Ricorso n. 99 del 22 ottobre 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 ottobre 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che
gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le
altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al S.I.I.
sono di proprieta' degli enti locali.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 1, comma 2, lett. c).
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che
l'Assemblea territoriale delibera, su proposta del medesimo ATO, la
costituzione di sub-ambiti - Previsione che i Comuni possono
provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio
idrico, in forma associata anche attraverso la costituzione di
sub-ambiti, facenti parte dello stesso Ambito territoriale
ottimale.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), artt. 3, comma 3, lett. i), e 4, comma
7.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Norme in materia
di affidamento del S.I.I. - Affidamento in house della gestione del
S.I.I. senza previsione di un termine - Previsione del termine
massimo di nove anni per l'affidamento della gestione mediante
procedure di evidenza pubblica.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 2.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Affidamento del
S.I.I. ai privati - Previsione dell'affidamento all'esito di
procedure di evidenza pubblica, previa verifica, da parte delle
Assemblee territoriali, della sussistenza di condizioni di migliore
economicita' dell'affidamento, rispetto alle ipotesi di affidamento
in house.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 3.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - S.I.I. -
Previsione dell'affidamento a privati della gestione con
imposizione a carico dell'affidatario degli oneri relativi ad
eventuali varianti - Prevista risoluzione di diritto
dell'affidamento per gravi disservizi e prevista applicazione del
pagamento di penali.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 4, lett. a).
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Affidamento a
privati della gestione del S.I.I. mediante procedure ad evidenza
pubblica ulteriori e piu' rigorose rispetto a quelle previste per
l'affidamento in house.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 4.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio idrico
integrato - Previsione che per i disservizi di cui al comma 4,
lett. b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe
a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 6.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Prevista
possibilita' per i Comuni di gestire in forma diretta e pubblica il
S.I.I., in forma associata, anche ai sensi dell'art. 30 del d.lgs.
n. 267/2000.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 7.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che i
Comuni possono gestire in forma singola e diretta il S.I.I. nei
casi in cui la gestione associata del servizio risulti
antieconomica.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 8.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che i
Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonche' i
Comuni delle isole minori ed i Comuni di cui al comma 6 dell'art 1
della l.reg. n. 2/2013, possono gestire in forma singola e diretta
il S.I.I. nei casi in cui la gestione associata del servizio
risulti anti economica - Previsione che i finanziamenti previsti
per l'adeguamento degli impianti di depurazione delle reti idriche
siano destinati anche ai Comuni di cui al comma 6 dell'art. 1 della
l.reg. n. 2/2013.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), artt. 4, comma 8, e 9, comma 1.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio idrico
integrato - Previsione che il Fondo di solidarieta' ivi istituito
sia alimentato, per il primo anno, attraverso le risorse derivanti
dal Servizio idrico integrato e, successivamente, mediante un
accantonamento a carico del gestore, nella misura pari allo 0,2 per
cento del fatturato complessivo annuo.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 4, comma 12.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio idrico
integrato - Regime transitorio - Previsione che le funzioni dei
commissari straordinari e liquidatori della soppressa Autorita'
d'ambito sono prorogate e che gli stessi continuano ad avvalersi
del personale in servizio presso le stesse con costi a carico della
tariffa del servizio idrico.
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 5, comma 2.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Personale in
servizio presso le Autorita' d'Ambito Ottimale provenienti da
amministrazioni pubbliche - Previsto transito, unitamente alle
funzioni, alle Assemblee territoriali idriche con oneri finanziari
a carico dei proventi derivanti dalla tariffa del S.I.I. - Rinvio
ad un decreto assessoriale per le modalita' di ripartizione dei
predetti oneri a carico dei soggetti gestori del S.I.I..
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 7, comma 3.
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Attribuzione
alla Giunta regionale del compito di definire ed approvare, su
proposta delle Assemblee territoriali idriche, i modelli tariffari
del ciclo idrico relativi all'acquedotto e alla fognatura, compreso
quello gestito da Siciliacque S.p.A..
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in
materia di risorse idriche), art. 11.
(GU n. 1 del 2016-01-07)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Sicilia, in persona del Presidente pro tempore, con sede in
Palermo piazza Indipendenza, 21 - Palazzo d'Orleans - cap 90129;
Per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della
legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2015, n. 19, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia 21 agosto 2015, n. 34,
S.O. n. 29, recante: «Disciplina in materia di risorse idriche»,
limitatamente all'art. 1, comma 2, lettera c); all'art. 3, comma 3,
lettera i); all'art. 4, commi 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 12; all'art. 5,
comma 2; all'art. 7, comma 3; in via consequenziale, all'art. 9,
comma 1, e infine all'art. 11.
La legge della Regione Sicilia n. 19/2015, recante «Disciplina in
materia di risorse idriche» presenta profili di illegittimita'
costituzionale e viene impugnata, ai sensi dell'art. 127 della
Costituzione, per i motivi di seguito evidenziati, che saranno
preceduti dalla ricostruzione della linea di demarcazione che separa
l'ambito competenziale tra Stato e Regioni in tema di servizio idrico
integrato nonche' da una breve ricognizione dei principi e della
ratio che sorreggono la legge della Regione siciliana n. 19 del 2015.
Premessa.
I) Il riparto delle competenze tra Stato e Regioni nelle materie
oggetto della legge regionale impugnata.
Il servizio idrico integrato (di seguito anche SII) rientra, da
un punto di vista materiale, nell'ambito dei «servizi pubblici
locali», affidati dall'art. 117, quarto comma, Cost., alla competenza
regionale residuale. Tuttavia gia' da diversi anni codesta Ecc. Corte
ha riconosciuto allo Stato importanti e pervasivi titoli di
intervento sul settore che sono in grado di rappresentare altrettanti
limiti alla potesta' legislativa regionale. In particolare, lo Stato
puo' vantare al riguardo i titoli di intervento costituiti dalla
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» e della «tutela della
concorrenza» [art. 117, secondo comma, lettere s) ed e) Cost.]. La
giurisprudenza costituzionale riferisce a tali titoli di intervento
vasti e numerosi aspetti della disciplina del SII. In particolare,
sono ascritti alla «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»:
i) «i criteri dell'uso delle acque, in relazione alla
finalita' di evitare sprechi, favorire il rinnovo delle risorse,
garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l'altro,
"la vivibilita' dell'ambiente"» (sentenza n. 246 del 2009);
ii) le norme volte a garantire il «risparmio della risorsa
idrica» (sentenza n. 246 del 2009);
iii) gli aspetti fondamentali dell'assetto organizzativo del
SII e l'allocazione delle competenze sulla gestione: in tale campo,
in particolar modo le norme che affidano all'Autorita' d'ambito
territoriale ottimale queste competenze, poiche' tale scelta «serve a
razionalizzare l'uso delle risorse idriche e le interazioni e gli
equilibri fra le diverse componenti della "biosfera" intesa "come
"sistema" [...] nel suo aspetto dinamico (sentenze n. 168 del 2008,
n. 378 e n. 144 del 2007)» (sentenza n. 246 del 2009, par. 12.2. del
c.i.d.; cfr. anche la sentenza n. 325 del 2010);
iv) le norme concernenti il sistema di tariffazione, con la
determinazione «delle tipologie dei costi che la tariffa e' diretta a
recuperare», poiche' «attraverso la determinazione della tariffa
nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato,
infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perche' ha inteso
perseguire la finalita' di garantire la tutela e l'uso, secondo
criteri di solidarieta', delle risorse idriche, salvaguardando la
vivibilita' dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle
generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale"»
(sentenze n. 246 del 2009, n. 29 del 2010, n. 67 del 2013 e n. 142
del 2015).
Sono invece ascritti al titolo di competenza statale esclusiva in
materia di «tutela della concorrenza» i seguenti profili:
i) le norme concernenti «il superamento della frammentazione
della gestione delle risorse idriche attraverso l'individuazione di
un'unica Autorita' d'ambito, allo scopo (...) di consentire la
razionalizzazione del mercato, con la determinazione della tariffa
del servizio secondo un meccanismo di price cap, diretto a garantire
la concorrenzialita' e l'efficienza delle prestazioni» (sentenza n.
264 del 2009);
ii) le norme poste «al fine di ottenere un equilibrio
economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza
efficienza ed affidabilita' del servizio (art. 151, comma 2, lettere
c, d, e)», tramite la determinazione della tariffa «secondo un
meccanismo di price cap (...), diretto ad evitare che il
concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze
nn. 335 e 51 del 2008)» (sentenza n. 246 del 2009; cfr. anche le
sentenze n. 29 del 2010, n. 325 del 2010, n. 67 del 2013 e 142 del
2015);
iii) l'attivita' pianificatoria riguardante l'ambito ottimale
in quanto «strettamente funzionale alla gestione unitaria del
servizio» (cfr., ad es. sentenza n. 246 del 2009 e sentenza n. 142
del 2010);
iv) la disciplina delle forme di gestione e affidamento del
servizio (sentenza n. 264 del 2009).
II) Il riparto della competenza legislativa in materia di SII nel
caso della Regione siciliana.
Il quadro sopra delineato riguarda in prima battuta le Regioni
ordinarie. Circa la sua applicabilita' anche alle Regioni speciali,
alla luce dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, deve
osservarsi quanto segue.
Sul punto rilevano alcune sentenze della Corte costituzionale
concernenti la Regione Valle d'Aosta e la Provincia autonoma di
Trento (sentenze n. 142 del 2015 e n. 233 del 2013). Le decisioni in
questione hanno evidenziato come gli approdi della giurisprudenza
costituzionale sopra menzionata non sono «immediatamente
trasponibil(i)» alle suddette autonomie speciali, in quanto dotate,
in tema di SII, di competenza legislativa esclusiva in base ai
rispettivi statuti (nonche' della relativa competenza amministrativa,
in virtu' del principio del parallelismo).
In particolare, alla Provincia di Trento e' stata riconosciuta la
titolarita' della potesta' legislativa esclusiva nella materia de qua
in virtu' delle clausole statutarie concernenti le materie degli
«acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale», della
«assunzione e gestione di servizi pubblici», dell'«urbanistica» e
delle «opere idrauliche» (sentenza n. 233 del 2013). Alla Regione
Valle d'Aosta la medesima competenza e' stata riconosciuta in virtu'
delle clausole concernenti le materie dei «lavori pubblici di
interesse regionale», dell' «urbanistica», delle «acque minerali e
termali», nonche' delle «acque pubbliche destinate ad irrigazione ed
uso domestico» (sentenza n. 142 del 2015).
Analogamente a quanto appena evidenziato, anche alla Regione
siciliana non puo' non riconoscersi una competenza esclusiva in tema
di SII, in virtu' della potesta' legislativa primaria riconosciutale
dall'art. 14 del relativo Statuto speciale nelle materie
dell'«urbanistica» (lettera f), dei «lavori pubblici, eccettuate le
grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale»
(lettera g), nonche' delle «acque pubbliche, in quanto non siano
oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale» (lettera i).
La rilevata circostanza esclude, dunque, che possa senz'altro
applicarsi il riparto di competenza in tema di SII sopra delineato
dalla giurisprudenza costituzionale in relazione alle Regioni
ordinarie anche alla Regione siciliana, poiche' alla medesima deve
essere riconosciuta una competenza primaria statutariamente prevista
su tale settore. Tale ultima considerazione, tuttavia, non vale
evidentemente ad affermare che la menzionata competenza primaria
possa esplicarsi senza alcun limite, dovendo viceversa rispettare,
oltre che, in generale, i precetti costituzionali, le c.d. «norme di
grande riforma economico-sociale» poste dallo Stato nell'esercizio
delle proprie competenze legislative (cfr., per lo Statuto siciliano,
l'art. 14, comma 1, che discorre di «riforme agrarie e industriali»:
sulla soggezione della potesta' primaria della Regione siciliana alle
norme di grande riforma economico-sociale cfr., ad es., le sentenze
n. 21 del 1978, n. 385 del 1991 e n. 153 del 1995). In tale senso,
del resto, depone chiaramente la gia' menzionata sentenza n. 142 del
2015, nella quale si respinge la censura statale avverso la norma
della Regione Valle d'Aosta che prevedeva la competenza regolatoria
della Giunta in materia di tariffa per violazione delle norme di
grande riforma economico-sociale in quanto essa si limitava a
precisare che tale competenza «deve essere esercitata dalla Giunta
"nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia"». Da
cio' la conclusione del Giudice delle leggi secondo la quale
«l'organo regionale e' (...) tenuto a conformarsi alle direttrici
della metodologia tariffaria statale, con la conseguenza che, per
tale via, risulta salvaguardato l'interesse statale a una regolazione
stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un servizio
efficiente e di qualita', nonche' la tutela degli utenti finali». Il
rigetto della questione, dunque, si fonda sul necessario rispetto, da
parte dell'organo regionale competente ad esercitare i poteri
regolatori in materia tariffaria, delle norme di grande riforma
economico-sociale dettate dallo Stato, ed in particolare di quelle
volte a garantire la «regolazione stabile» del settore capace di
assicurare «gli investimenti necessari», l'efficienza del servizio, e
la «tutela degli utenti finali».
In sintesi, la Regione siciliana risulta dotata della competenza
legislativa a regolare il SII, ma deve esercitare tale competenza nel
rispetto delle norme di grande riforma economico-sociale stabilite
dalla legislazione dello Stato. Tra queste ultime, per quel che qui
e' di piu' prossimo interesse, rilevano quelle poste dalla
legislazione statale in tema di «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema» e di «tutela della concorrenza», innanzi tutto in
relazione alle direttrici della metodologia tariffaria - come
esplicitamene riconosce la citata sentenza n. 142 del 2015 - ma,
evidentemente, anche in relazione ad altri ambiti.
III) L'ulteriore limite, per il legislatore regionale, del rispetto
delle norme del diritto dell'Unione europea.
La normativa regionale de qua, evidentemente, deve rispettare
anche le norme del diritto dell'Unione europea concernenti il
servizio idrico e l'utilizzazione della risorsa idrica, la cui
violazione comporterebbe la lesione degli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost.
Al riguardo, rileva soprattutto la direttiva 2000/60/CE, la
quale, per quel che qui piu' specificamente rileva, stabilisce che
«gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi
dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle
risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata
in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio:
"chi inquina paga"» (Considerando n. 38), prevedendo inoltre che i
medesimi provvedono a «che le politiche dei prezzi dell'acqua
incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in
modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi
ambientali della presente Direttiva», nonche' ad «un adeguato
contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari
settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria,
famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata
secondo l'allegato III e tenendo conto del principio "chi inquina
paga"» (art. 9, comma 1).
Si noti peraltro che il principio del recupero dei costi risulta
fondamentale, nell'impianto della direttiva, per tutte le attivita'
di utilizzo idrico (cfr. art. 2, punto 39, art. 5 e all. III).
IV) La conformazione generale del servizio idrico integrato nella
legge della Regione siciliana n. 19 del 2015.
L'obiettivo dichiarato della legge in esame e' quello di definire
principi per la tutela, il governo pubblico e partecipativo della
gestione delle acque, il conseguimento dell'equilibrio idrologico del
suolo contrastando il rischio frane ed alluvioni, nonche' il processo
di desertificazione, in modo tale da garantire un uso della risorsa
rispettoso dei criteri di sostenibilita', solidarieta', trasparenza,
equita' sociale ed efficacia (art. 1, comma 2). In questo quadro, la
scelta politica che qualifica l'intervento legislativo e' quella di
considerare l'acqua un «bene comune pubblico non assoggettabile a
finalita' lucrative in quanto risorsa pubblica limitata, essenziale
ed insostituibile per la vita e per la comunita', di alto valore
ambientale, culturale e sociale», ritenendo altresi' che «la
disponibilita' e l'accesso all'acqua potabile ed all'acqua necessaria
per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un
diritto umano, individuale e collettivo, non assoggettabile alle
ragioni di mercato» (art. 1, comma 1).
In coerenza con le scelte appena richiamate, la legge della
Regione siciliana n. 19 del 2015 individua i principi che devono
ispirare la governance e la pianificazione dell'utilizzo della
risorsa idrica e, in conseguenza, disciplina la gestione della
risorsa e l'erogazione dei relativi servizi. Nello specifico, la
legge regionale n. 19/2015 in esame, oltre a disciplinare l'assetto
territoriale ed organizzativo del servizio idrico integrato (art. 3),
ne disciplina l'affidamento, in via transitoria e definitiva
(articoli 4 e 5), oltre che i modelli tariffari (art. 11) e dispone
in merito alla proprieta' delle infrastrutture idriche e dotazioni
patrimoniali afferenti al SII (art. 1, comma 2, lettera c). Per quel
che qui e' di piu' prossimo interesse, la legge regionale siciliana
stabilisce quanto segue.
I. L'autorita' di governo del SII.
In merito all'assetto territoriale ed organizzativo del SII,
l'art. 3, commi 1 e 2, stabilisce che l'Assessorato regionale per
l'energia e per i servizi di pubblica utilita' individui «in numero
di 9» gli Ambiti territoriali ottimali (ATO), coincidenti con le zone
omogenee dei bacini idrografici o con i preesistenti. Si prevede,
inoltre, la costituzione, in ogni ATO, di un'Assemblea Territoriale
Idrica dotata di personalita' giuridica di diritto pubblico e di
autonomia amministrativa, contabile e tecnica, composta dai sindaci
dei Comuni appartenenti all'Ambito i quali eleggono tra loro il
Presidente dell'Assemblea. A questo organismo sono affidate, dal
successivo comma 3 dell'art. 3, le funzioni di governo del servizio.
Risulta tuttavia consentita, al fine di salvaguardare le forme e le
capacita' gestionali esistenti, procedere alla costituzione di
sub-ambiti, entro i quali siano i Comuni a provvedere alla gestione
diretta, in forma associata, del servizio (art. 4, comma 7).
II. L'affidamento del servizio.
L'affidamento del SII avviene, a cura delle Assemblee
territoriali idriche, o secondo la formula dell'in house, o - nel
caso in cui in tal modo sia possibile conseguire condizioni di
migliore economicita' del servizio, all'esito di procedure di
evidenza pubblica (art. 4, commi 1-3) - con la previsione di clausole
particolarmente rigorose, da stabilire necessariamente nel bando a
pena di nullita', a carico dell'affidatario (art. 4, comma 4). In
sintesi, emerge dalle disposizioni in esame un chiaro favor per
l'affidamento in house del servizio. Vengono inoltre previsti casi in
cui e' fatto salvo l'affidamento diretto ulteriori rispetto a quello
di cui all'art. 147 del decreto legislativo n. 152 del 2006,
concernenti i Comuni montani con meno di 1000 abitanti (art. 4, commi
7 e 8 e art. 5, comma 6).
III. Tariffa, quantitativo minimo e fondo di solidarieta'.
La legge regionale n. 19 del 2015 prevede che il servizio sia
finanziato secondo meccanismi tariffari (art. 4, comma 1). I
caratteri della tariffa sono definiti dall'art. 11, il quale
riproduce, in gran parte, le disposizioni contenute nell'art. 154 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo tra l'altro: a) che
la tariffa, in tutte le sue componenti, ha carattere di
corrispettivo; b) che deve essere assicurata la copertura integrale
dei costi di investimento e di esercizio; c) che deve essere
rispettato il principio chi inquina paga. A fianco di tali
prescrizioni, e' inoltre reperibile quella secondo cui «la tariffa e'
ridotta in una misura pari al 50 per cento» nel caso in cui la
risorsa idrica non sia utilizzabile ai fini alimentari.
L'art. 4, comma 12, prevede invece la costituzione di un «Fondo
di solidarieta' a sostegno dei soggetti meno abbienti», alimentato,
per il primo anno, attraverso le risorse derivanti dalla tariffa, e
successivamente a mezzo di accantonamenti a carico del gestore nella
misura dello 0,2 per cento del fatturato annuo. Nei limiti di
capienza di tale fondo e', infine, prevista l'erogazione giornaliera
di un quantitativo minimo vitale di 50 litri per persona anche in
caso di morosita'.
V) La questione della rilevanza economica del SII: la scelta del
legislatore regionale alla luce della giurisprudenza costituzionale.
Risulta evidente che la scelta del legislatore siciliano si
caratterizza soprattutto per la chiara esclusione della possibilita'
di remunerare il capitale di rischio e di realizzare profitti
attraverso la gestione del SII. Da tale scelta politica qualificante
l'intero intervento legislativo discendono tutti i piu' importanti
aspetti di maggior dettaglio della normativa regionale.
A questo riguardo - anche alla luce del referendum abrogativo
nazionale celebratosi il 12 e il 13 giugno 2011, nonche' della
giurisprudenza costituzionale successiva - non pare sia possibile
escludere in radice che il legislatore regionale possa compiere una
scelta di tal genere. Come accennato, peraltro, in tema la Regione
siciliana dispone di una competenza legislativa esclusiva, mentre le
Regioni ordinarie possono vantare la competenza legislativa residuale
in materia di «servizi pubblici locali» in base all'art. 117, quarto
comma, Cost. Cio' non toglie, tuttavia, che, nella concreta
conformazione del servizio, il legislatore regionale debba adeguarsi
alle specifiche prescrizioni dettate dalle norme statali di grande
riforma economico-sociale, ed in particolare a quelle posta in vista
della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» (art. 117, secondo
comma, lettera s), e della «tutela della concorrenza» (art. 117,
secondo comma, lettera s).
Quanto ai limiti posti in virtu' di tale ultimo titolo di
intervento statale («tutela della concorrenza»), tuttavia, e'
necessaria qualche precisazione. Codesta Ecc.ma Corte, gia' con la
sentenza n. 272 del 2004, ha chiarito che questi limiti dispiegano i
propri effetti nei confronti della legislazione regionale in tema di
servizi pubblici locali, solo ove essi siano organizzati in modo da
essere caratterizzati da «rilevanza economica». Probabilmente in
ragione dell'intento di sottrarsi all'applicazione delle norme
proconcorrenziali il Legislatore siciliano - oltre ad escludere
esplicitamente le finalita' lucrativa nella gestione del SII -
qualifica quest'ultimo come «servizio pubblico locale di interesse
generale», omettendo l'aggettivo «economico» che invece e'
riscontrabile negli articoli 14 e 106 del TFUE, nei quali si fa
menzione - appunto - di «servizi di interesse economico generale» e
non di servizi di interesse generale.
In effetti, ove si prenda in considerazione la giurisprudenza
amministrativa, la sussistenza del requisito della rilevanza
economica, da valutare in concreto e non solo in astratto, dipende
dalla possibilita' che dalla gestione del servizio si producano
ricavi e come tale sia contendibile sul mercato dei servizi. Sul
punto si tende ad adottare, dunque, un criterio che tiene conto delle
peculiarita' del caso concreto, quali l'effettiva struttura del
servizio, le concrete modalita' del suo espletamento, i suoi
specifici connotati economico-organizzativi, la natura del soggetto
chiamato ad espletarlo, la disciplina normativa del servizio (Cons.
Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6488). Alla luce di tale
definizione, il SII cosi' come configurato dalla legge della Regione
siciliana n. 19 del 2015 non sembrerebbe essere caratterizzato dalla
rilevanza economica.
Codesta Ecc.ma Corte, tuttavia, nella nota sentenza n. 325 del
2010, ha fatto propria una definizione ben piu' ampia della nozione
di «rilevanza economica». Tale requisito, secondo la menzionata
decisione della Corte costituzionale, sussiste ove ricorrano le
seguenti condizioni: «a) che l'immissione del servizio possa avvenire
in un mercato anche solo potenziale, nel senso che (...) e'
condizione sufficiente che il gestore possa immettersi in un mercato
ancora non esistente, ma che abbia effettive possibilita' di aprirsi
e di accogliere, percio', operatori che agiscano secondo criteri di
economicita'; b) che l'esercizio dell'attivita' avvenga con metodo
economico, nel senso che essa, considerata nella sua globalita', deve
essere svolta in vista quantomeno della copertura, in un determinato
periodo di tempo, dei costi mediante i ricavi (di qualsiasi natura
questi siano, ivi compresi gli eventuali finanziamenti pubblici)».
Ebbene, alla luce di tale criterio - ovviamente dirimente, alla luce
della sua provenienza, ai fini della valutazione della legittimita'
costituzionale della normativa in oggetto - non vi e' dubbio che
anche il SII come configurato dalla legge regionale in esame e'
caratterizzato da «rilevanza economica». E' sufficiente, al riguardo,
il richiamo all'art. 11, comma 1, ai sensi del quale la tariffa e'
determinata «in modo tale che sia assicurata la copertura integrale
dei costi di investimento e di esercizio, secondo il principio del
recupero dei costi e secondo il principio chi inquina paga». In
considerazione di quanto appena esposto, e' necessario concludere
che, in base ai principi sopra menzionati affermati da codesta Ecc.ma
Corte, le norme della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015,
pur se dettate in un ambito di competenza esclusiva di tale ente
territoriale, devono rispettare le prescrizioni dettate dallo Stato
non solo in nome della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», ma
anche in vista della «tutela della concorrenza», in quanto norme di
grande riforma economico-sociale. In tale senso depone del resto la
sentenza di codesta Ecc.ma Corte n. 187 del 2011, la quale ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma regionale che
esplicitamente escludeva la qualificazione del SII quale servizio a
rilevanza economica.
Alla luce di tali premesse, sussistono numerosi profili di
illegittimita' costituzionale in relazione: A) alle norme in materia
di affidamento del servizio idrico integrato (in particolare, l'art.
4, commi 2, 3, 4, 7 e 8); B) alle norme che determinano la
frammentazione gestionale dell'ambito territoriale ottimale (art. 3,
comma 3, lettera i), art. 4, commi 7 e 8 e, in via consequenziale,
art. 9, comma 1); C) alle norme in materia di tariffe e Fondo di
solidarieta' (art. 11, art. 5, comma 2, art. 7, comma 3; art. 4,
comma 6 e comma 12); D) alle norme in materia di proprieta' delle
reti (art. 1, comma 2, lettera c).
La legge della Regione Sicilia n. 19/2015, con riferimento agli
articoli sopra indicati viene quindi impugnata per i seguenti
Motivi:
A) Norme in materia di affidamento del servizio.
1) Art. 4, commi 2 e 3 della legge della Regione Sicilia n.
19/2015 per violazione dell'art. 3, comma 1, Costituzione e del
principio di eguaglianza-ragionevolezza, dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione siciliana nonche' dell'art. 117, comma
secondo, lettere e) ed s) Costituzione, in riferimento agli articoli
119, e 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e all'art. 10,
comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, conv.
in legge 12 luglio 2011, n. 106 nonche' in riferimento agli articoli
149-bis e 151, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
ancora per violazione dell'art. 11 e dell'art. 117, primo comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE e al
principio di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa privata
nonche' con riferimento all'art. 9 e al Considerando n. 38 della
direttiva 2000/60/CE.
1.1. L'art. 4, nella parte in cui non prevede, al comma 2, alcun
termine per l'affidamento in house della gestione del servizio
idrico, mentre prevede, al comma 3, un termine massimo di nove anni
per l'affidamento della gestione mediante procedura di evidenza
pubblica, oltre a violare l'art. 3, comma 1, Cost. e il principio di
eguaglianza-ragionevolezza in esso sancito, eccede dalle competenze
di cui all'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione
siciliana contrastando con l'art. 117, comma secondo, lettere e) ed
s), Cost., in riferimento agli articoli 119, e 154 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 e all'art. 10, comma 14, lettera d), del
decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' in riferimento agli articoli
149-bis e 151, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Inoltre, la disposizione censurata viola gli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost., in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE e al
principio di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa privata.
Le citate disposizioni determinano una disparita' di trattamento tra
situazioni analoghe, che contrastano con il richiamato principio di
eguaglianza-ragionevolezza, oltre che con i principi di non
discriminazione sanciti dal diritto europeo in materia di affidamenti
[e recentemente ribaditi dall'art. 19, comma 1, lettera c) della
legge delega n. 124 del 2015]. La normativa statale in materia di
affidamenti, con finalita' di tutela della concorrenza, da una parte
non ammette discriminazioni in base alla natura - pubblica, mista o
privata - del soggetto affidatario (art. 149-bis, decreto legislativo
n. 152 del 2006); dall'altra attribuisce all'Autorita' per l'energia
elettrica ed il gas e il sistema idrico [di seguito anche AEEGSI; v.
art. 151, comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 152 del 2006]
il compito di predispone la convenzione tipo di gestione, definendo
in questa sede anche «la durata dell'affidamento, non superiore
comunque a trenta anni».
Nel rendere possibili affidamenti in house a tempo indeterminato,
la disposizione contrasta anche con le norme secondo cui il servizio
deve essere organizzato in modo da garantire il recupero dei costi
(art. 119 e art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006). Come
evidenziato anche dalla Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed
il sistema idrico nel documento di consultazione nell'ambito del
procedimento avviato con la deliberazione 26 settembre 2013,
412/2013/R/1DR, infatti, «la durata dell'affidamento (...) e' un
elemento fondamentale per determinare la possibilita' di recupero dei
costi, inclusi quelli di investimento». Poiche' il principio di non
discriminazione tra imprese pubbliche e imprese private e il
principio del recupero dei costi sono di derivazione comunitaria,
dunque, risultano violati anche gli articoli 11 e 117, primo comma,
Cost. (con riferimento all'art. 9 e al Considerando n. 38 della
direttiva 2000/60/CE). Risultano violati, inoltre, gli articoli 14,
comma 1, dello Statuto della Regione siciliana, e 117, secondo comma,
lettere e) ed s), dato che il principio del recupero dei costi e'
stato fatto proprio, con finalita' di "tutela della concorrenza" e di
"tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", dagli articoli 119 e 154
del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dall'art. 10, comma 14,
lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011, e costituisce senza
dubbio un norma di grande riforma economico-sociale.
1.2. Il medesimo art. 4, comma 2, della legge siciliana n.
19/2015, nella parte in cui non prevede che gli enti di diritto
pubblico cui e' possibile affidare la gestione del servizio idrico
integrato svolgano la loro attivita' in prevalenza nei confronti
dell'ente affidante, presenta profili di incostituzionalita' anche
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettera e), Cost., in
riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento agli
articoli 14 e 106 TFUE.
La disposizione censurata, in particolare, non rispetta le
condizioni stabilite dal diritto dell'Unione europea per
l'affidamento in house. Secondo la giurisprudenza della Corte di
Giustizia UE, infatti, per procedere all'affidamento in house, oltre
ai necessari requisiti del c.d. «controllo analogo» e del capitale
totalmente pubblico, previsti dalla disposizione de qua, deve
ricorrere anche un ulteriore requisito consistente nella prevalenza
dell'attivita' dell'affidatario nei confronti l'ente affidante
(sentenze 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixencfr, e 18
novembre 1999, causa C-107/98, Teckal). In altre parole, le
prestazioni del primo devono essere destinate in via principale ed
esclusiva all'ente di riferimento e, conseguentemente, le altre
attivita' devono avere carattere marginale e sussidiario.
La mancata previsione di tale requisito determina
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, per contrasto
con le norme del diritto dell'Unione europea piu' sopra menzionate -
con conseguente violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost. -
nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006,
che a quelle norme, a fini di tutela della concorrenza, fa esplicito
rinvio - con la conseguente violazione dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2,
lettera e), Cost.
1.3. L'art. 4, comma 3, secondo cui l'affidamento del servizio
idrico integrato all'esito di procedure di evidenza pubblica «ha
luogo previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche,
della sussistenza di condizioni di migliore economicita'
dell'affidamento rispetto alle ipotesi» di affidamento c.d. in house,
e' incostituzionale per violazione dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma
secondo, lettera e), Cost., in riferimento all'art. 149-bis del
decreto legislativo n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117,
primo comma, Cost., in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
Tale disposizione costruisce chiaramente - insieme a quelle
contenute nei commi 4 e 7 del medesimo art. 4, prese in esame piu'
avanti - un regime di favore per l'affidamento in house rispetto
all'affidamento tramite procedura di evidenza pubblica, dovendo il
soggetto affidante che sceglie quest'ultimo assolvere ad uno speciale
onere motivazionale. Si tratta di una previsione che contrasta con le
norme del diritto dell'Unione europea a tutela del principio di
libera concorrenza, per le quali l'affidamento in house - come ha
rilevato codesta Ecc.ma Corte nella sentenza n. 325 del 2010 -
rappresenta una «eccezione rispetto alla regola generale
dell'affidamento a terzi mediante gara», ossia una strada
perseguibile, anche alla luce dell'art. 106, comma 2, del TFUE,
quando cio' sia reso necessario dal perseguimento degli obblighi del
servizio pubblico. Al riguardo sovvengono le affermazioni di codesta
Ecc.ma Corte che con la recente sentenza n. 32 del 2015, ha
precisato, come anche a seguito dell'abrogazione referendaria
dell'art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, non possa
«condividersi l'assunto (...) in base al quale l'applicabilita'
diretta del diritto comunitario non porrebbe limiti all'affidamento
in house del servizio idrico, giacche', secondo l'insegnamento di
questa Corte, il sistema normativo interno basato sull'art. 113 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali), come modificato dall'art. 14 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003, n. 326, induce a ritenere che «i casi di
affidamento in house, quale modello organizzativo succedaneo della
(vietata) gestione diretta da parte dell'ente pubblico, debbono
ritenersi eccezionali e tassativamente previsti» (sentenza n. 325 del
2010)».
Per queste ragioni l'art. 4, comma 3, nei limiti sopra precisati,
viola, oltre gli articoli 11 e 117, primo comma, Cost. (in
riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE, cui l'art. 149-bis del
decreto legislativo n. 152 del 2006, indirettamente rinvia) anche
l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e l'art. 14, comma 1,
dello Statuto speciale della Regione siciliana.
2) Art. 4, comma 4, lettera a) della legge della Regione Sicilia
n. 19/2015 per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto
speciale della Regione Sicilia e gli articoli 11 e 117, primo e
secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione in riferimento
agli articoli 119 e 154, comma 1, nonche' 151 decreto legislativo n.
152 del 2006; agli articoli 2, lettera e), e 3, comma 1, lettera c)
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 luglio
2012 e all'art. 10, comma 11 e comma 14, del decreto-legge 13 maggio
2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106.
L'art. 4, comma 4, lettera a), stabilisce, solo nel caso di
affidamento a privati, l'invarianza delle condizioni economiche
dell'affidamento, ponendo a carico dell'affidatario anche «gli oneri
relativi ad eventuali varianti, per qualsiasi causa necessarie, ove
funzionali all'espletamento del servizio»; alla lettera b), prevede
la risoluzione di diritto del contratto di affidamento per gravi
disservizi (interruzione del servizio per piu' di quattro giorni con
incidenza su almeno il 2 per cento della popolazione) e il pagamento
di penali «ove qualsiasi interruzione anche di diversa natura si
protragga per piu' di un giorno».
Tali previsioni, nel porre a carico dell'affidatario ogni
variazione economica che possa intervenire nel periodo di affidamento
per qualsiasi causa, anche non imputabile al gestore, contrastano con
il principio, di derivazione comunitaria (art. 14, TFUE; art. 9 e
Considerando n. 38 direttiva 2000/60/CE), di copertura dei costi e di
equilibrio economico finanziario della gestione; pertanto, violano
l'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale e gli articoli 11 e 117,
primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione in
riferimento agli articoli 119 e 154, comma 1, decreto legislativo n.
152 del 2006; agli articoli 2, lettera e), e 3, comma 1, lettera c)
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 luglio
2012 e l'art. 10, comma 11 e comma 14, del decreto-legge n. 70 del
2011, che recepiscono il suddetto principio.
La disposizione censurata collide, inoltre, con l'art. 151,
decreto legislativo 152/06, il quale attribuisce all'AEEGSI il
compito di definire, nell'ambito della convenzione tipo, «le penali,
le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione
secondo i principi del codice civile» (lettera o) e «i criteri e le
modalita' di applicazione delle tariffe determinate dall'ente di
governo dell'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con
riferimento alle diverse categorie di utenze» (lettera e).
3) Art. 4, comma 4 della legge della Regione Sicilia n. 19/2015
per violazione dell'art. 3, comma 1, Costituzione e del principio di
eguaglianza-ragionevolezza, degli articoli 11, 117, comma 1, e 117,
comma 2, lettera e) Costituzione nonche' dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione siciliana, in riferimento all'art.
149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Lo stesso art. 4, comma 4, nella parte in cui prevede condizioni
per l'affidamento del SII tramite procedure di evidenza pubblica
ulteriori e piu' rigorose rispetto a quelle previste per
l'affidamento cosiddetto in house, e' incostituzionale anche per
violazione dell'art. 3, comma 1, Cost. e del principio di
eguaglianza-ragionevolezza, dell'art. 14, comma 1, dello Statuto
speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettera
e), Cost., in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo n.
152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost.
La disposizione censurata, infatti, determina una disparita' di
trattamento tra situazioni analoghe, in violazione dell'art. 3,
Cost., e del principio di eguaglianza-ragionevolezza in esso sancito,
nonche' una chiara situazione di favore per l'affidamento in house.
In particolare, la norma rende eccessivamente difficile
l'organizzazione di un servizio in grado di recuperare efficacemente
i costi nell'ambito di una gestione (massima) cosi' breve, minando
cosi' l'effettivita' del ricorso all'affidamento mediante procedure
concorsuali, in violazione delle norme del diritto dell'Unione
europea rilevanti sul punto, gia' piu' sopra richiamate, degli
articoli 11 e 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost., e
dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione
siciliana.
4) Art. 4, comma 7, della legge della Regione Sicilia n. 19/2015
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma secondo, lettera e),
Costituzione, in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo
n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
L'art. 4, comma 7, nella parte in cui prevede che i Comuni, «al
fine di salvaguardare le forme e le capacita' gestionali esistenti»,
possano «provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del
servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell'art. 30 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267», e' incostituzionale per
violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost.,
in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del
2006, nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., in
riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
Tale norma presenta profili di incostituzionalita' sia in
relazione alle modalita' di affidamento del servizio, sia in
relazione alla frammentazione dell'unicita' della gestione
nell'ambito. In questa sede viene in considerazione il primo dei due
profili, rinviando la trattazione del secondo profilo nel motivo 6)
di seguito illustrato.
L'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 precisa
che l'affidamento del servizio deve avvenire in una delle forme
«previste dall'ordinamento europeo», nonche' nel rispetto «della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di rilevanza economica». La disposizione conferma
(codificandola in una norma di diritto positivo) l'impostazione della
giurisprudenza costituzionale, identificando le forme di gestione del
SII in quelle stabilite dall'Unione europea. Il riferimento
all'«ordinamento europeo» implica che le forme di gestione del SII
siano da individuare: a) nell'affidamento del servizio con procedura
di evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato di
funzionamento dell'Unione europea; b) nell'affidamento del servizio a
societa' mista il cui socio privato sia scelto mediante procedura ad
evidenza pubblica; c) nell'affidamento del servizio a soggetto
interamente pubblico in house, purche' l'affidatario disponga dei
requisiti individuati dalla giurisprudenza dell'Unione europea. Cio'
esclude dunque la possibilita' della gestione diretta del servizio,
consentita invece dalla norma de qua.
Da quanto appena precisato deriva la violazione dell'art 149-bis
del decreto legislativo n. 152 del 2006, posta dallo Stato in virtu'
del titolo della «tutela della concorrenza», e quindi degli articoli
117, secondo comma, lettera e) e 14, comma 1, dello Statuto della
Regione siciliana. Dal contrasto con norme di diritto dell'Unione
europea deriva, inoltre, la violazione degli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost. In via consequenziale ex art. 27 della legge n. 87 del
1953, si ritiene che debba essere dichiarato costituzionalmente
illegittimo anche l'art. 5, comma 6, della legge regionale, che
prevede che «nelle more dell'espletamento delle procedure di cui
all'art. 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali
ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente
l'implementazione sull'intero territorio di pertinenza della gestione
unica di cui all'art. 147, comma 2, lettera b), del decreto
legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con
deliberazione motivata da assumere entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme
gestionali del comma 7 dell'art. 4».
5) Art. 4, comma 8, della legge della Regione Sicilia n. 19/2015
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma secondo, lettera e),
Costituzione, in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo
n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
L'art. 4, comma 8, nella parte in cui prevede che i Comuni «di
cui al comma 6 dell'art. 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n.
2, possono gestire in forma singola e diretta il servizio integrato
nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti
antieconomica», per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto
speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma secondo,
lettera e), Cost., in riferimento all'art. 149-bis del decreto
legislativo n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost., in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
La disposizione presenta profili di illegittimita' costituzionale
sia per quel che riguarda l'effetto di «frammentazione» della
gestione nell'ambito ottimale che determina, come si vedra'
successivamente nel motivo 7), sia per quel che concerne le modalita'
di affidamento.
In particolare, la norma contrasta con le norme del diritto
dell'Unione europea concernenti le modalita' di affidamento del
servizio, nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152
del 2006, che a queste ultime esplicitamente rinvia, secondo quanto
specificato al motivo 4) precedente. Da cio' la violazione dei
parametri costituzionali sopra indicati per le considerazioni innanzi
illustrate che si intendono qui integralmente richiamate.
B) Norme in materia di frammentazione dell'ambito ottimale.
6) Art. 3, comma 3, lettera i) e art. 4, comma 7, della legge
della Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione dell'art. 14, comma
1, dello Statuto speciale della Regione siciliana e dell'art. 117,
comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli articoli 147,
149-bis e 172 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e all'art.
3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 del
2011, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148.
L'art. 3, comma 3, lettera i), in base al quale l'Assemblea
territoriale «delibera, su proposta dei comuni facenti parte del
medesimo ATO, la costituzione di sub-ambiti», e l'art. 4, comma 7,
nella parte in cui prevede che i Comuni possano «provvedere alla
gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma
associata (...), anche attraverso la costituzione di sub-ambiti, ai
sensi dell'art. 3, comma 3, lettera i), facenti parte dello stesso
Ambito territoriale ottimale», sono incostituzionali per violazione
dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana
e dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento
agli articoli 147, 149-bis e 172 del decreto legislativo n. 152 del
2006 e all'art. 3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge n. 138 del
2011, convertito in legge n. 148 del 2011.
Le disposizioni impugnate, consentendo la costituzione di
sub-ambiti, si pongono in contrasto con i principi fondamentali della
legislazione statale in materia di «tutela della concorrenza» e di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». La legislazione statale,
nelle norme del Codice dell'ambiente sopra richiamate e all'art.
3-bis del decreto-legge n. 138/2011, convertito in legge n. 148 del
2011, mira ad assicurare l'unicita' della gestione per ciascun ambito
territoriale ottimale e l'integrazione - verticale e orizzontale -
dei servizi, superando la frammentazione gestionale determinata
dall'esistenza delle resilienti gestioni comunali (di dimensioni
inadeguate rispetto alla mole di investimenti necessari, soprattutto
per uscire dalle numerose procedure d'infrazione aperte nei confronti
dell'Italia e riferite alla Regione siciliana) che la disciplina
regionale mira a confermare. Si tratta di principi che vincolano il
legislatore regionale, come affermato dalla Corte costituzionale, con
la recente sentenza n. 32 del 12 marzo 2015.
Piu' in particolare, l'art. 147 del decreto legislativo n.
152/2006, dispone che i servizi idrici siano «organizzati sulla base
degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle Regioni», nel
rispetto (tra gli altri) dei seguenti principi: i) garanzia dello
svolgimento del servizio «secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicita'»; ii) «unicita' della gestione»; iii) «adeguatezza delle
dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici,
demografici, tecnici».
L'art. 3-bis, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede
che a tutela della concorrenza e dell'ambiente, le regioni
definiscano il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali
e omogenei in modo da consentire economie di scala e di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio e
istituendo o designando gli enti di governo degli stessi. Il comma
1-bis prevede che le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di rilevanza economica, di scelta della forma di
gestione, di affidamento della gestione e relativo controllo siano
esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini
territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del
comma 1 dello stesso art. 3-bis.
L'art. 149-bis, al comma 1, afferma che l'ente di governo
dell'ambito delibera la forma di gestione nel rispetto del principio
di unicita' della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale.
Al comma 2 lo stesso articolo fa riferimento al «gestore unico di
ambito» e prevede che il servizio idrico integrato sia gestito dal
soggetto affidatario «su tutto il territorio degli enti locali
ricadenti nell'ambito territoriale ottimale». Il principio
dell'unicita' della gestione e' ulteriormente ribadito all'art. 172,
che regola le «gestioni esistenti».
Il principio di unicita' della gestione nell'ambito ottimale,
posto dalle disposizioni appena richiamate, e' evidentemente violato
dalle disposizioni impugnate, che consentono l'istituzione di
sub-ambiti in modo del tutto slegato dai principi che la legislazione
statale pone per la modulazione degli ambiti. La «salvaguardia delle
forme e delle capacita' gestionali esistenti» cui e' orientata la
disposizione impugnata, infatti, non e' necessariamente coerente con
i criteri di «efficienza, efficacia ed economicita'» e di
«adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di
parametri fisici, demografici, tecnici» cui rinvia il menzionato art.
147.
Si noti infine che il comma 2-bis dell'art. 147 prevede, quale
unica possibile eccezione al principio di unicita' della gestione
nell'ambito, l'ipotesi secondo la quale quest'ultimo «coincida con
l'intero territorio regionale»: nel qual caso e' possibile, «ove si
renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza
gestionale ed una migliore qualita' del servizio all'utenza»,
procedere alla costituzione di sub-ambiti. Risulta evidente che
l'art. 4, comma 7, della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015
si pone del tutto al di fuori di tale previsione.
7) Art. 4, comma 8, e, in via consequenziale, art. 9, comma 1,
della legge della Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione dell'art.
14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana e
dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed s), Costituzione, in
riferimento agli articoli 147 e 149-bis del decreto legislativo n.
152 del 2006 nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE.
L'art. 4, comma 8, della legge della Regione siciliana n. 19 del
2015 prevede quanto segue: «I comuni montani con popolazione
inferiore a 1.000 abitanti nonche' i comuni delle isole minori ed i
comuni di cui al comma 6 dell'art. 1 della legge regionale 9 gennaio
2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio
idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio
risulti antieconomica». Tale disposizione presenta profili di
illegittimita' costituzionale sia per quel che riguarda l'effetto di
«frammentazione» della gestione nell'ambito ottimale che determina,
sia per quel che concerne le modalita' di affidamento. In questa sede
viene in rilievo tale secondo profilo mentre si rimanda la
trattazione del primo profilo al superiore motivo 5).
L'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nel disciplinare i casi di eccezione all'unicita' della gestione
nell'ambito ottimale, fa salve «le gestioni del servizio idrico in
forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore
a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell'art. 148». La
norma regionale de qua, come si e' visto, aggiunge a tale ipotesi
quella dei Comuni delle isole minori e quella dei comuni di cui
all'art. 1, comma 6, della legge regionale n. 2 del 2013.
Nessun problema di costituzionalita' sembra porsi per lo
specifico riferimento ai Comuni delle isole minori, dal momento che
la relativa previsione pare estendere la ratio che sostiene la norma
eccezionale prevista per i Comuni montani di minori dimensioni.
Diverse sono invece le considerazioni che suscita l'altra
previsione, che estende la richiamata eccezione ai «i comuni che non
hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico
integrato, continuano la gestione diretta» (art. 1, comma 6, della
legge regionale siciliana n. 2 del 2013). Tale previsione appare
completamente estranea alla ratio dell'eccezione stabilita dalla
norma statale, e dunque in irrimediabile contrasto con la medesima.
Il contrasto si determina anche in relazione alle norme del diritto
dell'Unione europea concernenti le modalita' di affidamento del
servizio, nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152
del 2006, che a queste ultime esplicitamente rinvia. Da cio' la
violazione dei parametri costituzionali sopra indicati.
In ogni caso, determina una violazione dei parametri indicati
piu' sopra l'estensione della deroga regionale siciliana ai «casi in
cui la gestione associata risulti antieconomica», da valutare
discrezionalmente pro futuro, a fronte di una previsione statale
concernente le sole gestioni gia' «esistenti».
Di qui, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 8,
della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015, nella parte in
cui prevede che i Comuni «di cui al comma 6 dell'art. 1 della legge
regionale 9 gennaio 2013, n. 2, possono gestire in forma singola e
diretta il servizio integrato nei casi in cui la gestione associata
del servizio risulti antieconomica», per violazione dell'art. 14,
comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana e dell'art.
117, comma secondo, lettera e), Cost., in riferimento agli articoli
147, comma 2-bis e 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento
agli articoli 14 e 106 TFUE.
Merita di essere evidenziato, inoltre, che l'art. 9, comma 1,
della legge regionale de qua pare affetto da una illegittimita'
costituzionale consequenziale rispetto a quella appena evidenziata.
Tale disposizione, infatti, prevede che i «finanziamenti previsti per
l'adeguamento degli impianti di depurazione delle reti idriche» siano
destinati anche «ai comuni di cui all'art. 1, comma 6, della legge
regionale 9 gennaio del 2013, n. 2».
Infatti, una volta esclusa la possibilita' di gestione del SII da
parte di questa categoria dei comuni, in seguito all'auspicato
accoglimento della questione da ultimo prospettata, dovrebbe essere
dichiarata l'illegittimita' consequenziale ex art. 27 della legge n.
87 del 1953, della norma da ultimo evocata, in relazione al profilo
evidenziato.
Pertanto, la disposizione regionale in esame risulta
costituzionalmente illegittima solo nella parte in cui prevede che
«(...) i comuni di cui all'art. 1, comma 6, della legge regionale 9
gennaio del 2013, n. 2» possono gestire in forma singola e diretta il
servizio integrato nei «casi in cui la gestione associata risulti
antieconomica» in quanto eccezioni non previste dalla normativa
statale.
C) Norme sulla tariffa e sul fondo di solidarieta'.
8) Art. 11, art. 5, comma 2, e art. 7, comma 3 della legge della
Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione dell'art. 117, comma 2,
lettere e) ed s), della Costituzione nonche' dell'art. 14, comma 1,
dello Statuto speciale della Regione siciliana, in riferimento agli
articoli 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del decreto legislativo n.
152/06, e l'art. 10, comma 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n.
70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106 (in combinato disposto
con l'art. 21, comma 19, del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in
legge 22 dicembre 2011, n. 214 e con l'art. 3 del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 nonche' 2, comma
12, legge n. 481 del 1995).
L'art. 11 attribuisce alla Giunta regionale il compito di
definire e approvare, su proposta delle Assemblee territoriali
idriche, i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all'acquedotto
e alla fognatura «sulla base di quanto disposto dall'art. 154 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ossia che la tariffa
costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed e'
determinata dalla qualita' della risorsa idrica e del servizio
fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei
costi di gestione delle opere e dei costi di gestione delle aree di
salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento
delle Assemblee territoriali idriche, in modo che sia assicurata la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo
il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi
inquina paga"». L'ultima parte della disposizione, inoltre, individua
direttamente uno dei criteri a cui deve attenersi la Giunta nel
determinare la tariffa prevedendo che «in relazione al livello di
qualita' della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non e'
utilizzabile per fini alimentari, la tariffa e' ridotta in una misura
pari al 50 per cento».
L'art. 5, comma 2, che disciplina il regime transitorio, prevede
che le funzioni dei commissari straordinari e liquidatori delle
soppresse Autorita' d'ambito sono prorogate e che gli stessi
continuano ad avvalersi del personale in servizio presso le stesse
«con costi a carico della tariffa del servizio idrico».
L'art. 7, comma 3, nel prevedere che il personale in servizio
delle Autorita' d'ambito territoriali ottimali proveniente da
pubbliche amministrazioni transita, unitamente alle funzioni, alle
Assemblee territoriali idriche, pone i relativi oneri finanziari a
carico dei proventi derivanti dalla tariffa del servizio idrico
integrato, rimandando ad un decreto assessoriale le modalita' di
ripartizione dei predetti oneri a carico dei soggetti gestori del
servizio idrico integrato.
Tali previsioni, attribuendo all'amministrazione regionale il
potere di definire i criteri per la determinazione delle tariffe del
SII e di approvare le tariffe medesime, violano il riparto di
competenze stabilito dall'art. 117, comma 2, lettere e) ed s), della
Costituzione, atteso che la materia relativa ai criteri per
l'individuazione delle componenti di costo e per la determinazione
delle tariffe per i servizi idrici e all'approvazione delle stesse e'
espressione della competenza esclusiva dello Stato di cui all'art.
117, comma 2, lettere e (tutela della concorrenza) ed s (tutela
dell'ambiente).
Codesta Ecc.ma Corte, infatti, ha chiarito che le regioni non
possono legiferare in materia di determinazione delle tariffe per i
servizi idrici (v. ex multis sentenze n. 246/09, n. 307/09, n. 29/10,
n. 142/10 e n. 67/13), atteso che «dall'interpretazione letterale e
sistematica degli articoli 154, 155 e 161 del decreto legislativo n.
152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa, relativa
ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua e'
ascrivibile alla materia della tutela dell'ambiente e a quella della
tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva
dello Stato» e che «le disposizioni regionali impugnate riservino a
tali enti un'attivita' di approvazione e modulazione che, invece,
dalle norme statali interposte, in particolare dall'art. 10, comma
14, del decreto-legeg n. 70 del 2011, risulta riservata allo Stato,
nell'esercizio delle proprie competenze in materia di tutela
dell'ambiente e di tutela della concorrenza».
Gli articoli 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del decreto
legislativo n. 152/06, e l'art. 10, comma 14, del decreto-legge 13
maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106 (in
combinato disposto con l'art. 21, comma 19, del 6 dicembre 2011, n.
201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 e con l'art. 3 del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012),
dunque, sono pacificamente qualificati dalla giurisprudenza
costituzionale come norme-parametro interposte, la cui violazione
determina dunque indirettamente la violazione dell'art. 117 Cost. (ex
multis, sentenza 29 del 2010, c.i.d., punto 1).
A normativa vigente spetta dunque allo Stato - che nella
fattispecie ha attribuito il relativo potere amministrativo
all'Autorita' per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (v.
art. 10, comma 14, decreto-legge n. 70/11; art. 21, comma 19,
decreto-legge n. 201/11; art. 3 decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 20 luglio 2012; art. 2, comma 12, legge n. 481/1995) -
la funzione di «predispo[rre] il metodo tariffario per la
determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale
corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico
integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefici
dell'utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformita'
ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo
finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi
ambientali e delle risorse, affinche' sia pienamente realizzato il
principio del recupero dei costi ed il principio "chi inquina paga"
(...)» (art. 10, comma 14, decreto-legge n. 70/11), nonche' il
compito di "e) approva[re] le tariffe predisposte dalle autorita'
competenti", verificando dunque ex post il rispetto dei criteri
tariffari dalla stessa definiti.
Ad ulteriore asseverazione di quanto sopra esposto, occorre
sottolineare che il decreto-legge n. 201/2011, convertito con
modificazioni nella legge n. 214/2011, nell'attribuire all'Autorita'
«le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi
idrici», ha precisato che tali funzioni «vengono esercitate con i
medesimi poteri attribuiti all'Autorita' stessa dalla legge 14
novembre 1995, n. 481» (art. 21, comma 19, decreto-legge n.
201/2011).
Ebbene, le disposizioni della legge n. 481/1995, legge quadro
sulla regolazione economica indipendente in Italia, devono ritenersi
certamente, peraltro al pari di quelle del decreto-legge n. 70/11
(con particolare riferimento all'art. 10, comma 11 e ss.) e del
decreto-legge n. 201/2011 (con particolare riguardo all'art. 21,
comma 19), norme di grande riforma economico-sociale della
Repubblica, al cui rispetto e' chiamata anche la Regione Siciliana,
nell'esercizio delle proprie competenze legislative esclusive, ai
sensi dell'art. 14 del proprio Statuto speciale. A conferma di cio',
il chiaro disposto dell'art. 1, comma 1, della legge n. 481/1995, che
individua le finalita' dell'azione delle Autorita' indipendenti di
regolazione nella necessita' di garantire la «promozione (...)
dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilita' (...)
nonche' adeguati livelli di qualita' nei servizi medesimi (...)
assicurandone la fruibilita' e la diffusione in modo omogeneo
sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario
certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la
tutela degli interessi di utenti e consumatori».
L'esercizio dei poteri di regolazione indipendente intestati
all'Autorita' e' infatti funzionale a garantire livelli minimi delle
prestazioni e dei servizi pubblici «sull'intero territorio
nazionale», livelli minimi per il cui rispetto e raggiungimento sono
previsti specifici poteri di regolazione e controllo a tutela degli
utenti, compreso l'importante potere di irrogare sanzioni nei
confronti di tutti gli esercenti i servizi che si rendono
responsabili di violazioni della regolazione o di comportamenti
lesivi dei diritti degli utenti (art. 2, comma 20, legge n.
481/1995).
Per i motivi suesposti, le disposizioni censurate, nella parte in
cui attribuiscono alla Giunta Regionale il compito di definire e
approvare i modelli tariffari del ciclo idrico relativi
all'acquedotto e alla fognatura violano le competenze esclusive dello
Stato in materia di tutela della concorrenza e di tutela
dell'ambiente previste dall'art. 117, comma 2, lettere e) e s),
Cost., invadendo la potesta' del medesimo in ordine alla
determinazione delle tariffe per i servizi idrici tramite la lesione
delle menzionate norme interposte.
Ne' si puo' ritenere che le disposizioni censurate siano
legittime alla luce della circostanza che la Regione Sicilia si
configura come una regione a statuto speciale.
Da una parte, infatti, non si rinviene nello Statuto regionale
una disposizione che stabilisca o fondi la competenza legislativa
esclusiva della Regione per la disciplina della materia tariffaria,
strettamente connessa alla tutela della concorrenza e dell'ambiente,
come conferma la circostanza che in Sicilia ha sempre trovato
applicazione la disciplina statale in materia di determinazione delle
tariffe del SII (con particolare riferimento al Metodo Tariffario
Normalizzato di cui al DM 1° agosto 1996 e, ancora prima, ai
provvedimenti del CIPE). Dall'altra, in subordine rispetto alla
censura principale in precedenza formulata - nella pur denegata
ipotesi in cui si ritenesse che alla Regione Siciliana debbano essere
riconosciute particolari forme di autonomia in materia di
determinazione della tariffa in coerenza con quanto affermato da
codesta Ecc.ma Corte in relazione alla Regione autonoma Valle d'Aosta
(sentenza n. 142 del 2015) - la disposizione impugnata sarebbe
comunque illegittima nella parte in cui non prevede che i
provvedimenti regionali debbano comunque «conformarsi alle direttrici
della metodologia tariffaria statale», come prescritto dalla citata
sentenza n. 142 del 2015, all'imprescindibile fine di assicurare «una
regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari,
un servizio efficiente e di qualita', nonche' la tutela degli utenti
finali».
La legge regionale impugnata, infatti, omette di prevedere, nello
spirito di quanto evidenziato dal Giudice delle leggi, il necessario
rispetto, da parte dei provvedimenti regionali, delle direttrici
della metodologia tariffaria statale definita dell'AEEGSI, in forza
degli articoli 10, comma 14, decreto-legge n. 70/11; 21, comma 19,
decreto-legge n. 201/11; 3, comma 1, decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 20 luglio 2012; nonche' 2, comma 12, legge n.
481/1995.
Occorre sottolineare, peraltro, che il riconoscimento di una
competenza esclusiva della Regione in materia di determinazione delle
tariffe del SII, potrebbe generare gravi effetti critici sulla
finanza pubblica.
Si potrebbe sostenere, infatti, che nei bienni 2012/2013 e
2014/2015 gli utenti abbiano erroneamente versato ai gestori del SII
- in maggioranza enti pubblici o s.p.a. partecipate da enti pubblici
- tariffe calcolate in base a provvedimenti dell'AEEGSI risultati poi
improduttivi di effetti per difetto assoluto di attribuzione.
Se si accede, infatti, alla tesi secondo cui la materia della
determinazione delle tariffe del SII rientra nella competenza
legislativa esclusiva regionale ex art. 14 dello Statuto, occorre
allora rilevare che fino all'adozione della legge regionale n.
19/2015 la materia e' stata regolata in Sicilia dall'art. 69 della
legge regionale n. 10/1999, nella parte in cui ha previsto (comma 2,
lettera h), che «ove non gia' disciplinato da specifiche norme
regionali, si applicano le disposizioni di cui alla legge 5 gennaio
1994, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni». Dunque, facendo
propria la prospettiva esegetica sottesa alla legge regionale n. 19
del 2015, nel territorio della Regione avrebbero dovuto trovare
applicazione, in materia di tariffe del SII, anche per le annualita'
in parola, le disposizioni e i provvedimenti attuativi della legge n.
36/1994 (poi trasposta nel decreto legislativo n. 152/2006) ivi
compreso il Metodo Tariffario Normalizzato di cui al DM 1° agosto
1996 - peraltro poi inciso dall'abrogazione referendaria ad opera del
decreto del Presidente della Repubblica n. 116/2011 - non
riscontrandosi alcuna disposizione regionale che abbia inteso
estendere alla Sicilia l'efficacia delle disposizioni del
decreto-legge n. 70/2011, del decreto-legge n. 201/2011 e del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, da cui
derivano i poteri dell'Autorita' nel settore.
Cio' potrebbe generare rilevanti richieste di restituzione di
quanto erroneamente versato, in forza dei provvedimenti
dell'Autorita', per i bienni 2012/2013 e 2014/2015.
Inoltre, aderendo alla tesi suesposta risulterebbe che ad oggi,
nelle more dell'adozione, da parte della Giunta regionale, del nuovo
modello tariffario, non sarebbe possibile individuare con certezza la
tariffa applicabile nel territorio regionale, posto che la
disposizione impugnata non precisa quali norme siano applicabili fino
all'approvazione del/i modello/i tariffario/i regionale/i e che
contestualmente lo Stato sarebbe privo del potere di normare la
materia poiche' rientrante nella competenza esclusiva regionale. Da
cio' deriverebbe anche la possibilita', per gli utenti siciliani, di
contestare il pagamento delle tariffe ad oggi erroneamente applicate
in forza dei provvedimenti dell'AEEGSI.
Ad aggravare tale situazione vi e' la circostanza che la Regione
Siciliana si configura oggi come la porzione di territorio italiano
maggiormente interessata dalle procedure di infrazione pendenti
contro l'Italia in materia di depurazione delle acque reflue prima
del rilascio nei corpi idrici, per mancato rispetto degli standard
ambientali stabiliti a livello europeo (cfr. Documento per la
consultazione 339/2013/R/idr e, in particolare, la Tav. 3 (pag.10)
recante la «Localizzazione degli agglomerati per i quali l'Italia e'
stata condannata con sentenza 19 luglio 2012 in causa C-565/10»).
Ebbene, una situazione di incertezza e vuoto normativo e
regolatorio, quale quella causata dalla disposizione impugnata,
potrebbe rendere ancor piu' difficoltosa la realizzazione degli
investimenti necessari al superamento delle criticita'
infrastrutturali poste alla base della procedura di infrazione, con
conseguenti condanne contro l'Italia, stimate in circa 500/700
milioni di euro.
Si segnala infine che l'impossibilita' di applicare la
regolamentazione dell'Autorita' sul territorio della Regione
Siciliana priva gli utenti di quella Regione delle tutele e dei
livelli minimi delle prestazioni previsti per tutti gli utenti
presenti in Italia, anche tenendo conto che, come chiarito da codesta
Ecc.ma Corte (sentenza n. 41 del 2013), «l'istituzione di
un'Autorita' indipendente e' tesa a ridurre le criticita' che
potrebbero derivare dalla commistione, in capo alle medesime
amministrazioni, di ruoli tra loro incompatibili, introducendo una
distinzione tra soggetti regolatori e soggetti regolati».
9) Art. 11 della legge della Regione Sicilia n. 19/2015 per
violazione dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed s), Costituzione e
dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione
siciliana, in riferimento agli articoli 119, 141, comma 2, e 154,
comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e all'art. 10,
comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70,
convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, nonche' degli articoli 11
e 117, comma 1, Costituzione, in riferimento al Considerando n. 38 e
all'art. 9 della direttiva 2000/60/CE.
In tema di tariffa del SII l'art. 11 della legge regionale
siciliana n. 19 del 2015 prevede quanto segue: «La Giunta regionale,
su proposta delle Assemblee territoriali idriche, approva i modelli
tariffari del ciclo idrico relativi all'acquedotto ed alla fognatura,
compreso quello gestito da Siciliacque S.p.A., sulla base di quanto
disposto dall'art. 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
ossia che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico
integrato ed e' determinata dalla qualita' della risorsa idrica e del
servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari,
dell'entita' dei costi di gestione delle opere e dei costi di
gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota parte dei
costi di funzionamento delle Assemblee territoriali idriche, in modo
che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e
di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il
principio "chi inquina paga". In relazione al livello di qualita'
della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non e'
utilizzabile per fini alimentari, la tariffa e' ridotta in una misura
pari al 50 per cento. Tutte le quote delle tariffe del servizio
idrico integrato hanno natura di corrispettivo».
Tale disposizione, in gran parte, riproduce il contenuto
dell'art. 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Ciononostante
alcuni aspetti risultano incostituzionali e percio' vengono
impugnati, nei termini di seguito precisati.
Sul punto e' comunque opportuno premettere che, come ha
evidenziato codesta Ecc.ma Corte in relazione ad analoga norma della
Valle d'Aosta, la competenza in materia tariffaria dovra' comunque
essere esercitata dalla Regione in conformita' «alle direttrici della
metodologia tariffaria statale» (sentenza n. 142 del 2015). La
legittimita' dell'esercizio in concreto del potere conferito alla
giunta regionale e' dunque subordinata alla conformita' a queste
ultime.
Per illustrare la questione di legittimita' costituzionale e'
necessario muovere dall'art. 141, comma 2, del decreto legislativo n.
152 del 2006, ai sensi del quale «il servizio idrico integrato e'
costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione
e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione
delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di
efficienza, efficacia ed economicita', nel rispetto delle norme
nazionali e comunitarie». Tale norma colloca dunque con certezza, in
modo inderogabile, il servizio di depurazione nell'ambito del SII (si
veda, al riguardo, anche la delibera dell'Autorita' per l'energia
elettrica il gas e il sistema idrico 27 dicembre 2013, n.
642/2013/R/IDR).
Il successivo art. 154 prevede che : «La tariffa costituisce il
corrispettivo del servizio idrico integrato ed e' determinata tenendo
conto della qualita' della risorsa idrica e del servizio fornito,
delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi di
gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di
salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento
dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo
il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi
inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico
integrato hanno natura di corrispettivo». Da cio' si desume
chiaramente che la tariffa deve comprendere necessariamente una quota
a titolo di corrispettivo anche per il servizio di depurazione (in
tema cfr. sentenza n. 335 del 2008).
La disposizione normativa regionale di cui all'art. 11, invece,
prevede modelli tariffari che escludono il segmento del servizio
idrico relativo alla depurazione, disponendo che «la Giunta regionale
(...) approv(i) modelli tariffari del ciclo idrico relativi
all'acquedotto ed alla fognatura». Tale conclusione potrebbe essere
avvalorata dall'autonoma considerazione che la legge n. 15 del 2015
fa del servizio di depurazione, all'art. 27, comma 3, lettera e),
attribuendo la competenza all'organizzazione del relativo servizio,
in via sussidiaria, ai liberi consorzi di comuni, senza fare menzione
alcuna degli ulteriori servizi che compongono il SII. L'art. 11 della
legge regionale impugnata, se interpretato nel senso di escludere il
servizio di depurazione dall'insieme dei servizi il cui costo deve
essere recuperato mediante la tariffa, appare dunque in contrasto:
i) con gli articoli 119, 141, comma 2, e 154, comma 1, del
decreto legislativo n. 152 del 2006, che pongono il principio
dell'intero recupero dei costi in relazione a tutti i segmenti del
SII, nonche' il principio «chi inquina paga», e con l'art. 10, comma
14, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011, che impone il
rispetto dei suddetti principi nella definizione del metodo
tariffario, con conseguente violazione degli articoli 117, comma
secondo, lettere e) ed s), e 14, primo comma, dello Statuto della
Regione siciliana;
ii) con la direttiva 2000/60/CE (ed in particolare del suo
Considerando n. 38 e del suo art. 9), che pone, nell'ambito del
diritto dell'UE, i principi del recupero integrale dei costi e «chi
inquina paga», con conseguente violazione degli articoli 11 e 117,
primo comma, Cost.
Da quanto sopra esposto, l'art. 11, comma 1, primo periodo,
risulta illegittimo nella parte in cui non prevede che la Giunta
regionale approvi modelli tariffari del ciclo idrico relativi ai
servizi di depurazione oltre che quelli relativi all'acquedotto ed
alla fognatura.
10) Art. 11 e art. 4, comma 6, della legge della Regione Sicilia
n. 19/2015 per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto
speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettere e)
ed s), Costituzione, in riferimento agli articoli 119 e 154 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, e all'art. 10, comma 14, lettera
d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12
luglio 2011, n. 106, nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1,
Costituzione, in riferimento all'art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e
al Considerando n. 38 della medesima.
Oltre che per i motivi esposti ai punti precedenti, l'art. 11 e'
affetto da incostituzionalita' anche nella parte in cui prevede che
«in relazione al livello di qualita' della risorsa idrica ovvero nei
casi in cui la stessa non e' utilizzabile per fini alimentari, la
tariffa e' ridotta in una misura pari al 50 per cento». Analoghi
profili di incostituzionalita' viziano anche la previsione di cui
all'art. 4, comma 6, secondo cui «per i disservizi di cui al comma 4,
lettera b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe
a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte».
Le disposizioni censurate, lette in combinato disposto con gli
articoli 1, commi 1 e 2, lettera c), e 4, commi 1 e 2, che
stabiliscono il principio della non assoggettabilita' a finalita'
lucrative della gestione delle risorse idriche, violano l'art. 14,
comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana, l'art. 117,
comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli articoli 119 e
154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ed all'art. 10, comma
14, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' gli
articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento all'art. 9 della
direttiva 2000/60/CE, e al Considerando n. 38 della medesima.
Per effetto delle norme (articoli 1, commi 1 e 2, lettera c), e
4, commi 1 e 2) che escludono esplicitamente qualunque finalita'
lucrativa nella gestione della risorsa idrica, le riduzioni
tariffarie previste dalle disposizioni impugnate contrastano con il
principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, sancito
all'art. 119, decreto legislativo n. 156/2006, e ribadito all'art.
154, decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo cui la tariffa deve
assicurare la «copertura integrale dei costi di investimento e di
esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il
principio "chi inquina paga"».
Inoltre, contrastano con quanto disposto dall'art. 10, comma 14,
lettera d), decreto-legge n. 70 del 2011, concernente i criteri di
predisposizione del metodo tariffario.
Una lettura sistematica delle norme vigenti conduce
necessariamente alla conclusione secondo la quale il principio della
integrale copertura dei costi abbia carattere fondamentale e non sia
in alcun modo derogabile nella determinazione della tariffa. Esso,
infatti, oltre ad essere posto anche dalla direttiva 2000/60/CE, e'
certamente volto al fine di «evitare sprechi, favorire il rinnovo
delle risorse, garantire i diritti delle generazioni future»
(sentenza n. 246 del 2009).
Il pur importante principio della modulazione della tariffa in
ragione della qualita' della risorsa, anch'esso previsto dall'art.
154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, deve essere coordinato
con tale conclusione. Esso dunque potra' (e dovra') operare, in
relazione ai casi in cui la cattiva qualita' della risorsa non sia
responsabilita' del gestore, solo ove il modello concretamente
prescelto per la gestione del SII consenta la remunerazione del
capitale di rischio e il perseguimento di finalita' lucrative.
La legge della Regione siciliana de qua, avendo optato per un
modello di gestione che esclude in radice la generazione di qualunque
profitto, non puo' prevedere la riduzione del 50 per cento della
tariffa ove la risorsa idrica non sia utilizzabile per fini
alimentari anche in assenza di qualunque responsabilita' del gestore,
poiche' in tal caso viene ad essere violato, evidentemente, il
fondamentale principio della copertura dei costi. Di qui, dunque, la
violazione dei parametri costituzionali sopra indicati.
Analoghi profili di illegittimita' costituzionale si riscontrano
in relazione all'art. 4, comma 6, che prevede riduzioni tariffarie
«per i disservizi di cui al comma 4, lettera b), prodotti dalle
gestioni interamente pubbliche», riferendosi anche a disservizi non
addebitabili a responsabilita' del gestore. Anche in tal caso,
infatti, e' palese la violazione del principio del recupero dei costi
relativi ai servizi idrici.
11) Art. 4, comma 12, della legge della Regione Sicilia n.
19/2015 per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale
della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed s),
Costituzione, in riferimento agli articoli 119 e 154 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 ed all'art. 10, comma 14, lettera d), del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio
2011, n. 106, nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Costituzione,
in riferimento all'art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e al
Considerando n. 38 della medesima.
L'art. 4, comma 12, nella parte in cui prevede che il Fondo di
solidarieta', ivi istituito, sia alimentato «per il primo anno,
attraverso le risorse derivanti dalla tariffa del servizio idrico
integrato», e successivamente «mediante un accantonamento a carico
del gestore, nella misura pari allo 0,2 per cento del fatturato
complessivo annuo», e' incostituzionale per violazione dell'art. 14,
comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana, dell'art.
117, comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli articoli
119 e 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed all'art. 10,
comma 14, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' degli
articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento all'art. 9 della
direttiva 2000/60/CE, e al Considerando n. 38 della medesima.
L'art. 4, comma 12, prevede la istituzione di un Fondo di
solidarieta' a sostegno dei soggetti meno abbienti, destinato ad
essere alimentato «per il primo anno, attraverso le risorse derivanti
dalla tariffa del servizio idrico integrato», e successivamente
«mediante un accantonamento a carico del gestore, nella misura pari
allo 0,2 per cento del fatturato complessivo annuo».
Da tali disposizioni risulta dunque evidente che la tariffa -
unica fonte di approvvigionamento economico del gestore - dove
servire anche a costituire ed alimentare il fondo in questione. Di
conseguenza, la medesima dovrebbe essere determinata anche in ragione
del finanziamento del Fondo di solidarieta', considerato alla stregua
di un costo del servizio per la gestione del rischio di morosita'.
Tale circostanza, tuttavia, sembra contraddetta dall'art. 11 della
legge n. 19/2015, che prevede una determinazione della tariffa
esclusivamente in ragione dei costi vivi del servizio, al netto di
quanto occorre per finanziare il Fondo. Dalla disposizione cosi'
interpretata, deriverebbe l'inadeguatezza della medesima, al netto
degli accantonamenti per finanziare il Fondo di solidarieta', a
realizzare una effettiva integrale copertura dei costi, con
conseguente violazione dei parametri costituzionali sopra indicati.
D) Norme sulla proprieta' delle reti.
12) Art. 1, comma 2, lettera c), della legge della Regione
Sicilia n. 19/2015 per violazione degli articoli 3, comma 1; 42,
comma 3; 117, commi 1 e 2, lettera l), Costituzione, dell'art. 14
dello Statuto della Regione siciliana e dell'art. 1 del primo
protocollo CEDU.
L'art. 1, comma 2, lettera c), secondo cui «gli acquedotti, le
reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture
e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato (...)
sono proprieta' degli enti locali», determina effetti espropriativi
generalizzati nei confronti dei beni che, alla data della entrata in
vigore della disposizione, siano in proprieta' di privati e quindi,
eccedendo dalle competenze statutarie, viola gli articoli 3, comma 1;
42, comma 3; 117, commi 1 e 2, lettera l), Cost., e l'art. 1 del
primo protocollo CEDU.
Si tratta di una previsione che viola:
a) l'art. 3, comma 1, e 42, terzo comma, Cost., nella misura
in cui la generalizzazione e la indeterminatezza degli effetti
espropriativi rendono impossibile valutare se sussistano i «motivi di
interesse generale» in ciascuno dei casi coinvolti che soli, ai sensi
dell'art. 42, terzo comma, Cost., possono giustificare un
provvedimento espropriativo, caratterizzando in tal modo la norma in
questione in senso profondamente irragionevole, in violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost;
b) il provvedimento (legislativo) espropriativo, in ogni
caso, non prevede alcun indennizzo, in violazione dell'art. 42, terzo
comma, Cost., nonche' dell'art. 1 del Primo Protocollo addizionale
alla CEDU, e dunque in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost.
c) la norma, inoltre, conformando il diritto di proprieta',
esorbita dal limite del diritto privato posto alle leggi regionali
siciliane, violando la competenza oggi riconosciuta al legislatore
statale in materia di «ordinamento civile», dovendosi interpretare la
materia «espropriazione» di cui all'art. 14 dello Statuto della
Regione siciliana come riferita esclusivamente agli aspetti
amministrativistici del tema, al piu' comprensivi della disciplina
inerente la determinazione dell'indennita' di esproprio.
In relazione a quanto esposto da ultimo, e' vero che codesta
Ecc.ma Corte (sentenza n. 95 del 1966) ha ritenuto - in tema di
usufrutto - la citata disposizione dello Statuto regionale siciliano
in grado di legittimare norme direttamente espropriative, in quanto
non incidenti sui regimi giuridici del diritto oggetto di
traslazione.
Tale pronuncia, tuttavia, non pare possa suscitare dubbi sulla
fondatezza della questione di legittimita' costituzionale in parola;
e cio' non solo per la precedente sentenza n. 49 del 1961, nella
quale codesta Ecc.ma Corte ha affermato che la normativa regionale
che destina «i terreni (...) a qualsiasi titolo appartenenti al
patrimonio degli "enti pubblici"» ad «enfiteusi perpetua ai
lavoratori agricoli, che in atto li coltivano», contrasta «con la
legislazione statale in materia di contratti agrari, che non prevede
la conversione ex lege di detti contratti in enfiteusi perpetua».
La norma regionale in esame, invero, esorbita dalle attribuzioni
derivanti dall'art. 14 dello Statuto siciliano, che riguarda
esclusivamente gli aspetti amministrativistici dell'espropriazione
invadendo cosi' la competenza esclusiva legislatore statale in
materia di «ordinamento civile». La norma censurata, pertanto,
risulta costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che
«gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le
altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio
idrico integrato (...) sono proprieta' degli enti locali».
P.Q.M.
Per le ragioni esposte, il Presidente del Consiglio dei ministri,
come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta Ecc.ma Corte
costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi
l'art. 1, comma 2, lettera c); l'art. 3, comma 3, lettera i); l'art.
4, commi 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 12; l'art. 5, comma 2; all'art. 7, comma
3; l'art. 9, comma 1, nonche' l'art. 11 della legge della Regione
Sicilia dell'11 agosto 2015, n. 19.
Con l'originale notificato del presente atto si depositano
l'estratto della determinazione del Consiglio dei ministri del 20
ottobre 2015 con allegata relazione del Dipartimento per gli affari
regionali, le autonomie e lo sport.
Roma, 20 ottobre 2015
L'avvocato dello Stato: Pio Giovanni Marrone