Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il  9  marzo 2012 (della Regione autonoma della Sardegna).

 

 

(GU n. 12 del 21.03.2012 ) 

 

 

 

     Ricorso  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  (cod.  fisc...) in persona del suo  Presidente  Dott.  Ugo  Cappellacci, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto  e in forza di delibera della Giunta regionale  della  Regione  Autonoma della Sardegna n. 9/2 del 23  febbraio  2012,  dagli  Avv.ti  Tiziana Ledda (cod.fisc...; PEC:..;  fax..)  e  Prof.  Massimo

Luciani (cod. fisc...;   fax:...;PEC..), elettivamente   domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via Bocca di Leone, n. 78;

    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del Presidente del Consiglio pro tempore, a seguito e per  l'annullamento del decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze  30  dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito della   soppressione    dell'addizionale    provinciale    all'accisa sull'energia  elettrica.  (11A16870)»,  pubblicato   nella   Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011.

 

                                Fatto

 

    1. - Il presente conflitto trae origine dal decreto del  Ministro dell'economia e delle finanze  30  dicembre  2011,  recante  «Aumento dell'accisa  sull'energia  elettrica  a  seguito  della  soppressione dell'addizionale  provinciale  all'accisa   sull'energia   elettrica (11A16870)», pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  304  del  31 dicembre 2011. Per comodita' d'esposizione e'  opportuno  trascrivere integralmente l'atto impugnato:

        «Il Ministro dell'Economia e delle Finanze

    Visto il testo unico delle disposizioni  legislative  concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni  penali e amministrative, approvato con il  decreto  legislativo  26  ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni ed in particolare:

        l'articolo 52, con il quale e' prevista la sottoposizione  ad accisa dell'energia elettrica;

        l'Allegato 1 nel quale e' stabilita l'aliquota di  accisa  da applicare all'energia elettrica  per  ogni  chilowattora  di  energia impiegata, per qualsiasi  uso,  in  locali  e  luoghi  diversi  dalle abitazioni;

    Visto l'articolo 6, comma 1, lettera  c),  del  decreto-legge  28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge  27 gennaio 1989, n. 20,  con  il  quale  e'  istituita  una  addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui agli articoli 52 e  seguenti del testo unico  n.  504  del  1995  in  favore  delle  Province  per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di  200.000  chilowattora di consumo al mese;

    Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, con la quale si  attribuisce delega al Governo in materia di federalismo  fiscale,  in  attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;

    Visto l'articolo 18, comma 5, del decreto  legislativo  6  maggio 2011, n. 68, con il quale si stabilisce che,  a  decorrere  dall'anno 2012, l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica  di cui all'articolo 52 del testo unico n. 504 del 1995 e' soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato;

    Visto il predetto articolo 18, comma 5, del  decreto  legislativo n. 68  del  2011,  che  stabilisce  che,  con  decreto  del  Ministro dell'economia e delle finanze, e' rideterminato l'importo dell'accisa sull'energia  elettrica  in  modo  da  assicurare  l'equivalenza  del gettito;

    Considerato   che   le   risorse   derivanti    dall'applicazione dell'addizionale   all'accisa   sull'energia   elettrica,   di    cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), del  predetto  decreto-legge  n. 511 del 1988, consumata  nelle  sole  Regioni  a  Statuto  ordinario, comprensive della parte versata all'erario relativamente alle  utenze con potenza disponibile superiore a 200 kW, ammontano a 1.318 milioni di euro;

    Ritenuto che si rende necessario ed urgente emanare  il  predetto decreto  del  Ministro  dell'economia  e   delle   finanze   previsto dall'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n.  68  del  2011, tenuto conto che a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica di cui  all'articolo  6,  comma  1, lettera c), del richiamato decreto-legge  n.  511  del  1988,  verra' soppressa nelle Regioni a Statuto ordinario e  che  nel  contempo  e' necessario assicurare l'equivalenza del gettito;

    Ritenuto necessario rinviare alla procedura di  cui  all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione  delle  modalita' per la  neutralizzazione,  nei  confronti  delle  Regioni  a  Statuto speciale e delle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto;

    Decreta:

    Art. 1 - Modificazioni aliquota di accisa sull'energia elettrica

    1.  L'aliquota  dell'accisa   sull'energia   elettrica   di   cui all'Allegato  I  al  testo  unico  delle   disposizioni   legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi  approvato  con il  decreto  legislativo  26  ottobre  1995,  n.  504,  e  successive modificazioni, impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, e' determinata in euro 0,0121 per ogni chilowattora di energia impiegata.

    Art. 2 - Efficacia

    Il presente decreto ha  effetto  dal    gennaio  2012  e  sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana».

    2.  -  Per  completezza  d'esposizione  si  deve  osservare  che, contestualmente al decreto ministeriale menzionato  in  epigrafe,  il Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato il d.m. 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito della   cessazione   dell'applicazione   dell'addizionale   comunale all'accesa sull'energia elettrica nelle regioni a statuto  ordinario (11A16869)», anch'esso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011.

    Questo  secondo  decreto  ministeriale,  in  pretesa   attuazione dell'articolo 2, comma 6, del d.lgs. n.  23  del  2011,  ha  previsto l'aumento, sull'intero territorio nazionale, dell'accisa erariale sul consumo di energia elettrica, al fine di compensare  la  soppressione dell'addizionale comunale sull'accisa  sull'energia  elettrica  nelle (sole) Regioni a Statuto ordinario.

    La Giunta regionale della Regione Autonoma  della  Sardegna,  con delibera n. 9/1 del 23 febbraio 2012,  ha  deliberato  di  promuovere ricorso per conflitto di attribuzione per richiedere a codesta ecc.ma Corte costituzionale l'annullamento anche di  tale  secondo  decreto, per motivi largamente analoghi a quelli che di seguito si esporranno.

    Il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito della   soppressione    dell'addizionale    provinciale    all'accisa sull'energia  elettrica.  (11A16870)»,  pubblicato   nella   Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre  2011  e'  gravemente  lesivo  delle attribuzioni costituzionali della Regione

    Autonoma della Sardegna e deve essere annullato  per  i  seguenti motivi di

 

                               Diritto

 

Premessa.

    Al fine di agevolare lo svolgimento dei motivi di  ricorso  senza dover tediare codesto ecc.mo Collegio con inutili ripetizioni,  valga di qui in avanti la precisazione che gli articoli della  Costituzione che riconoscono attribuzioni costituzionali  alle  Regioni  ordinarie sono richiamati ai sensi dell'art. 10 della l. cost. n. 3  del  2001, che estende alle  Regioni  a  Statuto  speciale  le  disposizioni  di maggior favore previste per le Regioni  ordinarie  nelle  more  della revisione dei loro statuti.

    1. - Violazione della legge n. 42 del 2009  (in  particolar  modo dell'art. 1, comma 2), in  riferimento  all'art.  18,  comma  5,  del d.lgs. n. 68 del 2011, e, per l'effetto, violazione degli artt. 3,  7 e 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (l. cost. n. 3 del 1948) e 117 e 119 Cost.

    Il decreto ministeriale impugnato viola la legge n. 42  del  2009 (in particolar modo l'art. 1, comma 2), in riferimento  all'art.  18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, e, per l'effetto, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119  Cost.,  in quanto detta disposizioni sulle accise applicabili  nelle  Regioni  a Statuto  speciale  (e  dunque  anche  nei  confronti  della   Regione Sardegna) in pretesa attuazione di  disposizioni  di  legge  che  non trovano applicazione - appunto - nelle Regioni a Statuto speciale. In questo modo il decreto impugnato comprime senza un valido  fondamento normativo le attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna ed in particolare interferisce  con  la  competenza  legislativa  esclusiva nella materia «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale»,  di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto di autonomia  e  con la competenza legislativa concorrente  nella  materia  «coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario»,  di  cui  all'art. 117, comma 3, Cost.

    2.1.  -   Per   comprendere   la   lesione   delle   attribuzioni costituzionali  della  ricorrente,  e'   opportuno   riepilogare   la singolare vicenda normativa in cui si colloca  l'atto  impugnato.  Il d.m. 30 dicembre 2011, come si e' gia' visto, e'  stato  adottato  in pretesa attuazione della clausola contenuta nell'art.  18,  comma  5, secondo periodo, del d.lgs. n. 68 del 2011, recante «Disposizioni  in materia di autonomia di entrata delle regioni a Statuto  ordinario  e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei  fabbisogni standard nel settore sanitario». Nel comma ora menzionato si  dispone che «a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale provinciale  all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e' soppressa e  il  relativo  gettito  spetta allo Stato. A tal fine, con  decreto  del  Ministro  dell'economia  e delle finanze e'  rideterminato  l'importo  dell'accisa  sull'energia elettrica in modo da assicurare l'equivalenza del gettito».

    2.2. - Si deve ancora premettere che il d.lgs.  n.  68  del  2011 specifica nel proprio titolo di riguardare le sole Regioni a  Statuto ordinario e infatti e' stato emanato  (lo  si  legge  nel  preambolo) «Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante "Delega al  Governo  in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione"». Le deleghe conferite dalla  legge  n.  42  del  2009, pero',  concernevano,   nella   larga   maggioranza   delle   proprie previsioni, il regime tributario e di  finanza  pubblica  delle  sole Regioni a Statuto ordinario. Tanto si desume dall'art.  1,  comma  2, della legge n. 42 del 2009, che dispone che «alle regioni  a  statuto speciale ed  alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  si applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le disposizioni di cui agli articoli  15,  22  e  27».  Le  disposizioni applicabili alle Regioni a Statuto speciale, indicate dalle norme ora riportate, pero', non hanno ad oggetto il regime fiscale dei prodotti energetici, in  quanto  recano  particolari  deleghe  legislative  in materia di «finanziamento  delle  citta'  metropolitane»  (art.  15), «perequazione infrastrutturale» (art.  22)  e  per  il  conseguimento degli «Obiettivi di perequazione e di solidarieta' per le  Regioni  a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e  di  Bolzano» (questa la rubrica del capo IX della legge n. 42 del  2009,  composto di un unico articolo, per l'appunto il 27). In alcuna parte dei citt. artt. 15, 22 e 27 della legge n. 42 del 2009, invece, si fa  menzione delle entrate tributarie delle  province  o,  in  particolare,  delle accise   sui   prodotti   legati   al    mercato    dell'energia    e dell'elettricita'.

    L'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, dunque, si applica solamente alle province che  fanno  parte  delle  Regioni  a  Statuto ordinario. Che sia cosi' e'  vieppiu'  confermato  dall'art.  16  del d.lgs. n. 68 del 2011, che apre il Capo II dell'atto normativo,  capo di cui fa parte anche l'art. 18. Nel cit. art. 16 si dispone che  «1. In attesa della loro soppressione o  razionalizzazione  [ossia  della soppressione  o  razionalizzazione   delle   province   stesse],   le disposizioni di  cui  al  presente  capo  assicurano  l'autonomia  di entrata delle province ubicate nelle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali e regionali. 2.  Le medesime disposizioni  individuano  le  fonti  di  finanziamento  del complesso delle spese delle province ubicate nelle regioni a  statuto ordinario».

    2.3. - L'atto censurato, dunque,  si  inserisce  nella  complessa vicenda dell'attuazione  del  federalismo  fiscale  per  le  province facenti parte delle (sole) Regioni a Statuto ordinario. E' per questi enti che il legislatore delegato  ha  previsto,  nel  contesto  della riforma complessiva della finanza pubblica e della fiscalita' locale, l'esclusione dell'addizionale  sull'accisa  elettrica  dalle  entrate provinciali  e  il  riequilibrio  del  gettito  attraverso  l'aumento dell'accisa erariale. Anzi, occorre precisare che  il  cit.  art  18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 specifica espressamente  che  allo Stato spetta solamente il «gettito» fiscale  che  gia'  maturava  con l'addizionale   provinciale   sull'energia   elettrica   e   che   la rideterminazione    dell'importo    dell'accisa    deve     garantire «l'equivalenza  del  gettito».  Cio'   significa   che   la   manovra sull'imposizione fiscale deve assicurare la neutralita' finanziaria e deve necessariamente risolversi in un'operazione a «somma  zero»  per il contribuente.

    2.4.  -  Il  descritto  sconfinamento   del   decreto   impugnato dall'ambito materiale/territoriale definito dalla  legge  n.  42  del 2009 e dal d.lgs. n. 68 del 2011 e' stato paradossalmente appurato  - seppure indirettamente - dalla stessa Amministrazione statale.

    Il Ministero dell'economia, Dipartimento delle Finanze, Direzione Federalismo Fiscale, in data 3 gennaio 2012 ha diramato la  Circolare n.  1/DF,  prot.   n.   112/2012,   avente   ad   oggetto   «Modifica nell'applicazione delle addizionali comunale e provinciale all'accisa sull'energia elettrica prevista dal d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e dal

d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 [...]».

    Il Ministero dell'economia e delle finanze (si  noti:  la  stessa Amministrazione da cui proviene il decreto impugnato) nel  rispondere ad  «alcune  richieste  di  chiarimento  pervenute   in   riferimento all'applicazione delle addizionali comunali e provinciali sull'accisa sull'energia elettrica di cui all'art. 6 del d.l. n. 511 del  1988  e alle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 23 del 2011, ha  ritenuto doveroso "innanzitutto, soffermarsi sul  fatto  che  le  disposizioni concernenti  il  federalismo  municipale   e   provinciale   relative all'addizionale    all'accisa    sull'energia    elettrica    trovano applicazione unicamente nei comuni e nelle province delle  regioni  a Statuto ordinario".

    In particolare, per  quanto  concerne  l'addizionale  provinciale all'accisa sull'energia elettrica, il  Ministero  chiarisce  che  "il d.lgs. n. 68 del 2011, stabilisce, all'art. 18, commi 5 e  6,  che  a partire dall'anno 2012 l'addizionale provinciale e'  soppressa  e  il relativo gettito spetta allo Stato.  Alla  provincia  competente  per territorio e', poi, devoluto un gettito non inferiore a quello  della soppressa addizionale provinciale attribuita nell'anno di entrata  in vigore  del  d.lgs.  n.  68  del  2011.  Occorre   sottolineare   che l'esclusione della operativita' di detta disposizione nelle  province ubicate nei  territori  delle  autonomie  speciali  discende  da  una lettura sistematica delle disposizioni recate dal citato d.lgs. n. 68 del 2011. L'art. 16 di tale decreto, infatti,  delimita  l'ambito  di applicazione del Capo II  relativo  all'autonomia  di  entrata  delle province solo a quelle ubicate nelle  regioni  a  Statuto  ordinario.

Cio' al fine di dare attuazione alle norme  della  legge  delega  sul federalismo fiscale del 5 maggio 2009, n. 42, che all'art.  1,  comma 2, dispone che "alle regioni a  statuto  speciale  ed  alle  province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita' con  gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e

27", principio confermato  anche  dalla  Corte  Costituzionale  nella sentenza 10 giugno 2010, n. 201» (p. 2 sg.).

    Come si vede, lo stesso Ministero aveva ben  chiaro  quale  fosse l'ambito  di  applicazione   territoriale   della   manovra   fiscale sull'accisa applicata sull'energia elettrica e come essa non  potesse certamente riguardare le Regioni a Statuto speciale.

    Se l'eliminazione dell'accisa provinciale e' stata  correttamente limitata alle sole Regioni  a  Statuto  ordinario,  pero',  l'aumento dell' accisa erariale non e' stato analogamente limitato, ma - anzi - e' stato  espressamente  esteso  alle  Regioni  a  Statuto  speciale,

nonostante che detto  aumento  avesse  il  proprio  fondamento  nelle stesse disposizioni di legge e avesse come finalita' il  mantenimento di un livello di gettito fiscale identico al passato, senza  aggravio per i contribuenti.

    Che  sia  cosi'  e'  dimostrato  in  primo  luogo   dall'espressa formulazione del  decreto  ministeriale  impugnato:  in  esso  si  fa espressa menzione delle Regioni a  Statuto  speciale  laddove  si  fa rinvio «alla procedura di cui all'articolo 27 della  legge  5  maggio 2009, n. 42, la definizione delle modalita' per la  neutralizzazione, nei confronti delle Regioni  a  Statuto  speciale  e  delle  province autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente  decreto».  Questa  specificazione  indica   che   l'aumento dell'accisa erariale e' disposta anche per le Province delle  Regioni

a  Statuto  speciale,  tanto  che   lo   Stato   ritiene   necessaria l'attivazione della procedura di cui all'art. 27 della  legge  n.  42 del  2009  al  fine  di  disciplinare  gli  effetti  finanziari   del provvedimento sulle medesime Regioni autonome.

    Che l'aumento dell'accisa  erariale  sia  disposto  anche  per  i contribuenti residenti nelle Regioni a  Statuto  speciale  si  desume anche dalla gia' citata Circolare n. 1/DF, in cui  il  Ministero  (in manifesta contraddizione  con  quanto  affermato  in  precedenza)  ha

confermato che il d.m. 30 dicembre  2012  deve  attuare  «un  aumento uniforme dell'aliquota di accisa sull'energia elettrica»  e  che  «in tal senso  quest'ultimo  decreto  ministeriale  stabilisce  una  sola aliquota di accisa sull'energia elettrica impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni pari a  euro  0,0121  per

ogni kWh di energia utilizzata» (p. 4).

    2.5. - In conclusione sul punto, dunque, si  puo'  ben  affermare che il decreto impugnato, poiche' ha prodotto i propri effetti  anche sul  sistema  fiscale  delle  Regioni  a  Statuto  speciale   (e   in particolare  sulla   finanza   delle   province,   che   percepiscono l'addizionale sull'accisa) in violazione della legge n. 42  del  2009 (in particolare, in violazione dell'art. 1, comma 2), in  riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost., in quanto detta disposizioni sulle accise applicabili nelle Regioni  a  Statuto speciale (e  dunque  anche  nei  confronti  della  Regione  Sardegna) nonostante la clausola di salvaguardia recata dalla medesima legge n. 42  del  2009  e,  pertanto,  comprime  senza  un  valido  fondamento normativo la competenza legislativa esclusiva della ricorrente  nella materia «ordinamento degli enti locali» di cui all'art. 3,  comma  1, lett. b), dello Statuto di autonomia, e la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui all'art. 117, comma 3, Cost.

    Dato che, come si e'  visto,  l'atto  impugnato  incide,  seppure indirettamente,  sulle  entrate   tributarie   degli   enti   locali, egualmente lesa e' la competenza legislativa esclusiva della  Regione Sardegna nella materia «finanza locale». Essa e' di sicura  spettanza

regionale, in ragione dell'artt. 3, comma 1, lett. b) («la Regione ha potesta' legislativa nelle seguenti  materie:  [...]  b)  ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni)» e 7 («La  Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta'  nazionale  [...]»)  dello  Statuto speciale. Anche codesta ecc.ma  Corte  costituzionale,  peraltro,  ha ribadito che la competenza  della  Regione  Sardegna  in  materia  di finanza locale e' esclusiva e come tale deve essere tutelata. Come si legge nella sent. n. 275 del 2007, infatti, la «materia della finanza locale, [...] per la  Regione  sarda,  e'  devoluta  alla  competenza legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera  b) del relativo statuto speciale» (ma v. anche la sent. n. 102 del  2008 circa la specifica autonomia che lo Statuto attribuisce alla  Regione Sardegna nella materia dell'imposizione fiscale e, seppure in maniera meno esplicita, la sent. n. 229 del 2011).

    3. - In via gradata, violazione del principio  di  ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., violazione  degli  artt.  3,  7  e  8  dello Statuto speciale per la Sardegna (L. cost. n. 3 del 1948), violazione degli artt. 117 e 119 Cost. e del principio di  leale  collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost. In via gradata, nell'ipotesi  che  si ritenesse insussistente il vizio rilevato  al  punto  precedente,  il decreto censurato violerebbe il principio di  ragionevolezza  di  cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto, violerebbe ancora gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost., nonche'  il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5  e  117  Cost., nella misura in cui attua da subito un regime meno favorevole  per  i contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto  speciale,  producendo effetti notevoli (seppure indiretti) sulla finanza pubblica regionale e locale, rinviando l'attuazione  di  misure  compensative  a  futuri

adempimenti,  che  risultano  incerti  nell'an,  nel  quantum  e  nel quomodo.

    In  questo  modo,  dunque,   risulta   pregiudicata   l'autonomia finanziaria  della  Regione  Sardegna,  tutelata  dalle  disposizioni statutarie  e  costituzionali  sopra  richiamate,  nonche'   la   sua competenza legislativa esclusiva  nelle  materie  «ordinamento  degli enti locali» e «finanza locale» (spettante  alla  ricorrente  per  le ragioni gia'  viste  al  paragrafo  precedente),  come  pure  la  sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e  del  sistema  tributario»  (art.  117,  comma  3, Cost.).

    E' infine disatteso il principio di leale collaborazione  di  cui agli artt. 5 e 117 Cost., in primo  luogo  perche'  lo  Stato  si  e' limitato, con l'atto  impugnato,  a  individuare  la  nuova  aliquota dell'accisa  sull'energia  elettrica,   salvaguardando   il   proprio interesse a massimizzare il gettito fiscale, senza  tenere  in  alcun conto le esigenze di coordinamento con la finanza pubblica e  con  il sistema tributario delle Regioni a Statuto speciale. In secondo luogo perche' lo Stato ha applicato da subito un  regime  piu'  sfavorevole per  la  Regione  Sardegna,  rinviando  ad  un   momento   futuro   e

indeterminato l'adozione di misure compensative.

    4. - Violazione, per un ulteriore profilo, della legge n. 42  del 2009 (in  particolare,  dell'art.  1,  comma  2)  e,  per  l'effetto, violazione degli artt. 3,  7  e  8  dello  Statuto  speciale  per  la Sardegna (1. cost. n. 3 del 1948) 116, 117 (anche in riferimento alla direttiva 2003/96/CE) e 119 Cost.

    I profili di  lesione  delle  attribuzioni  costituzionali  della Regione Sardegna si moltiplicano se solo si considera che il  decreto ministeriale impugnato determina l'effetto di una doppia  imposizione fiscale. I contribuenti residenti nelle Regioni  a  Statuto  speciale sono infatti sottoposti  sia  all'aumento  dell'accisa  erariale  che all'addizionale provinciale gia' vigente.

    Che tale sia l'effetto  del  decreto  ministeriale  impugnato  si evince inequivocabilmente dalle disposizioni di legge che segnano  la particolare vicenda normativa che si e' gia' descritta: da una parte, infatti, l'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, nel  rispetto nei limiti territoriali fissati  dalla  legge  n.  42  del  2009,  ha eliminato l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica per le sole province delle Regioni a Statuto ordinario; dall'altra,  il  d.m.  30 dicembre 2012 ha esteso a tutto  il  territorio  nazionale  l'aumento dell'accisa erariale  (pretesamente  corrispondente  all'eliminazione dell'addizionale provinciale).

    Qualunque dubbio in  merito,  comunque,  e'  stato  fugato  dalla menzionata Circolare n. 1/DF  del  Ministero  dell'economia  e  delle finanze, ove si e'  chiarito  che  «le  disposizioni  concernenti  il federalismo  municipale  e   provinciale   relative   all'addizionale all'accisa sull'energia elettrica» recate dal d.lgs. n. 23 del 2011 e dal d.lgs. n. 68 del 2011 «trovano applicazione  unicamente  [...]  e nelle province delle regioni a Statuto ordinario» (p. 2),  mentre  il decreto ministeriale impugnato da' attuazione ad «un aumento uniforme dell'aliquota di accisa sull'energia elettrica», stabilendo «una sola aliquota di accisa sull'energia elettrica impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni pari a  curo  0,0121  per ogni kWh di energia utilizzata» (p. 4).

    Non basta. L'Enel, principale fornitore di energia elettrica  nel territorio  nazionale,  ha  pubblicato  sul  proprio sito internet (http://www.enel.it/itIT/doc/clienti/enel_servizio_elettrico/Imposte.

pdf) un chiaro  prospetto  informativo  sulle  imposte  gravanti  sul consumo di energia elettrica per l'anno  2012.  Questo  prospetto  e' composto di due tabelle. La prima relativa  alle  Regioni  a  Statuto ordinario, non indica alcuna aliquota per l'addizionale provinciale e individua, alla voce «totale imposte», il  moltiplicatore  «0,01210», determinato proprio, come  si  e'  visto,  dal  decreto  ministeriale impugnato. La seconda  tabella,  valida  per  le  Regioni  a  Statuto speciale, indica sia l'aliquota  dell'addizionale  provinciale  (pari allo 0,00930, salva l'esenzione per  i  contribuenti  che  effettuano «oltre 200.000 kWh di consumo/mese»),  sia  l'accisa  erariale  nella aliquota rideterminata dal decreto ministeriale impugnato  (0,02140).

Il ricarico d'imposta totale  per  i  contribuenti  delle  Regioni  a Statuto speciale risulta, ovviamente, ben maggiore rispetto a  quello vigente per  i  contribuenti  residenti  o  comunque  operanti  nelle Regioni a Statuto ordinario.

    Non basta ancora. Che il  decreto  ministeriale  impugnato  abbia determinato l'effetto di doppia imposizione a carico dei contribuenti residenti  od  operanti  nelle  Regioni   a   Statuto   speciale   e' testimoniato anche dagli atti che  alcune  Autonomie  speciali  hanno inteso adottare per far fronte a questa circostanza. Ci si riferisce, in particolare, alla delibera della Giunta provinciale di  Trento  20 gennaio 2012, n. 2, avente  ad  oggetto  «Sospensione  degli  acconti relativi all'anno  2012  delle  addizionali  provinciali  e  comunali all'accesa sull'energia elettrica».

    Nella parte motiva  di  tale  provvedimento  si  afferma  che  il decreto ministeriale impugnato (come  pure  il  decreto  ministeriale adottato in pari data e riferito,  invece,  all'addizionale  comunale sull'energia elettrica),  «se  da  un  lato  non  modificano  l'onere tributario complessivo gravante sulle imprese e sui  cittadini  delle

regioni a statuto ordinario, che a  fronte  dell'aumento  dell'accisa erariale non verseranno piu' le addizionali provinciali  e  comunali, determinano invece dall'altro lato una sperequazione per  i  soggetti passivi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, i quali sono tenuti a pagare sia l'accisa erariale  maggiorata  che  le

addizionali provinciali e comunali che continuano a trovare  regolare applicazione». Data questa premessa, la Giunta provinciale di  Trento ha ritenuto  «del  tutto  evidente  che  una  situazione  del  genere determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra cittadini ed imprese operanti nei  territori  ad  autonomia  speciale

rispetto al resto d'Italia, in ordine alla tassazione complessiva sul consumo di energia elettrica».

    Per evitare la doppia  imposizione  ai  cittadini  residenti  nel proprio territorio, la Giunta provinciale di Trento «ha presentato un disegno di legge con cui  [...]  si  prevede  a  decorrere  dall'anno d'imposta 2012 la riduzione  a  zero  dell'aliquota  dell'addizionale provinciale e comunale all'accisa sull'energia elettrica». Nelle more dell'approvazione della legge, pero', la Giunta Provinciale ha dovuto comunque agire in via d'urgenza per neutralizzare gli  effetti  della doppia imposizione. Per questo la delibera in  commento  ha  disposto «di sospendere, nelle more dell'iter di approvazione del medesimo  ad opera del  Consiglio  provinciale,  l'obbligo  del  versamento  degli acconti relativi all'anno 2012 delle citate addizionali provinciali e comunali da parte dei soggetti passivi del territorio».

    Va da se che un'opzione del genere non puo'  ritenersi  obbligata per le Regioni ad  autonomia  speciale  e  che  la  via  maestra  per rimediare  ai  gravi  effetti  prodotti  dal   decreto   ministeriale censurato e' il suo annullamento. Quanto sin qui  dedotto,  peraltro, dimostra ulteriormente che  lo  Stato,  in  termini  sostanziali,  ha

surrettiziamente introdotto, attraverso un decreto ministeriale,  una nuova forma di imposizione fiscale sul consumo di energia  elettrica, a carico esclusivo dei residenti nelle Regioni  a  Statuto  speciale, imposizione introdotta - oltretutto - senza  alcuna  intesa  e  senza

alcuna forma di collaborazione  da  parte  delle  Regioni  a  Statuto speciale.

    4.1. -  La  vicenda  da  ultimo  ricordata  descrive  in  maniera esemplare gli elementi  essenziali  della  questione  e  come  l'atto impugnato  abbia  violato  le   attribuzioni   costituzionali   della ricorrente.

    Lo  Stato,  infatti,  ha  espressamente   oltrepassato   l'ambito d'applicazione della disciplina (dettata in attuazione della legge n. 42 del 2009) dell'art. 18, comma  5,  del  d.lgs.  n.  68  del  2011, disponendo un aumento dell'accisa  erariale  anche  nelle  Regioni  a Statuto  speciale,  nonostante  che  il   decreto   legislativo   ora

menzionato avesse esplicitamente previsto una manovra «a somma  zero» sulla tassazione dell'energia elettrica, ossia limitata alle  Regioni ordinarie.  I  contribuenti  residenti  nelle  Regioni  ad  autonomia speciale, percio', si trovano sottoposti ad una  doppia  imposizione, derivante  dall'applicazione dell'addizionale   comunale   e   dal contestuale aumento dell'accisa erariale.

    4.2. - Tutto cio' premesso e  considerato,  appare  di  immediata evidenza che il decreto ministeriale impugnato viola il principio  di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 116, 117 e 119 Cost., nella misura in cui la  doppia  imposizione  a  fronte  del  medesimo presupposto d'imposta erode la capacita' fiscale dei cittadini  della Regione Sardegna, per cio' solo ledendo l'autonomia finanziaria della medesima Regione. Gli stessi parametri sono violati anche perche'  il decreto  ministeriale  impugnato  grava  la  capacita'  fiscale   dei

cittadini della Sardegna di un ulteriore onere a  favore  dell'erario statale, con cio' violando il principio di maggiore  autonomia  delle Regioni a  Statuto  speciale  (art.  116  Cost.)  e  introducendo  un meccanismo di prelievo contrario al principio di perequazione di  cui

all'art. 119 Cost.

    Non basta. Il decreto  ministeriale  impugnato  lede  l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dagli artt.  3,  7  e  8 dello Statuto speciale e 117  e  119  Cost.,  nella  misura  in  cui, introducendo surrettiziamente  un'imposta  che  grava  solamente  sui cittadini residenti o  comunque  operanti  nelle  Regioni  a  Statuto speciale (dunque per i residenti od operanti nella Regione  Sardegna) detta una disciplina di dettaglio  nella  materia  «finanza  locale», individuando base imponibile e aliquota dell'accisa,  cosi'  ledendo, per un  ulteriore  profilo,  l'autonomia  finanziaria  della  Regione Sardegna e la sua competenza nelle materie  «ordinamento  degli  enti locali», «finanza locale» e «coordinamento della finanza  pubblica  e ordinamento tributario».

    4.3. - Deve essere ancora osservato che il d.m. 30 dicembre 2012, producendo il descritto effetto di doppia imposizione  in  danno  dei contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale (dunque anche nella Regione Sardegna),  viola  l'art.  119  Cost.  per  almeno  due ulteriori profili.

    In primo luogo, per quanto concerne il profilo sostanziale  della questione, il maggior carico impositivo che  grava  sui  contribuenti che risiedono nella Regione Sardegna si pone in netta antitesi con il principio di perequazione e di solidarieta' fiscale di  cui  all'art. 119 Cost.

    In secondo luogo, per quanto concerne il  profilo  procedimentale della questione, la maggiore imposizione in  danno  dei  contribuenti residenti od operanti  nei  territori  delle  autonomie  speciali  e' intervenuta in violazione della riserva di legge di cui all'art. 119, comma  2,  che  assegna  -  appunto  -  esclusivamente   alla   legge l'intervento perequativo. Tanto senza che - per  soprammercato  -  si sia prevista  alcuna  forma  di  intesa  con  le  Regioni  a  Statuto speciale.

    4.4.  -  Infine,  il  decreto  ministeriale  impugnato  lede   le attribuzioni costituzionali riconosciute alla ricorrente dagli  artt. 7 e 8 dello Statuto e dall'art. 117 Cost. anche per  l'effetto  della violazione della direttiva 2003/96/CE.

    4.4.1.  -Con  la  menzionata  direttiva   l'Unione   Europea   ha ristrutturato il quadro comunitario per la  tassazione  dei  prodotti energetici e dell'elettricita', fissando  il  principio  di  uniforme imposizione fiscale sui prodotti energetici e sull'energia elettrica.

Pur senza fare distinzione alcuna sul  soggetto  pubblico  percettore d'imposta (o  di  una  frazione  dell'intera  imposta)  sui  prodotti energetici e  sull'energia  elettrica,  la  direttiva  2003/96/CE  ha disposto che gli  Stati  membri  regolassero  il  proprio  regime  di tassazione in maniera omogenea su tutto il proprio territorio. A  tal proposito, la Direttiva 2003/96/CE si fonda  sul  principio  per  cui «l'assenza di disposizioni comunitarie che assoggettino a  tassazione minima l'elettricita' e  i  prodotti  energetici  diversi  dagli  oli minerali  puo'  essere  pregiudizievole  al  buon  funzionamento  del mercato  interno»  (considerando  n.  2)  e,  pertanto,   muove   dal presupposto per cui «il buon funzionamento del mercato interno  e  il conseguimento  degli  obiettivi  di   altre   politiche   comunitarie richiedono che  siano  fissati  nella  Comunita'  livelli  minimi  di tassazione per la maggior parte  dei  prodotti  energetici,  compresi l'elettricita', il gas naturale e il carbone»  (considerando  n.  3).

Tali principi trovano  immediata  traduzione  normativa  nell'art.  4 della direttiva, in cui si  dispone  che  «I  livelli  di  tassazione applicati   dagli   Stati   membri   ai   prodotti    energetici    e all'elettricita' [...] non possono essere inferiori ai livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente  direttiva»  e  che  «Ai  fini della presente direttiva  si  intende  per  "livello  di  tassazione" l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le  imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate  direttamente  o  indirettamente sulla quantita' di prodotti energetici e  di  elettricita',  all'atto dell'immissione in consumo».

    Al  fine  di  comprendere  la  normativa  comunitaria   si   deve considerare che il regime di tassazione minimo puo' essere in  alcuni casi soggetto a deroghe, al fine di «consentire agli Stati membri  di applicare determinate ulteriori esenzioni o riduzioni del livello  di tassazione quando cio' non pregiudica il corretto  funzionamento  del mercato  interno  e  non  comporta  distorsioni  della   concorrenza» (Considerando n. 24). In particolare, la direttiva 2003/96/CE ritiene opportuno «ai fini della promozione  dell'uso  di  fonti  di  energia alternative»  permettere   che   le   energie   rinnovabili   possano «beneficiare di un trattamento privilegiato» rispetto ai combustibili fossili (Considerando n. 25)  e  «accordare  riduzioni  d'accisa  per promuovere i biocarburanti» (Considerando n. 26).

    A fronte di queste premesse, l'art. 5 della direttiva dispone che «Gli  Stati  membri  possono  applicare,  sotto  controllo   fiscale, aliquote d'imposta differenziate  a  condizione  che  dette  aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione  stabiliti  nella  presente direttiva  e  siano  compatibili  con  il  diritto  comunitario,  nei seguenti casi: - quando le aliquote differenziate  sono  direttamente connesse  con  la  qualita'  del  prodotto;  -  quando  le   aliquote differenziate dipendono  dai  livelli  quantitativi  del  consumo  di elettricita'  e   dei   prodotti   energetici   utilizzati   per   il riscaldamento; - per i seguenti usi:  trasporti  pubblici  locali  di passeggeri (compresi i taxi), raccolta di  rifiuti,  forze  armate  e pubblica amministrazione, disabili ambulanze; - tra uso commerciale e non commerciale, per i prodotti energetici e  l'elettricita'  di  cui agli articoli 9 e 10».

    Il successivo art. 6 determina  le  modalita'  con  cui  si  puo' derogare  all'uniforme   tassazione   dei   prodotti   energetici   e dell'elettricita': «Gli Stati membri possono concedere le esenzioni o le  riduzioni  del  livello  di  tassazione  di  cui  alla   presente direttiva: a) direttamente, o  b)  attraverso  un'aliquota  d'imposta differenziata, o c)  rimborsando  totalmente  o  in  parte  l'imposta

versata».

    Per  quanto  concerne  piu'  in  particolare  il  regime  fiscale dell'energia elettrica, l'art. 10 della direttiva 2003/96/CE  prevede che «A decorrere dal 1° gennaio 2004 i livelli minimi  di  tassazione da  applicare  all'elettricita'  sono  quelli  fissati  nell'allegato tabella C» (comma 1) e  che  «Al  di  sopra  dei  livelli  minimi  di tassazione di cui  al  paragrafo  1,  gli  Stati  membri  avranno  la facolta' di determinare la base  imponibile,  purche'  rispettino  la direttiva  92/12/CEE»  (comma  2).  La  determinazione  dei   livelli maggiori di tassazione  deve  essere  comunque  valida  per  l'intero territorio nazionale, salvo le specifiche deroghe per  le  specifiche finalita' previste dalla direttiva medesima.

    4.4.2. - Appare di tutta  evidenza,  dunque,  che  il  regime  di tassazione generato  dal  decreto  ministeriale  impugnato  viola  il principio  di  uniforme  tassazione  dell'energia   elettrica   senza integrare  le  particolari  eccezioni   assentite   dalla   Direttiva 2003/96/CE, sia per ragioni d'ordine  sostanziale,  sia  per  ragioni d'ordine procedurale.

    In primo luogo, la doppia imposizione a carico  dei  contribuenti residenti od operanti nelle  Regioni  a  Statuto  speciale  utilizza, senza addurre alcuna giustificazione o alcun fondamento di fatto o di diritto, un criterio  meramente  territoriale,  mentre,  come  si  e' visto, la  direttiva  prevede  che  le  deroghe  abbiano  ad  oggetto particolari prodotti o particolari usi dei prodotti energetici.

    In  secondo  luogo,  il  regime  diversificato  non  utilizza  il meccanismo delle esenzioni e delle riduzioni   particolari  d'imposta, bensi' prevede una incongrua e irragionevole maggiorazione  d'imposta per le sole Regioni a Statuto speciale. Tanto, oltretutto, proprio in violazione del principio comunitario di parita'  di  trattamento  dei vari competitori sul mercato (si consideri che l'accisa  della  quale qui si discute concerne le utenze non abitative).

    4.4.3. - In conclusione, il decreto ministeriale impugnato  viola la   citata   direttiva    comunitaria    2003/96/CE,    introducendo surrettiziamente una diversita' di imposizione fiscale  a  danno  dei soggetti residenti od  operanti  nelle  Regioni  a  Statuto  speciale

(dunque anche nella  Regione  Sardegna).  In  questo  modo  lo  Stato pregiudica l'autonomia finanziaria  della  Regione  Sardegna  di  cui all'art. 7 dello Statuto, in quanto il d.m. 30 dicembre 2012  produce effetti notevoli sulla finanza pubblica regionale e locale.

    Non v'e' alcun dubbio, come si e' gia' detto,  che  l'illegittima imposizione fiscale a danno dei contribuenti  residenti  od  operanti nel proprio territorio  si  ripercuote  inevitabilmente  anche  sulla libera gestione della  propria  fiscalita'  da  parte  della  Regione Sardegna, sia per  quanto  concerne  l'individuazione  delle  proprie entrate finanziarie, sia  per  quanto  concerne  l'allocazione  delle proprie risorse.

    In secondo luogo la violazione della direttiva n.  2003/96/CE  si risolve  nella  violazione  del  principio  di  perequazione   e   di solidarieta' fiscale di cui all'art. 119 Cost., nella misura  in  cui la doppia imposizione a fronte  del  medesimo  presupposto  d'imposta

erode la capacita' fiscale dei cittadini  della  Regione  Sardegna  e degli operatori economici della Regione. Il principio di perequazione e di solidarieta' fiscale e' violato anche perche', come gia'  si  e' detto, il decreto ministeriale impugnato impegna la capacita' fiscale dei soggetti operanti in Sardegna in  un  ulteriore  onere  a  favore dell'erario statale.

    Infine, la violazione  della  direttiva  n.  2003/96/CE  comporta anche la violazione degli artt. 3 e 7 dello Statuto e 117  Cost.,  in quanto lo Stato, senza un valido fondamento normativo  costituzionale o comunitario, ha pregiudicato la  competenza  legislativa  esclusiva della Regione Sardegna nelle materie «ordinamento degli enti  locali» «finanza  locale»  e  la  competenza  legislativa  concorrente  nella materia  «coordinamento  della  finanza  pubblica   e   del   sistema tributario».

Istanza di sospensione cautelare.

    Ai sensi dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953 e  dell'art.  26 delle  Norme  Integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte costituzionale, la Regione Autonoma della Sardegna formula istanza di sospensione cautelare del decreto ministeriale impugnato.

    Quanto al fumus, si rimanda ai  motivi  che  sorreggono  l'intera impugnazione.  In  particolare,  pero',  si  deve  osservare  che  la fondatezza del  ricorso  emerge  gia'  ad  un  esame  sommario  della controversia, in ragione del fatto che il decreto  impugnato  intende applicarsi alle Regioni a Statuto speciale nonostante che esso  trovi (pretesamente) il proprio fondamento in  disposizioni  di  legge  che espressamente ne limitano l'attuazione alle sole Regioni ordinarie.

    Quanto  al   periculum,   il   decreto   impugnato   in   ragione dell'impossibilita' concreta per i contribuenti di ottenere in futuro i rimborsi per le accise gia'  versate,  provochera'  danni  gravi  e irreparabili ai contribuenti  residenti  od  operanti  nella  Regione Sardegna  e,  per  tale  inevitabile  effetto,   un'intollerabile   e irreparabile lesione all'autonomia finanziaria della Regione Sardegna e alle competenze e alle funzioni pubbliche ad essa attribuite  dallo Statuto, dalla Costituzione, dalla legge.

    Nel caso di specie, a ben vedere, si viene a  creare  un  effetto analogo a quello dei  c.d.  «decreti-catenaccio»,  la  cui  eventuale perdita di effetti si' determina solo sul  piano  giuridico,  ma  non riesce a  determinarsi  sul  piano  fattuale.  Peraltro  deve  essere

sottolineato, a questo proposito, che l'art. 35, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012 prevede che «In relazione alle maggiori entrate rivenienti nei  territori  delle  autonomie  speciali  dagli  incrementi   delle aliquote dell'accisa sull'energia elettrica disposti dai decreti  del

Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011,  concernenti l'aumento  dell'accisa  sull'energia  elettrica   a   seguito   della cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale e  provinciale all'accisa sull'energia elettrica, il concorso alla finanza  pubblica

delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di  Trento e Bolzano previsto dall'articolo  28,  comma  3,  primo  periodo  del decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201,  convertito  con  legge  22 dicembre 2011, n. 214, e' incrementato di 235 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. La quota di  maggior  gettito  pari  a  6,4

milioni annui a decorrere dal 2012 derivante all'Erario  dai  decreti di cui al presente comma resta acquisita al bilancio dello Stato». La disposizione  ora  citata,  che  la  Regione  Sardegna  (per  ragioni analoghe a quelle che si sono fatte valere nel presente  ricorso)  si riserva di impugnare nelle forme rituali, dimostra inequivocabilmente

l'impossibilita',   di   rimediare   alla   lesione   delle   proprie attribuzioni e agli effetti che ne sono derivati.

 

 

                               P.Q.M.

 

    Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia:

        dichiarare che  non  spettava  allo  Stato,  e  per  esso  al Ministro dell'economia e delle finanze, in lesione delle attribuzioni costituzionali della  Regione  Sardegna  ed  in  particolare  per  la violazione della legge n. 42 del 2009 (in  particolare  dell'art.  1, comma 2), in riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n.  68  del 2011 e in combinato disposto con gli articoli 3, 4, 5, 7  e  8  dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna  (l.  cost.  n.  3  del 1948), e con  gli  artt.  3,  5,  117,  (anche  in  riferimento  alla direttiva 2003/96/CE) 118 e 119 Cost. e 10 della l. cost.  n.  3  del 2001, adottare il decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale  all'uccisa sull'energia  elettrica.  (11A16870)»,  pubblicato   nella   Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011;

        conseguentemente e per  l'effetto,  annullare  il  menzionato atto;

        in  considerazione  del  danno  grave  e   irreparabile   che deriverebbe dall'applicazione del medesimo decreto nelle  more  della pronuncia di merito, ordinarne la sospensione cautelare.

          Cagliari-Roma, addi' 28 febbraio 2012

 

                   Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani

 

 

 

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