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N. 99 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 settembre 2006. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 26 settembre 2006 (della Regione Toscana)
(GU n. 43 del 25-10-2006) |
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 596
del 28 agosto 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 22,
26 e 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge
4 agosto 2006, n. 248, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio
economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della
spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di
contrasto all'evasione fiscale».
Nella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2006, n. 186, S.O., e' stata
pubblicata la legge n. 248/2006; il primo titolo contiene norme volte
ad incentivare la crescita, lo sviluppo e la promozione della
concorrenza e della competitivita', la tutela dei consumatori e la
liberalizzazione di settori produttivi; il secondo titolo detta norme
per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica; il
terzo titolo contiene disposizioni volte a contrastare l'evasione e
l'elusione fiscale, al recupero della base imponibile, al
potenziamento dei poteri di controllo dell'amministrazione
finanziaria, alla semplificazione degli adempimenti tributari e in
materia di giochi; il titolo quarto contiene disposizioni finali.
Gli articoli dei titoli primo, terzo e quarto non sono censurati
da questa amministrazione che, invece, impugna con il presente
ricorso tre norme del titolo secondo relativo al contenimento della
spesa pubblica, in quanto idonee a ledere l'autonomia organizzativa e
finanziaria costituzionalmente garantita alle regioni. Si tratta,
precisamente, degli articoli 22, 26 e 30 che appaiono illegittimi per
i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 22 per violazione
degli articoli 117 e 119 Cost.
L'articolo detta disposizioni per la riduzione delle spese di
funzionamento di enti ed organismi pubblici non territoriali; in tale
contesto il primo comma prevede che gli stanziamenti per l'anno 2006
relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed
organismi pubblici non territoriali che adottano contabilita' anche
finanziaria sono ridotti del 10, comunque nei limiti delle
disponibilita' non impegnate alla data di entrata in vigore del
decreto. Per gli enti ed organismi che adottano una contabilita'
esclusivamente civilistica i costi di produzione concernenti i beni
di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi sono ridotti
del 10.
Le somme provenienti dalle suddette riduzioni sono versate da
ciascun ente entro il mese di ottobre 2006, all'entrata del bilancio
dello Stato.
Il secondo comma prevede, per le stesse voci di spesa di cui al
primo comma e per il triennio 2007-2009, l'obbligo di riduzione del
20 delle previsioni di bilancio, rispetto alla spesa stanziata per
l'anno 2006; e' altresi' stabilito che le Amministrazioni vigilanti
non possono approvare i bilanci degli enti ed organismi soggetti al
suddetto obbligo, se i relativi amministratori non abbiano dichiarato
nella relazione sulla gestione di aver ottemperato alle disposizioni
del presente articolo.
Anche in tale ipotesi le somme corrispondenti alla riduzione dei
costi e delle spese sono accantonate da ciascun ente e poi versate,
entro il 30 giugno di ogni anno, all'entrata del bilancio dello
Stato.
L'individuazione degli enti soggetti agli obblighi previsti dai
due commi suddetti e' effettuata con il rinvio all'art. 1, commi 5 e
6 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005); la
norma esclude espressamente le aziende sanitarie ed ospedaliere, gli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, l'istituto
superiore di sanita', l'istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza del lavoro, l'agenzia italiana del farmaco, gli istituti
zooprofilattici sperimentali, le istituzioni scolastiche, gli enti e
gli organismi gestori delle aree naturali protette.
L'elenco di cui al citato art. 1, comma 5 della legge n. 311/2004
ricomprende anche gli enti e le agenzie regionali (ad es.: enti
regionali per la ricerca e per l'ambiente, enti regionali di
sviluppo, Agenzie regionali del lavoro); pertanto, poiche' il campo
di applicazione della norma e definito mediante il rinvio agli enti
ed organismi non territoriali di cui al suddetto elenco, si deduce
che le disposizioni dell'art. 22 in esame trovano applicazione anche
per gli enti e le agenzie regionali, vale a dire per quegli enti che
sono costituiti dalla Regione, ai sensi dell'art. 50 dello Statuto,
per lo svolgimento di propri compiti e funzioni; questi enti infatti,
a differenza della regione e degli enti locali, non sono enti
territoriali - esclusi dall'ambito di operativita' della norma -
perche' il territorio non e' elemento costitutivo dei medesimi.
Il citato art. 22 - se si applica, come la sua letterale
formulazione lascia capire, anche agli enti e alle agenzie regionali
- appare particolarmente lesivo delle attribuzioni regionali.
Si pone infatti un vincolo puntuale e specifico sull'autonomia di
spesa degli enti regionali, per i quali sono le Regioni competenti ad
intervenire in via legislativa. Come gia' accennato, infatti, in base
alla citata previsione statutaria, detti enti ed agenzie regionali
sono strumenti per lo svolgimento di compiti della regione e quindi
rientra nella potesta' organizzativa della regione stessa
disciplinare l'assetto e l'autonomia di spesa di tali organismi.
Incidere con vincoli puntuali di spesa sull'azione di tali enti
significa limitare l'attivita' della regione stessa, della quale gli
enti in questione costituiscono un braccio operativo.
Le impugnate disposizioni, dunque, interferiscono in primo luogo
con l'autonomia organizzativa regionale costituzionalmente garantita
ai sensi dell'art. 117 Cost. il quale, al secondo comma, riserva alla
potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed
organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e
agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117, quarto comma, l'ordinamento e l'organizzazione
amministrativa della Regione e degli enti regionali. In tale materia,
dunque, la competenza legislativa delle regioni e' piena e deve
svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Per gli esposti motivi l'impugnata disposizione e' lesiva delle
competenze regionali sancite dall'art. 117 Cost.
L'art. 22, inoltre, lede anche l'autonomia finanziaria delle
regioni e degli enti regionali.
La disposizione e' analoga a quella che prevedeva simile
riduzione nel 2004 (comma 11 dell'art. 1 legge n. 191/2004),
giudicata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 417/2005. In particolare in tale pronuncia e' rilevata
l'illegittimita' delle norme che stabiliscono limiti specifici alle
spese perche' pongono vincoli che «non costituiscono principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma comportano
una inammissibile ingerenza nell'autonomia degli enti quanto alla
gestione della spesa».
Tale pronuncia conferma quanto la Corte costituzionale aveva gia'
affermato nelle precedenti sentenze n.390 del 2004 e n. 36 del 2004,
ove si legge che la legge statale puo' stabilire solo un «limite
complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di
allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa».
Nello stesso senso nella recente sentenza n. 449/2005 e'
affermato:
«Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di
questa Corte, la previsione, da parte della legge statale, di limiti
all'entita' di una singola voce di spesa della Regione non puo'
essere considerata un principio fondamentale in materia di
armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone
un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si
risolve percio' in una indebita in vasione dell'area riservata
dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali,
alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad
esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi (v., ex multis, sentenze n. 417 del 2005 e nn. 390 e 36 del
2004).
Premesso che questa Corte e' chiamata a scrutinare la norma
censurata esclusivamente sotto il profilo del riparto di competenze
legislative, va rilevato che detta norma stabilisce un vincolo
puntuale di spesa alle regioni, e, pertanto, alla stregua della sopra
richiamata giurisprudenza costituzionale, contrasta con gli
articoli 117, terzo comma, e 119 Cost. e deve essere dichiarata
costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica al
personale delle regioni.»
I suddetti principi non sono rispettati nel caso in esame,
perche' le impugnate disposizioni limitano in modo puntuale (con
riduzioni del 10 e del 20) le spese per consumi intermedi anche
degli enti ed aziende regionali, con cio' violando gli articoli 117 e
119 Cost.
Tale violazione e' ulteriormente confermata ed aggravata dalla
previsione contenuta sia nel primo che nel secondo comma per cui i
risparmi derivanti dalle imposte riduzioni di spesa devono essere
versati al bilancio dello Stato. Quindi gli enti e le agenzie
regionali devono ridurre le spese, ma non sono autonomi neppure nel
decidere come utilizzare le somme accantonate, dovendo
obbligatoriamente versarle al bilancio dello Stato. La violazione del
predetto obbligo determina che l'ente vigilante (cioe' la regione, in
rapporto agli enti regionali) non possa approvare i bilanci degli
enti dipendenti.
E' evidente che si estende una norma che puo' valere per gli enti
nazionali anche agli enti regionali, con conseguente violazione
dell'autonomia finanziaria riconosciuta dall'art. 119 Cost.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 26 per violazione
degli articoli 117 e 119 Cost.
L'art. 26 disciplina i controlli e le sanzioni per il mancato
rispetto della regola sul contenimento delle spese da parte degli
enti inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche
amministrazioni. In particolare la norma prevede che il mancato
rispetto del limite annuale di spesa fissato per l'anno 2005
dall'art. 1, comma 57 della legge n. 311/2004 (spesa dell'anno 2003
incrementata del 4,5 per cento) determina la riduzione dei
trasferimenti erariali in misura pari alle eccedenze di spesa
risultanti dai conti consuntivi; per gli enti che non sono
destinatari di benefici statali, e' stabilito che i medesimi debbano
versare al bilancio dello Stato entro il 30 settembre degli
anni 2006, 2007, 2008 un importo pari alle eccedenze risultanti dai
predetti conti consuntivi. Le Amministrazioni vigilanti (quindi le
regioni per gli enti regionali) sono tenute a comunicare entro il
31 luglio 2006, 2007 e 2008 le predette eccedenze di spesa al
Ministro dell'economia e finanze.
In sostanza gli enti che non hanno rispettato il limite di spesa
di cui all'art. 1, comma 57 della legge n. 311/2004 devono riversare
al bilancio dello Stato l'eccedenza risultante dai conti consuntivi.
Anche tale norma, come il precedente art. 22, per il suo tenore
letterale viene ad applicarsi anche agli enti regionali. Infatti gli
enti destinatari dell'obbligo sono individuati con il richiano agli
enti di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 1 della legge n. 311/2004; il
comma 5 indica anche gli enti e le agenzie regionali regionali.
Percio' la norma, per gli stessi motivi gia' esposti in relazione
all'art. 22, si presenta lesiva dell'autonomia organizzativa e
finanziaria del sistema regionale, perche' pone obblighi e vincoli
specifici sulla spesa degli enti ed aziende regionali e perche'
impone di versare al bilancio statale i risparmi di tali organismi,
in violazione degli articoli 117 e 119 Cost.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 30 per violazione
degli articoli 117 e 119 Cost.
L'art. 30 sostituisce il comma 204 dell'art. 1 della legge
n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), confermando il limite
alla spesa del personale previsto dall'art. 1, comma 198 della legge
finanziaria medesima. A cio' si aggiunge che il mancato rispetto del
suddetto limite determina il divieto di procedere ad assunzioni di
personale a qualsiasi titolo e si prevede un sistema di monitoraggio
nell'ambito di un tavolo tecnico con i rappresentanti del sistema
delle autonomie.
La Regione Toscana, insieme a molteplici altre regioni, ha
impugnato il suddetto comma 198 dell'art. 1 della legge finanziaria
n. 266/2005 che ha introdotto un vincolo di spesa puntuale, specifico
e molto pesante perche' e' stato stabilito che e spese di personale
non devono superare per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il
corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,
considerando a tale fine anche le spese per il personale a tempo
determinato, con contratto di collaborazione coordinata e
continuativa o che presta servizio con altre forme di rapporto di
lavoro flessibile o con convenzioni. Ora la norma in esame, non solo
ribadisce la sussistenza di detto vincolo, ma anzi lo aggrava, con la
previsione dell'impossibilita' di procedere ad assunzioni per gli
enti che non abbiano potuto rispettare il medesimo.
Tali previsioni sono lesive dell'autonomia regionale.
Come gia' rilevato, l'art. 117, secondo comma della Costituzione
riserva alla potesta' legislativa esclusiva statale la materia
dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa unicamente con
riferimento allo Stato e agli enti pubblici nazionali;
conseguentemente compete alle Regioni disciplinare, nell'esercizio
della potesta' legislativa residuale ex art. 117, quarto comma,
l'organizzazione amministrativa e l'ordinamento del personale della
regione e degli enti regionali.
La Corte costituzionale ha riconosciuto sussistere un'ampia
autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e di stato
giuridico dei dipendenti - in cui rientra evidentemente anche la
disciplina delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente
art. 117 Cost. (sent. n. 278/1983; n. 772/1988; n. 277/1983;
n. 10/1980; ordinanza n. 515/2002) e percio' tale potesta' sussiste
con maggior ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo titolo V, come
affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2003 e
nella pronuncia n. 17/2004, ove e' rilevato che «nell'assetto delle
competenze costituzionali configurato dal nuovo titolo V, parte II,
della Costituzione, l'auto finanziamento delle funzioni attribuite a
regioni ed enti locali non costituisce altro che un corollario della
potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento e
organizzazione amministrativa....»
Impedire alle regioni di assumere personale significa incidere
sull'ordinamento e sull'organizzazione della regione stessa. Oltre
tutto, come gia' evidenziato, si assommano vincoli a vincoli: ogni
anno la legge finanziaria pone vincoli ulteriori alla possibilita'
per le regioni e gli enti locali di programmare l'uso delle risorse
umane in base agli obiettivi da raggiungere e alle funzioni da
svolgere.
Applicare tutti i vincoli che si assommano significherebbe
procedere al licenziamento di personale a tempo indeterminato e non
poter ricoprire i posti vacanti nemmeno nei limiti del turn over e,
quindi, delle avvenute cessazioni dei rapporti di lavoro.
Ne' la norma puo' ritenersi legittima per l'invocato concorso
delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di
finanza pubblica. Infatti il legislatore statale legittimamente
impone anche alle amministrazioni regionali e locali di rispettare i
suddetti obiettivi, ma poi - posto tale principio - deve lasciarsi
spazio all'autonomia degli enti di decidere come attuarlo.
Non si contesta la previsione del contenimento della spesa, ma
l'individuazione specifica della voce di spesa da contenere.
L'invasione dell'autonomia delle regioni e degli enti locali da
parte di norme come quella in esame e' confermata dalla
giurisprudenza costituzionale gia' richiamata al precedente punto 1
(sentenze n. 417/2005; 449/2005; 390/2004; 36/2004).
Pertanto limiti e vincoli puntuali a specifiche voci di spesa
delle regioni e degli enti regionali, aggravati con la previsione,
posta dall'impugnata disposizione, del divieto di future assunzioni
in caso di inosservanza dei vincoli stessi, sono incostituzionali per
violazione degli articoli 117 e 119 Cost.
P. Q. M.
Si confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 22, 26 e 30 del decreto-legge 4 luglio
2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, recante
«Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche'
interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione
fiscale», per i motivi indicati nel presente ricorso.
Firenze - Roma, addi' 25 settembre 2006
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni
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