Ricorso per conflitto di attribuzione n. 3 del 9 marzo 2012 (Regione autonoma della Sardegna)
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 9 marzo 2012 (della Regione autonoma della Sardegna).
(GU n. 12 del 21.03.2012 )
Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc...) in persona del suo Presidente Dott. Ugo Cappellacci, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto e in forza di delibera della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna n. 9/2 del 23 febbraio 2012, dagli Avv.ti Tiziana Ledda (cod.fisc...; PEC:..; fax..) e Prof. Massimo
Luciani (cod. fisc...; fax:...;PEC..), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via Bocca di Leone, n. 78;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, a seguito e per l'annullamento del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica. (11A16870)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011.
Fatto
1. - Il presente conflitto trae origine dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica (11A16870)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011. Per comodita' d'esposizione e' opportuno trascrivere integralmente l'atto impugnato:
«Il Ministro dell'Economia e delle Finanze
Visto il testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni ed in particolare:
l'articolo 52, con il quale e' prevista la sottoposizione ad accisa dell'energia elettrica;
l'Allegato 1 nel quale e' stabilita l'aliquota di accisa da applicare all'energia elettrica per ogni chilowattora di energia impiegata, per qualsiasi uso, in locali e luoghi diversi dalle abitazioni;
Visto l'articolo 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, con il quale e' istituita una addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui agli articoli 52 e seguenti del testo unico n. 504 del 1995 in favore delle Province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 chilowattora di consumo al mese;
Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, con la quale si attribuisce delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
Visto l'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, con il quale si stabilisce che, a decorrere dall'anno 2012, l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 52 del testo unico n. 504 del 1995 e' soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato;
Visto il predetto articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011, che stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e' rideterminato l'importo dell'accisa sull'energia elettrica in modo da assicurare l'equivalenza del gettito;
Considerato che le risorse derivanti dall'applicazione dell'addizionale all'accisa sull'energia elettrica, di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), del predetto decreto-legge n. 511 del 1988, consumata nelle sole Regioni a Statuto ordinario, comprensive della parte versata all'erario relativamente alle utenze con potenza disponibile superiore a 200 kW, ammontano a 1.318 milioni di euro;
Ritenuto che si rende necessario ed urgente emanare il predetto decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011, tenuto conto che a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), del richiamato decreto-legge n. 511 del 1988, verra' soppressa nelle Regioni a Statuto ordinario e che nel contempo e' necessario assicurare l'equivalenza del gettito;
Ritenuto necessario rinviare alla procedura di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione delle modalita' per la neutralizzazione, nei confronti delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto;
Decreta:
Art. 1 - Modificazioni aliquota di accisa sull'energia elettrica
1. L'aliquota dell'accisa sull'energia elettrica di cui all'Allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, e' determinata in euro 0,0121 per ogni chilowattora di energia impiegata.
Art. 2 - Efficacia
Il presente decreto ha effetto dal 1° gennaio 2012 e sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana».
2. - Per completezza d'esposizione si deve osservare che, contestualmente al decreto ministeriale menzionato in epigrafe, il Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato il d.m. 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale all'accesa sull'energia elettrica nelle regioni a statuto ordinario (11A16869)», anch'esso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011.
Questo secondo decreto ministeriale, in pretesa attuazione dell'articolo 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, ha previsto l'aumento, sull'intero territorio nazionale, dell'accisa erariale sul consumo di energia elettrica, al fine di compensare la soppressione dell'addizionale comunale sull'accisa sull'energia elettrica nelle (sole) Regioni a Statuto ordinario.
La Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna, con delibera n. 9/1 del 23 febbraio 2012, ha deliberato di promuovere ricorso per conflitto di attribuzione per richiedere a codesta ecc.ma Corte costituzionale l'annullamento anche di tale secondo decreto, per motivi largamente analoghi a quelli che di seguito si esporranno.
Il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica. (11A16870)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011 e' gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali della Regione
Autonoma della Sardegna e deve essere annullato per i seguenti motivi di
Diritto
Premessa.
Al fine di agevolare lo svolgimento dei motivi di ricorso senza dover tediare codesto ecc.mo Collegio con inutili ripetizioni, valga di qui in avanti la precisazione che gli articoli della Costituzione che riconoscono attribuzioni costituzionali alle Regioni ordinarie sono richiamati ai sensi dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che estende alle Regioni a Statuto speciale le disposizioni di maggior favore previste per le Regioni ordinarie nelle more della revisione dei loro statuti.
1. - Violazione della legge n. 42 del 2009 (in particolar modo dell'art. 1, comma 2), in riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, e, per l'effetto, violazione degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (l. cost. n. 3 del 1948) e 117 e 119 Cost.
Il decreto ministeriale impugnato viola la legge n. 42 del 2009 (in particolar modo l'art. 1, comma 2), in riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, e, per l'effetto, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost., in quanto detta disposizioni sulle accise applicabili nelle Regioni a Statuto speciale (e dunque anche nei confronti della Regione Sardegna) in pretesa attuazione di disposizioni di legge che non trovano applicazione - appunto - nelle Regioni a Statuto speciale. In questo modo il decreto impugnato comprime senza un valido fondamento normativo le attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna ed in particolare interferisce con la competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale», di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto di autonomia e con la competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui all'art. 117, comma 3, Cost.
2.1. - Per comprendere la lesione delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, e' opportuno riepilogare la singolare vicenda normativa in cui si colloca l'atto impugnato. Il d.m. 30 dicembre 2011, come si e' gia' visto, e' stato adottato in pretesa attuazione della clausola contenuta nell'art. 18, comma 5, secondo periodo, del d.lgs. n. 68 del 2011, recante «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a Statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario». Nel comma ora menzionato si dispone che «a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e' soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e' rideterminato l'importo dell'accisa sull'energia elettrica in modo da assicurare l'equivalenza del gettito».
2.2. - Si deve ancora premettere che il d.lgs. n. 68 del 2011 specifica nel proprio titolo di riguardare le sole Regioni a Statuto ordinario e infatti e' stato emanato (lo si legge nel preambolo) «Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione"». Le deleghe conferite dalla legge n. 42 del 2009, pero', concernevano, nella larga maggioranza delle proprie previsioni, il regime tributario e di finanza pubblica delle sole Regioni a Statuto ordinario. Tanto si desume dall'art. 1, comma 2, della legge n. 42 del 2009, che dispone che «alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita' con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27». Le disposizioni applicabili alle Regioni a Statuto speciale, indicate dalle norme ora riportate, pero', non hanno ad oggetto il regime fiscale dei prodotti energetici, in quanto recano particolari deleghe legislative in materia di «finanziamento delle citta' metropolitane» (art. 15), «perequazione infrastrutturale» (art. 22) e per il conseguimento degli «Obiettivi di perequazione e di solidarieta' per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano» (questa la rubrica del capo IX della legge n. 42 del 2009, composto di un unico articolo, per l'appunto il 27). In alcuna parte dei citt. artt. 15, 22 e 27 della legge n. 42 del 2009, invece, si fa menzione delle entrate tributarie delle province o, in particolare, delle accise sui prodotti legati al mercato dell'energia e dell'elettricita'.
L'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, dunque, si applica solamente alle province che fanno parte delle Regioni a Statuto ordinario. Che sia cosi' e' vieppiu' confermato dall'art. 16 del d.lgs. n. 68 del 2011, che apre il Capo II dell'atto normativo, capo di cui fa parte anche l'art. 18. Nel cit. art. 16 si dispone che «1. In attesa della loro soppressione o razionalizzazione [ossia della soppressione o razionalizzazione delle province stesse], le disposizioni di cui al presente capo assicurano l'autonomia di entrata delle province ubicate nelle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali e regionali. 2. Le medesime disposizioni individuano le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle province ubicate nelle regioni a statuto ordinario».
2.3. - L'atto censurato, dunque, si inserisce nella complessa vicenda dell'attuazione del federalismo fiscale per le province facenti parte delle (sole) Regioni a Statuto ordinario. E' per questi enti che il legislatore delegato ha previsto, nel contesto della riforma complessiva della finanza pubblica e della fiscalita' locale, l'esclusione dell'addizionale sull'accisa elettrica dalle entrate provinciali e il riequilibrio del gettito attraverso l'aumento dell'accisa erariale. Anzi, occorre precisare che il cit. art 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 specifica espressamente che allo Stato spetta solamente il «gettito» fiscale che gia' maturava con l'addizionale provinciale sull'energia elettrica e che la rideterminazione dell'importo dell'accisa deve garantire «l'equivalenza del gettito». Cio' significa che la manovra sull'imposizione fiscale deve assicurare la neutralita' finanziaria e deve necessariamente risolversi in un'operazione a «somma zero» per il contribuente.
2.4. - Il descritto sconfinamento del decreto impugnato dall'ambito materiale/territoriale definito dalla legge n. 42 del 2009 e dal d.lgs. n. 68 del 2011 e' stato paradossalmente appurato - seppure indirettamente - dalla stessa Amministrazione statale.
Il Ministero dell'economia, Dipartimento delle Finanze, Direzione Federalismo Fiscale, in data 3 gennaio 2012 ha diramato la Circolare n. 1/DF, prot. n. 112/2012, avente ad oggetto «Modifica nell'applicazione delle addizionali comunale e provinciale all'accisa sull'energia elettrica prevista dal d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e dal
d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 [...]».
Il Ministero dell'economia e delle finanze (si noti: la stessa Amministrazione da cui proviene il decreto impugnato) nel rispondere ad «alcune richieste di chiarimento pervenute in riferimento all'applicazione delle addizionali comunali e provinciali sull'accisa sull'energia elettrica di cui all'art. 6 del d.l. n. 511 del 1988 e alle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 23 del 2011, ha ritenuto doveroso "innanzitutto, soffermarsi sul fatto che le disposizioni concernenti il federalismo municipale e provinciale relative all'addizionale all'accisa sull'energia elettrica trovano applicazione unicamente nei comuni e nelle province delle regioni a Statuto ordinario".
In particolare, per quanto concerne l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, il Ministero chiarisce che "il d.lgs. n. 68 del 2011, stabilisce, all'art. 18, commi 5 e 6, che a partire dall'anno 2012 l'addizionale provinciale e' soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. Alla provincia competente per territorio e', poi, devoluto un gettito non inferiore a quello della soppressa addizionale provinciale attribuita nell'anno di entrata in vigore del d.lgs. n. 68 del 2011. Occorre sottolineare che l'esclusione della operativita' di detta disposizione nelle province ubicate nei territori delle autonomie speciali discende da una lettura sistematica delle disposizioni recate dal citato d.lgs. n. 68 del 2011. L'art. 16 di tale decreto, infatti, delimita l'ambito di applicazione del Capo II relativo all'autonomia di entrata delle province solo a quelle ubicate nelle regioni a Statuto ordinario.
Cio' al fine di dare attuazione alle norme della legge delega sul federalismo fiscale del 5 maggio 2009, n. 42, che all'art. 1, comma 2, dispone che "alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita' con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e
27", principio confermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza 10 giugno 2010, n. 201» (p. 2 sg.).
Come si vede, lo stesso Ministero aveva ben chiaro quale fosse l'ambito di applicazione territoriale della manovra fiscale sull'accisa applicata sull'energia elettrica e come essa non potesse certamente riguardare le Regioni a Statuto speciale.
Se l'eliminazione dell'accisa provinciale e' stata correttamente limitata alle sole Regioni a Statuto ordinario, pero', l'aumento dell' accisa erariale non e' stato analogamente limitato, ma - anzi - e' stato espressamente esteso alle Regioni a Statuto speciale,
nonostante che detto aumento avesse il proprio fondamento nelle stesse disposizioni di legge e avesse come finalita' il mantenimento di un livello di gettito fiscale identico al passato, senza aggravio per i contribuenti.
Che sia cosi' e' dimostrato in primo luogo dall'espressa formulazione del decreto ministeriale impugnato: in esso si fa espressa menzione delle Regioni a Statuto speciale laddove si fa rinvio «alla procedura di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione delle modalita' per la neutralizzazione, nei confronti delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto». Questa specificazione indica che l'aumento dell'accisa erariale e' disposta anche per le Province delle Regioni
a Statuto speciale, tanto che lo Stato ritiene necessaria l'attivazione della procedura di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 al fine di disciplinare gli effetti finanziari del provvedimento sulle medesime Regioni autonome.
Che l'aumento dell'accisa erariale sia disposto anche per i contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale si desume anche dalla gia' citata Circolare n. 1/DF, in cui il Ministero (in manifesta contraddizione con quanto affermato in precedenza) ha
confermato che il d.m. 30 dicembre 2012 deve attuare «un aumento uniforme dell'aliquota di accisa sull'energia elettrica» e che «in tal senso quest'ultimo decreto ministeriale stabilisce una sola aliquota di accisa sull'energia elettrica impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni pari a euro 0,0121 per
ogni kWh di energia utilizzata» (p. 4).
2.5. - In conclusione sul punto, dunque, si puo' ben affermare che il decreto impugnato, poiche' ha prodotto i propri effetti anche sul sistema fiscale delle Regioni a Statuto speciale (e in particolare sulla finanza delle province, che percepiscono l'addizionale sull'accisa) in violazione della legge n. 42 del 2009 (in particolare, in violazione dell'art. 1, comma 2), in riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost., in quanto detta disposizioni sulle accise applicabili nelle Regioni a Statuto speciale (e dunque anche nei confronti della Regione Sardegna) nonostante la clausola di salvaguardia recata dalla medesima legge n. 42 del 2009 e, pertanto, comprime senza un valido fondamento normativo la competenza legislativa esclusiva della ricorrente nella materia «ordinamento degli enti locali» di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto di autonomia, e la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui all'art. 117, comma 3, Cost.
Dato che, come si e' visto, l'atto impugnato incide, seppure indirettamente, sulle entrate tributarie degli enti locali, egualmente lesa e' la competenza legislativa esclusiva della Regione Sardegna nella materia «finanza locale». Essa e' di sicura spettanza
regionale, in ragione dell'artt. 3, comma 1, lett. b) («la Regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: [...] b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni)» e 7 («La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale [...]») dello Statuto speciale. Anche codesta ecc.ma Corte costituzionale, peraltro, ha ribadito che la competenza della Regione Sardegna in materia di finanza locale e' esclusiva e come tale deve essere tutelata. Come si legge nella sent. n. 275 del 2007, infatti, la «materia della finanza locale, [...] per la Regione sarda, e' devoluta alla competenza legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b) del relativo statuto speciale» (ma v. anche la sent. n. 102 del 2008 circa la specifica autonomia che lo Statuto attribuisce alla Regione Sardegna nella materia dell'imposizione fiscale e, seppure in maniera meno esplicita, la sent. n. 229 del 2011).
3. - In via gradata, violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., violazione degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (L. cost. n. 3 del 1948), violazione degli artt. 117 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost. In via gradata, nell'ipotesi che si ritenesse insussistente il vizio rilevato al punto precedente, il decreto censurato violerebbe il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto, violerebbe ancora gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost., nella misura in cui attua da subito un regime meno favorevole per i contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale, producendo effetti notevoli (seppure indiretti) sulla finanza pubblica regionale e locale, rinviando l'attuazione di misure compensative a futuri
adempimenti, che risultano incerti nell'an, nel quantum e nel quomodo.
In questo modo, dunque, risulta pregiudicata l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dalle disposizioni statutarie e costituzionali sopra richiamate, nonche' la sua competenza legislativa esclusiva nelle materie «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale» (spettante alla ricorrente per le ragioni gia' viste al paragrafo precedente), come pure la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (art. 117, comma 3, Cost.).
E' infine disatteso il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost., in primo luogo perche' lo Stato si e' limitato, con l'atto impugnato, a individuare la nuova aliquota dell'accisa sull'energia elettrica, salvaguardando il proprio interesse a massimizzare il gettito fiscale, senza tenere in alcun conto le esigenze di coordinamento con la finanza pubblica e con il sistema tributario delle Regioni a Statuto speciale. In secondo luogo perche' lo Stato ha applicato da subito un regime piu' sfavorevole per la Regione Sardegna, rinviando ad un momento futuro e
indeterminato l'adozione di misure compensative.
4. - Violazione, per un ulteriore profilo, della legge n. 42 del 2009 (in particolare, dell'art. 1, comma 2) e, per l'effetto, violazione degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (1. cost. n. 3 del 1948) 116, 117 (anche in riferimento alla direttiva 2003/96/CE) e 119 Cost.
I profili di lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna si moltiplicano se solo si considera che il decreto ministeriale impugnato determina l'effetto di una doppia imposizione fiscale. I contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale sono infatti sottoposti sia all'aumento dell'accisa erariale che all'addizionale provinciale gia' vigente.
Che tale sia l'effetto del decreto ministeriale impugnato si evince inequivocabilmente dalle disposizioni di legge che segnano la particolare vicenda normativa che si e' gia' descritta: da una parte, infatti, l'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, nel rispetto nei limiti territoriali fissati dalla legge n. 42 del 2009, ha eliminato l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica per le sole province delle Regioni a Statuto ordinario; dall'altra, il d.m. 30 dicembre 2012 ha esteso a tutto il territorio nazionale l'aumento dell'accisa erariale (pretesamente corrispondente all'eliminazione dell'addizionale provinciale).
Qualunque dubbio in merito, comunque, e' stato fugato dalla menzionata Circolare n. 1/DF del Ministero dell'economia e delle finanze, ove si e' chiarito che «le disposizioni concernenti il federalismo municipale e provinciale relative all'addizionale all'accisa sull'energia elettrica» recate dal d.lgs. n. 23 del 2011 e dal d.lgs. n. 68 del 2011 «trovano applicazione unicamente [...] e nelle province delle regioni a Statuto ordinario» (p. 2), mentre il decreto ministeriale impugnato da' attuazione ad «un aumento uniforme dell'aliquota di accisa sull'energia elettrica», stabilendo «una sola aliquota di accisa sull'energia elettrica impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni pari a curo 0,0121 per ogni kWh di energia utilizzata» (p. 4).
Non basta. L'Enel, principale fornitore di energia elettrica nel territorio nazionale, ha pubblicato sul proprio sito internet (http://www.enel.it/itIT/doc/clienti/enel_servizio_elettrico/Imposte.
pdf) un chiaro prospetto informativo sulle imposte gravanti sul consumo di energia elettrica per l'anno 2012. Questo prospetto e' composto di due tabelle. La prima relativa alle Regioni a Statuto ordinario, non indica alcuna aliquota per l'addizionale provinciale e individua, alla voce «totale imposte», il moltiplicatore «0,01210», determinato proprio, come si e' visto, dal decreto ministeriale impugnato. La seconda tabella, valida per le Regioni a Statuto speciale, indica sia l'aliquota dell'addizionale provinciale (pari allo 0,00930, salva l'esenzione per i contribuenti che effettuano «oltre 200.000 kWh di consumo/mese»), sia l'accisa erariale nella aliquota rideterminata dal decreto ministeriale impugnato (0,02140).
Il ricarico d'imposta totale per i contribuenti delle Regioni a Statuto speciale risulta, ovviamente, ben maggiore rispetto a quello vigente per i contribuenti residenti o comunque operanti nelle Regioni a Statuto ordinario.
Non basta ancora. Che il decreto ministeriale impugnato abbia determinato l'effetto di doppia imposizione a carico dei contribuenti residenti od operanti nelle Regioni a Statuto speciale e' testimoniato anche dagli atti che alcune Autonomie speciali hanno inteso adottare per far fronte a questa circostanza. Ci si riferisce, in particolare, alla delibera della Giunta provinciale di Trento 20 gennaio 2012, n. 2, avente ad oggetto «Sospensione degli acconti relativi all'anno 2012 delle addizionali provinciali e comunali all'accesa sull'energia elettrica».
Nella parte motiva di tale provvedimento si afferma che il decreto ministeriale impugnato (come pure il decreto ministeriale adottato in pari data e riferito, invece, all'addizionale comunale sull'energia elettrica), «se da un lato non modificano l'onere tributario complessivo gravante sulle imprese e sui cittadini delle
regioni a statuto ordinario, che a fronte dell'aumento dell'accisa erariale non verseranno piu' le addizionali provinciali e comunali, determinano invece dall'altro lato una sperequazione per i soggetti passivi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, i quali sono tenuti a pagare sia l'accisa erariale maggiorata che le
addizionali provinciali e comunali che continuano a trovare regolare applicazione». Data questa premessa, la Giunta provinciale di Trento ha ritenuto «del tutto evidente che una situazione del genere determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento tra cittadini ed imprese operanti nei territori ad autonomia speciale
rispetto al resto d'Italia, in ordine alla tassazione complessiva sul consumo di energia elettrica».
Per evitare la doppia imposizione ai cittadini residenti nel proprio territorio, la Giunta provinciale di Trento «ha presentato un disegno di legge con cui [...] si prevede a decorrere dall'anno d'imposta 2012 la riduzione a zero dell'aliquota dell'addizionale provinciale e comunale all'accisa sull'energia elettrica». Nelle more dell'approvazione della legge, pero', la Giunta Provinciale ha dovuto comunque agire in via d'urgenza per neutralizzare gli effetti della doppia imposizione. Per questo la delibera in commento ha disposto «di sospendere, nelle more dell'iter di approvazione del medesimo ad opera del Consiglio provinciale, l'obbligo del versamento degli acconti relativi all'anno 2012 delle citate addizionali provinciali e comunali da parte dei soggetti passivi del territorio».
Va da se che un'opzione del genere non puo' ritenersi obbligata per le Regioni ad autonomia speciale e che la via maestra per rimediare ai gravi effetti prodotti dal decreto ministeriale censurato e' il suo annullamento. Quanto sin qui dedotto, peraltro, dimostra ulteriormente che lo Stato, in termini sostanziali, ha
surrettiziamente introdotto, attraverso un decreto ministeriale, una nuova forma di imposizione fiscale sul consumo di energia elettrica, a carico esclusivo dei residenti nelle Regioni a Statuto speciale, imposizione introdotta - oltretutto - senza alcuna intesa e senza
alcuna forma di collaborazione da parte delle Regioni a Statuto speciale.
4.1. - La vicenda da ultimo ricordata descrive in maniera esemplare gli elementi essenziali della questione e come l'atto impugnato abbia violato le attribuzioni costituzionali della ricorrente.
Lo Stato, infatti, ha espressamente oltrepassato l'ambito d'applicazione della disciplina (dettata in attuazione della legge n. 42 del 2009) dell'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, disponendo un aumento dell'accisa erariale anche nelle Regioni a Statuto speciale, nonostante che il decreto legislativo ora
menzionato avesse esplicitamente previsto una manovra «a somma zero» sulla tassazione dell'energia elettrica, ossia limitata alle Regioni ordinarie. I contribuenti residenti nelle Regioni ad autonomia speciale, percio', si trovano sottoposti ad una doppia imposizione, derivante dall'applicazione dell'addizionale comunale e dal contestuale aumento dell'accisa erariale.
4.2. - Tutto cio' premesso e considerato, appare di immediata evidenza che il decreto ministeriale impugnato viola il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 116, 117 e 119 Cost., nella misura in cui la doppia imposizione a fronte del medesimo presupposto d'imposta erode la capacita' fiscale dei cittadini della Regione Sardegna, per cio' solo ledendo l'autonomia finanziaria della medesima Regione. Gli stessi parametri sono violati anche perche' il decreto ministeriale impugnato grava la capacita' fiscale dei
cittadini della Sardegna di un ulteriore onere a favore dell'erario statale, con cio' violando il principio di maggiore autonomia delle Regioni a Statuto speciale (art. 116 Cost.) e introducendo un meccanismo di prelievo contrario al principio di perequazione di cui
all'art. 119 Cost.
Non basta. Il decreto ministeriale impugnato lede l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dagli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale e 117 e 119 Cost., nella misura in cui, introducendo surrettiziamente un'imposta che grava solamente sui cittadini residenti o comunque operanti nelle Regioni a Statuto speciale (dunque per i residenti od operanti nella Regione Sardegna) detta una disciplina di dettaglio nella materia «finanza locale», individuando base imponibile e aliquota dell'accisa, cosi' ledendo, per un ulteriore profilo, l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna e la sua competenza nelle materie «ordinamento degli enti locali», «finanza locale» e «coordinamento della finanza pubblica e ordinamento tributario».
4.3. - Deve essere ancora osservato che il d.m. 30 dicembre 2012, producendo il descritto effetto di doppia imposizione in danno dei contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale (dunque anche nella Regione Sardegna), viola l'art. 119 Cost. per almeno due ulteriori profili.
In primo luogo, per quanto concerne il profilo sostanziale della questione, il maggior carico impositivo che grava sui contribuenti che risiedono nella Regione Sardegna si pone in netta antitesi con il principio di perequazione e di solidarieta' fiscale di cui all'art. 119 Cost.
In secondo luogo, per quanto concerne il profilo procedimentale della questione, la maggiore imposizione in danno dei contribuenti residenti od operanti nei territori delle autonomie speciali e' intervenuta in violazione della riserva di legge di cui all'art. 119, comma 2, che assegna - appunto - esclusivamente alla legge l'intervento perequativo. Tanto senza che - per soprammercato - si sia prevista alcuna forma di intesa con le Regioni a Statuto speciale.
4.4. - Infine, il decreto ministeriale impugnato lede le attribuzioni costituzionali riconosciute alla ricorrente dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e dall'art. 117 Cost. anche per l'effetto della violazione della direttiva 2003/96/CE.
4.4.1. -Con la menzionata direttiva l'Unione Europea ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricita', fissando il principio di uniforme imposizione fiscale sui prodotti energetici e sull'energia elettrica.
Pur senza fare distinzione alcuna sul soggetto pubblico percettore d'imposta (o di una frazione dell'intera imposta) sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, la direttiva 2003/96/CE ha disposto che gli Stati membri regolassero il proprio regime di tassazione in maniera omogenea su tutto il proprio territorio. A tal proposito, la Direttiva 2003/96/CE si fonda sul principio per cui «l'assenza di disposizioni comunitarie che assoggettino a tassazione minima l'elettricita' e i prodotti energetici diversi dagli oli minerali puo' essere pregiudizievole al buon funzionamento del mercato interno» (considerando n. 2) e, pertanto, muove dal presupposto per cui «il buon funzionamento del mercato interno e il conseguimento degli obiettivi di altre politiche comunitarie richiedono che siano fissati nella Comunita' livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l'elettricita', il gas naturale e il carbone» (considerando n. 3).
Tali principi trovano immediata traduzione normativa nell'art. 4 della direttiva, in cui si dispone che «I livelli di tassazione applicati dagli Stati membri ai prodotti energetici e all'elettricita' [...] non possono essere inferiori ai livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente direttiva» e che «Ai fini della presente direttiva si intende per "livello di tassazione" l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantita' di prodotti energetici e di elettricita', all'atto dell'immissione in consumo».
Al fine di comprendere la normativa comunitaria si deve considerare che il regime di tassazione minimo puo' essere in alcuni casi soggetto a deroghe, al fine di «consentire agli Stati membri di applicare determinate ulteriori esenzioni o riduzioni del livello di tassazione quando cio' non pregiudica il corretto funzionamento del mercato interno e non comporta distorsioni della concorrenza» (Considerando n. 24). In particolare, la direttiva 2003/96/CE ritiene opportuno «ai fini della promozione dell'uso di fonti di energia alternative» permettere che le energie rinnovabili possano «beneficiare di un trattamento privilegiato» rispetto ai combustibili fossili (Considerando n. 25) e «accordare riduzioni d'accisa per promuovere i biocarburanti» (Considerando n. 26).
A fronte di queste premesse, l'art. 5 della direttiva dispone che «Gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d'imposta differenziate a condizione che dette aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente direttiva e siano compatibili con il diritto comunitario, nei seguenti casi: - quando le aliquote differenziate sono direttamente connesse con la qualita' del prodotto; - quando le aliquote differenziate dipendono dai livelli quantitativi del consumo di elettricita' e dei prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento; - per i seguenti usi: trasporti pubblici locali di passeggeri (compresi i taxi), raccolta di rifiuti, forze armate e pubblica amministrazione, disabili ambulanze; - tra uso commerciale e non commerciale, per i prodotti energetici e l'elettricita' di cui agli articoli 9 e 10».
Il successivo art. 6 determina le modalita' con cui si puo' derogare all'uniforme tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricita': «Gli Stati membri possono concedere le esenzioni o le riduzioni del livello di tassazione di cui alla presente direttiva: a) direttamente, o b) attraverso un'aliquota d'imposta differenziata, o c) rimborsando totalmente o in parte l'imposta
versata».
Per quanto concerne piu' in particolare il regime fiscale dell'energia elettrica, l'art. 10 della direttiva 2003/96/CE prevede che «A decorrere dal 1° gennaio 2004 i livelli minimi di tassazione da applicare all'elettricita' sono quelli fissati nell'allegato tabella C» (comma 1) e che «Al di sopra dei livelli minimi di tassazione di cui al paragrafo 1, gli Stati membri avranno la facolta' di determinare la base imponibile, purche' rispettino la direttiva 92/12/CEE» (comma 2). La determinazione dei livelli maggiori di tassazione deve essere comunque valida per l'intero territorio nazionale, salvo le specifiche deroghe per le specifiche finalita' previste dalla direttiva medesima.
4.4.2. - Appare di tutta evidenza, dunque, che il regime di tassazione generato dal decreto ministeriale impugnato viola il principio di uniforme tassazione dell'energia elettrica senza integrare le particolari eccezioni assentite dalla Direttiva 2003/96/CE, sia per ragioni d'ordine sostanziale, sia per ragioni d'ordine procedurale.
In primo luogo, la doppia imposizione a carico dei contribuenti residenti od operanti nelle Regioni a Statuto speciale utilizza, senza addurre alcuna giustificazione o alcun fondamento di fatto o di diritto, un criterio meramente territoriale, mentre, come si e' visto, la direttiva prevede che le deroghe abbiano ad oggetto particolari prodotti o particolari usi dei prodotti energetici.
In secondo luogo, il regime diversificato non utilizza il meccanismo delle esenzioni e delle riduzioni particolari d'imposta, bensi' prevede una incongrua e irragionevole maggiorazione d'imposta per le sole Regioni a Statuto speciale. Tanto, oltretutto, proprio in violazione del principio comunitario di parita' di trattamento dei vari competitori sul mercato (si consideri che l'accisa della quale qui si discute concerne le utenze non abitative).
4.4.3. - In conclusione, il decreto ministeriale impugnato viola la citata direttiva comunitaria 2003/96/CE, introducendo surrettiziamente una diversita' di imposizione fiscale a danno dei soggetti residenti od operanti nelle Regioni a Statuto speciale
(dunque anche nella Regione Sardegna). In questo modo lo Stato pregiudica l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna di cui all'art. 7 dello Statuto, in quanto il d.m. 30 dicembre 2012 produce effetti notevoli sulla finanza pubblica regionale e locale.
Non v'e' alcun dubbio, come si e' gia' detto, che l'illegittima imposizione fiscale a danno dei contribuenti residenti od operanti nel proprio territorio si ripercuote inevitabilmente anche sulla libera gestione della propria fiscalita' da parte della Regione Sardegna, sia per quanto concerne l'individuazione delle proprie entrate finanziarie, sia per quanto concerne l'allocazione delle proprie risorse.
In secondo luogo la violazione della direttiva n. 2003/96/CE si risolve nella violazione del principio di perequazione e di solidarieta' fiscale di cui all'art. 119 Cost., nella misura in cui la doppia imposizione a fronte del medesimo presupposto d'imposta
erode la capacita' fiscale dei cittadini della Regione Sardegna e degli operatori economici della Regione. Il principio di perequazione e di solidarieta' fiscale e' violato anche perche', come gia' si e' detto, il decreto ministeriale impugnato impegna la capacita' fiscale dei soggetti operanti in Sardegna in un ulteriore onere a favore dell'erario statale.
Infine, la violazione della direttiva n. 2003/96/CE comporta anche la violazione degli artt. 3 e 7 dello Statuto e 117 Cost., in quanto lo Stato, senza un valido fondamento normativo costituzionale o comunitario, ha pregiudicato la competenza legislativa esclusiva della Regione Sardegna nelle materie «ordinamento degli enti locali» «finanza locale» e la competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».
Istanza di sospensione cautelare.
Ai sensi dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953 e dell'art. 26 delle Norme Integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la Regione Autonoma della Sardegna formula istanza di sospensione cautelare del decreto ministeriale impugnato.
Quanto al fumus, si rimanda ai motivi che sorreggono l'intera impugnazione. In particolare, pero', si deve osservare che la fondatezza del ricorso emerge gia' ad un esame sommario della controversia, in ragione del fatto che il decreto impugnato intende applicarsi alle Regioni a Statuto speciale nonostante che esso trovi (pretesamente) il proprio fondamento in disposizioni di legge che espressamente ne limitano l'attuazione alle sole Regioni ordinarie.
Quanto al periculum, il decreto impugnato in ragione dell'impossibilita' concreta per i contribuenti di ottenere in futuro i rimborsi per le accise gia' versate, provochera' danni gravi e irreparabili ai contribuenti residenti od operanti nella Regione Sardegna e, per tale inevitabile effetto, un'intollerabile e irreparabile lesione all'autonomia finanziaria della Regione Sardegna e alle competenze e alle funzioni pubbliche ad essa attribuite dallo Statuto, dalla Costituzione, dalla legge.
Nel caso di specie, a ben vedere, si viene a creare un effetto analogo a quello dei c.d. «decreti-catenaccio», la cui eventuale perdita di effetti si' determina solo sul piano giuridico, ma non riesce a determinarsi sul piano fattuale. Peraltro deve essere
sottolineato, a questo proposito, che l'art. 35, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012 prevede che «In relazione alle maggiori entrate rivenienti nei territori delle autonomie speciali dagli incrementi delle aliquote dell'accisa sull'energia elettrica disposti dai decreti del
Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011, concernenti l'aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale e provinciale all'accisa sull'energia elettrica, il concorso alla finanza pubblica
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano previsto dall'articolo 28, comma 3, primo periodo del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, e' incrementato di 235 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. La quota di maggior gettito pari a 6,4
milioni annui a decorrere dal 2012 derivante all'Erario dai decreti di cui al presente comma resta acquisita al bilancio dello Stato». La disposizione ora citata, che la Regione Sardegna (per ragioni analoghe a quelle che si sono fatte valere nel presente ricorso) si riserva di impugnare nelle forme rituali, dimostra inequivocabilmente
l'impossibilita', di rimediare alla lesione delle proprie attribuzioni e agli effetti che ne sono derivati.
P.Q.M.
Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia:
dichiarare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro dell'economia e delle finanze, in lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna ed in particolare per la violazione della legge n. 42 del 2009 (in particolare dell'art. 1, comma 2), in riferimento all'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 e in combinato disposto con gli articoli 3, 4, 5, 7 e 8 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna (l. cost. n. 3 del 1948), e con gli artt. 3, 5, 117, (anche in riferimento alla direttiva 2003/96/CE) 118 e 119 Cost. e 10 della l. cost. n. 3 del 2001, adottare il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale all'uccisa sull'energia elettrica. (11A16870)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011;
conseguentemente e per l'effetto, annullare il menzionato atto;
in considerazione del danno grave e irreparabile che deriverebbe dall'applicazione del medesimo decreto nelle more della pronuncia di merito, ordinarne la sospensione cautelare.
Cagliari-Roma, addi' 28 febbraio 2012
Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani