Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 4  maggio 2012 (della Regione Campania). 
 
 (GU n. 20 del 16.05.2012 ) 



     Ricorso della Regione Campania, (c.f....),  in  persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott.  Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi delle delibere della Giunta regionale n. 44 del 22 febbraio 2012 e n. 89 del 6 marzo 2012, giusta procura a margine del presente  atto,  unitamente  e  disgiuntamente, dall'Avv.  Maria  D'Elia  (c.f...),   dell'Avvocatura regionale, i nonche' dal Prof. Avv.  Beniamino  Caravita  di  Toritto (c.f...) e dall'Avv. Gaetano Pedino (c.f....), del libero foro, ed elettivamente  domiciliata  presso  l'Ufficio  di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla Via Poti,  n. 29 (fax: ...; pec abilitata: ...)
    Contro il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  nella  persona del Presidente pro tempore,  Per l'annullamento, previa sospensione  cautelare  dell'efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2012 con il quale e' stato deliberato il trasferimento  alla  Regione Campania della proprieta' del termovalorizzatore  sito  in  localita' Pantano del Comune di  Acerra  per  il  prezzo  complessivo  di  Euro 355.550.240,84, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013.



                                Fatto


    1. - Con DPCM adottato con delibera  del  16  febbraio  2012,  il Presidente del Consiglio dei Ministri ha stabilito che "la proprieta' del termovalorizzatore sito  in  localita'  Pantano,  nel  comune  di Acerra, e del relativo  compendio  immobiliare  e'  trasferita  dalla societa' proprietaria dell'impianto alla Regione Campania  al  prezzo complessivo di euro 355.550.510,84" con oneri coperti "a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale per l'acquisto  del  termovalorizzatore di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre  che  con
eventuali  contributi  da  riconoscere  alla  Regione   Campania   in dipendenza del trasferimento".
    Il provvedimento fa seguito al d.l. n. 90 del 2008, con il  quale il Governo ha provveduto alla messa  in  esercizio  dell'impianto  di Acerra. In particolare, l'art. 5, commi 1 e 2, del richiamato d.l. n. 90 del 2008 sull'emergenza  rifiuti  in  Campania,  convertito  dalla legge  n.  123  del  2008,  ha  autorizzato  il  conferimento  ed  il trattamento  di  determinate  categorie  di  rifiuti  (tra   cui   le cosiddette "ecoballe") presso il termovalorizzatore di Acerra, per un quantitativo massimo di 600.000 tonnellate annue, in deroga al parere della Commissione di valutazione di  impatto  ambientale  in  data  9 febbraio  2005,  fatte  comunque  salve  le  indicazioni   a   tutela dell'ambiente e quelle concernenti le implementazioni  impiantistiche migliorative contenute nel predetto parere,  nonche'  i  limiti  alle emissioni ivi stabiliti. Il comma 2 del richiamato art. 5  ha  quindi autorizzato l'esercizio dell'impianto di  Acerra,  tenuto  conto  del parere della Commissione di valutazione di impatto del febbraio  2005 e  della  consultazione  esperita  con  la  popolazione  interessata.
L'avvio dell'impianto e' stato disposto ai sensi dell'articolo 5  del decreto legislativo 18  febbraio  2005  n.  59  (recante  "Attuazione integrale  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione  e riduzione integrate dell'inquinamento"), concernente la procedura  di
rilascio   dell'Autorizzazione   integrata   ambientale    ai    fini dell'esercizio di nuovi impianti.
    Le  disposizioni  dell'art.  5  hanno  trovato   attuazione   con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3745  del  5 marzo 2009 che, considerato il ruolo determinante  dell'impianto  per il  superamento  dell'emergenza,  ne  ha  disposto   l'avviamento   e l'esercizio provvisorio.
    Nel novembre 2008, mediante procedura negoziata, la struttura del Sottosegretario di Stato per la Protezione civile  ha  affidato  alla societa' lombarda A2A S.p.A. la  gestione  dell'impianto  di  Acerra, integrata con quella dell'impianto  di  selezione  e  trattamento  di
Caivano.
    Il successivo d.l. n. 195 del  2009,  in  particolare  l'art.  7, comma 1, ha previsto che "Entro il 31 dicembre 2011 con  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri e' trasferita la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania, previa intesa con la Regione stessa, o ad altro ente pubblico anche  non  territoriale, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato".
    L'art. 7, comma 2, del d.l. n. 195 del 2009, ha inoltre stabilito che   le   risorse   finanziarie   necessarie   per    l'acquisizione dell'impianto sarebbero state prelevate "anche a valere sulle risorse del Fondo aree sottosviluppate, per la quota nazionale o regionale".
    Il termine del 31 dicembre 2011, entro il  quale  sarebbe  dovuto avvenire il trasferimento della proprieta' dalla  attuale  proprieta' (societa' FIRE SPA)  alta  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, ovvero alla Regione Campania, previa intesa con la stessa,  ovverosia ad altri enti pubblici o privati e' stato poi prorogato al 31 gennaio
2012 dal d.l. n. 216 del 2011.
    Con il d.P.C.M. del  16  febbraio  2012  -  oggetto  dell'odierno conflitto di attribuzioni - il Governo ha unilateralmente disposto il trasferimento  della  proprieta'  dell'impianto  in  questione   alla Regione Campania, in asserita applicazione dell'art. 61, comma 3  del
d.l. n. 5 del 2012, (convertito con  legge  n.  35  del  2012).  Tale ultima norma prevede  che  "Fatta  salva  la  competenza  legislativa esclusiva  delle  Regioni,  in   caso   di   mancato   raggiungimento dell'intesa richiesta con una o piu' Regioni  per  l'adozione  di  un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei  Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave  danno all'Erario puo', nel rispetto del principio di leale  collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle
Regioni Interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente.  Qualora nel medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei Ministri  delibera  l'atto  motivando  con  esclusivo  riguardo  alla permanenza dell'interesse pubblico".
    Il Governo ha disposto il trasferimento forzoso della  proprieta' dell'impianto di Acerra alla Regione Campania, in falsa  applicazione del menzionato art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del  2012,  sostenendo che la Regione Campania non avrebbe lealmente collaborato nella  fase di ricerca dell'intesa prevista dalla legge.
    Il decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  la relativa nota oggetto del presente conflitto  invadono  la  sfera  di competenza costituzionale della Regione Campania e sono stati emanati in violazione degli artt. 3, 5, 41, 114, 117, 118, 119  Cost.  e  dei principi di buon andamento dell'amministrazione (97  Cost.)  e  leale collaborazione (art. 120 Cost.). Sono illegittimi e  devono  pertanto essere annullati, previa sospensione dell'efficacia, per  i  seguenti motivi di



                               Diritto


1. - Contrasto con gli artt. 114, 117, 118  e  41  Cost.,  anche  per violazione delle competenze in materia di gestione dello  smaltimento dei rifiuti, nonche' per violazione  dell'autonomia  negoziale  della Regione  Campania,  obbligata  alla  conclusione  del  contratto   di acquisto del termovalorizzatore di Acerra.
    1.1. Il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012  dispone  il  trasferimento della proprieta' dell'impianto per il  trattamento  dei  rifiuti  sul falso ed illegittimo presupposto "che la Regione Campania in  ragione dell'ubicazione del predetto impianto e del suo asservimento al ciclo di smaltimento dei  rifiuti  in  relazione  ad  un  ampio  territorio coincidente con piu' province della Campania, appare l'unico soggetto istituzionale idoneo ad assumerne la proprieta'", come  si  legge  al primo "considerato", pag. 5, dell'atto impugnato.
    In disparte le eccezioni, che verranno di seguito svolte circa il gravissimo difetto di istruttoria, relativo alla mancata  valutazione della  possibilita'  di  assegnare  la  proprieta'  dell'impianto   a soggetti diversi dalla Regione, come espressamente previsto dall'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, del tutto arbitrario appare  il presupposto  relativo  all'asserita  idoneita'  esclusiva   dell'Ente regione all'assunzione della proprieta' del termovalorizzatore.
    E' noto, infatti, che per quanto attiene  alla  disciplina  della gestione dei  rifiuti  alle  Regioni  spettano  i  compiti  attributi dall'art. 196 del d.lgs. n. 152 del 2006, che si possono sintetizzare nella predisposizione, adozione e aggiornamento del  Piano  regionale di gestione dei rifiuti, nella promozione  della  gestione  integrata dei rifiuti e nell'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti e al recupero degli stessi.
    Gli  unici  compiti  affidati   allo   Stato   sono   quelli   di predeterminazione dei  criteri  generali  e  delle  linee  guida,  in ragione  della  evidente  connessione  delle  tematiche  legate  alla gestione dei rifiuti con la tutela dell'ambiente (sentenze n. 62  del 2008 e n. 378 del 2007).
    Ma e' del tutto evidente come non  possa  rimanerne  travolta  la competenza delle Regioni: infatti, anche  nel  settore  dei  rifiuti, accanto  ad  interessi  inerenti  in   via   primaria   alla   tutela dell'ambiente,  vengono  in  rilievo  altre  materie,  per   cui   la competenza   statale   certamente   non   esclude   la   concomitante possibilita' per le Regioni di intervenire, ovviamente  nel  rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato.
    Esemplare della salvaguardia delle competenze  Regionali  e',  ad esempio, la rivisitazione delle competenze che e' stata operata dalla Corte  con  la  sentenza  24  luglio  2009,  n.  249,  attraverso  la "limatura"  dell'art.  199,  comma  9   del   d.lgs.   n.   152/2006, eliminandone la parte che affidava allo Stato il  potere  sostitutivo di intervento, in violazione del principio di sussidiarieta' ex  art. 118  della  Carta  fondamentale.  Sono  state  ricondotte  sotto   la competenza delle Regioni, altresi',  la  piena  discrezionalita'  del Presidente della Giunta regionale per interventi in caso  di  inerzia nei sistemi di gestione dei rifiuti da parte dei soggetti  incaricati (art. 204, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006)  e  quella  relativa  alla individuazione dei maggiori  obiettivi  di  riciclo  e  recupero  dei rifiuti (art. 205, comma 6). In entrambi i casi la Corte ha rimosso i limiti che le norme statali ponevano all'esercizio  delle  competenze regionali.
    Del  resto,   ben   piu'   orientate   alla   gestione,   nonche' all'esercizio operativo degli impianti sono le competenze  attribuite agli enti territoriali quali Autorita' d'ambito, Province  e  Comuni.
Le Province, inoltre, in base all'art. 197 del  d.lgs.  n.  152/2006, svolgono funzioni amministrative concernenti la programmazione  e  il controllo dello smaltimento  e  recupero  a  livello  provinciale.  I Comuni o le Comunita' Montane  effettuano  la  gestione  dei  rifiuti urbani e assimilati avviati allo smaltimento in regime  di  privativa in base all'art. 198 del d.lgs. n. 152/2006.
    Con l.r. n. 4 del 2007, il  legislatore  regionale  campano,  nel rispetto  dei  principi  stabiliti  dalla  disciplina  nazionale,  ha rimesso alle Province l'organizzazione, l'affidamento e il  controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti (art. 8); allo  stesso
modo,  ha  disposto  la   valutazione   prioritaria   dei   territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali (art.  15).  Rilevante e' inoltre l'art. 20,  comma  3,  ai  sensi  del  quale  "La  regione trasferisce  alle  province   la   titolarita'   dei   propri   beni, attrezzature ed impianti inerenti il ciclo dei rifiuti'.
    Come appare pertanto evidente, la Regione, per  un  verso  rimane l'attore primario delle scelte attinenti agli obiettivi di riciclo  e di recupero dei rifiuti e sotto altro  profilo  non  puo'  certamente essere considerata come ente  titolare  di  competenze  operative  in materia di gestione degli impianti di smaltimento.
    Ne', tantomeno,  la  Regione  e'  certamente  portatrice  di  una posizione qualificata tale da renderla, immediatamente, l'unico e  il solo soggetto idoneo a farsi carico dell'acquisto dell'impianto.
    In sostanza, con il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012  lo  Stato,  in palese  violazione  delle  competenze   regionali,   si   sostituisce addirittura alla Regione e, con atto di imperio,  le  trasferisce  la proprieta'  dell'impianto  -  imponendo  altresi'  il  pagamento  del relativo corrispettivo -, in totale assenza di qualunque volonta'  in tal senso espressa dalla Regione e formalizzata in un intesa.
    Tale scelta, del resto, appare irrimediabilmente  contraddittoria anche con le azioni sinora poste in essere dal Governo  in  relazione al termovalorizzatore  campano,  la  cui  gestione  e'  stata  finora assegnata al Dipartimento della Protezione  Civile  della  Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito in legge n. 123 del 2008, infatti,  a  tale  Dipartimento  era  stata affidata in via generale la gestione  commissariale  dei  rifiuti  in Campania. A seguito di tale intervento normativo, in data 13 novembre 2008, il Sottosegretario di Stato ha concluso con la  A2A  S.p.A.  un contratto per la prestazione del servizio di  gestione  dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, il quale, pur di  proprieta'  della societa' Fibe, e'  stato  ritenuto  espressamente  infrastruttura  di interesse  strategico  nazionale  per  la  realizzazione  del   ciclo integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico  dei rifiuti.
    Con il  decreto-legge  n.195  del  2009,  art.  7,  comma  4,  in previsione del trasferimento della proprieta' del  termovalorizzatore ad un soggetto pubblico o privato, e'  stato  inoltre  stabilito  che nelle more di tale trasferimento, il  Dipartimento  della  Protezione Civile  a  partire  dal  1°   gennaio   2010   "mantiene   la   piena disponibilita',  utilizzazione  e  godimento  dell'impianto   ed   e' autorizzata a stipulare  un  contratto  per  l'affitto  dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni". Il successivo  comma  5
ha  sancito  che  al  Dipartimento  in  parola,  "oltre  alla   piena disponibilita', utilizzazione  e  godimento  dell'impianto,  spettano altresi' i ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia  elettrica prodotta dall'impianto".
    Ma vi e' di piu'.  Ad  avvalorare  ulteriormente  le  conclusioni appena espresse, si osservi che all'interno del contratto di gestione dell'impianto sussiste un'apposita clausola di  prelazione  a  favore della societa' concessionaria - A2A S.p.A. - nel caso di  alienazione dell'impianto  stesso  (cfr.  art.  23  del  contratto).  Una  simile previsione dimostra  come  gia'  alla  data  della  stipulazione  del suddetto contratto, la Protezione Civile, individuando  nel  soggetto privato concessionario il soggetto da preferire nel caso  di  vendita dell'impianto e riconoscendo espressamente alla  A2A  un  diritto  di preferenza per l'acquisto dello stesso, avesse  in  realta'  disposto del considerato termovalorizzatore uti dominus.
    Cio' costituisce riprova evidente, per un verso, dell'inesistenza di qualsivoglia ragione di opportunita' - e ancor meno di doverosita' giuridica - che circoscriva la valutazione di idoneita' come soggetto acquirente   alla   sola   Regione   Campania   e,    di    converso,
dell'opportunita' di individuare nel  Dipartimento  della  Protezione Civile il soggetto naturalmente privilegiato al quale  trasferire  la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra.
    Sotto un ulteriore profilo deve osservarsi che  la  gestione  del ciclo integrato  dei  rifiuti  Campania  e'  affidata  alle  societa' provinciali.
    Ed infatti, l'art. 6 del d.l. n. 90/2008 convertito in  legge  n. 123/2008 prevedeva che "1. Fatto salvo quanto previsto  dall'articolo 2  del  decreto-legge  11  maggio  2007,  n.  61,   convertito,   con modificazioni,  dalla  legge  5  luglio  2007,  n.  87,  deve  essere realizzata una valutazione in ordine al valore dei seguenti  impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, anche ai fini  dell'eventuale acquisizione  a  titolo  oneroso  da  parte  della  stessa   societa' affidataria del servizio di gestione dei  rifiuti,  che  tenga  conto dell'effettiva  funzionalita',  della  vetusta'  e  dello  stato   di manutenzione degli stessi: Caivano (NA), Tufino (NA), Giugliano (NA), Santa Maria Capua Vetere (CE),  Avellino  -  localita'  Pianodardine, Battipaglia (SA) e Casalduni (BN), nonche' del termovalorizzatore  di Acerra (NA)".
    Addirittura il successivo art. 6-bis prevede che "Art. 6-bis  "1. Allo scopo di favorire il rientro nelle competenze degli enti che  vi sono ordinariamente  preposti,  e'  trasferita  alle  province  della regione  Campania  la  titolarita'  degli  impianti  di  selezione  e trattamento  dei  rifiuti,  di  cui  all'articolo  6,   ubicati   nei rispettivi  ambiti  territoriali"  (ma  l'art.  6  prevede  anche  il termovalorizzatore di Acerra).
    Orbene, l'art. 7 del d.lgs. n. 195/2009 - il  quale  prevede  che entro il 31 gennaio 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e' trasferita alla Regione Campania  previa  intesa  con  la Regione stessa, o ad altro  ente  pubblico  anche  non  territoriale,
ovvero alla Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri  -  Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato - non  puo'  che  essere interpretato  nel  senso  che  lo  Stato  italiano  ha  scelto  quale modalita' di gestione del ciclo  dei  rifiuti  la  gestione  su  base Regionale e pertanto di intesa con la  Regione.  Solo  dopo  un'ampia condivisione  delle  scelte  poteva  disporsi  il  trasferimento   di proprieta' del termovalorizzatore.
    Sulla base di cio', la Regione Campania ha poi  previsto  che  la gestione venisse affidata a societa' provinciali.
    Non e' da sottovalutare lo stesso tenore  dell'o.P.C.M.  n.  3746 del 2009 relativa alla costituzioni  delle  societa'  provinciali  la quale prevedeva che  alle  societa'  provinciali  fosse  affidata  la gestione delle discariche e dell'impiantistica  in  proprieta'  della provincia e quella trasferita dalla regione e da altri enti,  per  lo stoccaggio,  il  trattamento,  lo  smaltimento,  il  recupero  ed  il riciclaggio dei rifiuti, situata sul territorio provinciale  che  "le predette  societa'  provinciali  subentrano  nei  rapporti  attivi  e passivi dei soggetti gestori degli impianti, ivi compresi quelli  con il personale oggi impiegato nelle attivita' predette" (art. 2,  comma 2). Alla luce di quanto appena osservato, appare evidente  come,  sia in considerazione dell'attivita' di gestione  del  termovalorizzatore dalla sua entrata in funzione, sia in considerazione dei  beneficiari dei  proventi  derivanti  dalla  produzione  di   energia   elettrica attraverso la combustione dei rifiuti,  si  sarebbe  dovuto,  semmai, optare per il Dipartimento della  Protezione  Civile  quale  soggetto deputato  in  via  prioritaria  ad   assumere   la   proprieta'   del termovalorizzatore   stesso.   Tanto   piu'   che   tale    struttura amministrativa risultava esplicitamente  ricompresa  nel  novero  dei potenziali destinatari del trasferimento del cespite suddetto ex art. 7, comma 1, d.l. n. 195/2009.
    1.2. In  secondo  luogo,  il  d.P.C.M.  16  febbraio  2012  viola patentemente le prerogative  costituzionali  della  Regione  Campania garantite dall'art. 41, comma 1, della Costituzione.
    a) Sotto un primo profilo, si palesa grave e profonda la  lesione dell'autonomia negoziale e contrattuale della Regione,  che  si  vede conculcare  la  possibilita'  di  autodeterminarsi  in  ordine   alla conclusione di un negozio giuridico a contenuto  patrimoniale  avente ad oggetto l'acquisto della proprieta' di un bene immobile.
    Si tratta dell'illegittima compressione di un diritto inviolabile garantito dalla Costituzione che, all'art. 41, sancisce  la  liberta' di iniziativa economica privata e, all'art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili  dell'uomo  come  singolo  e  nelle  formazioni sociali, cosi' ancorando la protezione di  tale  sfera  di  autonomia economica non solo in capo ai singoli  ma  in  relazione  a  tutti  i soggetti pubblici e privati.
    b)  Inoltre,  l'acquisto  coattivo  disposto  dal   provvedimento impugnato si atteggia quale strumento di coartazione all'esercizio di un'attivita' di tipo  economico  imprenditoriale  imposto  dall'alto, atteso che, secondo la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma  Corte,  la gestione dei rifiuti si caratterizza anche per  la  propria  evidente natura economica ed imprenditoriale.
    Ed infatti, "Va, d'altra parte, considerato che anche  la  specie rifiuto non e' estranea al piu' ampio genere di bene  commercialmente rilevante, essendo  di  comune  esperienza  il  fatto  che  anche  le operazioni  di  smaltimento  dei  rifiuti  per   conto   terzi   sonosuscettibili  di  formare  oggetto  dello  svolgimento  di  attivita' imprenditoriale. Del resto, gia' nella sentenza di  questa  Corte  n. 335 del 2001 si e' affermato che «anche  alla  luce  della  normativa comunitaria il rifiuto e' pur sempre considerato un prodotto»" (Corte cost., sentenza n. 244 del 2011).
    Orbene, a salvaguardia dei valori tutelati  dall'art.  41  Cost., anche quando l'attivita' economica sia indissolubilmente connessa con l'esercizio di servizi pubblici, codesta ecc.ma Corte ha  avuto  modo di  chiarire  che  "Non  puo'  dubitarsi  che,  anche  nei  casi   di regolazione ex  lege  di  un'attivita'  economica  considerata  quale pubblico servizio in ragione della sua diretta incidenza su bisogni o interessi della collettivita',  l'attivita'  cosi  regolata  possa  e debba essere considerata come espressione del diritto  di  iniziativa economica garantito dall'art. 41 della Costituzione.
    Ne discende che il  limite  costituito  dallo  stesso  intervento normativo e dal suo concreto contenuto intanto appare compatibile con il  secondo  comma  del  detto  art.  41  in  quanto  sia  diretto  a realizzare,  oltre  ovviamente  alla  protezione  di  valori  primari attinenti  alla  persona  umana  -  il  cui  rispetto  e'  il  limite insuperabile di  ogni  attivita'  economica  -  un'utilita'  sociale" (Corte cost., sentenza n. 548 del 1990).
    Proseguendo, nella medesima decisione, codesta  ecc.ma  Corte  ha ritenuto che "Cio' che conta e' che, per un  verso,  l'individuazione dell'utilita' sociale come dianzi motivata non  appaia  arbitraria  e che gli  interventi  del  legislatore  non  perseguano  l'individuata
utilita' sociale mediante misure palesemente incongrue, e  per  altro verso, e in ogni caso, che l'intervento legislativo non sia  tale  da condizionare le scelte imprenditoriali  in  grado  cosi'  elevato  da indurre   sostanzialmente   la   funzionalizzazione    dell'attivita'
economica di cui si tratta, sacrificandone  le  opzioni  di  fondo  o restringendone in rigidi confini lo spazio e l'oggetto  delle  stesse scelte organizzative" (Corte cost., sentenza n. 548  del  1990;  cfr. anche sentt. n. 167 del 2009 e n. 152 del 2010).
2. - Contrasto con l'art. 119  Cost,  per  violazione  dell'autonomia finanziaria della Regione.
    Secondo quanto stabilito dal d.P.C.M.  16  febbraio  2012,  "agli oneri derivanti dal presente  decreto  si  provvede  a  valere  sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale per l'acquisto  del  termovalorizzatore di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre  che  con eventuali crediti a riconoscere alla Regione Campania  in  dipendenza del trasferimento".  In  totale  spregio  dell'autonomia  finanziaria regionale, viene prevista l'utilizzazione di risorse  assegnate  alla Regione  Campania  e  gia'  destinata  a   spese   per   investimenti infrastrutturali  degli  enti  locali,  nonche'  per  far  fronte  ad
indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria.
    Valga qui  osservare  come  gia'  nella  relazione  del  Servizio bilancio del Senato relativa al d.l. n. 195/09, in relazione all'art. 7 e' stato evidenziato come "appare opportuno confermare che, in caso di trasferimento del termovalorizzatore ad un soggetto  pubblico,  il provvedimento normativo di individuazione delle  risorse  finanziarie necessarie   sia   antecedente   all'emanazione   del   d.P.C.M.   di trasferimento della proprieta' del medesimo. Ancora, si evidenzia che il riferimento del  comma  2  alla  possibile  copertura  finanziaria tramite l'utilizzo delle risorse del fondo aree sottoutilizzate (FAS) non costituisce alcun vincolo sulle attuali risorse e non costituisce alcuna  garanzia  che  tali  risorse   possano   essere   disponibili all'emanazione del citato provvedimento normativo".
    Ed infatti, si tratta infatti di risorse  gia'  programmate  fino all'esaurimento della provvista indicata dal CIPE, nella  delibera  n 166/2007, come modificata dalla delibera n. 1/2009,  anche  in  forza dei recenti  accordi  sottoscritti  dalla  Regione  Campania  con  il
Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20 gennaio 2012 e dovendo la Regione far  fronte  ad  indifferibili  emergenze  in  materia  di edilizia sanitaria.
    2.1.  La  previsione  appare  fortemente  lesiva   dell'autonomia finanziaria regionale, in aperta violazione dell'art. 119 Cost.  Il provvedimento impugnato scaturisce in seguito ad una serie  di previsioni normative, anche di rango legislativo, approvate  per  far fronte  ad  una  situazione  di  emergenza  di  natura  calamitosa  e straordinaria nel settore dei rifiuti,  la  cui  soluzione  e'  stata affidata ad interventi del Governo, per il tramite  del  Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Infatti, ai sensi dell'art. 1  d.l.  n.  90/2008,  convertito  in legge n. 123/2008, a tale Dipartimento  era  stata  affidata  in  via generale la gestione commissariale dei rifiuti in Campania. A seguito di  tale  intervento  normativo,  in  data  13  novembre   2008,   il Sottosegretario di Stato ha concluso con la A2A S.p.A.  un  contratto per  la  prestazione  del  servizio  di  gestione  dell'impianto   di termovalorizzazione di Acerra, il  quale,  pur  di  proprieta'  della societa' Fibe, e'  stato  ritenuto  espressamente  infrastruttura  di interesse  strategico  nazionale  per  la  realizzazione  del   ciclo integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico  dei rifiuti.
    Successivamente,  l'art.  7  d.l.  n.  195/2009,  prevedendo   il trasferimento di proprieta' del termovalorizzatore suddetto  ad  ente pubblico o privato, ha altresi' stabilito al comma 4  che  a  partire dal 1° gennaio 2010, nelle more di tale trasferimento, "la Presidenza del Consiglio dei Ministri -  Dipartimento  della  protezione  civile mantiene  la  piena   disponibilita',   utilizzazione   e   godimento dell'impianto  ed  e'  autorizzata  a  stipulare  un  contratto   per l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni".
Il successivo comma 5 ha  sancito  che  al  Dipartimento  in  parola, "oltre  alla  piena   disponibilita',   utilizzazione   e   godimento dell'impianto, spettano altresi' i  ricavi  derivanti  dalla  vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto". Appare evidente  come il quadro normativo abbia assegnato l'impianto di termovalorizzazione di Acerra, in funzione del carattere di infrastruttura  di  interesse strategico nazionale, alle cure e  alla  gestione  del  Governo,  per l'esercizio di compiti e competenze ad esso assegnati  dalla  vigente legislazione.
    Orbene, con una radicale inversione di marcia, il Governo  decide unilateralmente di costringere la Regione a  destinare  risorse  gia' impegnate per altri scopi all'acquisto dell'impianto,  ad  un  prezzo stabilito anch'esso in via autoritativa.
    Con la richiamata delibere  CIPE  n.  166/2007,  come  modificata dalla delibera  n.  1/2009,  di  "attuazione  del  Quadro  Strategico Nazionale  2007-2013  e  programmazione  del  fondo   per   le   aree sottoutilizzate" sono stati ripartiti i relativi fondi  di  cui  alla legge n. 296/2006, e  sono  stati  assegnati  alla  regione  Campania 4.105,504 milioni di euro per il periodo 2007-2013.
    La Regione Campania, in attuazione operativa  dello  stanziamentofinanziato dal FAS, gia' a far data dal 2009 ha adottato il  relativo Programma Attuativo Regionale del Fondo per le  Aree  Sottoutilizzate 2007-2013 (PAR FAS) (Deliberazione n. 1144 del 19 giugno 2009).
    Si tratta di un  programma  dettagliato,  articolato  in  "Azioni cardine"  consistenti   in   progetti   specificamente   definiti   e localizzati, ovvero interventi complessi (intendendo per tali  quelli articolati in  una  serie  di  componenti  progettuali  distinte,  ma connesse  e  riconducibili   al   medesimo   obiettivo)   dalla   cui realizzazione compiuta dipende in  modo  cruciale  il  raggiungimento degli obiettivi specifici del programma.
    Alle azioni cardine e'  associata  una  quota  significativa,  in relazione   agli   obiettivi   perseguiti   e   alle   Priorita'   di inquadramento,  delle  risorse  assegnate   all'Amministrazione.   Di seguito si riporta un quadro sintetico delle  Azioni  cardine  con  i
relativi importi programmati.
     


   

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                 Azioni cardine              |  Importo programmato
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Sostegno alla filiera pubblica della R & S, |
anche in ambito internazionale              |     86.643.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Interventi a sostegno della creazione       |
di infrastrutture informatiche e telematiche |     28.881.000,00
per lo sviluppo dell'innovazione nella PA   |
---------------------------------------------|-----------------------
Completamento della filiera relativa alla   |
gestione integrata del ciclo dei rifiuti    |    192.540.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Opere per il miglioramento della gestione   |
integrata delle risorse idriche             |    231.048.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Azioni per l'aumento e la diffusione dei    |
servizi per l'infanzia e di cura            |     56.654.895,00
per gli anziani                             |
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Completamento della tangenziale delle aree  |
interne e dei relativi ammagliamenti        |    260.000.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Intervento a supporto dell'accessibilita'   |
al sistema aeroportuale di Capodichino,     |     28.135.298,03
Grazzanise e Pontecagnano                   |
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Adeguamento e potenziamento delle           |
infrastrutture materiali per migliorare     |
l'accessibilita' e favorire il              |     63.568.000,00
decongestionamento dei centri               |
urbani e delle conurbazioni                 |
---------------------------------------------|-----------------------
Sistema della Metropolitana Regionale       |    522.279.666,21
---------------------------------------------|-----------------------
Sistemi di trasporto collettivo di          |
adduzione al Sistema della                  |     76.170.085,00
Metropolitana Regionale                     |
---------------------------------------------|-----------------------
Aree produttive di eccellenza               |     28.881.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Napoli e Citta' medie della Campania        |    192.540.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Interventi infrastrutturali a sostegno della|
ricerca pubblica e di miglioramento delle   |    125.151.000,00
strutture di interesse universitario        |
---------------------------------------------|-----------------------
Attuazione Accordi di Reciprocita'          |    481.350.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Edilizia residenziale pubblica              |     67.389.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
Riutilizzo dei beni confiscati              |     30.000.000,00
alla criminalita'                           |
---------------------------------------------|-----------------------

   


    Da ultimo, il Governo, attraverso il CIPE,  in  data  20  gennaio 2012, ha approvato la modifica di alcuni interventi nel sistema delle universita'  del  Mezzogiorno  (finanziati  dalla  delibera  CIPE  n. 78/2011), senza alterare la distribuzione dei fondi tra  Regioni  ne' il costo totale; nel complesso, per la Regione Campania si tratta  di interventi per 50 milioni di euro.
    Il d.P.C.M. 16 febbraio 2012, e la decisione in esso espressa  di costringere la Campania all'acquisto del Termovalorizzatore e, per di piu', a valere sulle risorse relative al Fondo per lo sviluppo  e  la coesione  2007/2013  relative  al  programma   attuativo   regionale, contrasta  palesemente  con  l'art.  119  Cost.  e  lede  l'autonomia finanziaria della Regione Campania.
    Codesta ecc.ma Corte ha di recente dichiarato l'illegittimita' di norme statali concernenti il regime finanziario delle spese  relative agli eventi calamitosi di maggiore gravita', da affrontare con  mezzi e poteri straordinari. Si trattava di disposizioni che condizionavano l'intervento finanziario dello Stato alla insufficienza delle risorse regionali, pur dopo  l'attivazione  di  aumenti  fiscali,  ovvero  al riconoscimento, da parte del  Governo,  della  «rilevanza  nazionale» dell'emergenza, facendo  cosi'  rimanere  in  parte  a  carico  della Regione i costi derivanti dalla calamita' (tranne quelli eccedenti il massimo sforzo  fiscale  che  la  Regione  stessa  e'  autorizzata  a compiere, ovvero quelli  che  il  Governo  avrebbe  discrezionalmente assunto).
    Orbene,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale  della  ricordata  normativa  anche   per   violazione dell'art. 119 Cost.,  atteso  che  "le  norme  impugnate,  in  quanto impongono alle Regioni di deliberare  gli  aumenti  fiscali  in  esse
indicati per poter  accedere  al  Fondo  nazionale  della  protezione civile, in presenza  di  un  persistente  accentramento  statale  del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse.  Parimenti,  le suddette norme ledono l'autonomia  di  spesa,  poiche'  obbligano  le Regioni ad utilizzare  le  proprie  entrate  a  favore  di  organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti  istituzionali  di  questi  ultimi,  corrispondenti  a   loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente.
     Risulta violato altresi' il quarto comma  dell'art.  119  Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo  per  se' le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi  alle Regioni stesse.
    Peraltro,  l'obbligo  di  aumento  pesa  irragionevolmente  sulla Regione nel cui territorio si e' verificato l'evento calamitoso,  con la conseguenza che le popolazioni colpite dal disastro subiscono  una penalizzazione ulteriore. (...)
    Le norme censurate contraddicono  inoltre  la  ratio  del  quinto comma dell'art. 119 Cost.:  le  stesse,  anziche'  prevedere  risorse aggiuntive per determinate Regioni «per provvedere  a  scopi  diversi dal  normale  esercizio  delle  loro  funzioni»  (quali  sono  quelli derivanti  dalla  necessita'  di  fronteggiare  gli   effetti   sulle popolazioni e sul  territorio  di  eventi  calamitosi  improvvisi  ed imprevedibili),  al  contrario,  impongono  alle  stesse  Regioni  di destinare  risorse  aggiuntive  per  il  funzionamento  di  organi  e
attivita' statali" (Corte cost., sent. n. 22 del 2012).
    2.2. Sotto altro e concomitante profilo, deve inoltre  ricordarsi come Codesta Ecc.ma Corte di recente ha riconosciuto la  legittimita' di una norma statale che,  ponendosi  l'obiettivo  di  rafforzare  la concentrazione di  risorse  su  interventi  di  rilevanza  strategica nazionale, reperiva risorse dal Fondo per  le  aree  sottoutilizzate, mediante revoca delle assegnazioni disposte dal CIPE (per il  periodo 2000-2006), ma facendo salve le risorse gia' impegnate o programmate.
    Nella ricordata occasione (Corte cost., sentenza n. 16 del 2010), Codesta  Ecc.ma  Corte  ha  stabilito  che  un  siffatto   intervento normativo  "non  viola  la  sfera  di  competenze  costituzionalmente garantita alle Regioni, appunto perche' riguarda risorse  non  ancora utilizzate  da  tali  enti  (sentenza  n.  105   del   2007),   nella disponibilita'  dei  quali,  peraltro,  le  risorse   medesime   sono destinate a rientrare, sia pure con la suddetta nuova  programmazione per le finalita' indicate e con adeguato coinvolgimento delle Regioni medesime" (Corte cost. n. 16 del 2010).
    Del tutto evidente appare il grave vulnus arrecato  all'autonomia Regionale  e  la  patente  violazione  del  principio  di   autonomia finanziaria della Regione consacrato dall'art. 119 Cost.
3. - Violazione del principio di leale collaborazione,  in  contrasto con l'art. 5 e  con  l'art.  120  Cost.,  per  la  mancata  paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto oggetto  del  conflitto.  Il d.P.C.M. 16 febbraio 2012 e' stato  assunto  in  pieno  e  gravissimo spregio di ogni piu' elementare principio di leale  collaborazione  e cooperazione, in aperta lesione dei sottesi principi costituzionali e mediante una procedura  che  ha  leso,  ripetutamente,  l'affidamento degli  organi   regionali   nelle   fasi   prodromiche   all'adozione dell'impugnato provvedimento.
    3.1. Invero, la Regione Campania e'  stata  ingiustamente  tenuta estranea, dopo una prima riunione presso la Presidenza del  Consiglio dei ministri in data 20  settembre  2011,  alle  successive  riunioni succedutesi sul tema dell'individuazione  del  soggetto  che  avrebbe dovuto acquistare la proprieta' dell'impianto di Acerra.
    Cio'  le  ha  impedito,  tra  l'altro,  di  far  rilevare,  nelle trattative  con  il  soggetto  proprietario  FIBE,  che  la  semplice rinuncia di quest'ultima alle proprie pretese nei confronti della PCM e  di  terzi,  avrebbe  dovuto  quanto  meno   essere   accompagnata,
nell'ipotesi di cessione dell'impianto alla Regione,  dalla  garanzia da parte del Governo di tenere la stessa Regione indenne da eventuali pretese   dei   creditori   di   FIBE,   ad    esempio    conseguenti all'impugnazione della rinuncia di quest'ultima, ai  sensi  dell'art.
2900 del codice civile.
    Non e' stato inoltre possibile  far  rilevare  la  necessita'  di compiere nei tempi congrui gli opportuni accertamenti circa lo  stato attuale dell'impianto (indispensabili ai fini dell'accertamento della congruita' del  valore  dello  stesso  ai  fini  del  trasferimento);
esaminare,  anche  ai  fini  della   trattativa   col   Governo,   la possibilita' di rinegoziare il contratto di  gestione  con  l'attuale gestore (Partenope ambiente), che  appare  squilibrato  a  favore  di quest'ultima, laddove prevede un canone fisso di  gestione,  pari  al  doppio  del  valore  delle  spese  affrontate  per  la  gestione   ed indipendente dalla eventualita' di conferimenti  inferiori  a  quelli previsti dal piano economico-gestionale ottimale dell'impianto.
    3.2. In secondo luogo, lo schema di d.P.C.M.  oggi  impugnato  e' stato trasmesso per la  prima  volta  alla  Regione  soltanto  il  26 gennaio 2012, a ridosso della scadenza del  termine  del  31  gennaio 2012  (appena  prorogato,  di  un  solo   mese)   previsto   per   il
trasferimento dell'impianto, privando la Regione  della  possibilita' di compiere  le  indispensabili  valutazioni  di  tipo  giuridico  ed economico circa l'opportunita' e la legittimita' dell'operazione  nei termini proposti dallo schema di provvedimento.
    La Regione,  inoltre,  con  propria  nota  del  27  gennaio  2012 indirizzata alla Presidenza del Consiglio  dei  ministri  ha  esposto rilievi critici concernenti:
        l'opportunita' di una congrua  proroga  del  termine  del  31 gennaio 2012 (confidando  sull'opportunita'  offerta  dalla  fase  di conversione del d.l. n. 226/2011 non ancora conclusa);
        la necessita' di acquisire i  pareri  legali  di  rito  e  la necessita' di valutazioni di congruita' economica.
    Nella lettera del 31 gennaio 2012 (inviata in ore  serali,  senza accertarsi  dell'avvenuta  ricezione  del  documento  da  parte   del destinatario e in una fase in cui i ritmi serrati imposti dalle norme di legge imponevano la massima cautela  nelle  comunicazioni  tra  le parti e la massima cooperazione e collaborazione) il Governo  non  ha fornito alcuna risposta ai rilievi evidenziati.
    Con una seconda nota regionale del 31 gennaio  2012,  la  Regione manifestava il proprio convincimento in ordine alla inopportunita' (a prescindere dalla capienza delle risorse disponibili per la  Regione) del finanziamento dell'operazione a valere sulla quota del  fondo  di coesione e sviluppo di competenza regionale.
    Come risulta dalla stessa nota della Regione in data  31  gennaio 2012, alla scadenza del termine del 31 gennaio 2012  il  Governo  non aveva ancora inviato alla  Regione  la  documentazione  necessaria  a valutare la proposta di intesa, puntualmente richiesta  dalla  stessa Regione. Tale richiesta e' stata soddisfatta soltanto parzialmente il 1° febbraio 2012, quindi oltre la scadenza del termine del 31 gennaio 2012.
    3.3. Inoltre, falsa e' una delle premesse  del  d.P.C.M.  del  16 febbraio 2012, li' dove si afferma che nella lettera del  27  gennaio la Regione avrebbe espresso parere favorevole al trasferimento  della proprieta' del termovalorizzatore, mentre invece dichiarava solamente di non essere contraria, in linea  di  principio,  ad  acquistare  la proprieta' dell'impianto, ma non esprimeva  l'intesa  in  tal  senso, rilevando  la  necessita'  di  trovare  una  fonte  di  finanziamento alternativa a quella indicata dal Governo, con evidente  travisamento della dichiarazione di intenti espressa in tale nota.
    Ancora, nel d.P.C.M. adottato il Governo sostiene  che  la  quota del fondo di competenza regionale sia capiente,  sulla  base  di  una nota della Ragioneria generale mai inviata  alla  Regione  e  neanche sottoposta al suo esame nella riunione del 2 febbraio 2012.
    Tale ultima riunione del  2  febbraio  2012,  convocata  in  modo informale, senza comunicazioni in forma scritta e  senza  un  preciso ordine del giorno, e della quale non risulta sia stato redatto  alcun verbale (comunque mai trasmesso alla Regione) non e'  stata  dedicata alla mera enunciazione  delle  tesi  del  Governo  circa  la  pretesa capienza del fondo di coesione e  sviluppo  -  quota  regionale;  nel corso della stessa e' stata discussa anche la posizione della Regione circa la necessita' di un differimento del  termine,  la  prestazione delle  garanzie  richieste  nelle  corrispondenza  regionale   e   il compimento degli accertamenti ivi indicati, senza che si giungesse  a conclusioni e che il Governo rispondesse adeguatamente alle richieste della  Regione;  inoltre  alcuni   esponenti   della   rappresentanza governativa hanno formulato  proposte  integrative  dello  schema  di d.P.C.M. (riconoscimento alla Regione  degli  accantonamenti  di  cui
all'art. 7, comma 6, d.l. n. 195/2009, anche per gli anni  successivi al 2012, esclusione dal patto di stabilita'  della  relativa  spesa), senza che le stesse fossero mai formalizzate, ne' che  alla  riunione abbia fatto seguito alcun altro atto formale da parte del Governo.
    3.4. E' evidente che (contrariamente a quanto afferma il d.P.C.M. - pag. 4, primo considerato,  pag.  5,  ultimo  considerato)  non  e' attribuibile alla regione alcuna violazione del  principio  di  leale collaborazione; che i presupposti indicati a tal fine nel decreto non sono veritieri e  sono  comunque  fuorvianti;  che  al  contrario  il suddetto principio risulta violato in piu' riprese dallo Stato.
    La giurisprudenza costituzionale  ha  dato  grande  rilevanza  al principio della leale collaborazione tra Stato e  Regioni  e  ad  una delle sue tipiche e piu' intense forme di espressione,  vale  a  dire all'istituto dell'intesa.
    Secondo  Codesta   Ecc.ma   Corte,   "il   principio   di   leale collaborazione deve presiedere a tutti i  rapporti  che  intercorrono tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e  la  sua  adattabilita'  lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in  questione,  attenuando   i   dualismi   ed   evitando   eccessivi irrigidimenti. La genericita' di questo parametro,  se  utile  per  i motivi sopra  esposti,  richiede  tuttavia  continue  precisazioni  e concretizzazioni.  Queste  possono  essere  di  natura   legislativa, amministrativa o  giurisdizionale,  a  partire  dalla  ormai  copiosa giurisprudenza di questa Corte" (Corte cost., n.31 del 2006).
    Il  rispetto  del  principio  generale  di  leale  collaborazione richiede, in taluni casi, l'osservanza di un dovere  di  cooperazione istituzionale che si esprime attraverso l'intesa: ex multis, si  veda la sentenza Corte cost. n.  62  del  2005,  in  materia  di  siti  di
stoccaggio di rifiuti radioattivi (e le ivi  richiamate  sentenze  n. 338 del 1994, n. 242 del 1997, n. 303 del 2003 e n. 6  del  2004)  la quale ha affermato che "Quando ..., una volta individuato il sito, si debba   provvedere   alla   sua   "validazione",    alla    specifica localizzazione  e  alla  realizzazione   dell'impianto,   l'interesse territoriale da prendere  in  considerazione  e  a  cui  deve  essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e'  quello  della Regione nel cui territorio l'opera e' destinata  ad  essere  ubicata.
Non basterebbe piu', a questo  livello,  il  semplice  coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui  intervento  non  puo'  sostituire quello,  costituzionalmente   necessario,   della   singola   Regione interessata.
    Codesta Ecc.ma Corte  ha  altresi'  costantemente  affermato  che "occorre addivenire a forme di esercizio  delle  funzioni,  da  parte dell'ente  competente,  attraverso  le  quali   siano   efficacemente rappresentati tutti gli interessi e le  posizioni  costituzionalmente rilevanti. Nei casi in cui, per la loro connessione  funzionale,  non sia possibile una netta separazione nell'esercizio delle  competenze, vale il principio detto della «leale cooperazione»,  suscettibile  di essere organizzato in modi diversi, per forme e intensita' della  pur necessaria collaborazione" la quale giunge  a  richiedere  "effettivi poteri di codeterminazione, delle autonomie regionali  e  provinciali all'elaborazione del  piano  di  assegnazione  delle  radiofrequenze" (Corte cost., sentenza n. 308 del 2003 e le ivi  richiamate  sentenze n. 96 del 2003, n. 422 del 2002).
    Ove si rendano poi indispensabili  interventi  sostitutivi  della mancata intesa, per giurisprudenza consolidata, tali interventi  sono stati giudicati "non contrari a  Costituzione  a  condizione  che  ilGoverno, nell'adottare il provvedimento sul quale non  e'  intercorsa l'intesa nel  termine,  fornisca  un'adeguata  motivazione,  volta  a manifestare,  in  relazione  agli  argomenti  addotti   dalla   parte regionale a sostegno del rifiuto dell'accordo, le ragioni d'interesse nazionale che  abbiano  determinato  lo  stesso  Governo  a  decidere unilateralmente (v., da ultimo, sent. n. 204 del 1993).
    Del  resto,  l'obbligo  di  motivazione  da  parte  del  Governo, allorche' provvede direttamente dopo che e' fallito il confronto  per pervenire a un'intesa con le regioni, e' il requisito minimo in grado di legittimare la decisione unilaterale dello stesso Governo  in  una materia connotata dalla stretta connessione delle competenze  statali con quelle delle regioni" (Corte cost., sentenza n. 116 del 1994).
    Circa la doverosita' di un vero e proprio  principio  di  lealta' istituzionale valga il richiamo della sentenza n. 303 del 2003, nella quale si afferma che la legislazione statale di questo tipo  (il  non dissimile caso in esame  allora  era  relativo  a  leggi  statali  in materia  di  infrastrutture  e  insediamenti  produttivi  di   valore strategico) "puo' aspirare  a  superare  il  vaglio  di  legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le  intese,  che  devono  essere condotte in base al principio di lealta'" (Corte cost.,  sentenza  n. 303 del 2003, richiamata anche dalla sentenza n. 6 del 2004).
    Secondo  la  concezione  procedimentale   (o   consensuale)   del principio di sussidiarieta', come elaborata da Codesta  Ecc.ma  Corte nella sentenza n. 303 del 2003,  assume  quindi  particolare  rilievo nell'iter di sussunzione  (o  di  avocazione)  della  competenze,  il principio dell'intesa o dell'accordo.
    Quest'ultimo, sebbene gia' presente nella Costituzione, in quanto insito nel principio di leale collaborazione", finisce non  solo  per assumere la natura di valore costituzionale complementare a quello di sussidiarieta', ma anche per acquisire una sua fisionomia ben precisa nell'ambito della stessa leale cooperazione", che  presenta  contorni piu' ampi e generici.
    Mentre infatti la leale cooperazione,  quale  canone  informatore dei  rapporti  tra  Stato  e  sistema   delle   autonomie,   soddisfa sostanzialmente  esigenze  di  partecipazione  e  di   consultazione, attraverso strumenti di collaborazione e di dialogo di  varia  natura
(comprensivi anche dell'intesa) volti a coordinare l'esercizio  delle rispettive competenze e lo  svolgimento  di  attivita'  di  interesse comune, l'intesa e l'accordo in senso  stretto  sono  veri  e  propri strumenti  di  codecisione  (e  non  di  mera   partecipazione)   che presuppongono il potere decisionale dei  soggetti  partecipanti  alla definizione della materia di interesse comune.
    Secondo la giurisprudenza di Codesta  Ecc.ma  Corte  l'attrazione allo Stato di competenze che, in  base  alla  tendenziale  regola  di riparto spetterebbero alle regioni, puo' verificarsi solo  in  virtu' di una previa  intesa  con  l'ente  interessato  (o  di  un  "accordo stipulato con  la  regione").  Non  e'  dunque  sufficiente  la  mera emersione e citazione nel provvedimento o nel corso del procedimento, delle ragioni e delle istanze delle parti, potendosi  invece  operare la deroga solo in virtu' di una codecisione tra gli enti interessati.
    Codesta Ecc.ma Corte nell'applicazione  del  principio  di  leale cooperazione in tema di intese,  in  relazione  ad  un  conflitto  di attribuzioni relativo alla nomina  di  un  commissario  straordinario preposto  all'Ente  parco  nazionale   dell'Arcipelago   Toscano   ha conseguentemente affermato che  occorre  comunque  uno  sforzo  delle
parti per dar vita ad una trattativa: "Lo strumento  dell'intesa  tra Stato e Regioni costituisce una delle possibili forme  di  attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la  Regione  e  si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto  dell'atto; intesa,  da  realizzare  e  ricercare,  laddove  occorra,  attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento  di  un  accordo,  senza  alcuna  possibilita'  di  un declassamento dell'attivita' di codeterminazione connessa  all'intesa in una mera attivita' consultiva non vincolante (cfr. sentenza n. 351
del 1991).
    Nella  specie,  non   realizza   la   richiesta   condizione   di legittimita'  il  rifiuto  d'intesa  sul  nominativo   proposto   dal Ministro, seguito dalla mera richiesta d'incontro, fra le parti,  non seguita da alcuna altra attivita'  "E  ancora  che  "L'illegittimita' della condotta dello Stato  ...  risiede  ...  nel  mancato  avvio  esviluppo della procedura dell'intesa per la  nomina  del  Presidente, che esige, laddove occorra, lo svolgimento  di  reiterate  trattative volte a superare, nel rispetto del principio  di  leale  cooperazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino  il  raggiungimento di un accordo (Corte cost., sent. n. 27 del 2004).
    In  conclusione  il  ruolo  delle   regioni   non   deve   essere circoscritto a quello meramente  consultivo:  al  contrario,  queste, attraverso i propri rappresentanti,  devono  essere  a  pieno  titolo componenti dell'organo decisionale,  partecipando  direttamente  alla formazione della sua volonta' deliberativa.
4. - Violazione degli artt. 3 e 97  Cost.,  sotto  il  profilo  della violazione e falsa applicazione dell'art. 7 comma 1, del d.l. n.  195 del 2009, come convertito con legge n. 26  del  2010,  dell'art.  61, comma  3,  del  d.l.  n.  5  del  2012,  nonche'  sotto  il   profilo
dell'irragionevole determinazione del  termine  di  cui  all'art.  5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011.
    In ogni caso,  il  d.P.C.M.  del  16  febbraio  2012  denota  una interpretazione del quadro normativo presupposto del tutto erronea  e contraria alla sua reale portata.
    Fermo rimanendo quanto sin  qui  dedotto  in  ordina  alla  grave violazione del principio di leale collaborazione, le norme di cui  il d.P.C.M. costituisce erronea applicazione - da individuare  nell'art. 7, comma 1 del d.l. n. 195 dei 2009, convertito con legge n.  26  del 2010, nell'art. 61, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012, nonche' nell'art. 5, comma 1,  del  decreto-legge  n.  216  del  2011  -  non legittimano in alcun modo l'adozione del d.P.C.M.  16  febbraio  2012 oggi impugnato.
    Invero l'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195/2009  prevede  che  "e' trasferita  la  proprieta'  del  termovalorizzatore  di  Acerra  alla Regione Campania, previa intesa con la Regione  stessa,  o  ad  altro ente pubblico anche non  territoriale,  ovvero  alla  Presidenza  del Consiglio dei ministri - Dipartimento della  protezione  civile  o  a soggetto privato".
    L'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5/2012 prevede che  "Fatta  salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta  con  una  o  piu'  Regioni  per l'adozione di  un  atto  amministrativo  da  parte  dello  Stato,  il Consiglio dei ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela  della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei  beni  culturali  ovvero per  evitare  un  grave  danno  all'Erario  puo',  nel  rispetto  del principio di leale collaborazione,  deliberare  motivatamente  l'atto medesimo,  anche  senza  l'assenso  delle  Regioni  interessate,  nei sessanta giorni successivi alla  scadenza  del  termine  per  la  sua adozione  da  parte  dell'organo  competente.  Qualora  nel  medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa,  il  Consiglio  dei  ministri delibera l'atto motivando  con  esclusivo  riguardo  alla  permanenza dell'interesse pubblico".
    Infine all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011, e' prevista la proroga alla data del 31 gennaio 2012 del termine  precedentemente fissato dall'art.  7,  comma  1,  del  decreto-legge  195  del  2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  26  del  2010,  al  31
dicembre 2011.
    4.1. In relazione all'art. 7 comma 1 del decreto-legge n. 195 del 2009, la norma individua un elenco di soggetti ai quali trasferire la proprieta'  del  termovalorizzatore  di  Acerra,  individuati   nella Regione, in  altro  ente  pubblico  non  territoriale,  nella  stessa
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, e infine ad un soggetto privato.
    In nessun modo e' possibile intravedere o anche  interpretare  il testo di legge come espressivo di una  preferenza,  quale  acquirente dell'impianto, nei riguardi della Regione Campania.  Anzi,  nei  solo caso della Regione, l'eventuale acquisto e' espressamente subordinato e condizionato al raggiungimento dell'intesa con la Regione.
    Di contro, alla luce delle previsioni di cui ai commi 4 e  5,  ai sensi  dei   quali   nelle   more   del   trasferimento,   la   piena disponibilita', utilizzazione e godimento  dell'impianto  permane  in capo alla  PCM  -  Dip.  Protezione  civile,  la  quale  e'  altresi'
"autorizzata a stipulare un  contratto  per  l'affitto  dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni",  spettando  inoltre  "i ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia  elettrica   prodotta dall'impianto",  il  Dipartimento  della  Protezione  civile   appare oggettivamente come il soggetto piu' idoneo all'esercizio  temporaneo di una struttura che e'  stata  dichiarata  di  interesse  strategico nazionale.
    Orbene il legislatore nazionale, attraverso l'art.  7,  comma  1, del decreto-legge n. 195 del 2009, e' intervenuto a  disciplinare  in modo  preciso  e  puntuale  una  singola  fattispecie   concretamente individuata,  vale  a  dire  il  trasferimento  di   proprieta'   del
termovalorizzatore di Acerra, di proprieta' di  un  soggetto  privato (Fibe), ad un soggetto pubblico o privato nonche' le vicende ad  esso relative nelle more del perfezionamento dello stesso.
    Si tratta di  norma  di  chiaro  valore  provvedimentale  essendo sprovvista di quei requisiti  tipici  di  generalita'  e  astrattezza generalmente ascrivibili alle previsioni legislative. Orbene, pur  se in linea di principio al legislatore non e'  preclusa  l'adozione  di norme aventi contenuto particolare e concreto (norme  provvedimento), Codesta Ecc.ma Corte ha piu'  volte  ribadito  che  tali  leggi  sono ammissibili  entro  i   limiti   del   rispetto   dei   principi   di ragionevolezza e di non arbitrarieta' (Corte cost., sentenze nn. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007).
    La norma, ove venga interpretata nel senso di preferire fra tutti i soggetti pur elencati nella disposizione, la sola Regione Campania, in assenza di valide e conoscibili ragioni ostative alla scelta di un altro tra i soggetti pur previsti,  palesa  un  evidente  profilo  di
illegittimita' per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
    4.2. Con un vera e propria forzatura il Presidente del  Consiglio dei ministri ha poi ritenuto di poter ravvisare  nell'intesa  di  cui all'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, una delle  ipotesi  di applicazione dell'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012.
    a) Il combinato disposto delle due norme, invero, rende  evidente la gravissima forzatura da cui scaturisce  il  d.P.C.M.  16  febbraio 2012.
    Se, il legislatore nazionale (con l'art. 7, comma 1), ha previsto che il trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore  avvenga in capo ad uno dei soggetti elencati; e se, tra i  soggetti  elencati dalla  norma,  la  Regione  Campania  e'  l'unica  per  il  quale  il legislatore riconosce che  il  trasferimento  debba  avvenire  previa intesa; e' allora di tutta evidenza che,  in  caso  di  scelta  della Regione - scelta che dovra' essere congruamente motivata - il mancato raggiungimento dell'intesa non potra' che determinare lo  spostamento della scelta su uno dei restanti soggetti indicati dalla norma.
    Diversamente opinando, le opzioni alternative espresse dal  comma 1 rimarrebbero prive di reale significato.
    Come gia' ricordato, il decreto-legge n. 5 del 2012, all'art. 61, nell'ambito di previsioni transitorie e di disposizioni  generali  in materia di atti amministrativi sottoposti ad intesa, ha previsto, con il comma 3, la possibilita' per il Consiglio dei ministri di superare la richiesta intesa con la Regione e di deliberare  motivatamente  un atto amministrativo (ove sussistano taluni gravi  pericoli  precisati dalla norma stessa).
    Applicare al caso in questione - quello cioe' previsto  dall'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009 -  la  possibilita'  di superare l'intesa con la Regione per  individuare,  in  ogni  caso  e senza valutare le  altre  opzioni  previste  dallo  stesso  comma  1, l'unico possibile acquirente del termovalorizzatore di  Acerra  nella Regione stessa, costituisce un falso, e quindi illegittimo, combinato disposto che vale a privare di contenuto reale l'art. 7, comma 1  del decreto legge 195 del 2009, in chiara  violazione  di  ogni  basilare principio di leale cooperazione e collaborazione.
    4.3. L'art.  61,  comma  3,  del  decreto-legge  n.  5  del  2012 attribuisce al Governo -  come  visto  -  il  potere  di  superamento dell'intesa con la  Regione  richiesta  per  l'adozione  di  un  atto amministrativo da parte dello  Stato,  quando  ricorrano  determinate condizioni. Tali condizioni sono individuate  in  gravi  esigenze  di tutela della  sicurezza,  della  salute,  dell'ambiente  o  dei  beni culturali, ovvero per evitare un grave danno all'Erario. In ogni caso deve essere fatto salvo il principio di leale collaborazione.
    Orbene, nella denegata ipotesi in cui tale norma  dovesse  essere ritenuta applicabile anche all'intesa di cui all'art. 7, comma 1, deldecreto-legge n. 195 del 2009,  nessuna  delle  esigenze  passate  in rassegna dalla  norma  in  esame  appare  concretamente  sussistente, atteso che il trasferimento della proprieta'  del  termovalorizzatore non  determina  ripercussioni   immediate   e   dirette   sulla   sua operativita' e funzionalita', che rimane preservata anche nelle  more di tale trasferimento.
    In  altri  termini,  la  disciplina  relativa   alla   proprieta' dell'impianto, pur riguardando un aspetto importante  della  gestione dei rifiuti, non presenta quei caratteri tali di  indifferibilita'  e urgenza legati ad immediate esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali previste  dalla  norma  in questione.
    Non sussiste neanche il grave danno all'erario che, tenuto  conto della portata della norma  e  della  necessita'  di  interpretare  lastessa in modo costituzionalmente orientato, non puo' essere  causato dalla mera necessita' di estinguere un contenzioso  in  atto,  e  non puo' comunque essere risolto  in  danno  delle  finanze  regionali  e dell'autonomia finanziaria della Regione  e  senza  alcuna  forma  di leale collaborazione e cooperazione istituzionale.
    4.4. Infine, la proroga di un solo mese,  prevista  dall'art.  5, comma 1, del d.l.  n.  216/2011,  in  relazione  al  termine  del  31 dicembre 2011 originariamente previsto dal  d.l.  n.  195  del  2009, appare palesemente irragionevole, tanto piu' nella  denegata  ipotesi in cui il quadro normativo dianzi richiamato fosse  interpretato  nel senso che, decorso inutilmente tale termine, la Regione sia obbligata ad  acquistare  l'impianto.  La  norma  predetta  appare  palesemente viziata da illegittimita'  costituzionale  per  irragionevolezza  del termine prorogato, manifestamente inadeguato allo  svolgimento  delle attivita' necessarie per  la  formazione  dell'intesa  e  sotto  taleprofilo in contrasto anche con l'art. 97 Cost.

Istanza cautelare

    La scrivente  difesa  chiede  che  Codesta  Ecc.ma  Corte  voglia disporre la sospensione cautelare  dell'efficacia  dei  provvedimenti impugnati, in quanto dalla loro esecuzione  l'odierna  ricorrente  si vedrebbe con ogni evidenza costretta a subire un pregiudizio grave ed irreparabile. Quanto  alla  sussistenza  del  fumus,  sia  consentito
richiamare tutto quanto sopra dedotto  e  argomentato  in  merito  ai manifesti profili di illegittimita' dell'atto gravato.  In  relazione al periculum in mora, risulta assolutamente chiaro come  l'esecuzione medio  tempore  del  d.P.C.M.  del  16  febbraio  2012  e'  idonea  a realizzare effetti irreversibili in grave pregiudizio degli interessi della Regione Campania.
    In tal senso, in adempimento del  d.P.C.M.  16  febbraio  2012  e della connessa intimazione formulata dal Capo del Dipartimento  della Protezione civile nei confronti della Regione Campania  con  la  nota  prot. n. CG/0013217,  l'ente  regionale  si  troverebbe  costretto  a corrispondere nei confronti della Fibe S.p.A.,  attuale  proprietaria
del termovalorizzatore di Acerra, l'importo di Euro 355.550.240,84  a titolo di prezzo per l'acquisizione della proprieta' dell'impianto.
    Tale pregiudizio e'  reso  ancor  piu'  grave  ed  attuale  dalla recente diffida del 19 marzo 2012, mediante la  quale  la  menzionata Fibe ha intimato la Regione ricorrente  -  oltre  al  Presidente  del Consiglio dei ministri e alla Protezione  Civile  -  a  provvedere  a
quanto di propria competenza ai fini dell'immediato  pagamento  della somma determinata dal d.P.C.M. impugnato.
    Anche a voler tacere dell'ingenza dei suddetti oneri, il d.P.C.M.impugnato obbliga la Regione a reperire gli  stessi  a  valere  sulle risorse della quota regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013.
    E' opportuno ribadire che, come rappresentato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con nota del  27  gennaio  2012,  le  predette risorse sono gia' integralmente programmate sulla base della delibera CIPE n. 166/2007, modificata dalla delibera n.  1/2009,  nonche'  dei recenti accordi con il Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20
gennaio 2012, anche con riferimento all'esigenza  di  far  fronte  ad indifferibili emergenze in materia di edilizia  sanitaria.  Pertanto, l'impiego di risorse gia' impegnate esporrebbe la Regione Campania al rischio di compromissione di  interventi  di  rilievo  primario  gia'
programmati in quanto necessari ed improcrastinabili, con  gravissime ripercussioni sulla capacita'  della  Regione  stessa  di  assicurare continuita' alle politiche ed attivita' politico-amministrative  gia' intraprese.
    Ulteriori   effetti   pregiudizievoli    discenderebbero    dalla circostanza che, nei  trasferire  coattivamente  alla  ricorrente  la proprieta' del termovalorizzatore, la Presidenza del Consiglio non ha fornito alla Regione alcuna garanzia in ordine ad  eventuali  pretese dei creditori di  Fibe  S.p.A.,  i  quali  ben  potrebbero  ritenersi contrari  alla  transazione   intervenuta   tra   tale   societa'   e l'amministrazione statale. Cio' porrebbe la  Regione  Campania  nella condizione di subire iniziative processuali  da  parte  dei  predetti soggetti, che, alla luce  dell'assenza  di  qualsiasi  certificazione circa la congruita' del prezzo per l'acquisto  della  proprieta'  del termovalorizzatore, si palesano  come  molto  probabili.  Cio'  senza contare che, come si e' gia' avuto modo  di  vedere  piu'  ampiamente sopra, in sede di  determinazione  del  prezzo  stesso  alla  Regione Campania e' stato precluso qualsiasi apporto partecipativo.
    Alla luce di quanto  appena  osservato,  e'  evidente  allora  la necessita' di sospendere in via cautelare  l'efficacia  del  d.P.C.M. impugnato e della nota conseguente.


                               P.Q.M.


    Chiede che Codesta  Ecc.ma  Corte,  contrariis  rejectis,  voglia dichiarare - se del  caso  previa  sollevazione  della  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 1, del d.l. n. 195  del 2009, come convertito con legge n. 26 del 2010, dell'art.  61,  comma
3, del d.l. n. 5 del 2012, nonche' dell'art. 5, comma 1, del d.l.  n. 216 del 2011 ove interpretati  nel  senso  di  obbligare  la  Regione Campania, anche in assenza di sua intesa, ad acquistare la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra entro  il  termine  del  31  gennaio 2012, in riferimento agli artt. 3, 5, 41, 97, 114, 117,  118,  119  e 120 Cost. - che non spetta allo Stato, e per esso al  Presidente  del Consiglio dei ministri, emanare il del  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 con  il  quale  e'  stato deliberato il trasferimento alla Regione  Campania  della  proprieta' del termovalorizzatore sito in localita' Pantano del Comune di Acerra per il prezzo complessivo di  Euro  355.550.240,84,  a  valere  sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e  la  coesione  2007/2013,  e  per l'effetto annullarlo,  previa  sospensione  cautelare  immediata  dei relativi effetti.

        Roma-Napoli, addi' 16 aprile 2012



     Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia - Avv. Paolino 



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