Ricorso per conflitti tra enti n. 10 del 6 settembre 2011 (Regione Trentino-Alto Adige
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 6 settembre 2011 (della Regione Trentino-Alto Adige).
(GU n. 43 del 12.10.2011)
Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 188 del 26 luglio 2011 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da
procura speciale n. rep. 3026 del 5 agosto 2011 (doc. 2), rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale rogante della Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri;
Per la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, Sezioni riunite, adottare la decisione n. 36/CONTR/2011 del 30 giugno 2011 (doc. 3), nella parte in cui essa - pur dichiarando in generale regolare il rendiconto generale della Regione Trentino-Alto Adige per l'esercizio finanziario 2010 - ha escluso da tale dichiarazione i capitoli di spesa relativi all'esecuzione per l'anno 2010 di taluni regolamenti emanati con decreti del Presidente della Regione nel periodo 2006/2009, in quanto tali regolamenti non erano stati inviati al controllo preventivo di legittimita', omettendo cosi' - ed in assenza di contraddittorio con la Regione - di svolgere la verifica di propria competenza e manifestando la pretesa dello Stato di sottoporre a controllo preventivo di legittimita' i regolamenti regionali, nonche', per il conseguente annullamento parziale della predetta decisione, per violazione:
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in collegamento con l'art. 7 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 305 del 1988;
dell'art. 10, commi 1 e 2 dello stesso decreto n. 305 del 1988;
del principio di leale collaborazione e dell'art. 24, primo comma;
Per i profili e nei modi di seguito illustrati.
Fatto
Con la decisione 36/CONTR/2011 la Corte dei conti, Sezioni riunite, ha dichiarato «regolare il rendiconto generale della Regione Trentino-Alto Adige/Sikltirol per l'esercizio finanziario 2010 [...]
ad esclusione dei capitoli di spesa [...] relativi all'esecuzione dei decreti del Presidente della Regione non inviati al controllo preventivo di legittimita' di cui all'art. 7 del dPR 15 luglio 1988, n. 305» (cosi' testualmente il dispositivo).
In appendice alla decisione sono indicati i regolamenti in questione: si tratta di 6 regolamenti del 2006, 2 del 2007, 1 del 2008 e l del 2009. Si noti che nei precedenti anni la parificazione del rendiconto era regolarmente avvenuta anche in relazione alle spese effettuate in attuazione di tali regolamenti.
Gli interventi di maggiore entita' riguardano «spese per la concessione di finanziamenti a Comuni ed altri enti e associazioni per iniziative intese a favorire e sviluppare il processo di integrazione europea e per la concessione di patrocini finanziari che
abbiano particolare importanza per la Regione» (regolamento n. 8/2006), «spese per la concessione di finanziamenti a Comuni ed altri enti e associazioni per iniziative intese a promuovere e valorizzare le minoranze linguistiche regionali» (regolamento n. 9/2006), «spese
per la concessione di contributi per interventi a favore di Stati colpiti da eventi bellici, calamitosi o in condizioni di particolari difficolta' economiche e sociali» (regolamento n. 9/2009) e il «pacchetto famiglia e previdenza sociale» (regolamento n. 3/2008).
L'esclusione di questi capitoli di spesa e' argomentata nel § 8.3 della Relazione allegata alla decisione del 30 giugno 2011, ove si osserva che lo schema delle nuove norme di attuazione (adottate il 7 luglio 2011) confermerebbe «la piena vigenza dell'art. 7 del d.P.R.
n. 305/1988, poiche' ne prevede espressamente l'abrogazione».
Nella nota 106 della Relazione si cita poi la delibera 1/2011/CONS della Corte dei conti, Sez. riunite, nella quale si e' sottolineata «l'assoluta non assimilabilita' tra i soppressi organismi statali gia' titolari della funzioni di controllo preventivo sugli atti amministrativi delle regioni a statuto ordinario, e la Corte dei conti», ai cui componenti e' «garantita l'indipendenza dal terzo comma dell'art. 100 Cost.» .
Infine, nella nota 107 si richiamano la sent. 64/2005 della Corte costituzionale («E' vero che, con il nuovo titolo V della Costituzione, i controlli di legittimita' sugli atti amministrativi degli enti locali debbono ritenersi espunti dal nostro ordinamento, a seguito dell'abrogazione del primo comma dell'art. 125 e dell'art. 130 della Costituzione, ma questo non esclude la persistente legittimita', da un lato, dei c.d. controlli interni [...] e, dall'altro, dell'attivita' di controllo esercitata dalla Corte dei
conti») e la decisione 23/2009 della Corte dei conti, Sezioni riunite, ove si invocava il principio «secondo il quale deve ritenersi escluso che l'ente Regione possa, tramite atti amministrativi di indirizzo o determinazioni unilaterali o
comportamenti di fatto, esplicitare o presupporre l'inapplicabilita' di un atto legislativo statale vigente, pur disponendo degli strumenti ordinamentali per contestarne la ritenuta illegittimita' costituzionale».
Sennonche', ad avviso della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol con la decisione 36/CONTR/2011 la Corte dei conti da un lato e' andata al di la' delle proprie attribuzioni, in quanto con la parificazione soltanto parziale si e' manifestata la pretesa di esercitare un potere che non appartiene alla Corte stessa (e a nessun
altro organo statale), dall'altro ha al contempo omesso (sia pur parzialmente) l'esercizio delle propria giurisdizione. Infine, tutto cio' ha compiuto in assenza di contraddittorio processuale con la Regione.
Cio' si e' tradotto in un atto concretamente lesivo, quale appunto la mancata parificazione di parte del bilancio della Regione.
Diritto
1) Inesistenza del potere rivendicato dalla Corte dei conti di sottoporre a controllo preventivo di legittimita' i regolamenti della Regione.
Come e' noto, l'art. 125, comma 1, della Costituzione, che prevedeva il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della Regione, e' stato abrogato dall'art. 9, comma 2, della legge costituzionale n. 3 del 2001, nel quadro della piu' generale riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
Subito si pose la questione se tale abrogazione implicasse la semplice non necessita' costituzionale dei controlli preventivi di legittimita' (con possibilita' per la legge ordinaria di contemplarli) o direttamente l'eliminazione dei controlli, con conseguente abrogazione delle norme legislative vigenti in materia e divieto per il legislatore ordinario di reintrodurli.
Ben presto si e' consolidata l'interpretazione secondo la quale l'abrogazione dell'art. 125, comma 1, Cost. ha determinato direttamente la soppressione dei controlli preventivi di legittimita', privando di efficacia le leggi ordinarie che tali controlli disciplinavano. Questa interpretazione e' stata confermata
dalla legge n. 131/2003, che ha regolato solo un controllo di gestione della Corte dei conti (art. 7, commi 7 e 8) e ha abrogato le residue disposizioni della legge n. 62/1953 e del d.lgs. n. 40/1993 concernenti la Commissione di controllo (art. 10, comma 10), ed e' stata poi sancita dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 64 del 2005, la quale ha affermato espressamente che, «con il nuovo titolo V della Costituzione, i controlli di legittimita' sugli atti amministrativi degli enti locali debbono ritenersi espunti dal nostro ordinamento, a seguito dell'abrogazione del primo comma dell'art. 125 e dell'art. 130 della Costituzione».
Si noti, in quanto di rilievo per la presente controversia, che la sentenza della Corte costituzionale ha collegato l'espunzione dei controlli direttamente alla modifica della Costituzione, e non alle «abrogazioni» disposte dalla legge n. 131 del 2003.
Per quanto riguarda la situazione della Regione Trentino-Alto Adige, il controllo preventivo di legittimita' era previsto dall'art. 7, comma 1, d.P.R. n. 305/1988, come sostituito dal d.lgs. n. 385/1997: «Il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della regione e delle province autonome si esercita esclusivamente
sui regolamenti di cui agli articoli 44, punto 1), e 54, punti 1) e 2), dello statuto, nonche' sugli atti costituenti adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea».
Come si puo' vedere, gli atti oggetto di controllo corrispondevano a quelli sottoposti a controllo nelle regioni ordinarie e si trattava inoltre di un controllo dello stesso tipo, cioe' di un controllo preventivo di legittimita'.
A seguito dell'abrogazione dell'art. 125, comma 1, Cost., intesa - come e' stata intesa - quale disposizione che direttamente sopprimeva i controlli preventivi di legittimita' sugli atti delle Regioni a statuto ordinario, queste si sarebbero trovate in una
condizione piu' favorevole rispetto alle Regioni a statuto speciale, la cui specifica normativa non era stata toccata.
Ma l'eventualita' di tale situazione era stata espressamente prevista dal legislatore costituzionale, il quale, come e' ben noto, con l'art. 10 della legge cost. n. 3/2001 ha disposto che «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite».
La situazione di «minor favore» delle Regioni speciali rispetto alle ordinarie, a causa del mutamento del Titolo V, risulta dunque giuridicamente impossibile.
Dalla predetta disposizione risulta pianamente che la norma di attuazione all'art. 7, comma 1, d.P.R. n. 305/1988 non e' piu' applicabile.
Cio' del resto e' pacifico nella dottrina, la quale non ha dubbi nel ritenere inapplicabili - dopo il 2001 - le norme sui controlli preventivi di legittimita' nelle Regioni speciali, in virtu' dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001 (v., ad es., A. D'Atena, Diritto regionale, Torino 2010, 233; P. Cavaleri, Diritto regionale, Padova 2009, 260; T. Martines-A. Ruggeri-C. Salazar, Lineamenti di diritto regionale, Milano 2008).
In effetti, e' pacifico che la soppressione dei controlli preventivi di legittimita', che condizionavano l'efficacia di alcuni atti amministrativi regionali alla verifica positiva svolta da un organo statale, ha ampliato l'autonomia delle Regioni ordinarie che, sotto questo profilo, era diventata maggiore di quella delle Regioni speciali, per le quali le norme statutarie e di attuazione prevedevano i controlli preventivi di legittimita' (seppur svolti da una sezione della Corte dei conti e non dalla Commissione di controllo).
Si tratta, dunque, di un caso in cui pacificamente opera l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, con conseguente inapplicabilita' delle norme che prevedevano i controlli nelle regioni speciali. Infatti, l'esistenza stessa di un potere di controllo preventivo realizza di per se' una condizione di minore autonomia: una evidenza che non puo'
essere contraddetta dalla circostanza che per le Regioni speciali il controllo fosse svolto da una sezione della Corte dei conti anziche' da un altro apposito organo statale.
A conferma di cio', del resto, si puo' ricordare che la soppressione del controllo preventivo sulle leggi delle Regioni ordinarie (operata dalla legge cost. n. 3/2001) e' stata estesa senza dubbi da codesta Corte alle Regioni speciali (ad esclusione della Sicilia, dotata di un sistema del tutto peculiare), con conseguente non applicazione delle norme statutarie che contemplavano appunto un controllo preventivo.
Non si vede, dunque, per quale ragione la clausola dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001 dovrebbe operare per il controllo preventivo sulle leggi (previsto dallo Statuto) e non per quello relativo agli atti amministrativi (previsto dalle norme di attuazione).
Inoltre, il gia' citato art. 7, comma 7, legge n. 131/2003 disciplina il controllo della Corte dei conti sulle Regioni, prevedendo solo un controllo di gestione e menzionando anche le Regioni speciali (v. il penultimo periodo).
Ancora, la sent. n. 179/2007 ha fatto salva una norma statale che attribuisce alle sezioni regionali della Corte dei conti il compito di svolgere un controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali proprio sottolineandone la sua natura collaborativa (il controllo «si limita alla segnalazione all'ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all'ente stesso l'adozione delle misure necessarie: c'e', dunque, una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l'attivita' amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso»: punto 3.1) e precisando che «il legislatore e' libero di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo, purche' questo abbia un suo fondamento costituzionale»: la sussistenza «di detto fondamento e' confortata, in primo luogo, dall'art. 100 della Costituzione, il quale assegna alla Corte dei conti il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed imparziale» (punto 3.2).
Si conferma, dunque, che i controlli preventivi di legittimita' non hanno piu' cittadinanza nell'ordinamento costituzionale italiano, sia per le Regioni ordinarie che per quelle speciali: essendo a priori escluso che le Regioni speciali godano di minore autonomia rispetto a quelle ordinarie (v. sentt. 223/1984, 216/1985, 511/1988 e
1029/1988).
Ulteriore e definitiva conferma della non soggezione dei regolamenti della Regione Trentino-Alto Adige al controllo della Corte dei conti e' da ultimo venuta con l'approvazione - in data 7 luglio 2011 - del decreto legislativo recante Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di controllo della Corte dei conti. Tale decreto sopprime i riferimenti - contenuti nell'art. 2 e nell'art. 6 d.P.R. n. 305/1988 - al «controllo di legittimita'» e abroga formalmente l'art. 7 del medesimo decreto.
E' da precisare - in quanto cio' priva di qualunque fondamento il principale argomento con il quale la Corte dei conti tenta di sostenere la propria tesi - che la riforma del Titolo V non ha prodotto, in virtu' dell'art. 10 legge cost. 3/2001, la formale
abrogazione dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988, ma la sua semplice non applicazione (in favore di norme diverse), in base ad un meccanismo simile a quello che regola il rapporto tra fonti interne e fonti comunitarie self--executing.
Cio' risulta dalla sent. n. 314/2003, la quale ha messo in rilievo che «l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 configura un particolare rapporto tra norme degli Statuti speciali e norme del Titolo V della seconda parte della Costituzione, un
rapporto di preferenza, nel momento della loro "applicazione", in favore delle disposizioni costituzionali che prevedono forme di autonomia "piu' ampie" di quelle risultanti dalle disposizioni
statutarie» (punto 3.1).
Ma cio' si ricava anche da una riflessione sulla necessita' di evitare conseguenze altrimenti irragionevoli: infatti, ritenendo che l'applicazione dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001 implichi l'abrogazione della norma statutaria meno favorevole, la successiva eventuale abrogazione della norma del Titolo V, non implicando la
reviviscenza di quella statutaria, determinerebbe la conseguenza di privare la Regione speciale non solo della forma di autonomia ad essa attribuita ex art. 10, legge cost. n. 3/2001 ma anche di quella di cui godeva in base allo Statuto speciale (si pensi al passaggio di una materia - spettante alla competenza primaria della Regione in base allo Statuto speciale - dall'art. 117, comma 4, all'art. 117, comma 3, Cost.: se si ritenesse abrogata la norma statutaria che attribuiva alla Regione speciale la competenza primaria, la Regione passerebbe dalla competenza piena di cui all'art. 117, comma 4, alla
competenza concorrente di cui all'art. 117, comma 3).
Dunque, le norme statutarie e di attuazione meno favorevoli non sono abrogate dalla legge cost. 3/2001 ma restano semplicemente «quiescenti», in quanto non si applicano fino a quando esiste una disciplina piu' favorevole per le Regioni ordinarie. Correttamente,
dunque, le nuove norme di attuazione abrogano l'art. 7 d.P.R. n. 305/1988: gia' di per se' inapplicabile, per le ragioni ampiamente esposte.
Questa conclusione priva di qualunque fondamento il primo argomento addotto dalla Corte dei conti a sostegno della pretesa di controllare i regolamenti regionali: l'argomento secondo il quale la vigenza dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988 dopo il 2001 sarebbe
dimostrata proprio dal fatto che esso e' stato abrogato nel 2011 dalle nuove norme di attuazione.
Si noti che tale argomento era gia' privo di valore in se stesso, dato che sono frequenti le abrogazioni espresse rivolte semplicemente a chiarire la non vigenza di una disposizione, gia' prima abrogata per semplice incompatibilita'.
Ma il peculiare modo di operare dell'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, sopra illustrato, implica che la norma di attuazione fosse inapplicabile gia' prima della sua formale abrogazione avvenuta nel 2011.
La Corte dei conti porta poi un secondo argomento, fondato sulla «assoluta non assimilabilita' tra i soppressi organismi statali gia' titolari della funzioni di controllo preventivo sugli atti amministrativi delle regioni a statuto ordinario, e la Corte dei conti».
Ma anche tale argomento e' inconferente.
Si e' gia' osservato infatti che e' la stessa esistenza di un controllo preventivo di legittimita', il quale condiziona l'efficacia dell'atto amministrativo, a determinare di per se' una situazione meno favorevole per l'autonomia dell'ente, senza che su cio' possa avere influenza il maggiore o minore grado di indipendenza dell'organo che lo svolge. Si puo' ricordare, a conferma, che codesta Corte ha definito «meno favorevole» (sent. n. 469/2005), in quanto preventivo, il giudizio svolto sugli statuti regionali ex art. 123
Cost. rispetto a quello previsto dall'art. 127 Cost., anche se la Corte costituzionale e' certamente indipendente e se l'impugnazione non blocca la promulgazione dello Statuto (a meno che il blocco sia
stato previsto dalla Regione stessa).
Ne' si puo' sostenere (come e' stato fatto dal magistrato istruttore nel procedimento di verifica del rendiconto 2010) che il controllo preventivo della Corte dei conti sugli atti della Regione e' svolto ex art. 100 Cost. (norma non toccata dalla riforma del Titolo V), dato che l'art. 100 prevede solo il controllo di
legittimita' sugli atti del Governo e quello di gestione. Il fondamento del controllo sugli atti della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e', pacificamente, l'art. 7 d.P.R. n. 305/1988.
La vera differenza qui rilevante non e' fra controllo preventivo svolto dalla Corte dei conti e controllo preventivo svolto dalla Commissione di controllo, ma fra controllo «preventivo e interdittivo» e «controllo gestionale e di referto» (cosi' la Corte
dei conti, sez. riunite, n. 1/2011/CONS, in sede di parere sulle nuove norme di attuazione per il Trentino-Alto Adige).
Non a caso, la stessa Corte dei conti, sez. riunite, delib. 1/2003/CONS (in sede di parere sulle norme di attuazione dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia che riguardavano il controllo sugli atti regionali) ha osservato come «le nuove disposizioni di
attuazione... siano assolutamente coerenti con il disegno tracciato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 inteso, tra l'altro, [...] al definitivo abbandono del preesistente sistema dei controlli preventivi di legittimita' che astringevano gli enti di autonomia
territoriale» (enfasi aggiunta); ed essa rilevava allora che «la sfera di attribuzione che lo schema di decreto legislativo riserva alla sezione di controllo nulla [...] ha a che vedere con controlli di tipo preventivo, impeditivi dell'efficacia dell'atto».
In quell'occasione, dunque, la Corte non aveva dubbi sull'assimilabilita' dei controlli preventivi da essa svolti con quelli riguardanti le Regioni ordinarie.
Ancora, il fatto stesso che sia stato abrogato l'art. 7 d.P.R. n. 305/1988 per adeguare le norme di attuazione alla riforma del Titolo V smentisce la diversita' tra i due tipi di controlli.
Anche il terzo argomento prospettato dalla Corte dei conti risulta, all'approfondito esame, del tutto infondato e fuorviante.
La Corte si riferisce alla sentenza n. 64 del 2005 di codesta Corte costituzionale, cioe' proprio alla decisione che ha eliminato ogni residuo dubbio sulla totale eliminazione dei controlli preventivi di legittimita' sugli atti degli enti territoriali nel
nostro ordinamento. E' vero che essa contemporaneamente afferma «la persistente legittimita' [...] dell'attivita' di controllo esercitata dalla Corte dei conti», ma dal contesto risulta evidente che essa si riferisce - come era proprio di quel caso - ad un controllo del tutto diverso da quello preventivo di legittimita'.
«Legittimita'» dell'attivita' di controllo non significa affatto - come vorrebbe la Procura della Corte dei conti - ammissibilita' del controllo preventivo di legittimita': al contrario, dopo il 2001 la Corte costituzionale non ha mai, neppure implicitamente, affermato la possibilita' di reintrodurre i controlli di legittimita' e ha fatto salve solo norme che prevedevano controlli «esterni», di tipo collaborativo.
Due ulteriori considerazioni della Corte dei conti non possono neppure essere considerate quali veri argomenti.
Da un lato, vi sarebbe il principio «secondo il quale deve ritenersi escluso che l'ente Regione possa [...] esplicitare o presupporre l'inapplicabilita' di un atto legislativo statale vigente, pur disponendo degli strumenti ordinamentali per contestarne
la ritenuta illegittimita' costituzionale».
Ma e' anche troppo ovvio che qui non si tratta affatto di una sopravvenuta illegittimita' costituzionale, e che l'inapplicabilita' dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988 derivava direttamente (prima della formale abrogazione) dall'art. 10 legge cost. n. 3/2001.
Non vi e' stata, dunque, alcuna «scelta» della Regione.
Gli organi della Regione non applicano le norme statutarie e di attuazione meno favorevoli cosi' come non applicano le leggi interne contrastanti con le fonti comunitarie self-executing.
Fra l'altro, non e' conferente il richiamo alla possibilita' di «contestare la ritenuta illegittimita' costituzionale» della norma statale non applicata, perche' non c'e' nessuna ragione per supporre un'illegittimita' costituzionale dell'art. 7 d.P.R. n. 305/1988.
La Corte dei conti sovrappone i piani dell'efficacia e della legittimita'.
Dall'altro, nella Relazione sul rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2010 si nota (punto 8.3) che anche dopo il 2001 le Province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero continuato ad inviare i regolamenti al controllo della Corte dei conti.
Ma e' ovvio che il prudenziale atteggiamento in ipotesi seguito dalle due Province non implica affatto sul piano del diritto che un corrispondente obbligo vi sia.
Ben piu' rilevante, semmai, appare la circostanza che a quanto risulta - nello stesso periodo - ne' la Regione Friuli-Venezia Giulia (neppure prima della modifica della normativa di attuazione operata dal d.lgs. n. 125 del 2003) ne' la Regione Valle d'Aosta/ Vallee d'Aoste (nel quadro della sua specifica normativa, che prevedeva il
controllo ad opera di una apposita Commissione di coordinamento) abbiano inviato i propri regolamenti al controllo.
2) Parziale omissione dell'esercizio della propria giurisdizione.
L'art. 10 d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, stabilisce espressamente che il rendiconto generale della Regione - previa verifica ad opera della Sezione di Trento - e' rimesso all'esame delle Sezioni riunite della Corte dei conti, le quali si pronunciano su di esso «in
conformita' alle vigenti disposizioni».
Al riguardo, l'art. 39 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 affida alla Corte dei conti specificamente il compito di verificare «se le entrate riscosse e versate ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti
periodici e nei riassunti generali trasmessi [...]; se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi».
Tale e' la verifica che avrebbe dovuto compiere la Corte dei conti.
Risulta invece estraneo a tale oggetto la diversa questione «di principio» relativa alla assoggettabilita' o meno al controllo preventivo dei regolamenti regionali.
In tale contesto, la Corte dei conti avrebbe comunque dovuto esaminare le spese ordinate in base ai regolamenti verificandone la regolarita' contabile: salvo, eventualmente, dare atto in sede di relazione d'accompagnamento delle sue convinzioni circa il controllo
preventivo.
Non pare all'opposto ammissibile, invece, il rifiuto aprioristico della Sezioni riunite della Corte dei conti di esaminare le spese ordinate sulla base dei regolamenti: seguendo in cio' l'impostazione della sezione di controllo per il Trentino Alto Adige/ Südtirol, la
quale «ha verificato il rendiconto [...] ad esclusione dei capitoli di spesa [...] relativi all'esecuzione dei decreti del presidente della regione non inviati al controllo preventivo di legittimita'»
(cosi' la decisione 36/CONTR/2011, in diritto).
Ne' il mancato esercizio della propria giurisdizione sul punto puo' trovare giustificazione nella circostanza, indicata nella relazione (pag. 47), secondo cui «la Corte non possiede, allo stato degli atti, elementi istruttori idonei per poter procedere alla
dichiarazione di regolarita' degli indicati capitoli».
Da una parte, infatti, non si intende a quali «elementi istruttori» la Corte possa essersi riferita, non potendosi certo definire tale la pretesa di assoggettare i regolamenti al controllo preventivo.
Dall'altra, se pure si trattasse realmente di elementi istruttori, il giudice contabile ben avrebbe potuto e dovuto - ove avesse riscontrato eventuali carenze - fare applicazione degli ampi poteri istruttori che la legge gli attribuisce.
Al riguardo, l'art. 14 r.d. n. 1038/1933 stabilisce infatti che «la corte puo' richiedere all'amministrazione e ordinare alle parti di produrre gli atti e i documenti che crede necessari alla decisione della controversia e puo' ordinare al procuratore generale di disporre accertamenti diretti anche in contraddittorio delle parti».
Non vi sono dunque ragioni plausibili che giustifichino l'avvenuto (parziale) mancato esercizio della propria giurisdizione da parte del giudice contabile.
Risulta dunque che la Corte avrebbe dovuto in ogni caso procedere alla «parificazione» delle poste di bilancio e che il non averlo fatto concretizza un'omissione nell'esercizio del proprio compito, lesiva per la Regione.
3) Omissione del contraddittorio nel giudizio di parificazione.
L'art. 40 r.d. n. 1214/1934 (applicabile alla presente vicenda, giusta il richiamo operato dal citato art. 10, d.P.R. n. 305/1988) rimette la verifica del rendiconto alla delibera della Corte dei conti, chiamata a pronunciarsi - a Sezioni riunite - «con le formalita' della sua giurisdizione contenziosa».
La circostanza e' pacificamente rilevata da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 181/1999 cit., punto 9 in diritto), la quale osserva altresi' come cio' comporti la necessita' che il giudizio di parificazione si svolga «in contraddittorio con i
rappresentanti dell'amministrazione» (sentenza n. 244/1995, punto 2 in diritto; sentenza n. 121/1966, punto 1 in diritto).
E' proprio su tale base, del resto, che codesta Corte ammette (sin dalla sentenza n. 165/1963) l'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata, appunto, in occasione del
giudizio di parificazione ai sensi degli artt. 38 ss. del r.d. n. 1214/1934.
Nel caso di specie, tuttavia, non vi e' traccia del rispetto delle regole della «giurisdizione contenziosa» del giudice contabile.
In particolare, il giudizio di parificazione si e' svolto in assenza di contraddittorio con l'amministrazione regionale interessata.
Risulta infatti dall'atto qui impugnato che e' stata «vista» una «memoria depositata il 27 giugno 2011» del Procuratore generale aggiunto presso la Corte dei conti, e che sono stati «uditi il relatore dott. Dario Provvidera ed il Vice procuratore generale dott. Roberto Benedetti».
Non risulta che sia stato dato termine alla Regione per replicare alla memoria, ne' che sia stato udito alcun rappresentante della Regione.
Alla ricorrente Regione non sembra dubbio che il rinvio alle forme della giurisdizione non possa non comprendere anche il diritto costituzionale di contraddire, garantito dall'art. 24 Cost. nonche', in relazione alle specifiche autonomie regionali, dal principio di leale collaborazione.
Qualora invece si ritenesse che il citato riferimento non comprende il diritto della Regione di partecipare al giudizio, la stessa disposizione risulterebbe costituzionalmente illegittima: nel dubbio, tuttavia, non potrebbe non applicarsi il principio
dell'interpretazione costituzionalmente conforme.
Cio' determina, dunque, un ulteriore grave illegittimita' e lesione delle prerogative costituzionali della regione autonoma Trentino-Alto Adige, poiche' e' evidente che non spetta alla Corte
dei conti rifiutare (sia pur parzialmente) la parificazione del rendiconto generale della Regione in assenza di un pieno contraddittorio con quest'ultima.
Risulta confermato, dunque, che la decisione qui impugnata lede le competenze costituzionali della ricorrente Regione Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol, sotto tutti i profili
lamentati nel presente conflitto.
P.Q.M.
Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, sezioni riunite, adottare la decisione n. 36/CONTR/2011 del 30 giugno 2011, che ha dichiarato regolare il rendiconto generale della Regione
Trentino-Alto Adige per l'esercizio finanziario 2010, ad esclusione dei capitoli di spesa relativi all'esecuzione dei regolamenti emanati con decreti del Presidente della Regione nel periodo 2006/2009 e non inviati al controllo preventivo di legittimita', cosi' manifestando la pretesa dello Stato di sottoporre a controllo preventivo di
legittimita' i regolamenti regionali, ed omettendo - ed in assenza di contraddittorio con la Regione - di svolgere la verifica di propria competenza, nonche' conseguentemente annullare la predetta decisione, nella parte in cui esclude i capitoli di spesa relativi all'esecuzione dei regolamenti emanati con decreti del Presidente della Regione nel periodo 2006/2009 e non inviati al controllo preventivo di legittimita', per le ragioni ed i profili esposti nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 25 agosto 2011
Avv. Prof. Falcon - avv. Manzi