Ricorso per  conflitto  tra  enti  depositato  in  cancelleria  il  6 settembre 2011 (della Regione Trentino-Alto Adige).

 

 (GU n. 43 del 12.10.2011)

 

    Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige/Autonome   Region Trentino-Südtirol, in persona del Presidente della  Giunta  regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale  n. 188 del 26 luglio 2011 (doc. 1),  rappresentata  e  difesa,  come  da

procura speciale n. rep. 3026 del 5  agosto  2011  (doc.  2),  rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale rogante della Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi  di  Roma,  con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri;

    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri;

    Per la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per  esso  alla Corte  dei  conti,  Sezioni  riunite,  adottare   la   decisione   n. 36/CONTR/2011 del 30 giugno 2011 (doc. 3), nella parte in cui essa  - pur dichiarando in generale regolare  il  rendiconto  generale  della Regione Trentino-Alto Adige per l'esercizio  finanziario  2010  -  ha escluso  da  tale  dichiarazione  i  capitoli   di   spesa   relativi all'esecuzione per l'anno 2010  di  taluni  regolamenti  emanati  con decreti del Presidente della Regione nel periodo 2006/2009, in quanto tali regolamenti non erano stati inviati al controllo  preventivo  di legittimita', omettendo cosi' - ed in assenza di contraddittorio  con la Regione  -  di  svolgere  la  verifica  di  propria  competenza  e manifestando  la  pretesa  dello  Stato  di  sottoporre  a  controllo preventivo di legittimita' i regolamenti regionali, nonche',  per  il conseguente  annullamento  parziale  della  predetta  decisione,  per violazione:

        dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in collegamento con l'art. 7 delle norme di attuazione di cui al d.P.R.  n.  305  del 1988;

        dell'art. 10, commi 1 e 2 dello stesso  decreto  n.  305  del 1988;

        del principio di leale collaborazione e dell'art.  24,  primo comma;

    Per i profili e nei modi di seguito illustrati.

 

                                Fatto

 

    Con la  decisione  36/CONTR/2011  la  Corte  dei  conti,  Sezioni riunite, ha dichiarato «regolare il rendiconto generale della Regione Trentino-Alto Adige/Sikltirol per l'esercizio finanziario 2010  [...]

ad esclusione dei capitoli di spesa [...] relativi all'esecuzione dei decreti  del  Presidente  della  Regione  non  inviati  al  controllo preventivo di legittimita' di cui all'art. 7 del dPR 15 luglio  1988, n. 305» (cosi' testualmente il dispositivo).

    In appendice  alla  decisione  sono  indicati  i  regolamenti  in questione: si tratta di 6 regolamenti del 2006, 2  del  2007,  1  del 2008 e l del 2009. Si noti che nei precedenti anni  la  parificazione del rendiconto era regolarmente  avvenuta  anche  in  relazione  alle spese effettuate in attuazione di tali regolamenti.

    Gli interventi di  maggiore  entita'  riguardano  «spese  per  la concessione di finanziamenti a Comuni ed altri  enti  e  associazioni per  iniziative  intese  a  favorire  e  sviluppare  il  processo  di integrazione europea e per la concessione di patrocini finanziari che

abbiano  particolare  importanza  per  la  Regione»  (regolamento  n. 8/2006), «spese per la concessione di finanziamenti a Comuni ed altri enti e associazioni per iniziative intese a promuovere e  valorizzare le minoranze linguistiche regionali» (regolamento n. 9/2006),  «spese

per la concessione di contributi per interventi  a  favore  di  Stati colpiti da eventi bellici, calamitosi o in condizioni di  particolari difficolta' economiche  e  sociali»  (regolamento  n.  9/2009)  e  il «pacchetto famiglia e previdenza sociale» (regolamento n. 3/2008).

    L'esclusione di questi capitoli di spesa e' argomentata nel § 8.3 della Relazione allegata alla decisione del 30 giugno  2011,  ove  si osserva che lo schema delle nuove norme di attuazione (adottate il  7 luglio 2011) confermerebbe «la piena vigenza dell'art. 7  del  d.P.R.

n. 305/1988, poiche' ne prevede espressamente l'abrogazione».

    Nella  nota  106  della  Relazione  si  cita  poi   la   delibera 1/2011/CONS della Corte dei conti, Sez. riunite, nella  quale  si  e' sottolineata  «l'assoluta  non  assimilabilita'   tra   i   soppressi organismi  statali  gia'  titolari  della   funzioni   di   controllo preventivo  sugli  atti  amministrativi  delle  regioni   a   statuto ordinario, e la Corte dei conti», ai  cui  componenti  e'  «garantita l'indipendenza dal terzo comma dell'art. 100 Cost.» .

    Infine, nella nota 107 si richiamano la sent. 64/2005 della Corte costituzionale  («E'  vero  che,  con  il  nuovo   titolo   V   della Costituzione, i controlli di legittimita' sugli  atti  amministrativi degli enti locali debbono ritenersi espunti dal nostro ordinamento, a seguito dell'abrogazione del primo comma dell'art.  125  e  dell'art. 130  della  Costituzione,  ma  questo  non  esclude  la   persistente legittimita', da  un  lato,  dei  c.d.  controlli  interni  [...]  e, dall'altro, dell'attivita' di controllo esercitata  dalla  Corte  dei

conti») e  la  decisione  23/2009  della  Corte  dei  conti,  Sezioni riunite,  ove  si  invocava  il  principio  «secondo  il  quale  deve ritenersi  escluso   che   l'ente   Regione   possa,   tramite   atti amministrativi  di   indirizzo   o   determinazioni   unilaterali   o

comportamenti di fatto, esplicitare o presupporre  l'inapplicabilita' di  un  atto  legislativo  statale  vigente,  pur  disponendo   degli strumenti ordinamentali per contestarne  la  ritenuta  illegittimita' costituzionale».

    Sennonche', ad avviso della Regione Trentino-Alto  Adige/Südtirol con la decisione 36/CONTR/2011 la Corte  dei  conti  da  un  lato  e' andata al di  la'  delle  proprie  attribuzioni,  in  quanto  con  la parificazione soltanto parziale  si  e'  manifestata  la  pretesa  di esercitare un potere che non appartiene alla Corte stessa (e a nessun

altro organo statale), dall'altro ha  al  contempo  omesso  (sia  pur parzialmente) l'esercizio delle propria giurisdizione. Infine,  tutto cio' ha compiuto in assenza di  contraddittorio  processuale  con  la Regione.

    Cio' si e'  tradotto  in  un  atto  concretamente  lesivo,  quale appunto la mancata parificazione di parte del bilancio della Regione.

 

                               Diritto

 

1) Inesistenza del  potere  rivendicato  dalla  Corte  dei  conti  di sottoporre a controllo preventivo di legittimita' i regolamenti della Regione.

    Come e' noto,  l'art.  125,  comma  1,  della  Costituzione,  che prevedeva il controllo  di  legittimita'  sugli  atti  amministrativi della Regione, e' stato abrogato dall'art. 9, comma  2,  della  legge costituzionale n. 3 del 2001, nel quadro della piu' generale  riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione.

    Subito si pose la questione se  tale  abrogazione  implicasse  la semplice non necessita' costituzionale dei  controlli  preventivi  di legittimita'  (con   possibilita'   per   la   legge   ordinaria   di contemplarli)  o  direttamente  l'eliminazione  dei  controlli,   con conseguente abrogazione delle norme legislative vigenti in materia  e divieto per il legislatore ordinario di reintrodurli.

    Ben presto si e' consolidata l'interpretazione secondo  la  quale l'abrogazione  dell'art.  125,  comma   1,   Cost.   ha   determinato direttamente   la   soppressione   dei   controlli   preventivi    di legittimita', privando di  efficacia  le  leggi  ordinarie  che  tali controlli disciplinavano. Questa interpretazione e' stata  confermata

dalla legge n.  131/2003,  che  ha  regolato  solo  un  controllo  di gestione della Corte dei conti (art. 7, commi 7 e 8) e ha abrogato le residue disposizioni della legge n. 62/1953 e del d.lgs.  n.  40/1993 concernenti la Commissione di controllo (art. 10, comma  10),  ed  e' stata poi sancita dalla stessa Corte costituzionale con  la  sentenza n. 64 del 2005, la quale ha  affermato  espressamente  che,  «con  il nuovo titolo V della Costituzione, i controlli di legittimita'  sugli atti amministrativi degli enti locali debbono ritenersi  espunti  dal nostro  ordinamento,  a  seguito  dell'abrogazione  del  primo  comma dell'art. 125 e dell'art. 130 della Costituzione».

    Si noti, in quanto di rilievo per la presente  controversia,  che la sentenza della Corte costituzionale ha collegato l'espunzione  dei controlli direttamente alla modifica della Costituzione, e  non  alle «abrogazioni» disposte dalla legge n. 131 del 2003.

    Per quanto riguarda la  situazione  della  Regione  Trentino-Alto Adige, il controllo preventivo di legittimita' era previsto dall'art. 7, comma 1,  d.P.R.  n.  305/1988,  come  sostituito  dal  d.lgs.  n. 385/1997: «Il controllo di  legittimita'  sugli  atti  amministrativi della regione e delle province autonome  si  esercita  esclusivamente

sui regolamenti di cui agli articoli 44, punto 1), e 54, punti  1)  e 2), dello statuto, nonche' sugli atti costituenti  adempimento  degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea».

    Come  si   puo'   vedere,   gli   atti   oggetto   di   controllo corrispondevano  a  quelli  sottoposti  a  controllo  nelle   regioni ordinarie e si trattava inoltre di un controllo  dello  stesso  tipo, cioe' di un controllo preventivo di legittimita'.

    A seguito dell'abrogazione dell'art. 125, comma 1, Cost.,  intesa -  come  e'  stata  intesa  -  quale  disposizione  che  direttamente sopprimeva i controlli preventivi di legittimita'  sugli  atti  delle Regioni a statuto ordinario,  queste  si  sarebbero  trovate  in  una

condizione piu' favorevole rispetto alle Regioni a statuto  speciale, la cui specifica normativa non era stata toccata.

    Ma l'eventualita' di  tale  situazione  era  stata  espressamente prevista dal legislatore costituzionale, il quale, come e' ben  noto, con l'art. 10 della legge cost.  n.  3/2001  ha  disposto  che  «sino all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le   disposizioni   della presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  Regioni  a

statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a quelle gia' attribuite».

    La situazione di «minor favore» delle Regioni  speciali  rispetto alle ordinarie, a causa del mutamento del Titolo  V,  risulta  dunque giuridicamente impossibile.

    Dalla predetta disposizione risulta pianamente che  la  norma  di attuazione all'art. 7, comma  1,  d.P.R.  n.  305/1988  non  e'  piu' applicabile.

    Cio' del resto e' pacifico nella dottrina, la quale non ha  dubbi nel ritenere inapplicabili - dopo il 2001 - le  norme  sui  controlli preventivi  di  legittimita'  nelle  Regioni  speciali,   in   virtu' dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001 (v., ad es., A.  D'Atena,  Diritto regionale, Torino 2010, 233; P. Cavaleri, Diritto  regionale,  Padova 2009, 260; T. Martines-A. Ruggeri-C. Salazar, Lineamenti  di  diritto regionale, Milano 2008).

    In  effetti,  e'  pacifico  che  la  soppressione  dei  controlli preventivi di legittimita', che condizionavano l'efficacia di  alcuni atti amministrativi regionali alla verifica  positiva  svolta  da  un organo statale, ha ampliato l'autonomia delle Regioni ordinarie  che, sotto questo profilo, era diventata maggiore di quella delle  Regioni speciali,  per  le  quali  le  norme  statutarie  e   di   attuazione prevedevano i controlli preventivi di legittimita' (seppur svolti  da una sezione  della  Corte  dei  conti  e  non  dalla  Commissione  di controllo).

    Si tratta, dunque, di un caso in cui pacificamente  opera  l'art. 10, legge cost. n. 3/2001,  con  conseguente  inapplicabilita'  delle norme che prevedevano i controlli nelle  regioni  speciali.  Infatti, l'esistenza stessa di un potere di controllo preventivo  realizza  di per se' una condizione di minore autonomia: una evidenza che non puo'

essere contraddetta dalla circostanza che per le Regioni speciali  il controllo fosse svolto da una sezione della Corte dei conti  anziche' da un altro apposito organo statale.

    A  conferma  di  cio',  del  resto,  si  puo'  ricordare  che  la soppressione del  controllo  preventivo  sulle  leggi  delle  Regioni ordinarie (operata dalla legge cost. n. 3/2001) e' stata estesa senza dubbi da codesta Corte alle Regioni  speciali  (ad  esclusione  della Sicilia, dotata di un sistema del tutto peculiare),  con  conseguente non applicazione delle norme statutarie che contemplavano appunto  un controllo preventivo.

    Non si vede, dunque, per quale ragione la clausola dell'art.  10, legge cost. n. 3/2001 dovrebbe operare per  il  controllo  preventivo sulle leggi (previsto dallo Statuto) e non per quello  relativo  agli atti amministrativi (previsto dalle norme di attuazione).

    Inoltre, il gia' citato  art.  7,  comma  7,  legge  n.  131/2003 disciplina  il  controllo  della  Corte  dei  conti  sulle   Regioni, prevedendo solo un controllo  di  gestione  e  menzionando  anche  le Regioni speciali (v. il penultimo periodo).

    Ancora, la sent. n. 179/2007 ha fatto salva una norma statale che attribuisce alle sezioni regionali della Corte dei conti  il  compito di svolgere un controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali proprio sottolineandone la sua natura collaborativa (il controllo «si limita  alla  segnalazione  all'ente   controllato   delle   rilevate disfunzioni  e  rimette  all'ente  stesso  l'adozione  delle   misure necessarie: c'e', dunque, una netta separazione tra  la  funzione  di controllo della Corte dei conti e  l'attivita'  amministrativa  degli enti,  che  sono  sottoposti  al  controllo  stesso»:  punto  3.1)  e precisando che «il legislatore e' libero di assegnare alla Corte  dei conti qualsiasi altra forma di controllo, purche' questo abbia un suo fondamento costituzionale»: la sussistenza «di  detto  fondamento  e' confortata, in primo luogo,  dall'art.  100  della  Costituzione,  il quale assegna alla Corte dei  conti  il  controllo  successivo  sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed  imparziale»  (punto 3.2).

    Si conferma, dunque, che i controlli preventivi  di  legittimita' non hanno piu' cittadinanza nell'ordinamento costituzionale italiano, sia per le Regioni ordinarie  che  per  quelle  speciali:  essendo  a priori escluso che le Regioni speciali  godano  di  minore  autonomia rispetto a quelle ordinarie (v. sentt. 223/1984, 216/1985, 511/1988 e

1029/1988).

    Ulteriore  e  definitiva  conferma  della  non   soggezione   dei regolamenti della Regione  Trentino-Alto  Adige  al  controllo  della Corte dei conti e' da ultimo venuta con l'approvazione -  in  data  7 luglio 2011 - del decreto legislativo  recante  Norme  di  attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige  in  materia di  controllo  della  Corte  dei  conti.  Tale  decreto  sopprime   i riferimenti - contenuti nell'art. 2 e nell'art. 6 d.P.R. n.  305/1988 - al «controllo di legittimita'» e abroga formalmente  l'art.  7  del medesimo decreto.

    E' da precisare - in quanto cio' priva di qualunque fondamento il principale argomento con  il  quale  la  Corte  dei  conti  tenta  di sostenere la propria tesi - che  la  riforma  del  Titolo  V  non  ha prodotto, in virtu' dell'art.  10  legge  cost.  3/2001,  la  formale

abrogazione dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988, ma la  sua  semplice  non applicazione (in favore di norme diverse), in base ad  un  meccanismo simile a quello che regola il rapporto  tra  fonti  interne  e  fonti comunitarie self--executing.

    Cio' risulta dalla sent.  n.  314/2003,  la  quale  ha  messo  in rilievo che «l'art. 10 della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001 configura un particolare rapporto tra norme degli Statuti speciali  e norme del  Titolo  V  della  seconda  parte  della  Costituzione,  un

rapporto di preferenza, nel momento  della  loro  "applicazione",  in favore delle  disposizioni  costituzionali  che  prevedono  forme  di autonomia  "piu'  ampie"  di  quelle  risultanti  dalle  disposizioni

statutarie» (punto 3.1).

    Ma cio' si ricava anche da una riflessione  sulla  necessita'  di evitare conseguenze altrimenti irragionevoli: infatti, ritenendo  che l'applicazione  dell'art.  10,  legge  cost.   n.   3/2001   implichi l'abrogazione della norma statutaria meno favorevole,  la  successiva eventuale abrogazione della norma del Titolo  V,  non  implicando  la

reviviscenza di quella statutaria, determinerebbe la  conseguenza  di privare la Regione speciale non solo della forma di autonomia ad essa attribuita ex art. 10, legge cost. n. 3/2001 ma anche  di  quella  di cui godeva in base allo Statuto speciale (si pensi  al  passaggio  di una materia - spettante alla competenza  primaria  della  Regione  in base allo Statuto speciale - dall'art. 117, comma  4,  all'art.  117, comma 3, Cost.: se si ritenesse  abrogata  la  norma  statutaria  che attribuiva alla Regione speciale la competenza primaria,  la  Regione passerebbe dalla competenza piena di cui all'art. 117, comma 4,  alla

competenza concorrente di cui all'art. 117, comma 3).

    Dunque, le norme statutarie e di attuazione meno  favorevoli  non sono abrogate dalla  legge  cost.  3/2001  ma  restano  semplicemente «quiescenti», in quanto non si applicano fino  a  quando  esiste  una disciplina piu' favorevole per le Regioni  ordinarie.  Correttamente,

dunque, le nuove norme di attuazione  abrogano  l'art.  7  d.P.R.  n. 305/1988: gia' di per se' inapplicabile, per  le  ragioni  ampiamente esposte.

    Questa  conclusione  priva  di  qualunque  fondamento  il   primo argomento addotto dalla Corte dei conti a sostegno della  pretesa  di controllare i regolamenti regionali: l'argomento secondo il quale  la vigenza  dell'art.  7  d.P.R.  n.  305/1988  dopo  il  2001   sarebbe

dimostrata proprio dal fatto che esso  e'  stato  abrogato  nel  2011 dalle nuove norme di attuazione.

    Si noti che tale argomento era gia' privo di valore in se stesso, dato che sono frequenti le abrogazioni espresse rivolte semplicemente a chiarire la non vigenza di una disposizione,  gia'  prima  abrogata per semplice incompatibilita'.

    Ma il peculiare modo di operare dell'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, sopra illustrato, implica che  la  norma  di  attuazione  fosse inapplicabile gia' prima della sua formale abrogazione  avvenuta  nel 2011.

    La Corte dei conti porta poi un secondo argomento, fondato  sulla «assoluta non assimilabilita' tra i soppressi organismi statali  gia' titolari  della  funzioni  di   controllo   preventivo   sugli   atti amministrativi delle regioni a statuto  ordinario,  e  la  Corte  dei conti».

    Ma anche tale argomento e' inconferente.

    Si e' gia' osservato infatti che e' la  stessa  esistenza  di  un controllo preventivo di legittimita', il quale condiziona l'efficacia dell'atto amministrativo, a determinare di  per  se'  una  situazione meno favorevole per l'autonomia dell'ente, senza che  su  cio'  possa avere  influenza  il  maggiore  o  minore   grado   di   indipendenza dell'organo che lo svolge. Si puo' ricordare, a conferma, che codesta Corte ha definito «meno favorevole» (sent. n.  469/2005),  in  quanto preventivo, il giudizio svolto sugli statuti regionali  ex  art.  123

Cost. rispetto a quello previsto dall'art. 127  Cost.,  anche  se  la Corte costituzionale e' certamente indipendente e  se  l'impugnazione non blocca la promulgazione dello Statuto (a meno che il  blocco  sia

stato previsto dalla Regione stessa).

    Ne' si  puo'  sostenere  (come  e'  stato  fatto  dal  magistrato istruttore nel procedimento di verifica del rendiconto 2010)  che  il controllo preventivo della Corte dei conti sugli atti  della  Regione e' svolto ex art. 100 Cost. (norma  non  toccata  dalla  riforma  del Titolo  V),  dato  che  l'art.  100  prevede  solo  il  controllo  di

legittimita'  sugli  atti  del  Governo  e  quello  di  gestione.  Il fondamento del  controllo  sugli  atti  della  Regione  Trentino-Alto Adige/Südtirol e', pacificamente, l'art. 7 d.P.R. n. 305/1988.

    La vera differenza qui rilevante non e' fra controllo  preventivo svolto dalla Corte dei conti  e  controllo  preventivo  svolto  dalla Commissione  di   controllo,   ma   fra   controllo   «preventivo   e interdittivo» e «controllo gestionale e di referto» (cosi'  la  Corte

dei conti, sez. riunite, n. 1/2011/CONS,  in  sede  di  parere  sulle nuove norme di attuazione per il Trentino-Alto Adige).

    Non a caso, la stessa  Corte  dei  conti,  sez.  riunite,  delib. 1/2003/CONS (in sede  di  parere  sulle  norme  di  attuazione  dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia che riguardavano il controllo sugli atti  regionali)  ha  osservato  come  «le  nuove   disposizioni   di

attuazione... siano assolutamente coerenti con il  disegno  tracciato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 inteso, tra  l'altro,  [...] al  definitivo  abbandono  del  preesistente  sistema  dei  controlli preventivi di legittimita' che astringevano  gli  enti  di  autonomia

territoriale» (enfasi aggiunta); ed  essa  rilevava  allora  che  «la sfera di attribuzione che lo schema di  decreto  legislativo  riserva alla sezione di controllo nulla [...] ha a che vedere  con  controlli di tipo preventivo, impeditivi dell'efficacia dell'atto».

    In  quell'occasione,   dunque,   la   Corte   non   aveva   dubbi sull'assimilabilita' dei controlli  preventivi  da  essa  svolti  con quelli riguardanti le Regioni ordinarie.

    Ancora, il fatto stesso che sia stato abrogato l'art. 7 d.P.R. n. 305/1988 per adeguare le norme di attuazione alla riforma del  Titolo V smentisce la diversita' tra i due tipi di controlli.

    Anche il  terzo  argomento  prospettato  dalla  Corte  dei  conti risulta, all'approfondito esame, del tutto infondato e fuorviante.

    La Corte si riferisce alla sentenza n. 64  del  2005  di  codesta Corte costituzionale, cioe' proprio alla decisione che  ha  eliminato ogni  residuo  dubbio  sulla  totale   eliminazione   dei   controlli preventivi di legittimita' sugli atti  degli  enti  territoriali  nel

nostro ordinamento. E' vero che essa contemporaneamente  afferma  «la persistente legittimita' [...] dell'attivita' di controllo esercitata dalla Corte dei conti», ma dal contesto risulta evidente che essa  si riferisce - come era proprio di quel caso - ad un controllo del tutto diverso da quello preventivo di legittimita'.

    «Legittimita'» dell'attivita' di controllo non significa  affatto - come vorrebbe la Procura della Corte dei conti - ammissibilita' del controllo preventivo di legittimita': al contrario, dopo il  2001  la Corte costituzionale non ha mai, neppure implicitamente, affermato la possibilita' di reintrodurre i controlli di legittimita' e  ha  fatto salve  solo  norme  che  prevedevano  controlli  «esterni»,  di  tipo collaborativo.

    Due ulteriori considerazioni della Corte dei  conti  non  possono neppure essere considerate quali veri argomenti.

    Da un lato, vi  sarebbe  il  principio  «secondo  il  quale  deve ritenersi escluso  che  l'ente  Regione  possa  [...]  esplicitare  o presupporre  l'inapplicabilita'  di  un  atto   legislativo   statale vigente, pur disponendo degli strumenti ordinamentali per contestarne

la ritenuta illegittimita' costituzionale».

    Ma e' anche troppo ovvio che qui non si  tratta  affatto  di  una sopravvenuta illegittimita' costituzionale, e che  l'inapplicabilita' dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988  derivava  direttamente  (prima  della formale abrogazione) dall'art. 10 legge cost. n. 3/2001.

    Non vi e' stata, dunque, alcuna «scelta» della Regione.

    Gli organi della Regione non applicano le norme statutarie  e  di attuazione meno favorevoli cosi' come non applicano le leggi  interne contrastanti con le fonti comunitarie self-executing.

    Fra l'altro, non e' conferente il richiamo alla  possibilita'  di «contestare la ritenuta illegittimita'  costituzionale»  della  norma statale non applicata, perche' non c'e' nessuna ragione per  supporre un'illegittimita' costituzionale dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988.

    La Corte dei conti sovrappone  i  piani  dell'efficacia  e  della legittimita'.

    Dall'altro,  nella  Relazione   sul   rendiconto   generale   per l'esercizio finanziario 2010 si nota (punto 8.3) che  anche  dopo  il 2001 le Province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero continuato ad inviare i regolamenti al controllo della Corte dei conti.

    Ma e' ovvio che il prudenziale atteggiamento in  ipotesi  seguito dalle due Province non implica affatto sul piano del diritto  che  un corrispondente obbligo vi sia.

    Ben piu' rilevante, semmai, appare la circostanza  che  a  quanto risulta - nello stesso periodo - ne' la Regione Friuli-Venezia Giulia (neppure prima della modifica della normativa di  attuazione  operata dal d.lgs. n. 125 del 2003) ne'  la  Regione  Valle  d'Aosta/  Vallee d'Aoste (nel quadro della sua specifica normativa, che  prevedeva  il

controllo ad opera di  una  apposita  Commissione  di  coordinamento) abbiano inviato i propri regolamenti al controllo.

2) Parziale omissione dell'esercizio della propria giurisdizione.

    L'art. 10 d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, stabilisce espressamente che il rendiconto generale della Regione - previa verifica  ad  opera della Sezione di Trento - e' rimesso all'esame delle Sezioni  riunite della Corte dei conti,  le  quali  si  pronunciano  su  di  esso  «in

conformita' alle vigenti disposizioni».

    Al riguardo, l'art. 39 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214  affida  alla Corte dei conti  specificamente  il  compito  di  verificare  «se  le entrate riscosse e versate ed i resti  da  riscuotere  e  da  versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai dati esposti  nei  conti

periodici e nei riassunti  generali  trasmessi  [...];  se  le  spese ordinate e pagate durante l'esercizio  concordino  con  le  scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi».

    Tale e' la verifica che avrebbe  dovuto  compiere  la  Corte  dei conti.

    Risulta invece estraneo a tale oggetto la diversa  questione  «di principio»  relativa  alla  assoggettabilita'  o  meno  al  controllo preventivo dei regolamenti regionali.

    In tale contesto, la Corte  dei  conti  avrebbe  comunque  dovuto esaminare le spese ordinate in base ai regolamenti  verificandone  la regolarita' contabile: salvo, eventualmente, dare  atto  in  sede  di relazione d'accompagnamento delle sue convinzioni circa il  controllo

preventivo.

    Non pare all'opposto ammissibile, invece, il rifiuto aprioristico della Sezioni riunite della Corte dei conti  di  esaminare  le  spese ordinate sulla base dei regolamenti: seguendo in cio'  l'impostazione della sezione di controllo per il Trentino Alto Adige/  Südtirol,  la

quale «ha verificato il rendiconto [...] ad esclusione  dei  capitoli di spesa [...] relativi all'esecuzione  dei  decreti  del  presidente della regione non inviati al controllo  preventivo  di  legittimita'»

(cosi' la decisione 36/CONTR/2011, in diritto).

    Ne' il mancato esercizio della propria  giurisdizione  sul  punto puo'  trovare  giustificazione  nella  circostanza,  indicata   nella relazione (pag. 47), secondo cui «la Corte non possiede,  allo  stato degli atti, elementi  istruttori  idonei  per  poter  procedere  alla

dichiarazione di regolarita' degli indicati capitoli».

    Da  una  parte,  infatti,  non  si  intende  a  quali   «elementi istruttori» la Corte possa  essersi  riferita,  non  potendosi  certo definire tale la pretesa di assoggettare i regolamenti  al  controllo preventivo.

    Dall'altra,  se  pure  si   trattasse   realmente   di   elementi istruttori, il giudice contabile ben avrebbe potuto e  dovuto  -  ove avesse riscontrato eventuali carenze - fare applicazione  degli  ampi poteri istruttori che la legge gli attribuisce.

    Al riguardo, l'art. 14 r.d. n. 1038/1933 stabilisce  infatti  che «la corte puo' richiedere all'amministrazione e ordinare  alle  parti di produrre gli atti e i documenti che crede necessari alla decisione della  controversia  e  puo'  ordinare  al  procuratore  generale  di disporre accertamenti diretti anche in contraddittorio delle parti».

    Non  vi  sono  dunque  ragioni   plausibili   che   giustifichino l'avvenuto (parziale) mancato esercizio della  propria  giurisdizione da parte del giudice contabile.

    Risulta dunque che la Corte avrebbe dovuto in ogni caso procedere alla «parificazione» delle poste di bilancio  e  che  il  non  averlo fatto concretizza un'omissione nell'esercizio  del  proprio  compito, lesiva per la Regione.

3) Omissione del contraddittorio nel giudizio di parificazione.

    L'art. 40 r.d. n. 1214/1934 (applicabile alla  presente  vicenda, giusta il richiamo operato dal citato art. 10,  d.P.R.  n.  305/1988) rimette la verifica del rendiconto  alla  delibera  della  Corte  dei conti, chiamata  a  pronunciarsi  -  a  Sezioni  riunite  -  «con  le formalita' della sua giurisdizione contenziosa».

    La  circostanza  e'  pacificamente  rilevata  da  codesta   Corte costituzionale (sentenza n. 181/1999 cit., punto 9  in  diritto),  la quale osserva altresi'  come  cio'  comporti  la  necessita'  che  il giudizio  di  parificazione  si  svolga  «in  contraddittorio  con  i

rappresentanti dell'amministrazione» (sentenza n. 244/1995,  punto  2 in diritto; sentenza n. 121/1966, punto 1 in diritto).

    E' proprio su tale base, del resto,  che  codesta  Corte  ammette (sin dalla sentenza n. 165/1963) l'ammissibilita' della questione  di legittimita' costituzionale  sollevata,  appunto,  in  occasione  del

giudizio di parificazione ai sensi degli artt. 38  ss.  del  r.d.  n. 1214/1934.

    Nel caso di specie, tuttavia, non  vi  e'  traccia  del  rispetto delle regole della «giurisdizione contenziosa» del giudice contabile.

    In particolare, il giudizio di  parificazione  si  e'  svolto  in assenza   di   contraddittorio   con   l'amministrazione    regionale interessata.

    Risulta infatti dall'atto qui impugnato che e' stata «vista»  una «memoria depositata il  27  giugno  2011»  del  Procuratore  generale aggiunto presso la Corte dei  conti,  e  che  sono  stati  «uditi  il relatore dott. Dario Provvidera ed il Vice procuratore generale dott. Roberto Benedetti».

    Non risulta che sia stato dato termine alla Regione per replicare alla memoria, ne' che sia  stato  udito  alcun  rappresentante  della Regione.

    Alla ricorrente Regione non sembra  dubbio  che  il  rinvio  alle forme della giurisdizione non possa non comprendere anche il  diritto costituzionale di contraddire, garantito dall'art. 24 Cost.  nonche', in relazione alle specifiche autonomie regionali,  dal  principio  di leale collaborazione.

    Qualora  invece  si  ritenesse  che  il  citato  riferimento  non comprende il diritto della Regione di  partecipare  al  giudizio,  la stessa disposizione risulterebbe costituzionalmente illegittima:  nel dubbio,  tuttavia,  non  potrebbe   non   applicarsi   il   principio

dell'interpretazione costituzionalmente conforme.

    Cio' determina,  dunque,  un  ulteriore  grave  illegittimita'  e lesione  delle  prerogative  costituzionali  della  regione  autonoma Trentino-Alto Adige, poiche' e' evidente che non  spetta  alla  Corte

dei conti rifiutare  (sia  pur  parzialmente)  la  parificazione  del rendiconto  generale  della  Regione   in   assenza   di   un   pieno contraddittorio con quest'ultima.

    Risulta confermato, dunque, che la decisione qui  impugnata  lede le competenze costituzionali della ricorrente  Regione  Trentino-Alto Adige/Autonome  Region  Trentino-Südtirol,  sotto  tutti  i   profili

lamentati nel presente conflitto.

 

                               P.Q.M.

 

    Voglia codesta Corte costituzionale  dichiarare  che  non  spetta allo Stato, e  per  esso  alla  Corte  dei  conti,  sezioni  riunite, adottare la decisione n. 36/CONTR/2011 del 30  giugno  2011,  che  ha dichiarato   regolare   il   rendiconto   generale   della    Regione

Trentino-Alto Adige per l'esercizio finanziario 2010,  ad  esclusione dei capitoli di spesa relativi all'esecuzione dei regolamenti emanati con decreti del Presidente della Regione nel periodo 2006/2009 e  non inviati al controllo preventivo di legittimita',  cosi'  manifestando la pretesa dello  Stato  di  sottoporre  a  controllo  preventivo  di

legittimita' i regolamenti regionali, ed omettendo - ed in assenza di contraddittorio con la Regione - di svolgere la verifica  di  propria competenza, nonche' conseguentemente annullare la predetta decisione, nella  parte  in  cui  esclude   i   capitoli   di   spesa   relativi all'esecuzione dei regolamenti emanati  con  decreti  del  Presidente della Regione nel  periodo  2006/2009  e  non  inviati  al  controllo preventivo di legittimita', per le ragioni ed i profili  esposti  nel presente ricorso.

        Padova-Roma, addi' 25 agosto 2011

 

                   Avv. Prof. Falcon - avv. Manzi

 

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