Ricorso n. 97 del 22 ottobre 2015 (Regione Liguria)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 ottobre 2015 (della Regione Liguria) .
(GU n. 51 del 2015-12-23)
Ricorso della Regione Liguria (C.F. e P.I. …), in
persona del Presidente della Giunta Regionale e legale rappresentante
pro tempore, Dott. Giovanni Toti (C.F. …), con sede
legale in Genova, Piazza De Ferrari, 1, rappresentata e difesa, ai
fini del presente giudizio, con facolta' anche disgiunte, dall'Avv.
Barbara Baroli Mariniello (C.F. …) e dall'Avv. Prof.
Giuseppe Franco Ferrari (C.F. ..), giusta procura a
margine del presente ricorso e delibera della Giunta Regionale n.
1079 dell'8 ottobre 2015 (doc. n. 1), con domicilio eletto presso lo
studio del secondo in Roma, Via di Ripetta, 142 e indicazione del
numero di fax … e dell'indirizzo di posta elettronica
certificata … per ogni futura
comunicazione;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per la
dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies,
commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 19 giugno 2015, recante Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire
la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del
territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 19.6.2015, n. 140, S.O
e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, 1. n.
125 del 6 agosto 2015, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 agosto
2015, n. 188, S.O.
Fatto
Con il presente ricorso, la Regione Liguria impugna l'art.
9-septies (Rideterminazione del livello di finanziamento del Servizio
sanitario nazionale) del d.l. 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire
la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del
territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali), introdotto dalla legge di conversione 6 agosto 2015, n.
125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19
giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti
territoriali), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2015, n.
188, S.O.
In particolare, oggetto di censura sono i commi 1 e 2 dell'art.
9-septies, di seguito riportati:
«1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica di cui all'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile
2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno
2014, n. 89 e successive modificazioni, e in attuazione di quanto
stabilito dalla lettera E. dell'intesa sancita dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano in data 26 febbraio 2015 e
dall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in
data 2 luglio 2015, nonche' dagli articoli da 9-bis a 9-sexies del
presente decreto, il livello del finanziamento del Servizio sanitario
nazionale a cui concorre lo Stato, come stabilito dall'articolo 1,
comma 556, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e' ridotto
dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al
fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, possono
comunque conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma
1 anche adottando misure alternative, purche' assicurino l'equilibrio
del bilancio sanitario con il livello del finanziamento ordinario».
In altri termini, la disciplina di cui al comma 1 citato, in
asserita attuazione degli obiettivi di finanza pubblica di cui
all'articolo 46, comma 6, del d.l. n. 66/2014, nonche' di due intese
sancite in Conferenza Stato-Regioni (rispettivamente in data 26
febbraio 2015 e 2 luglio 2015), nonche' degli articoli da 9-bis a
9-sexies del medesimo decreto-legge n. 78 del 2015, anch'essi
inseriti in sede di conversione, dispone un taglio lineare del
finanziamento statale al Servizio sanitario nazionale nella misura di
euro 2.532 milioni di euro «a decorrere dal 2015».
La disciplina contenuta nel comma 2, invece (con formulazione
peraltro di non immediata comprensione come si dira' infra), fa salva
la possibilita', per le Regioni e le Province autonome, «al fine di
salvaguardare i livelli essenziali di assistenza» (indipendentemente
dal taglio disposto dal primo comma), di «conseguire l'obiettivo
economico-finanziario di cui al comma 1 anche adottando misure
alternative, purche' assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario
con il livello del finanziamento ordinario».
Piu' nel dettaglio, per quanto concerne il comma 1, la disciplina
impugnata si presenta come diretta a ridurre la spesa sanitaria, a
partire dall'esercizio in corso, in una misura fissa (2.352 milioni
di euro) e in via definitiva, con previsione di applicazione annuale
del «taglio» di spesa, senza limite di tempo.
Come anticipato, la riduzione del finanziamento del SSN prevista
dal comma 1 vuole apparire funzionale al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica di cui all'articolo 46, comma 6, del
d.l. n. 66 del 2014 e coordinata con le misure di risparmio e di
contenimento della spesa sanitaria disciplinate negli articoli da
9-bis a 9-sexies richiamati.
A tale proposito, occorre, quindi, riportare per esteso l'art.
46, comma 6, citato, ricordando sin d'ora che gli ultimi due periodi
- cui si riferisce segnatamente l'art. 9-septies, comma 1, del d.l.
n. 78/2915 - sono stati aggiunti dall'art. 1, comma 398, lett. c),
della legge di stabilita' 2015, n. 190 del 2014:
«Le regioni a statuto ordinario, in conseguenza
dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento
della finanza pubblica introdotti dal presente decreto e a valere sui
risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente
applicabili ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della
Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a
500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per
ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, in ambiti di spesa e per
importi proposti in sede di autocoordinamento delle regioni medesime,
da recepire con Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, di Trento e
di Bolzano, entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed
entro il settembre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti.
In assenza di tale intesa entro i predetti termini, con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro 20 giorni dalla
scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad
ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e Province
autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto del Pil e della
popolazione residente, e sono rideterminati i livelli di
finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione
delle risorse da parte dello Stato. Per gli anni 2015-2018 il
contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo
periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di
spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei
livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle
regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della
predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli
ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da
parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro il predetto
termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto al secondo
periodo, considerando anche le risorse destinate al finanziamento
corrente del Servizio sanitario nazionale».
Per quanto riguarda le due intese sancite nella sede
inter-istituzionale, delle quali la disciplina denunciata si presenta
come attuativa, occorre anzitutto riportare quanto previsto alla
lettera E dell'intesa in data 26 febbraio 2015:
«Ai sensi dell'art. 30, comma 2, del Patto della Salute di
cui all'Intesa del 10 luglio 2014 Governo, Regioni e Province
Autonome, entro il 31 marzo 2015, con Intesa da sancire in sede di
Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome individuano misure di
razionalizzazione ed efficientamento della spesa del SSN. Procedono,
altresi', al rafforzamento dei sistemi di monitoraggio in ordine
all'attuazione del Regolamento sugli standard ospedalieri di cui
all'Intesa Stato-Regioni e Province Autonome del 5 agosto 2014. Le
regioni e province autonome potranno conseguire, comunque, il
raggiungimento dell'obiettivo finanziario intervenendo su altre aree
della spesa sanitaria, alternative rispetto a quelle individuate
dalla citata Intesa da sancire entro il 31 marzo 2015, ferma restando
la garanzia di raggiungimento dell'equilibrio di bilancio del proprio
servizio sanitario regionale, assicurando, in ogni caso, economie non
inferiori a 2.352 milioni di euro alle quali corrisponde una
conseguente rideterminazione delle risorse individuate dall'art. 1,
comma 556, della legge n. 190/2014» (che si ritrascrive di seguito:
«Il livello del finanziamento del Servizio Sanitario nazionale a cui
concorre lo Stato e' stabilito in 112.062.000.000 euro per l'anno
2015 e in 115.444.000.000 euro per l'anno 2016, salve eventuali
rideterminazioni in attuazione dell'articolo 46, comma 6, del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dal comma 398 del
presente articolo, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1,
comma 1, del Patto per la salute»).
Nel preambolo del decreto-legge n. 78 del 2015 si fa riferimento,
tra l'altro, alla «necessita' e urgenza di specificare ed assicurare
il contributo alla finanza pubblica da parte degli enti territoriali,
come sancito nell'Intesa raggiunta in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano nella riunione del 26 febbraio 2015».
E' importante sottolineare fin d'ora che le disposizioni
impugnate rinviano all'intesa in data 10 luglio 2014, con la quale e'
stato sottoscritto il Patto per la salute 2014-2016, che all'art. 1,
comma 1, aveva fissato - al fine di garantire il rispetto degli
obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica per il predetto triennio - in 112.062.000.000 euro per
l'anno 2015 e in 115.444.000.000 euro per l'anno 2016 il livello del
finanziamento del SSN cui concorre lo Stato, «salvo eventuali
modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro
macroeconomico», con conseguente applicazione dell'art. 30, comma 2
(a norma del quale «in caso di modifiche normative sostanziali e/o
degli importi di cui all'art. 1, ove necessarie in relazione al
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del
quadro macroeconomico, la presente intesa dovra' essere altresi'
oggetto di revisione»).
Le disposizioni legislative impugnate, come si e' detto, rinviano
anche all'intesa in data 2 luglio 2015, con la quale, sub G.1., si
prevede quanto segue:
«Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica di cui all'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile
2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014,
n. 89 e in attuazione di quanto stabilito dall'Intesa sancita dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano in data 26 febbraio 2015,
prevista dall'art. 1, comma 398, della legge 23 dicembre 2014, n.
190, il livello del finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato,
come stabilito dall'articolo 1, comma 556, della legge 23 dicembre
2014, n. 190 e' ridotto dell'importo di 2.352 milioni di euro a
decorrere dal 2015. Conseguentemente per l'anno 2015 le risorse
disponibili per il SSN sono pari a 109.715 miliardi di euro e per
l'anno 2016 sono pari a 113.097 miliardi di euro, che saranno
ripartiti in base agli attuali criteri previsti dal decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68».
Mette conto ricordare che il comma 398 citato aggiunge al comma 6
dell'art. 46 del d.l. n. 66 del 2014 i seguenti periodi: «Per gli
anni 2015-2018 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di
cui al primo periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro annui
in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel
rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di
autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A
seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di
finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione
delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro
il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto
al secondo periodo, considerando anche le risorse destinate al
finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale».
La medesima intesa in data 2 luglio, sub G.2, prevede che «Le
Regioni a seguito di quanto convenuto al punto E) dell'Intesa del 26
febbraio 2015, in relazione alla previsione di rideterminazione del
livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale ivi
contenuta, hanno iniziato a porre in essere azioni di contenimento ed
efficientamento della dinamica della spesa dei propri SSR».
Occorre sin d'ora sottolineare che la Regione Liguria non ha
partecipato all'intesa in data 2 luglio 2015 e non ha approvato le
previsioni in essa contenute.
Per quanto riguarda il comma 2 dell'impugnato art. 9-septies («Le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di
salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, possono comunque
conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma 1 anche
adottando misure alternative, purche' assicurino l'equilibrio del
bilancio sanitario con il livello del finanziamento ordinario»), esso
va messo in relazione con la riportata lettera E dell'intesa in data
26 febbraio 2015, laddove questa stabiliva che «Le regioni e province
autonome possono conseguire, comunque, il raggiungimento
dell'obiettivo finanziario intervenendo su altre aree della spesa
sanitaria, alternative rispetto a quelle individuate dalla citata
Intesa da sancire entro il 31 marzo 2015, ferma restando la garanzia
di raggiungimento dell'equilibrio di bilancio del proprio servizio
sanitario regionale, assicurando, in ogni caso, economie non
inferiori a 2.352 milioni di euro alle quali corrisponde una
conseguente rideterminazione delle risorse individuate dall'art. 1,
comma 556, della legge n. 190/2014» (enfasi aggiunta).
In definitiva, ipotizzando di suddividere il «taglio» disposto
dalle disposizioni censurate tra le Regioni sulla base del riparto
risultante dalla Intesa Stato-Regioni n. 173/2014, avente ad oggetto
la Nuova proposta del Ministero della salute di deliberazione del
CIPE concernente il riparto tra le Regioni delle disponibilita'
finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno 2014, il
pregiudizio economico che la Regione esponente e' destinata a subire
in termini di riduzione del finanziamento puo' essere quantificato in
circa sessantacinque milioni di euro, importo che - come si dira'
meglio infra - non trova capienza nei risparmi presumibilmente
conseguibili attraverso le misure di contenimento della spesa
previste dalle disposizioni di cui agli artt. da 9-bis a 9-sexies (i
cui effetti potranno eventualmente percepirsi nell'ambito delle
annualita' successive al 2015, tenuto conto delle tempistiche
necessarie per la loro effettiva attuazione).
Cosi' ricostruito il quadro normativo in cui si inserisce la
previsione censurata e le immediate ricadute che la sua applicazione
e' idonea a produrre sul servizio sanitario regionale, si evidenzia
che l'art. 9-septies, commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 2015 risulta
manifestamente illegittimo per le seguenti ragioni di diritto, in
forza delle quali si insiste affinche' codesta ecc.ma Corte voglia
pronunciarne l'illegittimita' costituzionale.
Diritto
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, secondo e terzo
comma, 118, 119, primo e quarto comma, 120 Cost. e del principio di
leale collaborazione, sotto il profilo dei riflessi immediati delle
disposizioni impugnate sull'autonomia finanziaria della Regione
ricorrente e, in generale, sulle competenze in materia di tutela
della salute e organizzazione sanitaria.
La disciplina legislativa oggetto della presente impugnazione
dev'essere censurata - in riferimento ai rubricati parametri e, in
particolare, per il vulnus arrecato all'autonomia finanziaria della
ricorrente, specie sotto il profilo della violazione dell'art. 119,
primo e quarto comma, Cost. - anzitutto nella parte in cui dispone
una forte riduzione del finanziamento del SSN con effetto immediato e
destinato ad incidere sull'esercizio in corso, senza che, peraltro,
tale riduzione possa realisticamente essere affrontata attraverso le
misure di razionalizzazione e risparmio previste dagli artt. da 9-bis
a 9-sexies del medesimo decreto-legge n. 78 del 2015, anch' essi
inseriti in sede di conversione.
Si tratta, infatti, per lo piu' di misure di non immediata
applicazione, subordinate alla previa adozione di decreti
ministeriali e di ulteriori intese in Conferenza Stato-Regioni (cfr.,
ad esempio, art. 9-ter, comma 1, lett. b), che fa riferimento ad un
«accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da
adottare entro il 15 settembre 2015» per la determinazione del «tetto
di spesa regionale per l'acquisto di dispositivi medici»; art.
9-quater, comma 1, che rimette ad un «decreto del Ministro della
salute, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, previa intesa
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»
l'individuazione delle «condizioni di erogabilita' e le indicazioni
di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza
specialistica ambulatoriale»; l'art. 9-quater, comma 8, che
attribuisce ad un «decreto del Ministro della salute, da adottare
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»
l'individuazione dei «criteri di appropriatezza dei ricoveri di
riabilitazione ospedaliera»; art. 9-ter, comma 10, lett. b), secondo
cui «entro il 30 settembre 2015, l'AIFA conclude le procedure di
rinegoziazione con le aziende farmaceutiche volte alla riduzione del
prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio sanitario
nazionale»), destinate a produrre effetti «a regime»,
prevedibilmente, negli esercizi successivi, con grave pregiudizio per
l'organizzazione e il buon andamento del servizio sanitario
regionale, della garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni e
del principio di integrale finanziamento delle funzioni.
L'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria della
Regione in materia di tutela della salute risulta cosi'
immediatamente compressa, in contrasto con il principio di leale
collaborazione che avrebbe quanto meno imposto di attendere l'avvio
della fase di attuazione dei nuovi meccanismi di risparmio e di
contenimento della spesa, al fine di mitigare (non certo elidere,
stante l'inadeguatezza - di cui si dira' meglio infra - delle misure
in questione) l'impatto del taglio sull'organizzazione del sistema
sanitario.
Si evidenzia, infatti, che, sulla base dell'ipotesi di
ripartizione del «taglio» richiamata nella parte narrativa del
presente ricorso, la Regione Liguria e' destinata a subire una
riduzione di circa sessantacinque milioni di euro della contribuzione
statale al SSN e tale riduzione interviene in una fase assai avanzata
della programmazione e pianificazione sanitaria, senza che i
meccanismi di contenimento della spesa previsti dagli artt. da 9-bis
a 9-sexies del d.l. n. 78/2015 (quand'anche li si voglia ritenere
adeguati al fine di compensare il taglio censurato) dispongano del
tempo necessario per produrre i propri effetti, tanto piu' in
presenza di ulteriori disposizioni che aggravano (anziche'
alleggerire) i costi del servizio sanitario.
Piu' nel dettaglio, l'Intesa Stato-Regioni n. 173/2014 sopra
citata ha, a suo tempo, calcolato il fabbisogno delle Regioni
suddividendolo nei 3 livelli essenziali di assistenza: (a)
prevenzione per il 5%, (b) distrettuale per il 51% e (c) ospedaliera
per il 44% come previsto dalla normativa in materia di costi standard
(cfr. art. 27 d.lgs. n. 68/2011).
In tale contesto, il mancato introito di 65 milioni finira' per
incidere in termini di minori servizi ai cittadini nelle 3 aree sopra
indicate.
In concreto, la Regione subira' una riduzione delle risorse da
dedicare agli screening ed alle altre attivita' di prevenzione
stimabile, sulla base delle percentuali sopra descritte, in circa 3
milioni di euro.
Sulla parte distrettuale - che include la medicina di base, la
farmaceutica, la specialistica e l'assistenza territoriale - sono
stimabili minori risorse per euro 33 milioni, a fronte di costi in
notevole incremento relativamente ai nuovi farmaci oncologici ed anti
epatite (di cui si dira' infra).
Infine, anche le risorse da destinare all'assistenza ospedaliera
(degenza, day hospital, pronto soccorso) subiranno una riduzione
stimabile in circa euro 30 milioni.
Tale riduzione, come si e' anticipato, non soltanto non e'
compensata dalle misure di risparmio introdotte contestualmente al
taglio contestato, ma e' addirittura aggravata dall'incremento dei
costi derivante dai seguenti fattori.
Basti pensare, a tale riguardo, che l'art. 1, comma 593, della
legge n. 190/2014 ha previsto l'istituzione di un fondo per
l'acquisto di medicinali innovativi che ammonta ad euro 500 milioni
per l'anno 2015.
Sennonche', da un lato, tale importo, sulla base degli andamenti
rilevati a livello nazionale, si profila insufficiente rispetto alla
spesa effettivamente sostenuta. Dall'altro lato, tale somma trova
copertura per 400 milioni di euro nelle risorse destinate alla
realizzazione di specifici obiettivi di piano sanitario nazionale, ai
sensi dell'art. 1, comma 34, della legge n. 662/1996 e soltanto per
100 milioni su contributi statali. E' evidente, pertanto, che mentre
i 100 milioni teste' menzionati rappresentano effettivamente risorse
aggiuntive a carico del bilancio dello Stato, 400 milioni debbono
essere tratti dalle risorse destinate al fondo sanitario nazionale,
andando a ridurre ulteriormente il finanziamento di quest'ultimo
(gia' pesantemente inciso dal taglio disposto dalla norma censurata).
Per quanto concerne la Regione Liguria il maggior costo puo', quindi,
essere stimato in euro 38, 2 milioni.
A cio' si aggiunga, inoltre, il costo ulteriore rappresentato dal
personale, in considerazione del fatto che l'art. 1, comma 256, legge
n. 190/2014 ha rimosso il blocco delle progressioni economiche
previsto dall'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010, sicche' sono
ripristinate per la Dirigenza medica, veterinaria e del ruolo
sanitario le possibilita' di progressione dell'indennita' di
esclusivita' contrattualmente previste, nonche' le forme di
equiparazione al raggiungimento dei 5 anni di attivita' per gli
appartenenti alle due aree della dirigenza, per un maggior costo di
euro 6,2 milioni, stimabile sulla base dei dati forniti dalle aziende
alla luce del numero di persone interessate dal beneficio
contrattuale. (doc. n. 2)
Appare, pertanto, evidente che il taglio disposto dalla
previsione censurata e' destinato - ove ne venisse confermata la
legittimita' - a interferire non soltanto con l'autonomia finanziaria
delle Regioni e con l'esercizio delle rispettive competenze
legislative ed amministrative, ma anche con l'effettiva capacita' del
sistema sanitario di assicurare un adeguato livello di tutela del
fondamentale diritto alla salute presidiato dall'art. 32 Cost.
Del resto, il connotato d'incertezza che contraddistingue il
meccanismo legislativo censurato non e' sfuggito neppure alla XII
Commissione della Camera dei Deputati, che al parere favorevole con
osservazioni sul disegno di legge di conversione C. 3262 ha
anteposto, tra le altre, la seguente premessa: «valutate
positivamente, nel complesso, le disposizioni recate dagli articoli
9-bis e seguenti del decreto-legge, in quanto si apprezza lo sforzo
compiuto, in termini di riorganizzazione ed efficientamento del
sistema sanitario, e fatto presente, al riguardo, quanto sia
importante che il predetto obiettivo venga raggiunto, onde evitare
che il mancato aumento del finanziamento si traduca in un mero taglio
lineare, apparendo quindi necessario che il sistema si doti di
modalita' di valutazione annuale dell'impatto effettivo delle singole
misure adottate, prevedendo eventuali meccanismi correttivi ...»
(enfasi aggiunta) (doc. n. 3).
Lo stesso parere avanza fondate riserve in merito alla mancanza
delle necessarie relazioni tecniche per la stima sul piano
quantitativo dei risparmi che genericamente si presumono come effetto
delle misure previste dagli articoli precedenti e in merito ai
probabili contenziosi relativi alle procedure di rinegoziazione dei
contratti per la fornitura di beni e di servizi.
La preoccupazioni connesse all'incapacita' del SSN di assorbire
ulteriori tagli del proprio finanziamento sono state, del resto,
espresse anche dalle Commissioni riunite V e XII della Camera dei
Deputati, le quali - nell'ambito del documento finale approvato
all'esito dell'Indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della
salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di
finanza pubblica del 4 giugno 2014 - hanno evidenziato che «negli
ultimi anni alla riduzione delle risorse destinate al Fondo sanitario
nazionale si e' sommata la riduzione di quelle per le politiche socio
assistenziali e per le non autosufficienze. Tutto cio' ha fatto
emergere la piena consapevolezza che il Servizio Sanitario Nazionale
non puo' sopportare ulteriori definanziamenti, pena l'impossibilita'
di garantire i livelli di assistenza e quindi l'equita' nell'accesso
alle prestazioni socio sanitarie» (enfasi aggiunta) (doc. n. 4).
In termini analoghi, la Corte dei conti, con delibera del 29
dicembre 2014, Relazione sulla gestione finanziaria degli enti
territoriali, ha sottolineato la necessita' che «futuri interventi di
contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in
grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali
delle prestazioni nonche' delle funzioni fondamentali inerenti ai
diritti civili e sociali» (enfasi aggiunta) (doc. n. 5).
Le preoccupazioni evidenziate e i profili d'incostituzionalita'
prospettati risultano, d'altro canto, implicitamente ma univocamente
confermati anche dal tenore del comma 2 dell'art. 9-septies.
Prima facie, infatti, il comma 2 intende sottrarre a
contestazione la disciplina di cui al comma precedente, indicando
come cogente l'obiettivo economico-finanziario, vale a dire la
riduzione della spesa sanitaria regionale nella misura corrispondente
alla prevista rideterminazione del finanziamento, senza tuttavia
vincolare le Regioni ad un insieme tassativo e predeterminato di
mezzi per conseguire l'obiettivo medesimo, cio' che, secondo una
giurisprudenza costituzionale costante, non sarebbe legittimo (ex
plurimis, sent. n. 193/2012, nella quale si chiarisce che "possono
essere ritenute principi fondamentali in materia di coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost,
le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della
finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non
prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)");
sent. n. 79 del 2014, che rinvia alle precedenti sentt. n. 287 del
2013 e n. 169 del 2007).
Nondimeno, le misure di cui agli articoli da 9-bis a 9-sexies
richiamati, si presentano a loro volta come obbligatorie,
configurandole il legislatore statale come principi di coordinamento
della finanza pubblica o riportandole al secondo comma dell'art. 117,
Cost. in assenza peraltro delle necessarie specificazioni.
Il reale significato dell'impugnato comma 2 dell'art. 9-septies -
laddove prevede che le Regioni e le Province autonome, «al fine di
salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, possono comunque
conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui al comma 1 anche
adottando misure alternative, purche' assicurino l'equilibrio del
bilancio sanitario con il livello del finanziamento ordinario» -
appare, quindi, e piuttosto, un altro.
Si tratta di un'impropria (quanto insufficiente) forma di
cautela, da parte del legislatore statale, connessa alla grave
incertezza, se non all'inadeguatezza, delle previsioni di
«razionalizzazione ed efficientamento» sotto il profilo della loro
effettiva idoneita' a conseguire i risparmi necessari a giustificare
la rideterminazione del finanziamento del fondo sanitario nazionale.
Una cautela che, peraltro manifestamente, si riflette nella
preoccupazione per la garanzia dei livelli essenziali delle
prestazioni, per tacere dell'incongruita' del comma 2, laddove
premette che la disciplina in esso contenuta viene introdotta «al
fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza», quasi si
trattasse di un aspetto meramente accessorio rispetto alla previsione
della rideterminazione del livello di finanziamento, disposta
rinviando ad un secondo momento la predisposizione, a livello
regionale, delle misure necessarie per assicurare i LEA, in
conformita' agli artt. 32, 117, secondo comma, lettera m), e 119,
specialmente quarto comma, Cost.
Quanto precede mette in luce il contenuto lesivo dell'intera
disciplina che, nella sostanza, dispone un taglio secco e lineare del
finanziamento solo apparentemente compensato da risparmi attendibili
e certi, scaricando sulle Regioni la responsabilita' per la garanzia
dei LEA ipotizzando «misure alternative», ma in realta', aggiuntive,
per conseguire - «a tutti i costi», e' il caso di dire, e anche in
caso di dimostrata inadeguatezza degli strumenti di cui agli articolo
da 9-bis a 9-sexies - l'obiettivo economico-finanziario (misure
aggiuntive in ipotesi anche particolarmente onerose per le
collettivita' regionali: dal ridimensionamento inevitabile delle
prestazioni sotto il profilo quantitativo e/o qualitativo,
all'aumento della compartecipazione degli assicurati alla spesa
sanitaria e farmaceutica, all'incremento dell'addizionale regionale
all'IRPEF).
Nei termini dinanzi descritti, il taglio dei finanziamenti del
sistema sanitario previsto dalla disposizione censurata si pone,
dunque, in aperto contrasto con la giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte secondo cui «i provvedimenti finanziari adottati dallo Stato
allo scopo di razionalizzare e contenere la spesa nel settore
pubblico allargato, pur dovendo avere un carattere di assoluta
generalita' e lo scopo di porre un freno al dilagare di tale spesa -
anche mediante la fissazione di criteri d'ordine generale, appunto
costituenti espressione di principi fondamentali della materia, che
lasciano, in sede applicativa, specifici ambiti di autonomia alle
Regioni e agli enti locali minori - non possono, tuttavia,
prescindere dalla individuazione certa delle fonti di finanziamento
delle spese degli enti locali territoriali e dunque anche delle
comunita' montane e dei comuni che di esse fanno parte. Diversamente
ne verrebbe compromessa la certezza sia delle fonti di finanziamento
della spesa degli enti interessati, sia delle risorse economiche
effettivamente disponibili per di enti stessi, da impiegare per il
raggiungimento delle rispettive finalita' istituzionali» (enfasi
aggiunta) (sent. n. 326 del 2010).
L'affermazione secondo cui la Costituzione garantisce alle
Regioni il «diritto di disporre di risorse finanziarie che risultino
complessivamente non inadeguate rispetto ai compiti loro attribuiti»
(sent. n. 507/2000) e', del resto, costante nella giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte (cfr., in tal senso, sent. nn. 222 del 1994, 138
del 1999, 208 del 2001, 437 del 2001, 29 del 2004 e 381 del 2004).
Ulteriormente lesivo dei parametri costituzionali rubricati (e,
in particolare, del principio di ragionevolezza e di leale
cooperazione, oltre che del diritto alla salute) e' la circostanza
che il legislatore, nel disporre il taglio in contestazione, si sia
totalmente disinteressato della necessita' di assicurare, in ogni
caso, il «rispetto dei livelli essenziali di assistenza», sebbene la
necessita' di rispettare siffatti livelli fosse stata fatta
espressamente salva dall'art. 1, comma 398, della legge n. 190/2014,
ovvero la disposizione (richiamata anche nelle intese raggiunte in
sede di conferenza Stato-Regioni) che, nel modificare l'art. 46 del
d.l. n. 66/2014, ha fissato l'obiettivo in vista del cui
perseguimento l'art. 9-septies del d.l. n. 78 del 2015 ha operato il
taglio censurato.
Non consta, infatti, che, nell'introdurre il taglio disposto
dall'art. 9-septies, comma 1, del d.l. n. 78 del 2015, il legislatore
abbia compiuto qualsivoglia verifica (il cui esito non avrebbe, del
resto, che potuto essere negativo per le ragioni che si sono
considerate sopra) circa la possibilita' per le regioni di rispettare
i predetti livelli essenziali di assistenza all'esito del taglio
operato, tanto piu' che - secondo quanto evidenziato - il rispetto di
tali livelli di assistenza e' stato genericamente posto a carico
delle Regioni, nella piena consapevolezza, evidentemente,
dell'inidoneita' delle misure previste dagli artt. 9-bis - 9-sexies
del d.1. n. 78 del 2915 alla compensazione del taglio operato.
Ne consegue la contrarieta' della disposizione impugnata rispetto
ai parametri costituzionali di cui in rubrica e la sua conseguente
illegittimita'.
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, secondo e terzo
comma, 118, 119, 120 Cost. e del principio di leale collaborazione
sotto il profilo della lesione dell'autonomia finanziaria della
ricorrente per violazione del principio di temporaneita' nella
disciplina statale di coordinamento della finanza pubblica e di
contenimento della spesa regionale.
Le disposizioni impugnate introducono una misura di riduzione del
finanziamento del SSN stabilita una volta per tutte e senza limite di
tempo «a decorrere dal 2015».
Nella gia' citata sent. n. 193/2012, si chiarisce che, in materia
di coordinamento della finanza pubblica, «l'estensione a tempo
indeterminato delle misure restrittive» fa venir meno una delle
fondamentali condizioni di legittimita' dell'intervento statale,
segnatamente «quella della temporaneita' delle restrizioni». La
richiamata pronuncia non esclude la possibilita' di «dedurre dalla
trama normativa censurata un termine finale che consenta di
assicurare la natura transitoria delle misure previste e, allo stesso
tempo, di non stravolgere gli equilibri della finanza pubblica,
specie in relazione all'anno finanziario in corso».
Ma la disciplina impugnata non consente di reperire un termine
finale, ne' di essere interpretata alla stregua di una disciplina
transitoria.
I principi richiamati sono stati, poi, ripresi dalla successiva
sent. n. 79/2014, nella quale si ribadisce che «questa Corte ha
ripetutamente affermato che e' consentito al legislatore statale
imporre limiti alla spesa di enti pubblici regionali, che si
configurano quali principi di «coordinamento della finanza pubblica»,
anche nel caso in cui gli «obiettivi di riequilibrio della medesima»
tocchino singole voci di spesa a condizione che: tali obiettivi
consistano in un «contenimento complessivo, anche se non generale,
della spesa corrente», in quanto dette voci corrispondano ad un
"importante aggregato della spesa di parte corrente», come nel caso
delle spese per il personale (sentenze n. 287 del 2013 e n. 169 del
2007); il citato contenimento sia comunque «transitorio», in quanto
necessario a fronteggiare una situazione contingente, e non siano
previsti «in modo esaustivo strumenti o modalita' per il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 23 e n. 22 del
2014; n. 236, n. 229 e n. 205 del 2013; n. 193 del 2012; n. 169 del
2007)".
Nel caso di specie, la sent. n. 79/2014 non ha ritenuto
soddisfatta dalla disciplina denunciata la "condizione della
necessaria «transitorieta'» delle misure restrittive (fra le tante,
sentenze n. 256, n. 229 e n. 205 del 2013), nella parte in cui
stabilisce che dette misure, che si impongono all'autonomia di spesa
ed organizzativa della Regione, sono adottate non per un periodo
limitato, per fronteggiare una situazione contingente, ma a tempo
indeterminato, disponendo l'adozione del decreto ministeriale «entro
il 15 febbraio di ciascun anno»" (enfasi aggiunta).
Sotto il profilo in esame, peraltro, l'art. 9-septies oltre a
risultare incompatibile con i principi precisati dalla giurisprudenza
costituzionale, appare affetto da profili di irrazionalita', in
riferimento anche all'art. 3 Cost., posto che la stessa riduzione
sembra destinata ad essere applicata anche alle annualita' successive
al 2016, per le quali il livello del finanziamento del SSN non e'
ancora stato fissato.
Infatti, come si e' visto sopra, l'art. 1, comma 556, della legge
n. 190/2014 stabilisce che «il livello del finanziamento del Servizio
sanitario nazionale a cui concorre lo Stato e' stabilito in
112.062.000.000 euro per l'anno 2015 e in 115.444.000.000 euro per
l'anno 2016» («salve eventuali rideterminazioni in attuazione
dell'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,
come modificato dal comma 398 del presente articolo, in attuazione di
quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del Patto per la salute»).
Quanto precede dovrebbe indurre ad interpretare in modo conforme
a Costituzione l'art. 9-septies nella parte in cui include la
locuzione «a decorrere dal 2015», quanto meno sotto il profilo
dell'intellegibilita' dal punto di vista matematico, posto che non si
comprende come possa razionalmente ipotizzarsi una riduzione in
misura fissa (2.352 milioni di euro) di una grandezza (il livello del
finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato) non ancora stabilita,
ne' conoscibile, per quanto concerne gli anni successivi al 2016.
La teorica possibilita' di un'interpretazione conforme a
Costituzione non rende, tuttavia, inammissibile un ricorso in via
principale, secondo la costante giurisprudenza (ex plurimis, sentt.
n. 249 del 2005, n. 289 del 2008, 62 e 188 del 2012).
Al contrario, esigenze di garanzia e certezza del riparto
costituzionale delle competenze legislative impongono di sottoporre a
codesta ecc.ma Corte le decisioni impugnate anche sotto questo
secondo profilo.
Ne' puo' ipotizzarsi un'eccezionale deroga ai principi
costituzionali in tema di autonomia finanziaria regionale e di
riparto intersoggettivo delle competenze in considerazione delle
difficolta' congiunturali, posto che «il principio salus rei publicae
lex esto non puo' essere invocato al fine di sospendere le garanzie
costituzionali di autonomia degli enti territoriali stabilite dalla
Costituzione. Lo Stato, pertanto, deve affrontare l'emergenza
finanziaria predisponendo rimedi che siano consentiti
dall'ordinamento costituzionale» (sentt. n. 151 del 2012 e n. 89 del
2014).
Anche sotto il profilo in esame, appare, pertanto, evidente
l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125 per violazione degli artt. 3, 117, 119, 120 Cost. e del
principio di leale collaborazione, in relazione alla legge n. 42 del
2009, al d.lgs. n. 68/2011 e al Patto per la salute 2014-2016.
La disciplina legislativa denunciata si pone in contrasto con i
parametri costituzionali invocati anche in relazione alla legge n. 42
del 2009 (spec. artt. 2, comma 6, e 8) e al d.lgs. n. 68 del 2011,
che, agli articoli da 25 a 30, individua quale criterio fondamentale
per la razionalizzazione e il contenimento della spesa sanitaria,
oltre che di riparto del fondo sanitario nazionale, quello dei costi
e dei fabbisogni standard.
E' noto, infatti, che - in base alla normativa teste' richiamata
- il finanziamento del sistema sanitario deve essere assicurato sulla
base dei costi e dei fabbisogni standard, i quali sono, a loro volta,
calcolati nella prospettiva di assicurare il conseguimento dei
livelli essenziali di assistenza.
Rispetto a tale sistema, la previsione di un taglio lineare quale
quello disposto dalla disposizione censurata e' assolutamente
irragionevole, in quanto - secondo quanto evidenziato nell'ambito del
primo motivo di ricorso - prescinde completamente non soltanto dalla
considerazione dell'adeguatezza delle risorse rispetto al
conseguimento dei citati obiettivi, ma anche dalle regole di
finanziamento adottate in attuazione dell'art. 119 Cost.
In altri termini, mentre i livelli essenziali da assicurare
restano invariati - tanto piu' in considerazione del mancato
aggiornamento degli stessi rispetto ai LEA a suo tempo introdotti nel
contesto di congiunture economiche maggiormente favorevoli (1) - per
effetto del censurato taglio, le regioni vedono drasticamente
diminuite le risorse disponibili per il loro perseguimento.
Tale intervento inserisce, in tal modo, un elemento di intrinseca
irragionevolezza del sistema di finanziamento del SSN, allontanandosi
dal percorso tracciato dalla Costituzione e dalle disposizioni di
questa attuative per inseguire unicamente contingenti logiche di
risparmio.
Basti pensare, a tale riguardo, che - secondo quanto evidenziato
dal Servizio Studi del Senato con riferimento al Disegno di legge
A.S. 1117-A, Dossier n. 90-Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 Cost. - "la
quantificazione del «costo standard» puo' essere considerata il
primum movens rispetto a gran parte della catena del finanziamento",
atteso che "esso quantifica la spesa per i LEP, che quantificano
l'intervento perequativo" (doc. n. 6).
Sotto il profilo della violazione dell'art. 120, secondo comma,
Cost. e del principio di leale collaborazione, si evidenzia, inoltre,
che nel Patto per la salute 2014-2016 si sottolinea all'art. 1, comma
2, "la necessita' di rivedere e riqualificare i criteri di cui
all'art. 27 del d.lgs. n. 68/2011 sulla «determinazione dei costi e
dei fabbisogni standard regionali»", oggetto del richiamato accordo
politico in data 19 dicembre 2013, e si afferma che "la revisione dei
criteri non puo' mettere in discussione il principio dei costi
standard".
Al successivo comma 3, si prevede che "nell'ambito delle
disponibilita' di cui al comma 1, con DPCM adottato, d'intesa con la
Conferenza Stato-Regioni, si provvede, entro il 31 dicembre 2014,
all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, in attuazione
dei principi di equita', innovazione ed appropriatezza e nel rispetto
degli equilibri programmati della finanza pubblica": aggiornamento,
come e' noto, non ancora avvenuto.
Di fondamentale rilievo e' quanto convenuto al comma 4, dove si
legge che "i risparmi derivanti dall'applicazione delle misure
contenute nel Patto rimangono nella disponibilita' delle singole
regioni per finalita' sanitarie ... si conviene altresi' che
eventuali risparmi nella gestione del servizio sanitario nazionale
effettuati dalle regioni rimangano nella disponibilita' delle regioni
stesse per finalita' sanitarie".
La disciplina contenuta nell'art. 9-septies impugnato e'
improntata ad una logica del tutto differente, che prescinde
totalmente dal percorso di convergenza ai costi e ai fabbisogni
standard sanitari per riproporre un modello di mero taglio lineare di
finanziamento del SSN. Come affermato nella sent. n. 273 del 2013
(seppure con riferimento al finanziamento del trasporto pubblico
locale) "il mancato completamento della transizione ai costi e
fabbisogni standard, funzionale ad assicurare gli obiettivi di
servizio e il sistema di perequazione, non consente, a tutt'oggi,
l'integrale applicazione degli strumenti di finanziamento delle
funzioni regionali previsti dall'art. 119 della Costituzione".
Il meccanismo legislativo censurato, inoltre, a fronte di
risparmi previsti come conseguenza (attesa, o presunta)
dell'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli da 9-bis a
9-sexies, prevede, anziche' l'acquisizione delle risorse risparmiate
al bilancio della sanita' regionale, una (in linea teorica)
corrispondente riduzione delle risorse finanziarie destinate al
finanziamento del SSN, in evidente violazione del Patto per la salute
2014-2016 e del principio di leale collaborazione.
Donde la violazione dei parametri costituzionali di cui in
rubrica e la conseguente illegittimita' della disposizione censurata.
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2,
del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015,
n. 125, per violazione degli artt. 77, 117, 119, 120 Cost. e del
principio di leale collaborazione.
La denunciata lesione dell'autonomia regionale sotto i plurimi
profili sopra indicati si accompagna ad una violazione dell'art. 77
Cost., risultando la disciplina impugnata (introdotta con
"maxiemendamento" votato a seguito della posizione, da parte del
Governo, della questione di fiducia) del tutto eterogenea rispetto al
contenuto originario del decreto-legge n. 78 del 2015, cosicche'
appare evidente il "difetto di omogeneita', e quindi di nesso
funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate,
introdotte nella legge di conversione" (Corte cost., sent. n. 32 del
2014; sul caso di "evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di
interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di
convenzione e quelle dell'originario decreto-legge" si sono
pronunciate anche le sentenze n. 154 e n. 145 del 2015, n. 251 del
2014, a partire dalla sentenza n. 22 del 2012).
E' sintomatica del grave problema appena evidenziato la
circostanza che, in sede di conversione, sia stato modificato il
titolo del decreto-legge oggetto di conversione, che in precedenza
era il seguente «Disposizioni urgenti in materia di enti
territoriali». Alla fine dell'Allegato alla legge di conversione,
infatti, si stabilisce che "al titolo del decreto-legge sono
aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Disposizioni per garantire la
continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del
territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali»".
Tale modifica non puo', peraltro, certo sottrarre la disciplina
impugnata (e, sebbene ai presenti fini non interessi, le altre
disposizioni in materia sanitaria) alle censure che, in ogni caso,
s'impongono alla luce della giurisprudenza costituzionale in tema di
legittimita' della legge di conversione (specialmente le sentenze n.
32 del 2014 e n. 22 del 2012).
In particolare, occorre ricordare quanto codesta ecc.ma Corte ha
affermato nella richiamata sentenza n. 32 del 2014, della quale mette
conto riportare per esteso alcuni passaggi, concernenti le condizioni
di legittimita' della legge di conversione: "Dalla sua connotazione
di legge a competenza tipica derivano i limiti alla emendabilita' del
decreto-legge. La legge di conversione non puo', quindi, aprirsi a
qualsiasi contenuto ulteriore, come del resto prescrivono anche i
regolamento parlamentari (art. 96-bis del Regolamento della Camera
dei Deputati e art. 97 del Regolamento del Senato della Repubblica,
come interpretato dalla Giunta per il regolamento con il parere
dell'8 novembre 1984). Diversamente, l'iter semplificato potrebbe
essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto
con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di
confronto parlamentare. Pertanto, l'inclusione di emendamenti e
articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del
decreto-legge, o alle finalita' di quest'ultimo, determina un vizio
della legge di conversione in parte qua.
E' bene sottolineare che la richiesta coerenza tra il
decreto-legge e la legge di conversione non esclude, in linea
generale, che le Camere possano apportare emendamenti al testo del
decreto-legge, per modificare la normativa in esso contenuta, in base
alle valutazioni emerse nel dibattito parlamentare; essa vale
soltanto a scongiurare l'uso improprio di tale potere, che si
verifica ogniqualvolta sotto la veste formale di un emendamento si
introduca un disegno di legge che tenda a immettere nell'ordinamento
una disciplina estranea, interrompendo il legame essenziale tra
decreto-legge e legge di conversione, presupposto dalla sequenza
delineata dall'art. 77, secondo comma, Cost."
Nella sent. n. 32 del 2014 si precisa, inoltre, che "cio' vale
anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine a contenuto
plurimo, come quello di specie. In relazione a questa tipologia di
atti - che di per se' non sono esenti da problemi rispetto al
requisito dell'omogeneita' (sentenza n. 22 del 2012) - ogni ulteriore
disposizione introdotta in sede di conversione deve essere
strettamente collegata ad uno dei contenuti gia' disciplinati dal
decreto-legge ovvero alla ratio dominante del provvedimento
originario considerato nel suo complesso.
Nell'ipotesi in cui la legge di conversione spezzi la suddetta
connessione, si determina un vizio di procedura, mentre resta
ovviamente salva la possibilita' che la materia regolata dagli
emendamenti estranei al decreto-legge formi oggetto di un separato
disegno di legge, da discutersi secondo le ordinarie modalita'
previste dall'art. 72 Cost.
L'eterogeneita' delle disposizioni aggiunte in sede di
conversione determina, dunque, un vizio procedurale delle stesse, che
come ogni altro vizio della legge spetta solo a questa Corte
accertare. Si tratta di un vizio procedurale peculiare, che per sua
stessa natura puo' essere evidenziato solamente attraverso un esame
del contenuto sostanziale delle singole disposizioni aggiunte in sede
parlamentare, posto a raffronto con l'originario decreto-legge.
All'esito di tale esame, le eventuali disposizioni intruse
risulteranno affette da vizio di formazione, per violazione dell'art.
77 Cost., mentre saranno fatte salve tutte le componenti dell'atto
che si pongano in linea di continuita' sostanziale, per materia o per
finalita', con l'originario decreto-legge".
Nella sent. n. 154 del 2015, si ribadisce che "l'innesto,
nell'iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa puo'
certamente essere effettuato, considerando, tuttavia, che la legge di
conversione e' fonte funzionalizzata alla stabilizzazione di un
provvedimento avente forza di legge, caratterizzata da un
procedimento di approvazione peculiare e semplificato rispetto a
quello ordinario. Essa non puo' quindi aprirsi a qualsiasi contenuto,
come del resto prescrive, in particolare, l'art. 96-bis del
regolamento della Camera dei deputati. A pena di essere utilizzate
per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto con forza di
legge, le disposizioni introdotte in sede di conversione devono
potersi collegare al contenuto gia' disciplinato dal decreto-legge,
ovvero, in caso di provvedimenti governativi a contenuto plurimo,
alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo
complesso (sentenza n. 32 del 2014)".
Nel caso di specie, occorre osservare che la previsione di un
taglio lineare alla spesa sanitaria risulta del tutto eterogeneo e
privo di collegamento rispetto alle disposizioni contenute nel
decreto-legge n. 78 del 2015, sicche' appare palese la violazione dei
principi affermati dalla giurisprudenza dinanzi richiamata.
La ridondanza dell'evidenziata violazione dell'art. 77 Cost.
sulla sfera di attribuzioni costituzionali della ricorrente appare in
re ipsa, trattandosi di un "maxiemendamento" diretto, come si e'
visto con riguardo all'art. 9-septies, ad incidere con effetto
immediato e a tempo indeterminato sull'autonomia finanziaria e sulle
competenze in materia di tutela della salute e organizzazione
sanitaria della Regione Liguria.
V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies del d.l. 19
giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125, per
violazione degli artt. 3, 97, 117, commi 3 e 4, 118 e 119 della
Costituzione e del principio di leale collaborazione.
Come evidenziato in precedenza, l'art. 9-septies del d.l. n.
78/2015 determina un taglio "lineare" del concorso dello Stato al
finanziamento del SSN per un importo pari ad euro 2.352 milioni di
euro "a decorrere dal 2015".
E' evidente che, in tal modo, la disposizione censurata -
inserita con legge di conversione 6 agosto 2015, n. 125 - incide
retroattivamente sugli impegni di spesa gia' assunti dalla regione
Liguria in relazione al corrente anno, producendo, altresi',
un'irragionevole alterazione della programmazione di spesa gia'
operata.
Rileva ricordare, a tale riguardo, che - secondo quanto
evidenziato anche nell'ambito del primo motivo di ricorso - la
disposizione censurata interviene in una fase particolarmente
avanzata della programmazione e pianificazione sanitaria (l'art.
9-septies e' stato, infatti, inserito, come ricordato, in sede di
legge di conversione nel mese di agosto del corrente anno), andando a
sottrarre importi che erano stati gia' oggetto di impegno da parte
della regione Liguria, la quale, per effetto, della previsione
censurata, si vedra' costretta ad introdurre svariati correttivi in
corso di annualita', al fine di allineare (rectius, tentare di
allineare) la programmazione della spesa sanitaria per l'anno
corrente alla contestata riduzione retroattiva del finanziamento
statale.
Sotto il profilo in considerazione, appare significativo
evidenziare come la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte abbia gia'
avuto occasione di pronunciare l'illegittimita' di misure che, in
violazione dei principi di certezza delle entrate e di affidamento
delle Regioni, si proponevano di operare tagli di spesa con effetti
retroattivi. Si fa segnatamente riferimento alla sentenza n. 326 del
2010, con cui codesta ecc.ma Corte ha dichiarato la parziale
illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 187, della legge n.
191/2009 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato. Legge finanziaria), sottolineando come la
disposizione censurata - nel non prevedere alcuna indicazione in
ordine al finanziamento dei mutui ancora in essere, stipulati dalle
comunita' montane con il concorso dello Stato - "palesa una
irragionevolezza che si riverbera sulla autonomia finanziaria delle
Regioni e degli enti locali come ridisegnata dall'art. 119 Cost. e
come operante nelle more dell'attuazione del c.d. federalismo
fiscale, lasciando privo di copertura finanziaria, e comunque, di una
regolamentazione sia pure transitoria, un settore di rilievo, qual e'
quello degli investimenti strutturali a medio e lungo termine
effettuati mediante la stipulazione di mutui originariamente
«garantiti» dal finanziamento statale" (enfasi aggiunta).
Mette, altresi', conto ricordare che, a contrario, codesta ecc.ma
Corte ha escluso l'illegittimita' dell'art. 1, comma 565, della legge
n. 296/2006, evidenziando come le previsioni censurate, "disponendo
solo per l'avvenire e non ponendo per il passato vincoli piu' gravosi
di quelli gia' posti dalla legislazione previgente, hanno
espressamente escluso ogni interferenza delle precedenti previsioni
con quella censurata" (enfasi aggiunta) (sent. n. 120/2008).
La disposizione censurata, in considerazione di quanto precede,
si pone, dunque, in aperto contrasto con i parametri costituzionali
di cui in rubrica, nella misura in cui produce una lesione del
principio di affidamento delle Regioni e del principio di
proporzionalita' (artt. 3 e 97 Cost.), incide illegittimamente sulle
competenze legislative e amministrative delle Regioni in materia di
sanita' (artt. 117, commi 3 e 4, e 118 Cost.), compromettendo,
altresi', irragionevolmente l'autonomia finanziaria riconosciuta alle
Regioni dall'art. 119 Cost.
VI. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies del d.l. 19
giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125, in
relazione all'art. 1, comma 398, lett. c), della legge 23 dicembre
2014, n. 190 per violazione dell'art. 119 della Costituzione.
Il citato art. 1, comma 398, lett. c), della legge n. 190/2014 ha
modificato l'art. 46, comma 6, del d.l. n. 66/2014, inserendovi la
previsione secondo cui "per gli anni 2015-2018 il contributo delle
regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, e' incrementato
di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi
complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di
assistenza, in sede di autocoordinamento delle regioni da recepire
con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
entro il 31 gennaio 2015. A seguito della predetta intesa sono
rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e
le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. In
assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015,
si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le
risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario
nazionale".
In tale ultimo caso, dunque (assenza di intesa entro il termine
del 31 gennaio 2015) gli importi in questione - giusta il disposto
del richiamato secondo periodo dell'art. 46, comma 6 - devono essere
"assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e
Province autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto del Pil e
della popolazione residente" e, in siffatta ipotesi, il taglio
comprende anche la spesa sanitaria.
Tale previsione - i cui effetti sull'autonomia finanziaria e
l'esercizio delle competenze regionali si concretizzano a seguito
dell'introduzione delle disposizioni censurate nella presente sede -
risulta illegittima ed irragionevole per violazione dei parametri di
cui in rubrica.
Il criterio prefigurato dall'art. 1, comma 398, legge n. 190/2014
per il riparto del taglio in questione ("tenendo anche conto del Pil
e della popolazione residente") realizza, infatti, un effetto
perequativo implicito sulla scorta di un criterio che non trova
alcuna copertura costituzionale nell'ambito dell'art. 119 Cost.
Sotto il profilo in considerazione, il riparto del taglio
disposto dalla disposizione censurata si pone, dunque, in aperto
contrasto con i principi affermati nella sentenza n. 79 del 2014, ove
codesta ecc.ma Corte ha pronunciato l'illegittimita' costituzionale
di una disposizione che commisurava la riduzione del finanziamento
statale "«in misura proporzionale», fra l'altro, anche alle spese
sostenute per i consumi intermedi", ritenendo che un siffatto
criterio realizzasse "un effetto perequativo implicito, ma evidente,
che discende dal collegare la riduzione dei trasferimenti statali
all'ammontare delle spese per i consumi intermedi, intese quali
manifestazioni, pur indirette di ricchezza delle Regioni", in
violazione della costante giurisprudenza secondo cui "gli interventi
statali fondati sulla differenziazione tra Regioni, volti a rimuovere
gli squilibri economici e sociali, devono seguire le modalita'
fissate dall'art. 119, quinto comma, Cost., senza alterare i vincoli
generali di contenimento della spesa pubblica, che non possono che
essere uniformi (sentenze n. 46 del 2013 e n. 284 del 2009)" e "la
perequazione degli squilibri economici in ambito regionale deve
rispettare le modalita' previste dalla Costituzione, di modo che il
loro impatto sui conti consolidati delle amministrazioni pubbliche
possa essere fronteggiato ed eventualmente redistribuito attraverso
la fisiologica utilizzazione degli strumenti consentiti dal vigente
ordinamento finanziario e contabile (sentenza n. 176 del 2012)"
(sent. n. 79 del 2014).
Nel caso di specie, il criterio di riparto del taglio disposto
dalle disposizioni censurate (Pil e popolazione residente) e'
effettivamente diverso da quello censurato dalla pronuncia dinanzi
richiamata (consumi intermedi), ma, sotto il profilo sostanziale,
produce il medesimo effetto perequativo in violazione dei criteri
previsti dall'art. 119 Cost., che fa, invece, riferimento alla
"minore capacita' fiscale per abitante".
E', infatti, noto che PIL e capacita' fiscale sono due grandezze
distinte e non immediatamente comparabili, tenuto conto che la prima
misura il valore dei beni e dei servizi prodotti, mentre la seconda
il gettito delle imposte, sicche' tra i due valori vi puo' essere una
relazione ma non gia' piena coincidenza.
Si insiste, pertanto, affinche' codesta ecc.ma Corte voglia
pronunciare l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni
impugnate per violazione del parametro costituzionale di cui in
rubrica.
(1) E' utile ricordare, a tale riguardo, che la determinazione dei
livelli essenziali di assistenza risale al D.P.C.M. 29.11.2001,
successivamente modificato con D.P.C.M. 5.3.2007, senza che
l'aggiornamento previsto entro il 31.12.2012 dall'art. 5 del D.L.
n. 158/2012 sia mai stato introdotto.
P.Q.M.
La Regione Liguria, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata,
chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale adita dichiari
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2, del
d.l. n. 78 del 19 giugno 2015 recante Disposizioni urgenti in materia
di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuita' dei
dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio.
Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale
nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2015, n. 140, S.O. e
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge
n. 125 del 6 agosto 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 14
agosto 2015, n. 188, S.O. per violazione dei parametri costituzionali
di cui ai sopra estesi motivi di ricorso.
Si depositano, unitamente al sopra esteso ricorso:
1) delibera di Giunta regionale n. 1079 dell'8 ottobre 2015;
2) relazione concernente l'impatto della riduzione del
finanziamento sul servizio sanitario;
3) parere favorevole XII Commissione della Camera dei
deputati;
4) Commissioni riunite V e XII della Camera dei deputati,
Indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove
esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica del 4
giugno 2014;
5) Corte dei conti, con delibera del 29 dicembre 2014,
Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali;
6) Servizio Studi del Senato con riferimento al Disegno di
legge A.S. 1117-A, Dossier n. 90 - Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale.
Genova-Roma, 8 ottobre 2015
Avv. Barbara Baroli Mariniello - Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari