N. 99 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 ottobre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 ottobre 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 42 del 27-10-2004)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato;

Nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del
presidente della Giunta regionale, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 1 lettera f),
15, comma 1, 13, comma 1 lettera a), 17, 19, 24, comma 4, 26, comma
3, 28, comma 2, 45, comma 2, 49, comma 2, 62, comma 3, dello statuto
della Regione Emilia-Romagna, approvato in prima deliberazione il 1°
luglio 2004 ed in seconda deliberazione il 14 settembre 2004
pubblicato nel B.U.R. n. 130 del 16 settembre 2004, in relazione agli
articoli 1, 3, 48, 49, 97, 114, 123, 117, comma secondo, lettere a),
f), l), p), comma terzo e comma quinto - anche in relazione
all'art. 6, comma 1, della legge 131/2003 - 118, commi 1 e 2, 121,
comma 2, 122, comma 1, 123, 126, 138 della Costituzione.
In data 16 settembre 2004 e' stato pubblicato lo Statuto della
Regione Emilia-Romagna approvato in seconda deliberazione in data 14
settembre 2004.
Tale Statuto, in conformita' della delibera del Consiglio dei
ministri in data 8 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni non in armonia con la Costituzione e quindi in
violazione dell'art. 123 di questa, come appresso specificato:
1) Art. 2, comma 1, lettera f) ed art. 15 comma 1.
Dichiara la prima delle due norme in oggetto che la Regione
ispira la propria azione prioritariamente all'obiettivo del godimento
dei diritti sociali degli immigrati, degli stranieri profughi
rifugiati ed apolidi, «assicurando, nell'ambito delle facolta' che le
sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli
immigrati residenti». La seconda norma stabilisce che la Regione,
«nell'ambito delle facolta' che le sono costituzionalmente
riconosciute, riconosce e garantisce a tutti coloro che risiedono in
un comune del territorio regionale i diritti di partecipazione
contemplati nel presente Titolo, ivi compreso il diritto di voto nei
referendum e nelle altre forme di consultazione popolare,».
Tali disposizioni appaiono in contrasto con l'art. 48 Cost., che
considera elettori i soli cittadini.
Non puo' confondersi il concetto di popolazione (sommatoria dei
residenti in un ceno territorio in un determinato momento) con quello
di popolo (detentore della sovranita' ai diversi livelli di governo)
riferito appunto allo status di cittadino. Di qui anche il contrasto
con l'art. 1 Cost.
Per altro aspetto si ravvisa un contrasto con le disposizioni
dell'art. 117, comma 2 lettere f) e p), Cost., che attribuiscono allo
Stato la competenza legislativa esclusiva rispettivamente in materia
di organi dello Stato e relative leggi elettorali ed in materia di
legislazione elettorale di comuni, province e citta' metropolitane.
Per quanto specificamente riguarda l'esercizio dell'elettorato da
parte degli immigrati nell'ambito della partecipazione alla vita
pubblica locale, non varrebbe richiamarsi alla disposizione
dell'art. 9, comma 4 lettera d) del D.Lgs. n. 286/1998 e del capitolo
C (art. 6) della Convenzione di Strasburgo 5 febbraio 1992 cui essa
fa riferimento, perche' di detta convenzione e' stata autorizzata la
ratifica (legge 203/1994) solo limitatamente ai capitoli A e B (cio'
a prescindere dal rilievo che il capitolo C pone condizioni per nulla
indicate nelle clausole statutarie in esame, le quali fanno
riferimento al solo dato della residenza, in qualunque momento
acquisita). In ogni caso lo stesso art. 9, comma 4 lettera d) del
D.Lgs. n. 286/1998 espressamente precisa che l'elettorato anzidetto
potra' essere esercitabile «quando previsto dall'ordinamento». Al
riguardo, fermo il rilievo inerente alla previsione dell'art. 48
Cost, e' chiaro poi che la concreta attribuzione del diritto di voto
potrebbe attuarsi solo in forza di una legge statale, data l'evidente
esigenza di una disciplina unitaria ed uniforme sull'intero
territorio nazionale dei diritti politici degli immigrati, quale che
sia la parte di territorio nazionale ove essi risiedano.
Fermo sempre il rilievo pregiudiziale fondato sull'art. 48 Cost.,
un contrasto sembra configurabile anche con l'art. 122, comma 1,
Cost. per quanto concerne il «sistema di elezione» degli organi
rappresentativi regionali, ove in questo, specificamente riferibile
al meccanismo di organizzazione delle modalita' di espressione del
voto per la selezione dei candidati, si ritenga rientrare anche la
definizione del relativo corpo elettorale. Lo Statuto, infatti, non
puo' disciplinare direttamente la materia elettorale che interessa
l'area legislativa riservata dal primo comma dell'art. 122 Cost. alla
«legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti
con legge della Repubblica» (cfr. sent. 2/04), ai quali ultimi
specificamente atterrebbe il criterio di individuazione
dell'elettorato attivo.
In altri termini, e' contrario alla Costituzione sia esercitare
direttamente in sede statutaria una potesta' legislativa in materia
elettorale, attribuita ad organi ed a procedure diverse, sia definire
statuariamente indirizzi per l'esercizio della potesta' legislativa
regionale in materia; indirizzi che spetta invece allo Stato
stabilire in termini generali e di principio non legati alle
specificita' delle singole regioni.
A conclusioni non diverse deve pervenirsi anche con riguardo al
diritto di voto nei referendum e nelle altre forme di consultazione
espressione di sovranita' popolare.
Poiche' nell'ambito delle facolta' che le sono costituzionalmente
riconosciute la Regione non puo' «assicurare», «riconoscere» e
«garantire» alcunche', circa il diritto di voto agli immigrati,
palesemente illegittime risultano le denunziate clausole statutarie.
Puo' aggiungersi che un ulteriore contrasto con l'art. 121, comma
2, Cost. puo' prospettarsi nei limiti in cui le disposizioni in esame
intendano anche vincolare il Consiglio regionale, in materia non di
competenza della Regione, nel suo potere di fare proposte di legge
alle Camere, il cui esercizio deve rimanere alla responsabilita'
politica dell'organo anzidetto.
2) Art. 13, comma 1, lettera a).
Secondo la norma in oggetto la Regione, nell'ambito delle materie
di propria competenza, «provvede direttamente all'esecuzione ed
all'attuazione degli accordi internazionali stipulati dallo Stato,
nel rispetto delle norme di procedura previste dalla legge.».
In quanto per l'esercizio della prevista facolta' non pone la
condizione che gli accordi siano stati previamente ratificati e siano
entrati internazionalmente in vigore, la norma non appare rispettosa
dell'art. 117, comma 2 lettera a) Cost., che riserva allo Stato la
competenza esclusiva in materia di politica estera e rapporti
internazionali dello Stato stesso.
In modo ambiguo inoltre - tenuto conto delle specificazioni
invece rispettivamente recate dai commi 2 e 3 dello stesso art. 13 e
dell'implicito riferimento alla legge regionale ogniqualvolta difetti
una diversa qualificazione - la denunziata disposizione del comma 1
richiama genericamente le norme di procedura «previste dalla legge»
senza precisare che deve trattarsi di una legge dello Stato; cio' in
contrasto con l'art. 117, comma 5, Cost.
3) Artt. 17 e 19.
Nello specificare i diritti di partecipazione garantiti a «tutti
i residenti» (ivi compresi dunque gli immigrati) ai sensi del comma 1
dell'art. 15, l'art. 17 prevede la possibilita' di un'istruttoria in
forma di contraddittorio pubblico, indetta dall'Assemblea legislativa
(d'ufficio o su richiesta di cinquemila «persone») cui possono
partecipare, oltre ai Consiglieri regionali e alla Giunta regionale,
«associazioni, comitati e gruppi di cittadini portatori di un
interesse a carattere non individuale», per la formazione di atti
normativi o amministrativi di carattere generale, i quali vanno
motivati con riferimento alle risultanze istruttorie.
Tale norma - che, stando al lessico dello Statuto sembra
riferirsi anche all'attivita' legislativa, cui del resto
espressamente si rivolge l'art. 19 per rendere effettivo il diritto
di partecipazione al procedimento legislativo ed alla definizione
degli indirizzi politico-programmatici piu' generali - contrasta, per
quanto concerne l'attivita' normativa di carattere amministrativo e
l'adozione degli atti amministrativi di carattere generale, con
l'art. 97 Cost., in quanto non coerente con i principi di efficienza,
buon andamento ed imparzialita'. Cio' sia per la pressione
esercitabile da parte dei gruppi piu' forti ed organizzati, fra
l'altro in assenza di qualsiasi garanzia di serieta' di tali
aggregati, sia per l'esposizione al pericolo di istruttorie lunghe e
defatiganti a protezione di interessi settoriali - si pensi,
esemplificativamente, ai procedimenti per l'emanazione di
disposizioni in materia tributaria - fermo rimanendo che il mancato
rispetto dei termini che fossero stabiliti per la conclusione
dell'intero procedimento (ultimo comma dell'art. 17) non potrebbe
comportare la decadenza dell'organo regionale dal potere di
provvedere normativamente. L'obbligo di motivazione in riferimento
alle risultanze istruttorie contraddice poi i principi in tema di
attivita' normativa e principalmente quello dell'irrilevanza della
motivazione della norma, tanto piu' in tema di attivita' legislativa,
espressione, quest'ultima, di libere scelte politiche.
La forma di istruttoria in questione e l'obbligo di motivazione
contraddicono anche il principio di ragionevolezza riconducibile
all'art. 3 Cost., su cui si fondano, unitamente ad intuitive esigenze
pratiche, le diametralmente opposte previsioni dell'art. 3, comma 2,
e dell'art. 13, commi 1 e 2, della legge 241/1990, dalla quale erano
desumibili principi generali dell'ordinamento giuridico (cfr. art. 29
della stessa legge).
A sua volta, l'art. 19 prevede per «tutte le associazioni» che
facciano richiesta un «diritto di partecipazione» e la «garanzia di
un dialogo permanente» in ordine al procedimento legislativo ed alla
definizione degli indirizzi politico-programmatici piu' generali, che
nulla ha a che vedere con la facolta' spettante alle Commissioni
dell'Assemblea legislativa, ove ne avvertano l'esigenza, di
consultare le rappresentanze della societa' civile e di conseguire
apporti di enti ed associazioni (art. 39).
Le previsioni dell'art. 19 appaiono suscettibili di compromettere
l'autonomia del Consiglio regionale, cui e' demandato dall'art. 121
Cost. l'esercizio della potesta' legislativa, e contraddicono le
stesse affermazioni statutarie rispettivamente recate: dall'art. 27,
secondo il quale il Consiglio regionale e' organo della
rappresentanza democratica regionale, di indirizzo politico e di
controllo e l'Assemblea ha autonomia funzionale; dall'art. 31, comma
1 lettera a), secondo il quale l'autonomia e la rappresentativita'
dell'Assemblea - eletta a suffragio universale e diretto, con voto
personale, libero e segreto (art. 29, comma 1) - sono condizione
essenziale per la funzione istituzionale e per il libero confronto
democratico tra maggioranza ed opposizioni.
In particolare, sul postulato implicito e contraddittorio di
un'inidoneita' del Consiglio regionale a rappresentare con
effettivita' gli interessi della comunita' nazionale, le censurate
disposizioni alterano il sistema realizzando uno specifico
condizionamento nel modo di operare di tale principale istituto di
democrazia rappresentativa, di per se' dotato del piu' alto grado di
legittimazione democratica ed i cui componenti, politicamente
responsabili verso l'intero elettorato, rappresentano singolarmente
l'intera comunita' regionale ed esercitano le proprie funzioni senza
vincolo di mandato (art. 27, comma 2).
Ben diversamente da quanto avviene nella principale forma di
democrazia diretta costituita dalla consultazione referendaria, che
coinvolge individualmente e singolarmente ogni componente di tutta la
comunita' elettrice, i diritti di partecipazione e le garanzie
previste realizzerebbero, nella sostanza, una sorta di democrazia
«governata» da parte di gruppi di pressione organizzati, della cui
struttura democratica non v'e' garanzia, per assicurare la coerenza
dell'azione politica degli organi rappresentativi non con gli
orientamenti maggioritari degli elettori bensi' con gli interessi
degli stessi gruppi.
Sembra palese il contrasto, oltre che con il principio di
coerenza di cui all'art. 3 per l'alterazione di un sistema di
democrazia rappresentativa, con l'art. 1, comma 2, e con l'art. 49
Cost., il quale ultimo presuppone che i fattori di politica generale,
«forze intermedie ed intermediatrici», costituiti dai partiti siano
sottesi nel funzionamento delle assemblee legislative.
4) Art. 24, comma 4.
La norma stabilisce che «la Regione, nell'ambito delle proprie
competenze, disciplina le modalita' di conferimento agli enti locali
di quanto previsto dall'articolo 118 della Costituzione, definendo
finalita' e durata dell'affidamento ...».
La previsione in linea generale di «affidamenti» di funzioni
amministrative a durata limitata non risulta in linea con i principi
costituzionali, in quanto sembra menomare l'autonomia degli enti
locali sancita dall'art. 114 e violare lo stesso art. 118, comma 1 e
2, Cost.
Da un lato, infatti, la predeterminazione di un termine
contraddice e limita l'operativita' dei principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza che condizionano il conferimento a livello di governo
superiore delle funzioni amministrative, di regola attribuite ai
comuni. Dall'altro una tale previsione appare in contrasto con la
stessa affermazione costituzionale secondo la quale i comuni, le
province e le citta' metropolitane sono «titolari» (oltre che delle
funzioni istituzionalmente proprie) delle funzioni conferite con
legge statale o regionale. Affidare temporaneamente determinate
funzioni e' cosa diversa dal conferirne la titolarita'.
5) Art. 26, comma 3.
La norma in oggetto dispone che «l'Assemblea legislativa, in
conformita' con la disciplina stabilita dalla legge dello Stato,
procede alla delimitazione dell'area metropolitana di Bologna e alla
costituzione della citta' metropolitana, nonche' alla individuazione
delle sue funzioni».
L'attribuzione all'Assemblea legislativa di individuare le
funzioni della citta' metropolitana risulta in contrasto con la
previsione di cui all'art. 117, comma 2, lettera p), Cost., che
riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la materia
delle funzioni fondamentali di comuni, province e citta'
metropolitane.
6) Art. 28, comma 2.
Secondo la norma in oggetto «l'Assemblea, nei tempi definiti dal
Regolamento interno, discute e approva il programma di governo
predisposto dal Presidente della Regione riferito all'intera
legislatura e a tutti i settori d'intervento regionale ...».
La disposizione non e' accompagnata dall'indicazione delle
conseguenze della mancata approvazione, la quale comunque menoma di
per se' la legittimazione ed il ruolo del Presidente, ed e' gia'
censurabile per questa sua ambiguita'.
Nel sistema delineato dallo Statuto, l'approvazione del programma
di governo compete al Consiglio (articolo 28), cui spetta indicare
l'indirizzo politico e programmatico della Regione e controllarne
l'attuazione. Al Presidente della giunta, eletto a suffragio
universale e diretto, spetta la predisposizione del programma e la
sua attuazione (articoli 43 e 44).
La disposizione in oggetto (che non si limita a prescrivere la
tempestiva presentazione del programma di governo ma prevede un
termine per la sua approvazione determinato dal Regolamento interno
dell'Assemblea) non risulta coerente con l'elezione diretta del
Presidente (di cui sembra ridurre i poteri di indirizzo), in quanto
la prevista approvazione consiliare del programma di governo instauri
irragionevolmente e contraddittoriamente tra Presidente e Consiglio
regionale un rapporto diverso rispetto a quello che consegue
all'elezione a suffragio universale e diretto del vertice
dell'esecutivo prevista dall'art. 42 (conformemente al comma quinto
dell'art. 122 Cost.) in relazione alla quale non sussiste il
tradizionale rapporto fiduciario con il Consiglio rappresentativo
dell'intero corpo elettorale (sent. 2/2004).
Essa, pertanto, tenuto anche conto dei canoni fondamentali di
coerenza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., non puo' ritenersi
in armonia con la Costituzione.
7) Art. 45, comma 2.
Nello stabilire che «la carica di Assessore e' incompatibile con
quella di Consigliere regionale», la norma in oggetto viola
l'art. 122, comma 1, Cost., il quale prevede che i casi di
incompatibilita' dei componenti della Giunta regionale nonche' dei
consiglieri regionali sono disciplinati con «legge della Regione nei
limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della
Repubblica».
Con la previsione del caso di incompatibilita', lo Statuto invade
dunque illegittimamente l'area legislativa riservata alla legge
regionale. Contrario alla Costituzione, oltre che il diretto
esercizio in sede statutaria della potesta' legislativa attribuita ad
organi ed a procedure diverse (sent. 2/2004) e' anche l'indicazione
statutaria di indirizzi per l'esercizio della potesta' legislativa
regionale in materia i cui principi fondamentali compete alla legge
dello Stato definire.
8) Art. 49, comma 2.
La norma prevede che la Giunta regionale disciplina l'esecuzione
dei regolamenti comunitari «nei limiti stabiliti dalla legge
regionale».
Essa, omettendo di riferirsi al necessario rispetto delle norme
di procedura stabilite da legge dello Stato, la quale deve
disciplinare anche le modalita' di esercizio del potere sostitutivo,
viola l'art. 117, comma 5, Cost. che tale limite stabilisce.
9) Art 62, comma 3.
La norma prevede una disciplina regionale del rapporto di lavoro
del personale regionale, in conformita' ai principi costituzionali e
secondo quanto stabilito dalla legge e dalla contrattazione
collettiva. Essa, in quanto presuppone una disciplina sostanziale del
rapporto di lavoro e dei suoi aspetti fondamentali, si pone in
violazione dell'art. 117, comma 2 lettera l), Cost.
E' infatti pacifico che questa disposizione riserva alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina
sostanziale del rapporto di lavoro, riconducibile alla materia
«ordinamento civile» (sent. 2/2004).


Si conclude
pertanto, perche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dello Statuto della Regione Emilia-Romagna negli articoli 2, comma 1,
lettera f), 15, comma 1, 13, comma 1, lettera a), 17, 19, 24, comma
4, 26, comma 3, 28, comma 2, 45, comma 2, 49, comma 2, 62, comma 3,
per le ragioni e come sopra precisato.
Roma, 12 ottobre 2004
Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato

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