrettuale per il 51% e (c)  ospedaliera
per il 44% come previsto dalla normativa in materia di costi standard
(cfr. art. 27 d.lgs. n. 68/2011).
    In tale contesto, il mancato introito di 65 milioni  finira'  per
incidere in termini di minori servizi ai cittadini nelle 3 aree sopra
indicate.
    In concreto, la Regione subira' una riduzione  delle  risorse  da
dedicare agli  screening  ed  alle  altre  attivita'  di  prevenzione
stimabile, sulla base delle percentuali sopra descritte, in  circa  3
milioni di euro.
    Sulla parte distrettuale - che include la medicina  di  base,  la
farmaceutica, la specialistica e  l'assistenza  territoriale  -  sono
stimabili minori risorse per euro 33 milioni, a fronte  di  costi  in
notevole incremento relativamente ai nuovi farmaci oncologici ed anti
epatite (di cui si dira' infra).
    Infine, anche le risorse da destinare all'assistenza  ospedaliera
(degenza, day hospital,  pronto  soccorso)  subiranno  una  riduzione
stimabile in circa euro 30 milioni.
    Tale riduzione, come  si  e'  anticipato,  non  soltanto  non  e'
compensata dalle misure di risparmio  introdotte  contestualmente  al
taglio contestato, ma e' addirittura  aggravata  dall'incremento  dei
costi derivante dai seguenti fattori.
    Basti pensare, a tale riguardo, che l'art. 1,  comma  593,  della
legge  n.  190/2014  ha  previsto  l'istituzione  di  un  fondo   per
l'acquisto di medicinali innovativi che ammonta ad euro  500  milioni
per l'anno 2015.
    Sennonche', da un lato, tale importo, sulla base degli  andamenti
rilevati a livello nazionale, si profila insufficiente rispetto  alla
spesa effettivamente sostenuta. Dall'altro  lato,  tale  somma  trova
copertura per 400  milioni  di  euro  nelle  risorse  destinate  alla
realizzazione di specifici obiettivi di piano sanitario nazionale, ai
sensi dell'art. 1, comma 34, della legge n. 662/1996 e  soltanto  per
100 milioni su contributi statali. E' evidente, pertanto, che  mentre
i 100 milioni teste' menzionati rappresentano effettivamente  risorse
aggiuntive a carico del bilancio dello  Stato,  400  milioni  debbono
essere tratti dalle risorse destinate al fondo  sanitario  nazionale,
andando a ridurre  ulteriormente  il  finanziamento  di  quest'ultimo
(gia' pesantemente inciso dal taglio disposto dalla norma censurata).
Per quanto concerne la Regione Liguria il maggior costo puo', quindi,
essere stimato in euro 38, 2 milioni.
    A cio' si aggiunga, inoltre, il costo ulteriore rappresentato dal
personale, in considerazione del fatto che l'art. 1, comma 256, legge
n. 190/2014  ha  rimosso  il  blocco  delle  progressioni  economiche
previsto dall'art. 9, comma 21, del d.l.  n.  78/2010,  sicche'  sono
ripristinate  per  la  Dirigenza  medica,  veterinaria  e  del  ruolo
sanitario  le  possibilita'  di   progressione   dell'indennita'   di
esclusivita'  contrattualmente  previste,   nonche'   le   forme   di
equiparazione al raggiungimento dei  5  anni  di  attivita'  per  gli
appartenenti alle due aree della dirigenza, per un maggior  costo  di
euro 6,2 milioni, stimabile sulla base dei dati forniti dalle aziende
alla  luce  del  numero  di   persone   interessate   dal   beneficio
contrattuale. (doc. n. 2)
    Appare,  pertanto,  evidente  che  il   taglio   disposto   dalla
previsione censurata e' destinato -  ove  ne  venisse  confermata  la
legittimita' - a interferire non soltanto con l'autonomia finanziaria
delle  Regioni  e  con  l'esercizio   delle   rispettive   competenze
legislative ed amministrative, ma anche con l'effettiva capacita' del
sistema sanitario di assicurare un adeguato  livello  di  tutela  del
fondamentale diritto alla salute presidiato dall'art. 32 Cost.
    Del resto, il  connotato  d'incertezza  che  contraddistingue  il
meccanismo legislativo censurato non e'  sfuggito  neppure  alla  XII
Commissione della Camera dei Deputati, che al parere  favorevole  con
osservazioni  sul  disegno  di  legge  di  conversione  C.  3262   ha
anteposto,  tra   le   altre,   la   seguente   premessa:   «valutate
positivamente, nel complesso, le disposizioni recate  dagli  articoli
9-bis e seguenti del decreto-legge, in quanto si apprezza  lo  sforzo
compiuto, in  termini  di  riorganizzazione  ed  efficientamento  del
sistema  sanitario,  e  fatto  presente,  al  riguardo,  quanto   sia
importante che il predetto obiettivo venga  raggiunto,  onde  evitare
che il mancato aumento del finanziamento si traduca in un mero taglio
lineare, apparendo quindi  necessario  che  il  sistema  si  doti  di
modalita' di valutazione annuale dell'impatto effettivo delle singole
misure adottate,  prevedendo  eventuali  meccanismi  correttivi  ...»
(enfasi aggiunta) (doc. n. 3).
    Lo stesso parere avanza fondate riserve in merito  alla  mancanza
delle  necessarie  relazioni  tecniche  per  la   stima   sul   piano
quantitativo dei risparmi che genericamente si presumono come effetto
delle misure previste  dagli  articoli  precedenti  e  in  merito  ai
probabili contenziosi relativi alle procedure di  rinegoziazione  dei
contratti per la fornitura di beni e di servizi.
    La preoccupazioni connesse all'incapacita' del SSN  di  assorbire
ulteriori tagli del proprio  finanziamento  sono  state,  del  resto,
espresse anche dalle Commissioni riunite V e  XII  della  Camera  dei
Deputati, le quali  -  nell'ambito  del  documento  finale  approvato
all'esito dell'Indagine conoscitiva sulla sfida  della  tutela  della
salute tra nuove  esigenze  del  sistema  sanitario  e  obiettivi  di
finanza pubblica del 4 giugno 2014 -  hanno  evidenziato  che  «negli
ultimi anni alla riduzione delle risorse destinate al Fondo sanitario
nazionale si e' sommata la riduzione di quelle per le politiche socio
assistenziali e per le  non  autosufficienze.  Tutto  cio'  ha  fatto
emergere la piena consapevolezza che il Servizio Sanitario  Nazionale
non puo' sopportare ulteriori definanziamenti, pena  l'impossibilita'
di garantire i livelli di assistenza e quindi l'equita'  nell'accesso
alle prestazioni socio sanitarie» (enfasi aggiunta) (doc. n. 4).
    In termini analoghi, la Corte dei  conti,  con  delibera  del  29
dicembre  2014,  Relazione  sulla  gestione  finanziaria  degli  enti
territoriali, ha sottolineato la necessita' che «futuri interventi di
contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in
grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali
delle prestazioni nonche' delle  funzioni  fondamentali  inerenti  ai
diritti civili e sociali» (enfasi aggiunta) (doc. n. 5).
    Le preoccupazioni evidenziate e i  profili  d'incostituzionalita'
prospettati risultano, d'altro canto, implicitamente ma  univocamente
confermati anche dal tenore del comma 2 dell'art. 9-septies.
    Prima  facie,  infatti,  il   comma   2   intende   sottrarre   a
contestazione la disciplina di cui  al  comma  precedente,  indicando
come  cogente  l'obiettivo  economico-finanziario,  vale  a  dire  la
riduzione della spesa sanitaria regionale nella misura corrispondente
alla prevista  rideterminazione  del  finanziamento,  senza  tuttavia
vincolare le Regioni ad un  insieme  tassativo  e  predeterminato  di
mezzi per conseguire l'obiettivo  medesimo,  cio'  che,  secondo  una
giurisprudenza costituzionale costante,  non  sarebbe  legittimo  (ex
plurimis, sent. n. 193/2012, nella quale si  chiarisce  che  "possono
essere ritenute principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell'art. 117  Cost,
le norme che «si limitino a porre  obiettivi  di  riequilibrio  della
finanza pubblica, intesi nel senso  di  un  transitorio  contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente  e  non
prevedano  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi»  (sentenza  n.  148  del  2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)");
sent. n. 79 del 2014, che rinvia alle precedenti sentt.  n.  287  del
2013 e n. 169 del 2007).
    Nondimeno, le misure di cui agli articoli  da  9-bis  a  9-sexies
richiamati,  si  presentano   a   loro   volta   come   obbligatorie,
configurandole il legislatore statale come principi di  coordinamento
della finanza pubblica o riportandole al secondo comma dell'art. 117,
Cost. in assenza peraltro delle necessarie specificazioni.
    Il reale significato dell'impugnato comma 2 dell'art. 9-septies -
laddove prevede che le Regioni e le Province autonome,  «al  fine  di
salvaguardare i livelli essenziali di  assistenza,  possono  comunque
conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma 1  anche
adottando misure alternative,  purche'  assicurino  l'equilibrio  del
bilancio sanitario con il  livello  del  finanziamento  ordinario»  -
appare, quindi, e piuttosto, un altro.
    Si  tratta  di  un'impropria  (quanto  insufficiente)  forma   di
cautela, da  parte  del  legislatore  statale,  connessa  alla  grave
incertezza,   se   non   all'inadeguatezza,   delle   previsioni   di
«razionalizzazione ed efficientamento» sotto il  profilo  della  loro
effettiva idoneita' a conseguire i risparmi necessari a  giustificare
la rideterminazione del finanziamento del fondo sanitario nazionale.
    Una cautela  che,  peraltro  manifestamente,  si  riflette  nella
preoccupazione  per  la  garanzia  dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni,  per  tacere  dell'incongruita'  del  comma  2,  laddove
premette che la disciplina in esso  contenuta  viene  introdotta  «al
fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza»,  quasi  si
trattasse di un aspetto meramente accessorio rispetto alla previsione
della  rideterminazione  del  livello  di   finanziamento,   disposta
rinviando  ad  un  secondo  momento  la  predisposizione,  a  livello
regionale,  delle  misure  necessarie  per  assicurare  i   LEA,   in
conformita' agli artt. 32, 117, secondo comma,  lettera  m),  e  119,
specialmente quarto comma, Cost.
    Quanto precede mette in  luce  il  contenuto  lesivo  dell'intera
disciplina che, nella sostanza, dispone un taglio secco e lineare del
finanziamento solo apparentemente compensato da risparmi  attendibili
e certi, scaricando sulle Regioni la responsabilita' per la  garanzia
dei LEA ipotizzando «misure alternative», ma in realta',  aggiuntive,
per conseguire - «a tutti i costi», e' il caso di dire,  e  anche  in
caso di dimostrata inadeguatezza degli strumenti di cui agli articolo
da 9-bis  a  9-sexies  -  l'obiettivo  economico-finanziario  (misure
aggiuntive  in  ipotesi  anche   particolarmente   onerose   per   le
collettivita'  regionali:  dal  ridimensionamento  inevitabile  delle
prestazioni  sotto   il   profilo   quantitativo   e/o   qualitativo,
all'aumento  della  compartecipazione  degli  assicurati  alla  spesa
sanitaria e farmaceutica, all'incremento  dell'addizionale  regionale
all'IRPEF).
    Nei termini dinanzi descritti, il taglio  dei  finanziamenti  del
sistema sanitario previsto  dalla  disposizione  censurata  si  pone,
dunque, in aperto contrasto con la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma
Corte secondo cui «i provvedimenti finanziari  adottati  dallo  Stato
allo scopo  di  razionalizzare  e  contenere  la  spesa  nel  settore
pubblico allargato,  pur  dovendo  avere  un  carattere  di  assoluta
generalita' e lo scopo di porre un freno al dilagare di tale spesa  -
anche mediante la fissazione di criteri  d'ordine  generale,  appunto
costituenti espressione di principi fondamentali della  materia,  che
lasciano, in sede applicativa, specifici  ambiti  di  autonomia  alle
Regioni  e  agli  enti  locali  minori  -  non   possono,   tuttavia,
prescindere dalla individuazione certa delle fonti  di  finanziamento
delle spese degli enti  locali  territoriali  e  dunque  anche  delle
comunita' montane e dei comuni che di esse fanno parte.  Diversamente
ne verrebbe compromessa la certezza sia delle fonti di  finanziamento
della spesa degli enti  interessati,  sia  delle  risorse  economiche
effettivamente disponibili per di enti stessi, da  impiegare  per  il
raggiungimento  delle  rispettive  finalita'  istituzionali»  (enfasi
aggiunta) (sent. n. 326 del 2010).
    L'affermazione  secondo  cui  la  Costituzione  garantisce   alle
Regioni il «diritto di disporre di risorse finanziarie che  risultino
complessivamente non inadeguate rispetto ai compiti loro  attribuiti»
(sent. n. 507/2000) e', del resto, costante nella  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma Corte (cfr., in tal senso, sent. nn. 222 del 1994, 138
del 1999, 208 del 2001, 437 del 2001, 29 del 2004 e 381 del 2004).
    Ulteriormente lesivo dei parametri costituzionali  rubricati  (e,
in  particolare,  del  principio  di  ragionevolezza   e   di   leale
cooperazione, oltre che del diritto alla salute)  e'  la  circostanza
che il legislatore, nel disporre il taglio in contestazione,  si  sia
totalmente disinteressato della necessita'  di  assicurare,  in  ogni
caso, il «rispetto dei livelli essenziali di assistenza», sebbene  la
necessita'  di  rispettare  siffatti  livelli   fosse   stata   fatta
espressamente salva dall'art. 1, comma 398, della legge n.  190/2014,
ovvero la disposizione (richiamata anche nelle  intese  raggiunte  in
sede di conferenza Stato-Regioni) che, nel modificare l'art.  46  del
d.l.  n.  66/2014,  ha  fissato  l'obiettivo   in   vista   del   cui
perseguimento l'art. 9-septies del d.l. n. 78 del 2015 ha operato  il
taglio censurato.
    Non consta, infatti,  che,  nell'introdurre  il  taglio  disposto
dall'art. 9-septies, comma 1, del d.l. n. 78 del 2015, il legislatore
abbia compiuto qualsivoglia verifica (il cui esito non  avrebbe,  del
resto, che  potuto  essere  negativo  per  le  ragioni  che  si  sono
considerate sopra) circa la possibilita' per le regioni di rispettare
i predetti livelli essenziali  di  assistenza  all'esito  del  taglio
operato, tanto piu' che - secondo quanto evidenziato - il rispetto di
tali livelli di assistenza e'  stato  genericamente  posto  a  carico
delle   Regioni,   nella   piena    consapevolezza,    evidentemente,
dell'inidoneita' delle misure previste dagli artt. 9-bis  -  9-sexies
del d.1. n. 78 del 2915 alla compensazione del taglio operato.
    Ne consegue la contrarieta' della disposizione impugnata rispetto
ai parametri costituzionali di cui in rubrica e  la  sua  conseguente
illegittimita'.
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1  e  2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117,  secondo  e  terzo
comma, 118, 119, 120 Cost. e del principio  di  leale  collaborazione
sotto il  profilo  della  lesione  dell'autonomia  finanziaria  della
ricorrente  per  violazione  del  principio  di  temporaneita'  nella
disciplina statale di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  di
contenimento della spesa regionale.
    Le disposizioni impugnate introducono una misura di riduzione del
finanziamento del SSN stabilita una volta per tutte e senza limite di
tempo «a decorrere dal 2015».
    Nella gia' citata sent. n. 193/2012, si chiarisce che, in materia
di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  «l'estensione  a  tempo
indeterminato delle misure  restrittive»  fa  venir  meno  una  delle
fondamentali  condizioni  di  legittimita'  dell'intervento  statale,
segnatamente  «quella  della  temporaneita'  delle  restrizioni».  La
richiamata pronuncia non esclude la possibilita'  di  «dedurre  dalla
trama  normativa  censurata  un  termine  finale  che   consenta   di
assicurare la natura transitoria delle misure previste e, allo stesso
tempo, di non  stravolgere  gli  equilibri  della  finanza  pubblica,
specie in relazione all'anno finanziario in corso».
    Ma la disciplina impugnata non consente di  reperire  un  termine
finale, ne' di essere interpretata alla  stregua  di  una  disciplina
transitoria.
    I principi richiamati sono stati, poi, ripresi  dalla  successiva
sent. n. 79/2014, nella quale  si  ribadisce  che  «questa  Corte  ha
ripetutamente affermato che  e'  consentito  al  legislatore  statale
imporre  limiti  alla  spesa  di  enti  pubblici  regionali,  che  si
configurano quali principi di «coordinamento della finanza pubblica»,
anche nel caso in cui gli «obiettivi di riequilibrio della  medesima»
tocchino singole voci di  spesa  a  condizione  che:  tali  obiettivi
consistano in un «contenimento complessivo, anche  se  non  generale,
della spesa corrente», in  quanto  dette  voci  corrispondano  ad  un
"importante aggregato della spesa di parte corrente», come  nel  caso
delle spese per il personale (sentenze n. 287 del 2013 e n.  169  del
2007); il citato contenimento sia comunque «transitorio»,  in  quanto
necessario a fronteggiare una situazione  contingente,  e  non  siano
previsti  «in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 23  e  n.  22  del
2014; n. 236, n. 229 e n. 205 del 2013; n. 193 del 2012; n.  169  del
2007)".
    Nel  caso  di  specie,  la  sent.  n.  79/2014  non  ha  ritenuto
soddisfatta  dalla  disciplina  denunciata   la   "condizione   della
necessaria «transitorieta'» delle misure restrittive (fra  le  tante,
sentenze n. 256, n. 229 e n.  205  del  2013),  nella  parte  in  cui
stabilisce che dette misure, che si impongono all'autonomia di  spesa
ed organizzativa della Regione, sono  adottate  non  per  un  periodo
limitato, per fronteggiare una situazione  contingente,  ma  a  tempo
indeterminato, disponendo l'adozione del decreto ministeriale  «entro
il 15 febbraio di ciascun anno»" (enfasi aggiunta).
    Sotto il profilo in esame, peraltro,  l'art.  9-septies  oltre  a
risultare incompatibile con i principi precisati dalla giurisprudenza
costituzionale, appare  affetto  da  profili  di  irrazionalita',  in
riferimento anche all'art. 3 Cost., posto  che  la  stessa  riduzione
sembra destinata ad essere applicata anche alle annualita' successive
al 2016, per le quali il livello del finanziamento  del  SSN  non  e'
ancora stato fissato.
    Infatti, come si e' visto sopra, l'art. 1, comma 556, della legge
n. 190/2014 stabilisce che «il livello del finanziamento del Servizio
sanitario  nazionale  a  cui  concorre  lo  Stato  e'  stabilito   in
112.062.000.000 euro per l'anno 2015 e in  115.444.000.000  euro  per
l'anno  2016»  («salve  eventuali  rideterminazioni   in   attuazione
dell'art. 46, comma 6, del  decreto-legge  24  aprile  2014,  n.  66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23  giugno  2014,  n.  89,
come modificato dal comma 398 del presente articolo, in attuazione di
quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del Patto per la salute»).
    Quanto precede dovrebbe indurre ad interpretare in modo  conforme
a Costituzione  l'art.  9-septies  nella  parte  in  cui  include  la
locuzione «a decorrere  dal  2015»,  quanto  meno  sotto  il  profilo
dell'intellegibilita' dal punto di vista matematico, posto che non si
comprende come  possa  razionalmente  ipotizzarsi  una  riduzione  in
misura fissa (2.352 milioni di euro) di una grandezza (il livello del
finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato) non ancora  stabilita,
ne' conoscibile, per quanto concerne gli anni successivi al 2016.
    La  teorica  possibilita'  di   un'interpretazione   conforme   a
Costituzione non rende, tuttavia, inammissibile  un  ricorso  in  via
principale, secondo la costante giurisprudenza (ex  plurimis,  sentt.
n. 249 del 2005, n. 289 del 2008, 62 e 188 del 2012).
    Al  contrario,  esigenze  di  garanzia  e  certezza  del  riparto
costituzionale delle competenze legislative impongono di sottoporre a
codesta ecc.ma  Corte  le  decisioni  impugnate  anche  sotto  questo
secondo profilo.
    Ne'  puo'   ipotizzarsi   un'eccezionale   deroga   ai   principi
costituzionali in  tema  di  autonomia  finanziaria  regionale  e  di
riparto intersoggettivo  delle  competenze  in  considerazione  delle
difficolta' congiunturali, posto che «il principio salus rei publicae
lex esto non puo' essere invocato al fine di sospendere  le  garanzie
costituzionali di autonomia degli enti territoriali  stabilite  dalla
Costituzione.  Lo  Stato,  pertanto,  deve   affrontare   l'emergenza
finanziaria    predisponendo    rimedi    che    siano     consentiti
dall'ordinamento costituzionale» (sentt. n. 151 del 2012 e n. 89  del
2014).
    Anche sotto il  profilo  in  esame,  appare,  pertanto,  evidente
l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e  2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125 per violazione degli artt.  3,  117,  119,  120  Cost.  e  del
principio di leale collaborazione, in relazione alla legge n. 42  del
2009, al d.lgs. n. 68/2011 e al Patto per la salute 2014-2016.
    La disciplina legislativa denunciata si pone in contrasto  con  i
parametri costituzionali invocati anche in relazione alla legge n. 42
del 2009 (spec. artt. 2, comma 6, e 8) e al d.lgs. n.  68  del  2011,
che, agli articoli da 25 a 30, individua quale criterio  fondamentale
per la razionalizzazione e il  contenimento  della  spesa  sanitaria,
oltre che di riparto del fondo sanitario nazionale, quello dei  costi
e dei fabbisogni standard.
    E' noto, infatti, che - in base alla normativa teste'  richiamata
- il finanziamento del sistema sanitario deve essere assicurato sulla
base dei costi e dei fabbisogni standard, i quali sono, a loro volta,
calcolati  nella  prospettiva  di  assicurare  il  conseguimento  dei
livelli essenziali di assistenza.
    Rispetto a tale sistema, la previsione di un taglio lineare quale
quello  disposto  dalla  disposizione  censurata   e'   assolutamente
irragionevole, in quanto - secondo quanto evidenziato nell'ambito del
primo motivo di ricorso - prescinde completamente non soltanto  dalla
considerazione   dell'adeguatezza   delle   risorse    rispetto    al
conseguimento  dei  citati  obiettivi,  ma  anche  dalle  regole   di
finanziamento adottate in attuazione dell'art. 119 Cost.
    In altri termini,  mentre  i  livelli  essenziali  da  assicurare
restano  invariati  -  tanto  piu'  in  considerazione  del   mancato
aggiornamento degli stessi rispetto ai LEA a suo tempo introdotti nel
contesto di congiunture economiche maggiormente favorevoli (1) -  per
effetto  del  censurato  taglio,  le  regioni  vedono   drasticamente
diminuite le risorse disponibili per il loro perseguimento.
    Tale intervento inserisce, in tal modo, un elemento di intrinseca
irragionevolezza del sistema di finanziamento del SSN, allontanandosi
dal percorso tracciato dalla Costituzione  e  dalle  disposizioni  di
questa attuative per  inseguire  unicamente  contingenti  logiche  di
risparmio.
    Basti pensare, a tale riguardo, che - secondo quanto  evidenziato
dal Servizio Studi del Senato con riferimento  al  Disegno  di  legge
A.S.  1117-A,  Dossier  n.  90-Delega  al  Governo  in   materia   di
federalismo  fiscale,  in  attuazione  dell'art.  119  Cost.  -   "la
quantificazione del  «costo  standard»  puo'  essere  considerata  il
primum movens rispetto a gran parte della catena del  finanziamento",
atteso che "esso quantifica la spesa  per  i  LEP,  che  quantificano
l'intervento perequativo" (doc. n. 6).
    Sotto il profilo della violazione dell'art. 120,  secondo  comma,
Cost. e del principio di leale collaborazione, si evidenzia, inoltre,
che nel Patto per la salute 2014-2016 si sottolinea all'art. 1, comma
2, "la necessita' di  rivedere  e  riqualificare  i  criteri  di  cui
all'art. 27 del d.lgs. n. 68/2011 sulla «determinazione dei  costi  e
dei fabbisogni standard regionali»", oggetto del  richiamato  accordo
politico in data 19 dicembre 2013, e si afferma che "la revisione dei
criteri non puo'  mettere  in  discussione  il  principio  dei  costi
standard".
    Al  successivo  comma  3,  si  prevede  che  "nell'ambito   delle
disponibilita' di cui al comma 1, con DPCM adottato, d'intesa con  la
Conferenza Stato-Regioni, si provvede, entro  il  31  dicembre  2014,
all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, in attuazione
dei principi di equita', innovazione ed appropriatezza e nel rispetto
degli equilibri programmati della finanza  pubblica":  aggiornamento,
come e' noto, non ancora avvenuto.
    Di fondamentale rilievo e' quanto convenuto al comma 4,  dove  si
legge  che  "i  risparmi  derivanti  dall'applicazione  delle  misure
contenute nel Patto  rimangono  nella  disponibilita'  delle  singole
regioni  per  finalita'  sanitarie  ...  si  conviene  altresi'   che
eventuali risparmi nella gestione del  servizio  sanitario  nazionale
effettuati dalle regioni rimangano nella disponibilita' delle regioni
stesse per finalita' sanitarie".
    La  disciplina  contenuta  nell'art.   9-septies   impugnato   e'
improntata  ad  una  logica  del  tutto  differente,  che   prescinde
totalmente dal percorso di  convergenza  ai  costi  e  ai  fabbisogni
standard sanitari per riproporre un modello di mero taglio lineare di
finanziamento del SSN. Come affermato nella sent.  n.  273  del  2013
(seppure con riferimento  al  finanziamento  del  trasporto  pubblico
locale) "il  mancato  completamento  della  transizione  ai  costi  e
fabbisogni  standard,  funzionale  ad  assicurare  gli  obiettivi  di
servizio e il sistema di perequazione,  non  consente,  a  tutt'oggi,
l'integrale  applicazione  degli  strumenti  di  finanziamento  delle
funzioni regionali previsti dall'art. 119 della Costituzione".
    Il  meccanismo  legislativo  censurato,  inoltre,  a  fronte   di
risparmi   previsti   come   conseguenza   (attesa,    o    presunta)
dell'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli da 9-bis  a
9-sexies, prevede, anziche' l'acquisizione delle risorse  risparmiate
al  bilancio  della  sanita'  regionale,  una  (in   linea   teorica)
corrispondente  riduzione  delle  risorse  finanziarie  destinate  al
finanziamento del SSN, in evidente violazione del Patto per la salute
2014-2016 e del principio di leale collaborazione.
    Donde la  violazione  dei  parametri  costituzionali  di  cui  in
rubrica e la conseguente illegittimita' della disposizione censurata.
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1  e  2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 77, 117,  119,  120  Cost.  e  del
principio di leale collaborazione.
    La denunciata lesione dell'autonomia regionale  sotto  i  plurimi
profili sopra indicati si accompagna ad una violazione  dell'art.  77
Cost.,   risultando   la   disciplina   impugnata   (introdotta   con
"maxiemendamento" votato a seguito  della  posizione,  da  parte  del
Governo, della questione di fiducia) del tutto eterogenea rispetto al
contenuto originario del decreto-legge  n.  78  del  2015,  cosicche'
appare evidente  il  "difetto  di  omogeneita',  e  quindi  di  nesso
funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate,
introdotte nella legge di conversione" (Corte cost., sent. n. 32  del
2014; sul caso di "evidente o manifesta mancanza  di  ogni  nesso  di
interrelazione  tra  le  disposizioni  incorporate  nella  legge   di
convenzione  e  quelle   dell'originario   decreto-legge"   si   sono
pronunciate anche le sentenze n. 154 e n. 145 del 2015,  n.  251  del
2014, a partire dalla sentenza n. 22 del 2012).
    E'  sintomatica  del  grave  problema   appena   evidenziato   la
circostanza che, in sede di  conversione,  sia  stato  modificato  il
titolo del decreto-legge oggetto di conversione,  che  in  precedenza
era  il  seguente  «Disposizioni   urgenti   in   materia   di   enti
territoriali». Alla fine dell'Allegato  alla  legge  di  conversione,
infatti,  si  stabilisce  che  "al  titolo  del  decreto-legge   sono
aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Disposizioni per garantire la
continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di   controllo   del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali»".
    Tale modifica non puo', peraltro, certo sottrarre  la  disciplina
impugnata (e, sebbene  ai  presenti  fini  non  interessi,  le  altre
disposizioni in materia sanitaria) alle censure che,  in  ogni  caso,
s'impongono alla luce della giurisprudenza costituzionale in tema  di
legittimita' della legge di conversione (specialmente le sentenze  n.
32 del 2014 e n. 22 del 2012).
    In particolare, occorre ricordare quanto codesta ecc.ma Corte  ha
affermato nella richiamata sentenza n. 32 del 2014, della quale mette
conto riportare per esteso alcuni passaggi, concernenti le condizioni
di legittimita' della legge di conversione: "Dalla  sua  connotazione
di legge a competenza tipica derivano i limiti alla emendabilita' del
decreto-legge. La legge di conversione non puo',  quindi,  aprirsi  a
qualsiasi contenuto ulteriore, come del  resto  prescrivono  anche  i
regolamento parlamentari (art. 96-bis del  Regolamento  della  Camera
dei Deputati e art. 97 del Regolamento del Senato  della  Repubblica,
come interpretato dalla Giunta  per  il  regolamento  con  il  parere
dell'8 novembre 1984).  Diversamente,  l'iter  semplificato  potrebbe
essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano  l'atto
con forza  di  legge,  a  detrimento  delle  ordinarie  dinamiche  di
confronto  parlamentare.  Pertanto,  l'inclusione  di  emendamenti  e
articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto  del
decreto-legge, o alle finalita' di quest'ultimo, determina  un  vizio
della legge di conversione in parte qua.
    E'  bene  sottolineare  che  la   richiesta   coerenza   tra   il
decreto-legge e  la  legge  di  conversione  non  esclude,  in  linea
generale, che le Camere possano apportare emendamenti  al  testo  del
decreto-legge, per modificare la normativa in esso contenuta, in base
alle  valutazioni  emerse  nel  dibattito  parlamentare;  essa   vale
soltanto a  scongiurare  l'uso  improprio  di  tale  potere,  che  si
verifica ogniqualvolta sotto la veste formale di  un  emendamento  si
introduca un disegno di legge che tenda a immettere  nell'ordinamento
una disciplina  estranea,  interrompendo  il  legame  essenziale  tra
decreto-legge e legge  di  conversione,  presupposto  dalla  sequenza
delineata dall'art. 77, secondo comma, Cost."
    Nella sent. n. 32 del 2014 si precisa, inoltre,  che  "cio'  vale
anche nel caso di provvedimenti governativi ab  origine  a  contenuto
plurimo, come quello di specie. In relazione a  questa  tipologia  di
atti - che di per  se'  non  sono  esenti  da  problemi  rispetto  al
requisito dell'omogeneita' (sentenza n. 22 del 2012) - ogni ulteriore
disposizione  introdotta  in  sede   di   conversione   deve   essere
strettamente collegata ad uno dei  contenuti  gia'  disciplinati  dal
decreto-legge  ovvero  alla   ratio   dominante   del   provvedimento
originario considerato nel suo complesso.
    Nell'ipotesi in cui la legge di conversione  spezzi  la  suddetta
connessione,  si  determina  un  vizio  di  procedura,  mentre  resta
ovviamente salva  la  possibilita'  che  la  materia  regolata  dagli
emendamenti estranei al decreto-legge formi oggetto  di  un  separato
disegno di  legge,  da  discutersi  secondo  le  ordinarie  modalita'
previste dall'art. 72 Cost.
    L'eterogeneita'  delle   disposizioni   aggiunte   in   sede   di
conversione determina, dunque, un vizio procedurale delle stesse, che
come ogni  altro  vizio  della  legge  spetta  solo  a  questa  Corte
accertare. Si tratta di un vizio procedurale peculiare, che  per  sua
stessa natura puo' essere evidenziato solamente attraverso  un  esame
del contenuto sostanziale delle singole disposizioni aggiunte in sede
parlamentare,  posto  a  raffronto  con  l'originario  decreto-legge.
All'esito  di  tale  esame,   le   eventuali   disposizioni   intruse
risulteranno affette da vizio di formazione, per violazione dell'art.
77 Cost., mentre saranno fatte salve tutte  le  componenti  dell'atto
che si pongano in linea di continuita' sostanziale, per materia o per
finalita', con l'originario decreto-legge".
    Nella sent.  n.  154  del  2015,  si  ribadisce  che  "l'innesto,
nell'iter di conversione  dell'ordinaria  funzione  legislativa  puo'
certamente essere effettuato, considerando, tuttavia, che la legge di
conversione e'  fonte  funzionalizzata  alla  stabilizzazione  di  un
provvedimento  avente  forza   di   legge,   caratterizzata   da   un
procedimento di approvazione  peculiare  e  semplificato  rispetto  a
quello ordinario. Essa non puo' quindi aprirsi a qualsiasi contenuto,
come  del  resto  prescrive,  in  particolare,  l'art.   96-bis   del
regolamento della Camera dei deputati. A pena  di  essere  utilizzate
per scopi estranei a quelli che  giustificano  l'atto  con  forza  di
legge, le disposizioni  introdotte  in  sede  di  conversione  devono
potersi collegare al contenuto gia' disciplinato  dal  decreto-legge,
ovvero, in caso di provvedimenti  governativi  a  contenuto  plurimo,
alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo
complesso (sentenza n. 32 del 2014)".
    Nel caso di specie, occorre osservare che  la  previsione  di  un
taglio lineare alla spesa sanitaria risulta del  tutto  eterogeneo  e
privo  di  collegamento  rispetto  alle  disposizioni  contenute  nel
decreto-legge n. 78 del 2015, sicche' appare palese la violazione dei
principi affermati dalla giurisprudenza dinanzi richiamata.
    La ridondanza  dell'evidenziata  violazione  dell'art.  77  Cost.
sulla sfera di attribuzioni costituzionali della ricorrente appare in
re ipsa, trattandosi di un  "maxiemendamento"  diretto,  come  si  e'
visto con  riguardo  all'art.  9-septies,  ad  incidere  con  effetto
immediato e a tempo indeterminato sull'autonomia finanziaria e  sulle
competenze  in  materia  di  tutela  della  salute  e  organizzazione
sanitaria della Regione Liguria.
V. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  9-septies  del  d.l.  19
giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125, per
violazione degli artt. 3, 97, 117, commi 3  e  4,  118  e  119  della
Costituzione e del principio di leale collaborazione.
    Come evidenziato in precedenza,  l'art.  9-septies  del  d.l.  n.
78/2015 determina un taglio "lineare" del  concorso  dello  Stato  al
finanziamento del SSN per un importo pari ad euro  2.352  milioni  di
euro "a decorrere dal 2015".
    E' evidente  che,  in  tal  modo,  la  disposizione  censurata  -
inserita con legge di conversione 6 agosto  2015,  n.  125  -  incide
retroattivamente sugli impegni di spesa gia'  assunti  dalla  regione
Liguria  in  relazione  al  corrente  anno,   producendo,   altresi',
un'irragionevole  alterazione  della  programmazione  di  spesa  gia'
operata.
    Rileva  ricordare,  a  tale  riguardo,  che  -   secondo   quanto
evidenziato anche nell'ambito  del  primo  motivo  di  ricorso  -  la
disposizione  censurata  interviene  in  una   fase   particolarmente
avanzata della  programmazione  e  pianificazione  sanitaria  (l'art.
9-septies e' stato, infatti, inserito, come  ricordato,  in  sede  di
legge di conversione nel mese di agosto del corrente anno), andando a
sottrarre importi che erano stati gia' oggetto di  impegno  da  parte
della regione  Liguria,  la  quale,  per  effetto,  della  previsione
censurata, si vedra' costretta ad introdurre svariati  correttivi  in
corso di annualita',  al  fine  di  allineare  (rectius,  tentare  di
allineare)  la  programmazione  della  spesa  sanitaria  per   l'anno
corrente alla  contestata  riduzione  retroattiva  del  finanziamento
statale.
    Sotto  il  profilo  in   considerazione,   appare   significativo
evidenziare come la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte abbia gia'
avuto occasione di pronunciare l'illegittimita'  di  misure  che,  in
violazione dei principi di certezza delle entrate  e  di  affidamento
delle Regioni, si proponevano di operare tagli di spesa  con  effetti
retroattivi. Si fa segnatamente riferimento alla sentenza n. 326  del
2010,  con  cui  codesta  ecc.ma  Corte  ha  dichiarato  la  parziale
illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 187, della legge  n.
191/2009 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato. Legge finanziaria),  sottolineando  come  la
disposizione censurata - nel  non  prevedere  alcuna  indicazione  in
ordine al finanziamento dei mutui ancora in essere,  stipulati  dalle
comunita'  montane  con  il  concorso  dello  Stato  -  "palesa   una
irragionevolezza che si riverbera sulla autonomia  finanziaria  delle
Regioni e degli enti locali come ridisegnata dall'art.  119  Cost.  e
come  operante  nelle  more  dell'attuazione  del  c.d.   federalismo
fiscale, lasciando privo di copertura finanziaria, e comunque, di una
regolamentazione sia pure transitoria, un settore di rilievo, qual e'
quello  degli  investimenti  strutturali  a  medio  e  lungo  termine
effettuati  mediante  la  stipulazione   di   mutui   originariamente
«garantiti» dal finanziamento statale" (enfasi aggiunta).
    Mette, altresi', conto ricordare che, a contrario, codesta ecc.ma
Corte ha escluso l'illegittimita' dell'art. 1, comma 565, della legge
n. 296/2006, evidenziando come le previsioni  censurate,  "disponendo
solo per l'avvenire e non ponendo per il passato vincoli piu' gravosi
di  quelli  gia'   posti   dalla   legislazione   previgente,   hanno
espressamente escluso ogni interferenza delle  precedenti  previsioni
con quella censurata" (enfasi aggiunta) (sent. n. 120/2008).
    La disposizione censurata, in considerazione di  quanto  precede,
si pone, dunque, in aperto contrasto con i  parametri  costituzionali
di cui in rubrica, nella  misura  in  cui  produce  una  lesione  del
principio  di  affidamento  delle  Regioni   e   del   principio   di
proporzionalita' (artt. 3 e 97 Cost.), incide illegittimamente  sulle
competenze legislative e amministrative delle Regioni in  materia  di
sanita' (artt. 117, commi  3  e  4,  e  118  Cost.),  compromettendo,
altresi', irragionevolmente l'autonomia finanziaria riconosciuta alle
Regioni dall'art. 119 Cost.
VI. Illegittimita' costituzionale dell'art.  9-septies  del  d.l.  19
giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125,  in
relazione all'art. 1, comma 398, lett. c), della  legge  23  dicembre
2014, n. 190 per violazione dell'art. 119 della Costituzione.
    Il citato art. 1, comma 398, lett. c), della legge n. 190/2014 ha
modificato l'art. 46, comma 6, del d.l. n.  66/2014,  inserendovi  la
previsione secondo cui "per gli anni 2015-2018  il  contributo  delle
regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, e' incrementato
di 3.452 milioni di euro annui in  ambiti  di  spesa  e  per  importi
complessivamente proposti, nel rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, in sede di autocoordinamento delle  regioni  da  recepire
con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
entro il 31 gennaio  2015.  A  seguito  della  predetta  intesa  sono
rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti  individuati  e
le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello  Stato.  In
assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015,
si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche  le
risorse destinate al finanziamento corrente  del  Servizio  sanitario
nazionale".
    In tale ultimo caso, dunque (assenza di intesa entro  il  termine
del 31 gennaio 2015) gli importi in questione -  giusta  il  disposto
del richiamato secondo periodo dell'art. 46, comma 6 - devono  essere
"assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle  singole  regioni  e
Province autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto del Pil  e
della popolazione  residente"  e,  in  siffatta  ipotesi,  il  taglio
comprende anche la spesa sanitaria.
    Tale previsione - i  cui  effetti  sull'autonomia  finanziaria  e
l'esercizio delle competenze regionali  si  concretizzano  a  seguito
dell'introduzione delle disposizioni censurate nella presente sede  -
risulta illegittima ed irragionevole per violazione dei parametri  di
cui in rubrica.
    Il criterio prefigurato dall'art. 1, comma 398, legge n. 190/2014
per il riparto del taglio in questione ("tenendo anche conto del  Pil
e  della  popolazione  residente")  realizza,  infatti,  un   effetto
perequativo implicito sulla scorta  di  un  criterio  che  non  trova
alcuna copertura costituzionale nell'ambito dell'art. 119 Cost.
    Sotto  il  profilo  in  considerazione,  il  riparto  del  taglio
disposto dalla disposizione censurata  si  pone,  dunque,  in  aperto
contrasto con i principi affermati nella sentenza n. 79 del 2014, ove
codesta ecc.ma Corte ha pronunciato  l'illegittimita'  costituzionale
di una disposizione che commisurava la  riduzione  del  finanziamento
statale "«in misura proporzionale», fra  l'altro,  anche  alle  spese
sostenute  per  i  consumi  intermedi",  ritenendo  che  un  siffatto
criterio realizzasse "un effetto perequativo implicito, ma  evidente,
che discende dal collegare la  riduzione  dei  trasferimenti  statali
all'ammontare delle spese  per  i  consumi  intermedi,  intese  quali
manifestazioni,  pur  indirette  di  ricchezza  delle  Regioni",   in
violazione della costante giurisprudenza secondo cui "gli  interventi
statali fondati sulla differenziazione tra Regioni, volti a rimuovere
gli squilibri  economici  e  sociali,  devono  seguire  le  modalita'
fissate dall'art. 119, quinto comma, Cost., senza alterare i  vincoli
generali di contenimento della spesa pubblica, che  non  possono  che
essere uniformi (sentenze n. 46 del 2013 e n. 284 del  2009)"  e  "la
perequazione degli  squilibri  economici  in  ambito  regionale  deve
rispettare le modalita' previste dalla Costituzione, di modo  che  il
loro impatto sui conti consolidati  delle  amministrazioni  pubbliche
possa essere fronteggiato ed eventualmente  redistribuito  attraverso
la fisiologica utilizzazione degli strumenti consentiti  dal  vigente
ordinamento finanziario e  contabile  (sentenza  n.  176  del  2012)"
(sent. n. 79 del 2014).
    Nel caso di specie, il criterio di riparto  del  taglio  disposto
dalle  disposizioni  censurate  (Pil  e  popolazione  residente)   e'
effettivamente diverso da quello censurato  dalla  pronuncia  dinanzi
richiamata (consumi intermedi), ma,  sotto  il  profilo  sostanziale,
produce il medesimo effetto perequativo  in  violazione  dei  criteri
previsti dall'art.  119  Cost.,  che  fa,  invece,  riferimento  alla
"minore capacita' fiscale per abitante".
    E', infatti, noto che PIL e capacita' fiscale sono due  grandezze
distinte e non immediatamente comparabili, tenuto conto che la  prima
misura il valore dei beni e dei servizi prodotti, mentre  la  seconda
il gettito delle imposte, sicche' tra i due valori vi puo' essere una
relazione ma non gia' piena coincidenza.
    Si insiste,  pertanto,  affinche'  codesta  ecc.ma  Corte  voglia
pronunciare  l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
impugnate per violazione  del  parametro  costituzionale  di  cui  in
rubrica.

(1) E' utile ricordare, a tale riguardo, che  la  determinazione  dei
    livelli essenziali di assistenza risale al  D.P.C.M.  29.11.2001,
    successivamente  modificato  con  D.P.C.M.  5.3.2007,  senza  che
    l'aggiornamento previsto entro il 31.12.2012 dall'art. 5 del D.L.
    n. 158/2012 sia mai stato introdotto.

 
                               P.Q.M.
 
    La Regione Liguria, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata,
chiede   che   l'ecc.ma   Corte   costituzionale    adita    dichiari
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2, del
d.l. n. 78 del 19 giugno 2015 recante Disposizioni urgenti in materia
di enti territoriali. Disposizioni per garantire la  continuita'  dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia  di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale 19  giugno  2015,  n.  140,  S.O.  e
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  legge
n. 125 del 6 agosto 2015,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  14
agosto 2015, n. 188, S.O. per violazione dei parametri costituzionali
di cui ai sopra estesi motivi di ricorso.
    Si depositano, unitamente al sopra esteso ricorso:
        1) delibera di Giunta regionale n. 1079 dell'8 ottobre 2015;
        2)  relazione  concernente  l'impatto  della  riduzione   del
finanziamento sul servizio sanitario;
        3)  parere  favorevole  XII  Commissione  della  Camera   dei
deputati;
        4) Commissioni riunite V e XII  della  Camera  dei  deputati,
Indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra  nuove
esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica del  4
giugno 2014;
        5) Corte dei  conti,  con  delibera  del  29  dicembre  2014,
Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali;
        6) Servizio Studi del Senato con riferimento  al  Disegno  di
legge A.S. 1117-A, Dossier n. 90 - Delega al Governo  in  materia  di
federalismo fiscale.
          Genova-Roma, 8 ottobre 2015
 
 Avv. Barbara Baroli Mariniello - Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari
 

 

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