Ricorso per conflitto tra enti n. 11 depositato in cancelleria l'11 ottobre 2013 (Regione Toscana)
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria l'11 ottobre
2013 (della Regione Toscana).
(GU n. 44 del 30.10.2013)
Ricorso per conflitto della Regione Toscana (codice fiscale e
partita I.V.A….: in persona del Presidente pro tempore,
autorizzato con delibera della Giunta Regionale 800 del 30 settembre
2013, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente
atto, dall'avv. Lucia Bora dell'Avvocatura della Regione Toscana
(codice fiscale: …) e dall'avv. prof. Marcello
Cecchetti (codice fiscale: …), presso il cui studio
elegge domicilio in Roma, via Antonio Mordini n. 14 (e-mail:
…);
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
Ministri pro tempore in carica, per:
La dichiarazione di non spettanza alla Corte dei Conti -
Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana del potere di
richiedere il deposito dei conti giudiziali ai gruppi consiliari del
Consiglio della Regione Toscana riferibili alle annualita' 2010 -
2011 - 2012;
e, per l'effetto, l'annullamento dei decreti nn. 13, 14, 15,
16, 17, 18, 19/2013 emanati dalla Corte dei Conti - Sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana in data 10 luglio 2013 e
depositati in segreteria della Corte dei Conti in data 8 agosto 2013,
con i quali il predetto potere giurisdizionale e' stato affermato e
concretamente esercitato.
Fatto
In data 11 aprile 2013 il Procuratore regionale della Corte dei
conti inoltrava alla Sezione giurisdizionale regionale della Corte
medesima sette istanze per resa di conto ai sensi dell'art. 39, del
regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, per l'emanazione del decreto
di fissazione del termine per il deposito da parte dei gruppi
Consiliari del Consiglio regionale della Toscana dei conti giudiziali
relativi alla gestione dei fondi pubblici regionali - integranti il
contributo previsto dalla legge regionale n. 60/2000 e successive
modificazioni ed integrazioni - e accreditati, nel corso della IX
Legislatura regionale, per gli anni 2010 - 2011 - 2012.
La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, all'esito della Camera di consiglio del 10 luglio 2013,
emanava i decreti nn. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 del 2013 (docc. 1,
2, 3, 4, 5, 6, 7) con i quali - individuato l'agente contabile
legittimato passivo del giudizio per resa di conto ai sensi degli
artt. 44 ss. del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 nelle persone
dei Presidenti pro tempore dei gruppi consiliari oggetto della
predetta istanza - assegnava agli stessi il termine di giorni novanta
per il deposito dei conti giudiziali relativi alla gestione per gli
anni 2010 - 2011 - 2012. Segnatamente:
con decreto n. 13/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Gruppo Misto" il deposito dei predetti conti
giudiziali;
con decreto n. 14/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Lega Nord Toscana/piu' Toscana" il deposito
dei predetti conti giudiziali;
con decreto n. 15/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Unione di Centro" il deposito dei predetti
conti giudiziali;
con decreto n. 16/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Federazione della Sinistra - Verdi" il
deposito dei predetti conti giudiziali;
con decreto n. 17/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Italia dei Valori" il deposito dei predetti
conti giudiziali;
con decreto n. 18/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "Partito Democratico" il deposito dei predetti
conti giudiziali;
con decreto n. 19/2013, si intimava al Presidente pro tempore
del Gruppo consiliare "il Popolo della Liberta'" il deposito dei
predetti conti giudiziali.
Preme sin da ora rilevare come l'intimazione al deposito dei
conti giudiziali contenuta nei citati decreti non abbia precedenti
nella storia dell'ordinamento regionale repubblicano; non solo, ma la
stessa segue la conclusione del controllo sul rendiconto generale
della Regione Toscana effettuato, con giudizio di parifica positivo,
ai sensi della nuova normativa contenuta nell'art. 1, del
decreto-legge n. 174 del 10 ottobre 2012, convertito in legge dalla
legge 7 dicembre 2012, n. 213.
I provvedimenti giurisdizionali avverso i quali si ricorre con la
proposizione del presente giudizio per conflitto di attribuzione
risultano adottati in carenza assoluta di giurisdizione e, al
contempo, ledono l'autonomia costituzionalmente garantita della
Regione e, in particolare, del Consiglio regionale e dei suoi singoli
componenti.
Il presente conflitto, pertanto, e' fondato su due concorrenti
presupposti: da un lato, la radicale insussistenza del potere
giurisdizionale che la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per
la Regione Toscana ha preteso di affermare ed esercitare in concreto
mediante l'attivazione del giudizio di resa del conto a carico dei
Presidenti dei gruppi consiliari; dall'altro, la conseguente palese
interferenza che da tale pretesa deriva nei confronti delle
attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Regione e ai suoi
organi consiliari, sotto il profilo della attuale e concreta
menomazione delle medesime.
Ambedue i presupposti trovano fondamento nei motivi di seguito
esplicitati.
In via preliminare, sull'ammissibilita' del presente ricorso per
conflitto di attribuzioni.
Come e' noto, la giurisprudenza di questa Ecc.ma. Corte
Costituzionale ammette pacificamente «che il conflitto
intersoggettivo possa riguardare anche atti di natura
giurisdizionale, con l'unico limite che esso non si risolva in un
mezzo improprio di censura del modo di esercizio della funzione
giurisdizionale, valendo, contro gli errori in iudicando, di diritto
sostanziale o processuale, i consueti rimedi previsti dagli
ordinamenti processuali delle diverse giurisdizioni» (cosi' sent. n.
195/2007; cfr. inoltre, ex multis, sentt. nn. 72 e 81/2012).
I decreti che qui si censurano - pacificamente di natura
giurisdizionale (ai sensi degli artt. 44 ss. del regio decreto n.
1214/1934, ed a fortiori dell'art. 103, secondo comma, Cast. che ne
costituisce il fondamento costituzionale) e gia' riconosciuti da
questa Corte (a partire dalla sent. n. 110 del 1970) quali atti
idonei a costituire il presupposto di un conflitto di attribuzioni
tra Stato e Regioni - esprimono in modo chiaro ed inequivoco
l'affermazione (clamorosamente erronea e infondata, come si vedra')
della sussistenza di un potere giurisdizionale spettante alla Corte
dei conti e la relativa pretesa di esercitarlo in concreto nei
confronti dei Presidenti dei gruppi consiliari intimati, con
conseguente sicura interferenza, sotto il profilo della menomazione
attuale e concreta, rispetto a molteplici attribuzioni
costituzionalmente garantite alla Regione e all'assemblea legislativa
regionale, nonche' alle prerogative costituzionali dei singoli
consiglieri.
Come gia' sostenuto da questa Ecc.ma Corte nella sent. n. 129 del
1981, «tale prospettazione e' sufficiente a dimostrare che "esiste la
materia di un conflitto" (in base all'art. 37, quarto comma, della
legge n. 87 del 1953), anche se nei casi in esame non si controverte
circa la spettanza di una stessa attribuzione, ma circa l'estensione
della giurisdizione propria della Corte dei conti, nel rapporto con
l'autonomia organizzativa e funzionale rivendicata» dall'odierna
ricorrente; «e' infatti consolidato, nella giurisprudenza di questa
Corte, il criterio per cui la figura dei conflitti di attribuzione,
sia tra lo Stato e le Regioni sia tra i poteri dello Stato, "non si
restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del
medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per
se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo
esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto" (cfr.
la sentenza n. 110 del 1970)».
L'idoneita' lesiva dei suddetti decreti sostanzia in capo alla
ricorrente Regione Toscana l'interesse alla tutela dell'integrita'
della propria sfera di autonomia, cosi' come sancita da norme
costituzionali o norme primarie direttamente integrative o attuative
di norme di rango Costituzionale (cfr., ex multis, sent. n.
238/2012). Cio' a maggior ragione se si considera che, come affermato
da questa Ecc.ma Corte, la lesione di poteri propri dei
rappresentanti di un ente dotato di autonomia costituzionalmente
protetta si estende anche all'autonomia dell'ente medesimo,
avvalorando ulteriormente l'interesse alla tutela delle proprie
attribuzioni (cfr., ex multis, sentt. nn. 211/1972 e 163/1997).
L'iniziativa del Procuratore regionale cui la Sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana della Corte dei conti ha dato
corso travalica i limiti esterni della giurisdizione contabile,
concretizzando l'attivazione di un giudizio in carenza assoluta di
potere giurisdizionale, senza che vengano in alcun modo in questione
profili concernenti le concrete modalita' di esercizio di tale
funzione. Gli atti che in questa sede si impugnano realizzano,
altresi', una concreta ed attuale lesione delle prerogative
costituzionalmente attribuite alla Regione, in violazione degli artt.
5, 101, secondo comma, 103, secondo comma, 114, 117, 119, 121, 122,
quarto comma, 123, anche in relazione all'art. 134, primo comma,
Cost. e, quali norme interposte, degli artt. 9 (prerogative dei
Consiglieri), 11 (funzioni del Consiglio regionale), 16 (gruppi
consiliari), 17 (Presidenti dei gruppi consiliari), 22 (regolamento
del Consiglio regionale) e 28 (autonomia del Consiglio regionale)
dello Statuto della Regione Toscana.
Tanto doverosamente premesso in punto di ammissibilita' del
ricorso, i decreti della Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale
per la Regione Toscana menzionati in epigrafe ledono l'autonomia e le
attribuzioni costituzionali della Regione Toscana per i seguenti
motivi di
Diritto
1. - Carenza assoluta di giurisdizione per difetto dei
presupposti oggettivi di instaurazione del giudizio di resa di conto
e del giudizio di conto. Violazione degli artt. 101, secondo comma, e
103, secondo comma, della Costituzione. Violazione e falsa
applicazione degli artt. 44 e 45 del regio decreto 12 luglio 1934, n.
1214, nonche' dell'art. 39 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038.
Lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite
dagli artt. 5, 114, 117, 119, 121 e 123 della Costituzione, anche in
riferimento agli artt. 9, 11, 16, 17, 22 e 28 dello Statuto della
Regione Toscana.
1.1. - Con i decreti indicati in epigrafe e impugnati in questa
sede, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana ha affermato esplicitamente la sussistenza della propria
giurisdizione contabile nei confronti dei Presidenti dei gruppi
consiliari, ritenendo assoggettabili al procedimento di resa del
conto e al conseguente giudizio di conto i rendiconti da questi
predisposti e sottoscritti in ordine alla gestione dei contributi
ricevuti dai gruppi a carico del bilancio del Consiglio regionale.
Tale affermazione e' gravemente erronea, in quanto del tutto
priva di fondamento e palesemente contrastante con il vigente quadro
normativo che configura l'ambito e i limiti delle giurisdizioni
speciali affidate alla Corte di conti.
Come e' noto, l'art. 103, secondo comma, Cost. stabilisce, in via
generale, che «la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di
contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge». Orbene,
nella presente sede si puo' senz'altro prescindere dall'antica e
dibattuta questione circa la necessita' o meno della c.d.
"interpositio legislatoris" ai fini della compiuta definizione degli
ambiti spettanti alla giurisdizione contabile. La vigente
legislazione nazionale, infatti, individua in termini inequivoci e
con estrema puntualita' l'ambito oggettivo del "giudizio di conto"
spettante alla Corte dei conti, stabilendo, all'art. 44, comma 1, del
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, che quest'ultima «giudica, con
giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri, dei ricevitori,
dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di
conservare e di maneggiare denaro pubblico o di tenere in custodia
valori e materie di proprieta' dello Stato, e di coloro che si
ingeriscono anche senza legale autorizzazione negli incarichi
attribuiti ai detti agenti», aggiungendo, al secondo comma,
l'ulteriore precisazione secondo la quale «la Corte giudica pure sui
conti dei tesorieri ed agenti di altre pubbliche amministrazioni
[diverse da quelle statali] per quanto le spetti a termini di leggi
speciali».
Si tratta di un dato normativo assolutamente dirimente per il
caso di specie.
E' evidente, infatti, che - contrariamente a quanto affermato nei
decreti da cui origina il presente conflitto (cfr., ad es., i parr.
3.4 e 3.5 del decreto n. 13 /2013) circa la non necessarieta' di una
esplicita interpositio legislatoris ai fini della configurazione
dell'obbligo di resa del conto giudiziale «in ogni caso in cui vi sia
maneggio di pubblico denaro e piu' in particolare, allorquando, come
si verifica in fattispecie (...) pubblico sia l'ente per il quale il
soggetto agisce, pubblico sia il denaro utilizzato e pubbliche siano
le finalita' perseguite», asseritamente in forza di un principio
generale ricavabile dall'art. 610 del Regolamento di contabilita'
generale dello Stato (R.D. 23 maggio 1924, n. 827) e della
giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione -
l'interpositio legislatoris in riferimento specifico al "giudizio di
conto" si e' concretamente ed esplicitamente realizzata, mediante
l'espressa previsione legislativa secondo la quale tale giurisdizione
della Corte dei conti puo' estendersi ai conti dei tesorieri ed
agenti delle amministrazioni non statali solo ed esclusivamente se e
nei limiti in cui sia espressamente contemplata da leggi speciali. E
poiche' non esiste nell'ordinamento alcuna disciplina legislativa
speciale che preveda l'obbligo di resa del conto giudiziale a carico
dei Presidenti dei gruppi consiliari regionali e la conseguente
assoggettabilita' di questi ultimi al giudizio di conto spettante
alla Corte dei conti (alcunche' e' rinvenibile, al riguardo, ne'
nella legge n. 853 del 1973 sull'autonomia contabile e funzionale dei
Consigli regionali, ne' nell'art. 31, della legge n. 335 del 1976 o
nell'art. 33 del d.lgs. n. 76 del 2000 che lo ha sostituito con
contestuale abrogazione), e' del tutto evidente che la Sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana, con i decreti impugnati, ha
ritenuto di pronunciarsi in carenza assoluta di potere
giurisdizionale, incorrendo altresi' in una palese quanto clamorosa
ipotesi di "disapplicazione" della legislazione vigente e violando
contestualmente gli artt. 101, secondo comma, e 103, secondo comma,
Cost., nonche' le chiarissime previsioni dell'art. 44, del citato
regio decreto n. 1214 del 1934 e del connesso art. 39, del regio
decreto n. 1038 del 1933, che a quest'ultimo rimanda nel disciplinare
il potere del Procuratore generale presso la Corte dei conti di
promuovere il giudizio di conto a carico dei soggetti che risultino
obbligati alla resa del conto medesimo.
D'altra parte, i decreti da cui origina il presente conflitto
difettano in assoluto dei presupposti oggettivi per l'instaurazione
del giudizio di resa di conto, quale giudizio strumentale alla
instaurazione del successivo giudizio di conto, anche da un secondo
punto di vista.
Nel caso di specie, invero, il giudizio di resa di conto,
sollecitato dalla Procura e assentito dalla Sezione giurisdizionale,
si fonda su elementi non sussumibili in alcun modo nell'ambito delle
specifiche fattispecie previste dall'art. 45, del regio decreto n.
1214 del 1934. Il comma 2 di tale disposizione stabilisce infatti che
«il giudizio puo' essere iniziato dietro istanza del pubblico
ministero per decreto della competente sezione, da notificarsi
all'agente, con la fissazione di un termine a presentare il conto nei
casi:
a) di cessazione degli agenti dell'amministrazione del loro
ufficio;
b) di deficienze accertate dall'Amministrazione;
c) di ritardo a presentare i conti nei termini stabiliti per
legge o per regolamento.
La stessa giurisprudenza costituzionale (ex multis, sentt. nn.
337/2009; 337/2005; 100/1995; 209/1994; 104/1989) si e' curata di
precisare che i poteri di controllo in punto di responsabilita'
contabile e amministrativa riconosciuti in capo al Procuratore
Regionale della Corte dei Conti (dalla cui istanza originano i
decreti contestati nel presente giudizio) in tanto si possono
legittimamente esplicare, in quanto esercitati in presenza di
circostanze che facciano ragionevolmente presumere illeciti
produttivi di danno erariale (come peraltro desumibile dall'art. 17,
comma 30-ter, del decreto-legge n. 78/2009, come modificato dal
decreto-legge n. 103/09, convertito in 1. n. 141/09), al fine di non
denaturare in un generalizzato potere di controllo.
Nel caso di specie non sussiste evidentemente alcuna delle tre
ipotesi cui la citata disposizione legislativa riconduce
l'esperibilita' del giudizio per resa di conto: non vi e' cessazione
degli agenti dell'amministrazione, ne' deficienze accertate, ne'
ritardo nella presentazione dei conti (ritardo che, in ogni caso, non
e' stato neppure formalmente contestato ne' avrebbe potuto esserlo,
non essendo reperibile alcun termine di legge o di regolamento per la
presentazione del conto giudiziale da parte dei presidenti dei gruppi
consiliari).
1.2. - Dalla carenza assoluta della giurisdizione affermata dalla
Corte dei conti per difetto dei presupposti oggettivi di
instaurazione del giudizio per resa di conto e del successivo
giudizio di conto, oltre che una conclamata violazione dei parametri
costituzionali e legislativi che delimitano i confini della
giurisdizione contabile, deriva una palese menomazione dell'autonomia
riconosciuta al Consiglio regionale, atteso che l'affermata
assoggettabilita' dei rendiconti dei gruppi consiliari al giudizio di
conto introduce una forma surrettizia di controllo sull'operato
consiliare, generalizzata e diffusa, che - come si e' visto - non
trova alcun riscontro nel quadro normativa di riferimento e che, come
meglio si' dira' nei paragrafi che seguono - interferisce
pesantemente sulle attribuzioni e le prerogative di un organo, il
Consiglio regionale (nel suo complesso e nei suoi singoli
componenti), cui le norme costituzionali (in particolare, gli artt.
5, 114, 121, 122 e 123 Cost. e, quale nonna interposta, l'art. 28
dello Statuto regionale) hanno conferito ampia autonomia politica ed
organizzativa, in quanto organo rappresentativo della comunita'
regionale.
Tali risultanze sono avvalorate - e non invece disattese come si
sostiene nei decreti impugnati - dagli innovativi e piu' penetranti
poteri di controllo che il d.l. n. 174 del 2012 ha attribuito alla
Corte dei conti, con particolare riferimento ai rendiconti dei gruppi
consiliari (cfr., spec., art. 1, commi 9, 10, 11 e 12). Il suddetto
intervento legislativo si e' curato di disciplinare un nuovo ambito
di esplicazione del potere di controllo della Corte dei conti (come
desumibile anche dalla rubrica dell'art. 1, che parla di
«rafforzamento» di tale potere), che a tutta evidenza, prima di esso,
non era ricavabile in via analogica ne' dalle attribuzioni di cui
all'art. 100, secondo comma, Cost., ne', a fortiori, da quelle
derivanti dall'art. 103, secondo comma, Cost.
Aderendo alla tesi sostenuta dalla Corte dei conti - Sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana, sfuggirebbe ad una lineare
comprensione la stessa ratio del nuovo istituto, atteso che i poteri
di controllo circa il corretto utilizzo dei contributi concessi ai
gruppi consiliari si verrebbero a sovrapporre, in via del tutto
paradossale, all'obbligo di presentazione del conto giudiziale e al
giudizio di resa di conto, che gia' prima dell'introduzione della
novella avrebbero potuto ampiamente soddisfare l'esigenza del
rispetto della destinazione funzionale di tali fondi.
1.3. - I decreti in epigrafe esplicano efficacia lesiva, sotto il
profilo della menomazione di attribuzioni costituzionali, anche in
relazione all'autonomia statutaria, all'autonomia legislativa ed
all'autonomia finanziaria, rispettivamente riconosciute all'ente
Regione dagli artt. 123, 117 e 119 Cost.
Nell'instaurare una forma surrettizia di controllo dell'operato
consiliare mediante l'affermazione di un potere giurisdizionale in
realta' inesistente, la Corte dei conti viene a ledere in concreto le
modalita' con le quali Regione Toscana ha esercitato le proprie
potesta' statutaria, legislativa e finanziaria in materia. I decreti
che qui si censurano, infatti, prescindono totalmente dalla normativa
regionale, che pure esiste ed e' invero informata ai principi di
corretta ed efficace gestione delle pubbliche risorse.
In particolare, sulla base delle previsioni contenute negli artt.
16 e 28 dello Statuto regionale, tanto la legge regionale 5 febbraio
2008, n. 4, che appositamente tutela l'autonomia del Consiglio
regionale, quanto la recente legge regionale 27 dicembre 2012 n. 83,
regolatrice del finanziamento dei gruppi consiliari, si sono curate
di disciplinare puntualmente le modalita' di corretta rendicontazione
e gestione delle risorse consiliari. Emerge dalla normativa regionale
la chiara intenzione di predisporre i piu' idonei strumenti
giuridici, procedurali e sostanziali, per recepire i criteri
direttivi contenuti nel d.l. n. 174/2012 al fine di agevolare la
correttezza nella gestione delle risorse pubbliche e il controllo
contabile da esso previsto. Si disciplina cosi' puntualmente la. fase
di erogazione del contributo (artt. 1 e 4), i criteri che debbono
informarne l'utilizzo (art. 3: «Il contributo e' assegnato e puo'
essere utilizzato esclusivamente per gli scopi istituzionali dei
gruppi, riferiti all'attivita' del Consiglio regionale, ivi comprese
le attivita' di studio, editoria e comunicazione, esclusa in ogni
caso la possibilita' di finanziare, direttamente o indirettamente, le
spese di funzionamento degli organi centrali e periferici dei partiti
o dei movimenti politici e delle loro articolazioni politiche o
amministrative o di altri rappresentanti interni ai partiti o ai
movimenti politici»), e soprattutto le modalita' di rendicontazione e
di pubblicita' di cui all'art. 6, ai sensi del quale:
«1. Ciascun gruppo consiliare approva e trasmette al Presidente
del Consiglio regionale, entro quarantacinque giorni dalla chiusura
dell'esercizio, il rendiconto annuale delle spese sostenute, con la
relativa documentazione, redatto secondo il modello allegato alla
deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano 6
dicembre 2012, n. 235/CSR [...];
2. Il presidente del gruppo consiliare sottoscrive il
rendiconto e ne e' responsabile;
3. Ciascun consigliere appartenente al gruppo misto sottoscrive
il rendiconto relativo alle proprie spese e ne e' responsabile;
4. Il Presidente del Consiglio regionale inoltra i rendiconti
al Presidente della Giunta regionale il quale, entro sessanta giorni
dalla chiusura dell'esercizio, li trasmette alla competente sezione
regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi e per gli
effetti dell'art. 1, commi 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174 [...];
5. Per i gruppi consiliari cessati, per qualsiasi causa, il
rendiconto per l'anno di cessazione e' trasmesso al Presidente del
Consiglio regionale, ai fini del comma 4, entro quarantacinque giorni
dalla cessazione stessa;
6. Nell'ultimo anno della legislatura il rendiconto riferito al
periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data antecedente alla
prima seduta del nuovo Consiglio regionale e' trasmesso al Presidente
del Consiglio regionale, ai fini del comma 4, entro quarantacinque
giorni dalla data delle elezioni;
7. I rendiconti e la deliberazione con la quale la Corte dei
conti si pronuncia sulla loro regolarita' sono pubblicati sul
Bollettino ufficiale della Regione Toscana in allegato al conto
consuntivo del Consiglio regionale;
8. Il Presidente del Consiglio regionale, mediante i competenti
uffici consiliari, cura la pubblicazione sul sito istituzionale del
Consiglio regionale dei documenti di cui al comma 7, e di tutti i
dati relativi al finanziamento dell'attivita' dei gruppi,
assicurandone la disponibilita' per via telematica ai sensi dell'art.
2, comma 1, lettera l), del d.l. 174/2012, convertito dalla l.
213/2012;
9. Nel caso di mancata trasmissione o di irregolarita' del
rendiconto e della documentazione a corredo, o di mancata
regolarizzazione entro il termine fissato, o di deliberazione di
11011 regolarita' del conto da parte della sezione regionale della
Corte dei conti, si applicano le disposizioni dell'art. 1, commi 11 e
12 del d.l. 174/2012, convertito dalla l. 213/2012, e si procede alle
forme di pubblicita' previste dai commi 7 ed 8 del presente
articolo».
Per quanto piu' specificamente rileva in relazione al presente
giudizio, deve sottolinearsi che un'analoga disciplina era gia'
contenuta anche nella previgente legge regionale n. 60/2000,
applicabile ratione temporis alle risorse assegnate ai gruppi
consiliari per gli esercizi 2010, 2011 e 2012, la quale rimetteva al
Regolamento interno del Consiglio la disciplina dei rendiconti
annuali delle spese sostenute dai gruppi consiliari e delle modalita'
di approvazione e di pubblicazione dei suddetti rendiconti (cfr. le
analitiche previsioni contenute nell'art. 16 del Regolamento 27
gennaio 2010, n. 12).
Da tutto quanto fin qui esposto, scaturiscono i vizi eccepiti
nell'epigrafe del presente motivo di censura.
2. - Carenza assoluta di giurisdizione per difetto dei
presupposti soggettivi di instaurazione del giudizio di resa di conto
e del giudizio di conto. Violazione degli artt. 101, secondo comma, e
103, secondo comma, della Costituzione. Violazione e falsa
applicazione degli artt. 44 e 45, del regio decreto 12 luglio 1934,
n. 1214, nonche' dell'art. 39, del regio decreto 13 agosto 1933, n.
1038. Lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente
garantite dagli artt. 5, 114, 117, 119, 121 e 123 della Costituzione,
anche in riferimento agli artt. 9, 11, 16, 17, 22 e 28 dello Statuto
della Regione Toscana.
2.1. - La carenza assoluta della giurisdizione affermata ed
esercitata dalla Corte dei conti con i decreti impugnati e le
conseguenti menomazioni delle sfere di autonomia regionale
costituzionalmente garantite risultano evidenti anche sotto il
profilo del palese difetto dei presupposti soggettivi per
l'instaurazione del giudizio di resa del conto e del successivo
giudizio di conto.
Il procedimento per resa di conto, come e' noto, assume quale
presupposto indefettibile la qualifica di "agente contabile" in capo
al soggetto che vi e' sottoposto, la quale postula una sua previa ed
espressa determinazione da parte di fonti legislative o, comunque, di
fonti normative interne a ciascuna Amministrazione. E' pacifico,
infatti, che nell'ambito degli Enti pubblici, ed in particolare delle
Autonomie territoriali, gli "agenti contabili" siano figure tipizzate
che debbono essere formalmente e direttamente investite della
relativa funzione o dalla legge o dalle disposizioni interne di
ciascuna Amministrazione. Orbene, come in parte si e' gia'
illustrato, ne' a. livello di legislazione nazionale (in particolare,
legge n. 853/1973, in merito all'autonomia contabile e funzionale dei
Consigli Regionali, nonche' d.lgs. n. 76 del 2000, in materia di
bilancio e di contabilita' delle Regioni) ne' a livello di
legislazione regionale si rinvengono disposizioni che attribuiscano
la qualifica di "agente contabile" tenuto alla presentazione del
conto giudiziale ai presidenti dei gruppi consiliari od ai loro
componenti, con conseguente sottoposizione degli stessi al sindacato
della Corte dei Conti in sede di giudizio di conto.
Al contrario, l'art. 28 dello Statuto della Regione Toscana, in
ossequio all'esplicita riserva contenuta nell'art. 123 Cost. nelle
materie della «forma di governo» e dei «principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento» della Regione, riconosce in capo al
Consiglio Regionale «autonomia di bilancio, contabile, funzionale ed
organizzativa», aggiungendo che «l'ordinamento contabile del
consiglio e' disciplinato con apposito regolamento interno, nel
quadro dei principi della legge di contabilita' regionale»; l'art. 16
del medesimo Statuto, dal canto suo, stabilisce che l'assegnazione
dei contributi ai gruppi consiliari e le relative modalita' di
rendicontazione «sono disciplinate dalla legge [regionale]». Da tali
previsioni discende che la rendicontazione dei contributi attribuiti
ai gruppi consiliari e' rimessa esclusivamente all'Assemblea, secondo
le norme regionali legislative e regolamentari riservatarie della
materia in base allo Statuto (cfr. legge reg. n. 36/01, spec. art. 3;
legge reg. n. 4/2008; Regolamento interno di amministrazione e
contabilita' 24 aprile 2013, n. 20; Regolamento interno
dell'assemblea legislativa regionale 27 gennaio 2010, n. 12, spec.
artt. 16 e 17).
Ne deriva che tutte le possibili garanzie apprestate
dall'ordinamento vigente in merito alla gestione dei contributi
assegnati ai gruppi consiliari debbono rinvenirsi nella predetta
normativa, senza che si possa ammettere alcuna operazione
interpretativa in senso estensivo che possa condurre - come nel caso
di specie ha preteso di fare la Sezione giurisdizionale per la
Regione Toscana della Corte dei conti - a qualificare inopinatamente
i presidenti dei gruppi consiliari quali "agenti contabili" ai sensi
e per gli effetti della loro assoggettabilita' all'obbligo di resa
del conto giudiziale e alla relativa giurisdizione spettante al
Giudice contabile.
Giova a tal proposito richiamare anche la sent. n. 292 del 2001
di questa Ecc.ma Corte, la quale ha affermato chiaramente che l'unico
agente contabile individuabile nell'Ente regionale, a parte i
funzionari amministrativi preposti a specifici servizi, e' l'istituto
tesoriere, atteso che «l'agente contabile e' soggetto distinto dai
componenti del Consiglio Regionale e dai suoi Organi interni, ed
affatto estraneo alle prerogative che assistono costoro» (e, infatti,
nel caso deciso con la citata sent. n. 292 del 2001, il giudizio di
conto e' stato ritenuto ammissibile perche' rivolto all'istituto
tesoriere).
Anche sotto il profilo dei presupposti soggettivi dei giudizi di
conto, pertanto, risulta apprezzabile ictu oculi la radicale
insussistenza del potere giurisdizionale che la Corte dei conti -
Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana ha preteso di
esercitare con i decreti qui censurati, dal momento che l'esercizio
del giudizio di conto nei confronti di un membro del gruppo
consiliare non appare in alcun modo conforme al principio di
legalita', in quanto privo di qualsiasi riscontro normativo (che pure
ne dovrebbe costituisce il presupposto indefettibile) e, addirittura,
in palese contrasto con il quadro normativo statale e regionale
vigente. Di qui, l'evidente violazione dell'art. 103, secondo comma,
Cost. e delle discipline legislative (e non) che di esso
costituiscono l'attuazione, nonche', finanche, la violazione
dell'art. 101, secondo comma, Cost. sotto il profilo della conclamata
"disapplicazione" di disposizioni di rango legislativo; ed e' appena
il caso di ribadire - come gia' si e' illustrato nel precedente
motivo di ricorso e piu' analiticamente si mostrera' nel prosieguo -
che da simili violazioni dei limiti costituzionali imposti al Giudice
contabile scaturiscono in concreto molteplici e gravi menomazioni
delle sfere di autonomia che la Costituzione riconosce all'ente
Regione e al Consiglio regionale nel suo complesso e nei suoi singoli
componenti.
2.2. - D'altra parte, ad abundantiam, non si puo' fare a meno di
rammentare il principio evidenziato da questa Ecc.ma Corte in
numerose pronunce (ex multis, sentenze nn. 110 del 1970, 129 del
1981), secondo cui l'art. 103 della Costituzione esplica la propria
vis espansiva sui limiti esterni della giurisdizione contabile
esclusivamente per gli agenti contabili dello Stato. La Corte avverte
infatti che «l'espandersi della giurisdizione costituzionalmente
attribuita alla. Corte dei conti, lungi dall'essere incondizionato,
deve considerarsi circoscritto "laddove ricorra identita' oggettiva
di materia, e beninteso entro i limiti segnati da altre nonne e
principi costituzionali"» (sent. n. 129 del 1981). Ed in questi
termini si e' espressa - forse ancor piu' chiaramente - la sent. n.
102 del 1977, nella quale la Corte ha in sostanza escluso che il
precetto stabilito dal secondo comma, dell'art. 103 Cost. sia
caratterizzato da una «assoluta (e non tendenziale) generalita'» e
sia dunque dotato di «immediata operativita' in tutti i casi».
Ne deriva che l'estensione della qualifica di "agente contabile"
e della relativa giurisdizione della Corte dei conti a situazioni non
espressamente regolate nell'ambito degli Enti pubblici diversi dallo
Stato puo' avvenire esclusivamente entro i limiti segnati da una
interpositio legislatoris in positivo, e sempre entro i limiti
segnati da norme e principi costituzionali.
Cio' trova conferma anche nella ulteriore giurisprudenza
costituzionale, la quale ha evidenziato che la puntuale attribuzione
della giurisdizione in relazione alle diverse fattispecie di
responsabilita' amministrativa e contabile non opera automaticamente
in base al disposto costituzionale contenuto nell'art. 103 secondo
comma Cost., ma e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore
ordinario (sentt. n. 355/2010, n. 46/2008), e che la Corte dei Conti
non e' «il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e
della tutela dei danni pubblici. (...) Proprio in applicazione
dell'art. 103, secondo comma, Cost., e nei limiti ad esso imposti,
spetta al legislatore la determinazione della sfera di giurisdizione
dei giudici (ordinario, amministrativo, contabile, militare ecc...).
E nella interpositio del legislatore deve individuarsi il limite
funzionale delle attribuzioni giudicanti della Corte dei Conti»
(sent. n. 641 del 1987).
3. - In particolare: violazione dell'art. 122, quarto comma,
Cost..
3.1. - Nei paragrafi che precedono si e' gia' ampiamente
argomentato sulle caratteristiche costitutive del potere
giurisdizionale illegittimamente affermato ed esercitato dalla Corte
dei conti nel caso di specie.
La stessa giurisprudenza contabile (ex multis, Corte dei conti,
Sezioni riunite, sent. 18 luglio 1992, n. 794) ha interpretato il
giudizio di resa di conto come un processo a connotazione
inquisitoria nel quale viene prevalentemente in evidenza il pubblico
interesse, esplicazione di una potesta' pubblica irrinunciabile a
fronte della quale il contabile si colloca in una posizione di
soggezione, cosi' come il vero e proprio giudizio di conto e' uno
strumento di garanzia di correttezza delle pubbliche gestioni a
tutela dell'interesse oggettivo alla regolarita' di gestioni
finanziarie e patrimoniali (al punto che la stessa revoca
dell'istanza per resa di conto da parte del Procuratore regionale e'
ritenuta inammissibile: ex niultis, Sez. reg. Campania, sent. 14
settembre 2001, n. 86). Il giudizio contabile esercitato in tale sede
e' preordinato alla verifica della rispondenza tra l'attivita'
contabile del tesoriere e l'attivita' gestoria degli amministratori
danti causa, al fine della verifica del corretto maneggio del danaro
pubblico. Non si tratta pertanto di un sindacato di mera
legittimita', bensi' di un giudizio sulla gestione complessiva delle
pubbliche risorse, volto ad accertare il positivo perseguimento degli
obiettivi posti dalle norme dell'agire amministrativo, la sua
efficacia e l'economicita' dei risultati raggiunti.
A cio' si aggiunga la progressiva tendenza giurisprudenziale ad
ampliare l'ambito di applicazione della responsabilita'
amministrativa e contabile, nell'intento di affermare il carattere
generale della giurisdizione della Corte dei conti in ogni settore
della contabilita' pubblica, sulla scorta della presunta vis
espansiva della quale sarebbe caratterizzato l'art. 103, secondo
comma, Cost. Come peraltro ribadito anche da questa Ecc.ma Corte, con
ripetuti interventi normativi il Legislatore «ha riconosciuto alla
Corte dei conti, nell'ambito del disegno tracciato dagli artt. 97,
primo comma, 28, 81 e 119 (nel testo originario) Cost., il ruolo di
organo posto al servizio dello "Stato-Comunita'", quale garante
imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico
e della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo
dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicita' (sentenze n. 29
del 1995 e n. 470 del 1997)» (sent. n. 267/2007).
Orbene, se il sindacato del giudice contabile incontra il limite
del merito delle scelte degli agenti pubblici (ex multis, Corte dei
conti, sez. II, sent. n. 367/2010; Corte dei conti, SS.RR. sent. n.
30/A del 3 giugno 1996), esso si arresta certamente ai limiti esterni
del potere discrezionale, investendo l'area dell'irrazionalita' e
dello scostamento da ogni canone di corretta amministrazione
(numerose pronunce del giudice contabile, infatti, fanno riferimento
al concetto di "ragionevolezza gestoria" - Corte dei conti, sez I,
sent. n. 15/1994/A del 19 settembre 1994 - e di "giustificabilita'
delle scelte" - Corte dei conti, SS.RR., n. 522/A del 17 dicembre
1986), al fine di tutelare i principi di imparzialita' e buon
andamento dell'azione amministrativa.
3.2. - Le caratteristiche del giudizio di resa di conto e del
giudizio di conto che ad esso accede sono pertanto radicalmente
incompatibili con le prerogative e guarentigie che la Costituzione
accorda ai consiglieri regionali, come puntualmente e correttamente
confermato anche dall'ordinanza n. 17/2013 della Corte dei conti -
Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, con la quale e'
stata respinta un'istanza del Procuratore Regionale analoga a quella
cui, viceversa, la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana ha
dato seguito con i decreti impugnati nella presente giudizio (doc.
8).
La giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ha da tempo ravvisato la
possibilita' di instaurare un parallelismo tra le attribuzioni dei
Consigli regionali e quelle proprie del Parlamento nazionale, pur
riconoscendone la diversita', sulla considerazione che le prime sono
espressione di autonomia, mentre le seconde si esplicano a livello di
sovranita'. Da questa sostanziale diversita' si e' inferito, in
particolare, che solo gli organi immediatamente partecipi del potere
sovrano dello Stato possono godere di guarentigie derogatrici del
normale ambito di esplicazione della giurisdizione, in ragione della
loro posizione di assoluta indipendenza, dovendo escludersi ogni
possibilita' di estensione agli organi assembleari e di governo delle
Regioni (ex multis, sentt. nn. 110/1970, 129/1981, 292/2001,
337/2009).
Il diverso livello di incidenza sul tessuto costituzionale che
viene accordato ai Consigli regionali rispetto al Parlamento
nazionale non impedisce pero', come rilevato anche dalla stessa
giurisprudenza costituzionale, di rinvenire degli elementi di
analogia tra le funzioni da. questi esercitate. Tale omogeneita' si
rende tanto piu' evidente se si considerano le guarentigie accordate
ai membri del Parlamento ex art. 68, primo comma, Cost., ed il regime
di immunita' funzionali del quale godono i Consiglieri regionali ex
art. 122, quarto comma, Cost., dal momento che esse accedono alla
medesima ratio garantista, individuata da questa Ecc.ma Corte «nel
"parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento [...] in
relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle
finzioni degli organi "rappresentativi" dello Stato e delle Regioni",
per finalita' di "tutela delle piu' elevate funzioni di
rappresentanza politica, in primis la finzione legislativa, volendosi
garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero
processo di formazione della volonta' politica"» (cosi' sent. n. 200
del 2008; cfr. anche sent. n. 69 del 1985). L'esigenza di rango
costituzionale sottesa alla guarentigia in questione giustifica
«deroghe eccezionali all'attuazione della finzione giurisdizionale»
(ancora sent. n. 200 del 2008), per le quali questa Corte ha escluso
qualsiasi possibilita' di estensione analogica, attesa la loro
strumentalita' alla tutela delle funzioni di rappresentanza politica
che solo al Consiglio competono. L'immunita' prevista dall'art. 122,
quarto comma, Cost. rileva come corollario indefettibile della natura
delle attribuzioni del Consiglio regionale, le quali costituiscono
esplicazione di autonomia costituzionalmente riconosciuta che si
sostanzia in funzioni disciplinate tanto a livello costituzionale
quanto a livello di fonti ordinarie (sent. n. 69 del 1985). Questa
Ecc.ma Corte ha interpretato l'immunita' funzionale dettata dalla
Costituzione nel senso della insindacabilita' non solo dell'esercizio
di funzioni legislative, di indirizzo politico e di controllo, ma
anche di quelle di autorganizzazione (cfr. sent. n. 70/1983) ad esse
strumentali, rilevando come un'interpretazione restrittiva della
stessa rischierebbe di frustrarne la ratio di tutela della libera
formazione della volonta' politica. In particolare, si e' precisato
che tra le funzioni presidiate da tale immunita' sono sicuramente
comprese quelle relative all'amministrazione ed alla gestione dei
fondi assegnati alla Presidenza del Consiglio regionale, in relazione
ad attivita' legate strettamente all'esplicazione del mandato
rappresentativo (cfr. sentt. nn. 392 del 1999 e 337 del 2009), atteso
che «il criterio di delimitazione dell'immunita' consiliare non sta
nella forma amministrativa degli atti [...], bensi' nella fonte
attributiva delle finzioni stesse» (sent. n. 337 del 2009). Cosi', a
mero titolo di esempio, la sent. n. 81 del 1975 ha ricondotto sotto
la sfera della insindacabilita' sancita dall'art. 122, quarto comma,
Cost. una delibera consiliare di approvazione della stipula di un
contratto di assicurazione dei consiglieri regionali, perche' essa
rappresentava una forma di «esplicazione di una funzione consiliare
per garantire [...] l'autonomia del Consiglio».
Da tutto cio' deriva che dell'immunita' funzionale riconosciuta
ai consiglieri non possono non partecipare anche i gruppi consiliari
ai quali essi necessariamente debbono afferire per l'esercizio
dell'attivita' politica in seno al Consiglio, al fine di scongiurare
interferenze e condizionamenti esterni nell'assunzione delle proprie
determinazioni afferenti alla sfera di autonomia dell'Organo.
I decreti di fissazione del termine per la presentazione del
conto giudiziale che si contestano con il presente conflitto non solo
assurgono ad indebita e surrettizia forma di controllo politico
dell'operato del Consiglio (attesa, come sopra dimostrato, l'assoluta
carenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per l'instaurazione
del giudizio per resa di conto), ma, nell'individuare come soggetto
passivo il presidente dei gruppi stessi, rendono ancor piu' evidente
la propria portata gravemente lesiva delle prerogative consiliari.
Ne' a diversa conclusione potrebbe giungersi sulla considerazione
dell'asserita vis espansiva dell'art. 103 Cost., atteso che appare
evidente che l'estensione della giurisdizione della Corte dei conti
incontra il limite di altri valori costituzionali, rispetto ai quali
risulta recessiva. D'altronde questa Ecc.ma Corte ha da tempo
affermato come l'area di insindacabilita' dei Consiglieri regionali,
proprio perche' diretta non all'instaurazione di una irragionevole
posizione di privilegio, bensi' a tutelarne la sfera di autonomia
costituzionalmente riconosciuta (ex multis, sent. n. 289 del 1997),
si estenda anche alla sfera di responsabilita' patrimoniale degli
stessi, dal momento che i poteri di autonoma organizzazione dei quali
dispone il Consiglio promanano direttamente dalla Costituzione. Con
la sentenza n. 392 del 1999 questa Ecc.ma Corte ha escluso che il
sindacato della Corte dei conti possa estendersi, in assenza di una
preventiva interpositio legislatoris, anche ad attivita' inerenti
l'amministrazione e gestione dei fondi di bilancio intestati alla
Presidenza del Consiglio regionale, tanto che essi siano previsti per
soddisfare le esigenze funzionali allo svolgimento di funzioni
legislative o di indirizzo politico, quanto che accedano invece a
funzioni di amministrazione attiva quando esse promanano direttamente
dalla Costituzione e da leggi dello Stato.
Al riguardo, risulta del tutto inconferente il riferimento
all'art. 31, della legge 19 maggio 1976, n. 335 contenuto nei decreti
impugnati. A prescindere dall'avvenuta abrogazione di tale
disposizione ad opera del d.lgs. n. 76 del 2000 e fermo restando che
la soluzione ermeneutica proposta dalla Corte dei conti e' comunque
viziata da un'infondata sovrapposizione tra consiglieri regionali ed
amministratori e dipendenti regionali (soggetti passivi di tale
disciplina) che non trova cittadinanza nel nostro ordinamento, il
parametro normativo cui e' opportuno riferirsi non e' individuabile
nella, incontestata, sottoposizione di questi ultimi alla
giurisdizione contabile, bensi' nella normativa statale (a partire
dalla legge 6 dicembre 1973, n. 853, sino ad arrivare ai piu' recenti
interventi legislativi di cui alla legge n. 96 del 2012 e al d.l. n.
174 del 2012) in materia di contributi ai gruppi consiliari. La
stessa legge n. 853 del 1973, in connessione con la posizione di
indipendenza della quale gode in ragione delle proprie funzioni,
attribuisce al Consiglio regionale autonomia contabile e funzionale,
che viene pertanto ad accedere agli ambiti di insindacabilita' ex
art. 122, quarto comma, ed impedisce di ammettere una ingerenza della
giurisdizione nell'ambito dell'autorganizzazione del Consiglio.
Privo di pregio risulta pertanto anche il parallelismo che i
decreti impugnati costruiscono tra il sindacato giurisdizionale
affidato ex art. 103 Cost. al giudice contabile ed il controllo di
legittimita' e di regolarita' che l'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del
d.l. n. 174 del 2012 ha introdotto per le spese dei gruppi
consiliari, rilevando il paradosso che si verrebbe a creare
nell'ammettere che solo il sindacato giurisdizionale risulterebbe
incompatibile con l'immunita' di cui all'art. 122, quarto comma,
della. Costituzione. In primis, fermo restando che le pronunce della
Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nn. 12 e 15/2013 (docc.
9, 10) hanno ribadito la piena applicabilita' del controllo sui
rendiconti dei gruppi consiliari ex d.l. n. 174/2012 solo a partire
dal 2013, rilevando come il controllo relativo all'esercizio 2012
abbia mera «efficacia ricognitiva della regolarita' dei documenti
contabili e si inserisce in un percorso finalizzato all'integrale
applicazione dei nuovi controlli a decorrere dal 2013» (pronuncia n.
15/2013), la tesi della Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana della Corte dei conti prescinde dalla diversita' di funzioni
spese nei due casi, giurisdizionali le une, di mero controllo le
altre, e di riflesso dal diverso parametro costituzionale cui esse
afferiscono (l'art. 103, secondo comma, Cost. per le prime, l'art.
100, secondo comma, Cost. per le seconde); in secundis, si ignora
l'esegesi emergente in merito dalla giurisprudenza costituzionale, la
quale, come gia' sopra argomentato, ha sempre ricondotto i limiti
esterni dell'insindacabilita' consiliare ex art. 122, quarto collima,
Cost. all'esistenza di una espressa e positiva previsione di legge,
che e' ben rinvenibile per la spendita di poteri di controllo ex art.
1, commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, mentre manca del
tutto - come si e' ampiamente illustrato - per l'instaurazione di un
giudizio di resa di conto, il quale, pertanto, difetta in assoluto
dei propri presupposti legittimanti. Orbene, appare evidente che se
si aderisse all'argomento, fatto proprio dai decreti contestati, per
cui l'esercizio del giudizio di conto sarebbe ampliabile in via
interpretativa a prescindere da puntuali indicazioni normative,
sfuggirebbe ad una lineare esegesi la stessa ratio del d.l. 174/2012,
atteso che i poteri di controllo circa il corretto utilizzo dei
contributi concessi ai gruppi consiliari si verrebbero a sovrapporre,
in via del tutto paradossale, al giudizio di resa di conto, che gia'
prima dell'introduzione della novella avrebbe ampiamente soddisfatto
l'esigenza del rispetto della destinazione funzionale di tali fondi.
Erra pertanto la Corte dei conti nel ritenere sufficiente ai fini
dell'estensione della giurisdizione contabile l'assenza di «una
espressa previsione negativa» (p. 25 del censurato decreto n.
13/2013, espressione rinvenibile anche negli altri decreti in
questione), considerato che tale esegesi prescinde dalle prerogative
costituzionalmente accordate al Consiglio regionale, e legittima una
indebita forma di controllo che confligge con il preminente interesse
alla libera formazione della volonta' politica consiliare. Cio' a
prescindere dalla circostanza, gia' piu' sopra evidenziata, secondo
la quale il menzionato art. 44, comma 1, del regio decreto 12 luglio
1934, n. 1214, offre proprio quella «espressa previsione negativa»
non reperita dalla Corte dei conti nel caso di specie, ammettendo che
quest'ultima possa giudicare «sui conti dei tesorieri ed agenti di
altre pubbliche amministrazioni» diverse da quelle statali solo ove
cio' sia previsto «a termini di leggi speciali».
3.3. - L'art. 122, quarto comma, Cost., peraltro, risulta violato
dai decreti impugnati da altri e piu' specifici punti di vista,
derivanti dal modo in cui in concreto si e' sviluppata la vicenda de
qua, risultando gravemente lese le prerogative costituzionali
riconosciute ai consiglieri regionali da tale disposizione
costituzionale, in relazione al concreto esercizio che essi ne hanno
fatto. In altre parole, come si mostrera', gli atti in questa sede
contestati non si limitano ad influire indebitamente sul procedimento
di formazione della volonta' all'interno del Consiglio regionale, ma
- piu' specificamente - pretendono di sindacare, nelle forme e con le
modalita' proprie dei giudizi di conto affidati alla Corte dei conti,
specifiche «opinioni espresse» e ben determinati «voti dati», in
concreto e in piu' circostanze, da consiglieri regionali.
A questo riguardo, deve essere osservato quanto segue.
3.3.1. - In primo luogo, si deve evidenziare che l'art. 16 del
Regolamento 27 gennaio 2010, n. 12 (Regolamento interno
dell'assemblea legislativa regionale), al suo comma 3, prevede che
«il presidente del gruppo consiliare sottoscrive il rendiconto e ne
e' responsabile», aggiungendo altresi' che il medesimo e' «tenuto a
dichiarare in calce al rendiconto, sotto la propria responsabilita',
che le spese sostenute dal gruppo sono conformi alla legge e al
presente regolamento».
Dunque, la normativa regionale vigente in materia di rendiconti
dei gruppi consiliari prevede espressamente che i loro presidenti -
membri del consiglio regionale, e dunque coperti inequivocabilmente
dalla guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. - rendano
delle dichiarazioni aventi ad oggetto la conformita' del rendiconto
alla legge e al regolamento interno del Consiglio, imponendo inoltre
la sottoscrizione, sempre da parte dei presidenti, del rendiconto
medesimo. Tale dichiarazione, ove effettivamente esistente, e' senza
dubbio resa dai consiglieri regionali/presidenti dei gruppi
nell'esercizio delle proprie funzioni, e rientra dunque
inequivocamente nell'ambito di applicazione dell'art. 122, quarto
comma, sopra citato. La sottoscrizione, dal canto suo, e' un atto con
il quale il presidente fa proprio il contenuto del rendiconto,
approvandolo. Essa equivale senz'altro ad un "voto" dato
nell'esercizio delle funzioni del consigliere/presidente. Si
consideri, al riguardo, che l'atto del voto ha precisamente l'effetto
di far proprio, approvandolo, l'oggetto cui esso si rivolge. Tale
approvazione, pero', si puo' esprimere mediante un atto formalmente
qualificabile come "voto" solo quando si proceda alla deliberazione
nell'ambito di un Organo collegiale. Risulta dunque evidente che
l'approvazione del rendiconto da parte di un organo monocratico come
il presidente del gruppo, pur essendo funzionalmente identica a
quella che avviene mediante un voto in un organo collegiale, non puo'
esprimersi mediante un, atto avente tale forma esteriore, trovando
invece sostanza giuridica nella "sottoscrizione" che, ai sensi del
citato art. 16, comma 3, del regolamento interno del Consiglio, deve
essere apposta in calce al rendiconto. La sottoscrizione in parola,
dunque, tiene luogo del voto nel caso di specie. Rappresenta il modo
in cui trova forma e sostanza l'approvazione di un atto da parte di
un consigliere regionale quando opera come organo monocratico
endoconsiliare, ed e' dunque coperta dalla medesima guarentigia
costituzionale di cui beneficia l'approvazione che, esprimendosi
nell'ambito di un organo collegiale, trova forma esteriore in un
"voto" in senso proprio.
Da quanto appena esposto derivano alcune agevoli conclusioni. Ove
i presidenti dei gruppi abbiano effettivamente apposto la propria
sottoscrizione in calce al rendiconto, e ove abbiano contestualmente
dichiarato la conformita' alle leggi e al regolamento delle spese in
esso indicate, essi «non possono essere chiamati a rispondere» (art.
122, quarto comma, Cost.) per questi atti.
Cio' invece e' precisamente quanto pretendono di realizzare i
decreti della Corte dei conti indicati in epigrafe. La richiesta di
resa del conto, e la connessa pretesa di esercitare il giudizio di
conto nei confronti dei presidenti dei gruppi consiliari non sono
altro, infatti, che il tentativo di assoggettare a giudizio, facendo
valere la conseguente responsabilita', i presidenti dei gruppi per la
coerenza delle spese documentate nel rendiconto con il diritto
vigente.
Va da se', ovviamente, che la "copertura" costituzionale a
beneficio dei consiglieri-presidenti dei gruppi sussiste solo ove e
nei limiti in cui le sottoscrizioni dei rendiconti, e le relative
dichiarazioni, siano effettivamente esistenti. Ma che tale situazione
ricorra nel caso di specie puo' essere agevolmente provato. Al
riguardo, e' sufficiente fare riferimento alla documentazione
prodotta (doc. nn. 11, 12, 13, 14), dalla quale risulta chiaramente
la presenza della sottoscrizione, nonche' delle dichiarazioni di
conformita', da parte dei presidenti dei gruppi consiliari, ciascuno
per i rendiconti che gli competono, in riferimento agli esercizi
finanziari degli anni 2010, 2011 e 2012 (tali dichiarazioni sono
allegate alle delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio
regionale di approvazione dei rendiconti medesimi).
Gli atti in indicati in epigrafe, dunque, ledono gravemente la
posizione costituzionale dei consiglieri regionali/presidenti dei
gruppi consiliari, giacche' intendono chiamare questi ultimi a
rispondere per voti dati ed opinioni espresse nell'esercizio delle
loro funzioni, in palese violazione dell'art. 122, quarto comma,
Cost.
3.3.2. - In secondo luogo, e' necessario notare come, ai sensi
dell'art. 16, comma 5, del citato regolamento interno dell'assemblea
legislativa, i rendiconti presentati dai presidenti dei gruppi
consiliari siano sottoposti a «verifica» da parte dell'Ufficio di
presidenza, il quale «li approva qualora non siano riscontrate
irregolarita'». Come risulta chiaramente dall'art. 14 dello Statuto
della Regione Toscana, l'Ufficio di presidenza e' composto
integralmente da consiglieri regionali. I voti dati e le opinioni
espresse in quel collegio, dunque, sono integralmente coperti dalla
insindacabilita' di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. Lo e'
dunque, anche la formale approvazione che in essa avviene dei
rendiconti dei gruppi consiliari. Per di piu', ove si consideri che,
ai sensi del citato art. 16, comma 5, del regolamento, tale
approvazione puo' avvenire solo nel caso in cui non si riscontrino
irregolarita' dei rendiconti, non si puo' con concludere che essa
valga non soltanto come "voto dato", ma anche come "opinione
espressa", sia pure espressa per implicito, e avente per oggetto
proprio la regolarita' dei rendiconti.
La garanzia costituzionale offerta dall'art. 122, quarto comma,
Cost., ovviamente, "copre" voti e opinioni che siano stati in
concreto manifestati. Che cio' sia avvenuto nel caso di specie, per
tutti i gruppi consiliari, risulta pero' con chiarezza dalle
deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale
(doc. nn. 11, 12, 13, 14) con cui sono stati approvati i rendiconti
dei gruppi consiliari per tutti gli esercizi finanziari che qui
rilevano (2010, 2011, 2012).
Anche da questo punto di vista, dunque, non si puo' che ritenere
che, con i decreti indicati in epigrafe e in questa sede contestati,
la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana
abbia inteso sottopone a controllo atti costituzionalmente
insindacabili in quanto coperti dalla guarentigia di cui all'art.
122, quarto comma, Cost.
3.3.3. - C'e' un ulteriore aspetto della vicenda che mostra - al
di la' di ogni possibile dubbio - come i decreti in epigrafe
intendano sottoporre a controllo atti coperti dalla prerogativa della
insindacabilita' dei consiglieri prevista dall'art. 122, quarto
comma, Cost. Come e' noto, infatti, il rendiconto presentato dai
presidenti dei gruppi parlamentari e approvato dall'Ufficio di
presidenza ai sensi dell'art. 16 del regolamento interno
dell'assemblea legislativa, e' destinato poi a confluire nel
rendiconto generale della Regione, il quale, a sua volta, e'
ovviamente oggetto di una approvazione da parte del Consiglio,
addirittura nelle forme della legge. Ebbene, anche in questo terzo
passaggio procedimentale le spese sostenute dai gruppi consiliari, e
documentate dai rendiconti presentati dai loro presidenti, vengono
sottoposte ad un "voto" da parte dei consiglieri regionali, sia pure
per aggregato.
Nel caso di specie, il voto consiliare di approvazione del
rendiconto generale si e' verificato per tutti e tre gli esercizi
finanziari in discussione. Quello relativo all'anno 2010 e' stato
approvato con la legge regionale 11 luglio 2011, n. 27 (Rendiconto
generale per l'anno finanziario 2010); quello relativo all'anno 2011
con la legge regionale 18 giugno 2012, n. 31 (Rendiconto generale per
l'anno finanziario 2011); quello relativo all'anno 201.2, infine, con
la legge 15 luglio 2013, n. 36 (Rendiconto generale per l'anno
finanziario 2012).
Anche da questo punto di vista, dunque, con i decreti impugnati
ed indicati in epigrafe la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale
per la Toscana pretende in costituzionalmente di assoggettare a
giudizio di conto atti coperti dalla insindacabilita' ex art. 122,
quarto comma, Cost., in quanto oggetto di "voto" da parte dei
consiglieri regionali.
4. - In particolare: violazione degli artt. 101, secondo comma,
121, secondo comma, anche in relazione all'art. 134, primo comma,
Cost.
Con i decreti indicati in epigrafe e impugnati in questa sede, la
Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, ha
inoltre leso l'autonomia costituzionale della Regione Toscana
interferendo gravemente con l'esercizio della funzione legislativa
attribuita dall'art. 121 al Consiglio regionale, in violazione anche
degli artt. 101, secondo comma, e 134, primo comma, Cost.
Al riguardo, deve innanzi tutto prendersi le mosse dalla
circostanza, segnalata appena piu' sopra, che i rendiconti generali
della Regione Toscana per gli anni 2010, 2011 e 2012, nel cui ambito
sono confluite - dopo l'approvazione singulatim da parte dell'Ufficio
di presidenza - le spese documentate dai rendiconti dei gruppi
consiliari dei medesimi anni in relazione ai quali il giudice
contabile pretende di esercitare la propria giurisdizione, sono stati
approvati mediante una legge regionale. In particolare, come gia'
ricordato, si tratta rispettivamente delle leggi regionali n. 27 del
2011, 31 del 2012 e 36 del 2013.
La richiesta di resa del conto ai presidenti dei gruppi
consiliari, con la connessa pretesa di esercitare il conseguente
giudizio di conto, equivale, infatti, alla pretesa di esercitare un
controllo di regolarita' legislativa di quelle spese, documentate nel
rendiconto dei gruppi, che sono successivamente confluite nel
rendiconto generale approvato con legge. Tramite i decreti impugnati,
dunque, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana innesca un procedimento volto ad esercitare un sindacato
giurisdizionale avente per oggetto - almeno in parte qua - i
contenuti della stessa legge di approvazione del rendiconto generale.
Ove si consideri, inoltre, che tale sindacato potrebbe evidentemente
giungere a contestare la correttezza delle spese rendicontate dai
gruppi, con cio' producendo l'effetto di una sostanziale
"disapplicazione" delle risultanze contabili del rendiconto generale
approvate con legge dal Consiglio, ci si rende agevolmente conto di
come, per il tramite degli atti in questa impugnati, la Corte dei
conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana realizzi
un'indebita interferenza con la funzione legislativa affidata
dall'art. 121, secondo comma. Cost., al Consiglio regionale, ed in
concreto esercitata da quest'ultimo con le leggi regionali, sopra
richiamate, nn. 27 del 2011, 31 del 2012 e 36 del 2013.
Che tutto cio' realizzi un grave vulnus all'attribuzione
costituzionale regionale, peraltro, risulta ben chiaro dalla
considerazione dell'art. 134, primo comma, Cost., che prevede per le
leggi regionali (insieme alle leggi statali e agli atti aventi forza
di legge) il solo controllo di costituzionalita' da parte della Corte
costituzionale, affermandosi corrispettivamente in Costituzione
l'assoluta soggezione di qualunque giudice comune alla legge e dunque
l'impossibilita', per chi esercita una qualunque funzione
giurisdizionale comune, di "disapplicare" le fonti di rango
legislativo (art. 101, secondo comma). Si tratta di un elemento che
viene a comporre il regime giuridico dell'atto legislativo in quanto
tale e che, secondo il noto insegnamento di autorevolissima dottrina
(A.M. Sandulli), contribuisce a costituire il c.d. "valore di legge".
Ebbene, con i decreti indicati in epigrafe ed in questa sede
impugnati, la Corte dei conti palesemente nega il valore di legge dei
rendiconti generali approvati con la forma della legge regionale,
pretendendo di sottoporre al proprio giudizio, ed eventualmente
disapplicare, quegli atti legislativi che, sia pure in aggregato,
approvano e fanno propri i rendiconti dei gruppi consiliari e le
spese in essi documentate.
5. - In particolare: violazione dell'art. 123, primo e secondo
comma, Cost., e degli artt. 11, comma 2, 22 e 28, comma 1, dello
Statuto della Regione Toscana, sotto il profilo della garanzia
dell'autonomia contabile riconosciuta al Consiglio regionale.
Come e' noto, le assemblee legislative regionali sono organi
politico-amministrativi cui la Costituzione e la giurisprudenza
costituzionale riconoscono una posizione di indipendenza connaturata
alle proprie attribuzioni, che impedisce di ritenere compatibile
qualsiasi assimilazione con i controlli cui sono sottoposti, gia' a
norma della legge 19 maggio 1976, n. 335, i dipendenti regionali.
L'art. 123, primo e secondo comma, Cost., affida, nelle forme di
una "riserva" in senso proprio, la concreta strutturazione della
posizione di autonomia del Consiglio regionale ad una fonte molto
particolare dell'ordinamento regionale, ossia lo Statuto, approvato
come e' noto dallo stesso Consiglio con un peculiare procedimento
legislativo aggravato.
Come gia' accennato, lo Statuto regionale della Toscana, in
attuazione del citato art. 123 Cost., ha disciplinato la posizione
del Consiglio regionale, conferendogli, per mezzo del suo art. 28,
comma 1, «autonomia di bilancio, contabile, funzionale e
organizzativa», nell'ambito dell'ordinamento contabile disciplinato
mediante regolamento interno, «nel quadro dei principi della legge di
contabilita' regionale», ai sensi del comma 2 del medesimo articolo,
nonche' del precedente art. 22. Questa importante previsione e'
inoltre completata, per quel che qui piu' specificamente interessa,
dall'art. 11, comma 2, del medesimo Statuto, il quale assegna al
Consiglio il compito di approvare i rendiconti della Regione.
L'autonomia contabile del Consiglio regionale accede direttamente
all'autonomia politica dello stesso, quale elemento strumentale alla
garanzia di effettiva indipendenza da interventi ed interferenze
esterne, come reso evidente dal citato art. 28 dello Statuto
regionale. L'esercizio del potere regolamentare consiliare e'
preordinato alla predisposizione degli strumenti giuridici e
patrimoniali indispensabili per l'effettiva autonomia del Consiglio,
come reso evidente dall'art. 2, comma 3, della legge reg. 5 febbraio
2008, n. 4, che appositamente tutela l'autonomia del Consiglio
regionale: «L'autonomia dell'Assemblea legislativa e' presupposto
essenziale per l'efficace svolgimento delle fruizioni dell'assemblea
stessa, con particolare riferimento a quelle:
a) di rappresentanza della Comunita' Toscana;
b) di legislazione, indirizzo politico, controllo, valutazione
dei risultati delle politiche regionali;
c) di promozione dei diritti e dei principi statutari e di
verifica del loro stato di attuazione;
d) di promozione della partecipazione dei cittadini
all'attivita' del Consiglio regionale;
e) di informazione e comunicazione istituzionale».
L'importanza della autonomia contabile come corollario
indefettibile della autonomia consiliare spiega perche', ai sensi
dell'art. 7, della legge reg. n. 4 del 2008, all'approvazione del
bilancio annuale concorrano tanto l'Ufficio di Presidenza quanto il
Consiglio, e perche', di riflesso, l'art. 9 della suddetta legge
strutturi l'autonomia contabile consiliare nel senso della non
sottoposizione a controllo degli atti amministrativi e di gestione
dei fondi ivi iscritti. E' pertanto pacifico che la riconosciuta
autonomia contabile risulti presupposto per l'indipendente esercizio
delle altre funzioni consiliari, in primis quelle legislative.
Risulta pertanto di tutta evidenza che gli atti di gestione dei
fondi messi a disposizione dell'attivita' politica consiliare, oltre
ad accedere ad aree coperte da insindacabilita' ex art. 122, quarto
comma, Cost., secondo quanto si e' posto in evidenza piu' sopra,
risultano strumentali all'esigenza di tutelare le piu' elevate
funzioni di rappresentanza politica dal rischio di ingerenze esterne
che ne minerebbero l'autonomia. Orbene, la natura giuridica del
giudizio di resa di conto (e del giudizio di conto che ad esso fa
seguito) risulta incompatibile con tali guarentigie. Avendo ad
oggetto la gestione complessiva delle risorse pubbliche attribuite al
Consiglio, esso coinvolge irrimediabilmente anche atti che, per il
loro rilievo normativo e gestionale, si presentano quali atti di
indirizzo e programmazione. Esso incide pertanto sul nucleo stesso
dell'autonomia consiliare e dell'autonomia contabile che ad essa
accede, risolvendosi in un giudizio penetrante sul merito del
positivo perseguimento degli obiettivi posti dalle norme all'agire
amministrativo, sull'efficacia dell'azione amministrativa, sulla
congruita' dei risultati nel rapporto costi - ricavi - benefici,
sulla stessa efficienza delle strutture consiliari. La natura di tale
potere impedisce di ritenerlo riferibile all'attivita' di gestione
dei fondi assegnati al Consiglio per le esigenze funzionali
all'autonomia costituzionalmente riconosciuta delle proprie
attribuzioni.
Anche sotto questo profilo, pertanto, i decreti indicati in
epigrafe, e in questa sede impugnati, interferiscono indebitamente
con l'autonomia statutaria di autorganizzazione costituzionalmente
riconosciuta alla Regione, e con il modo in cui tale autonomia e'
stata concretamente esercitata nello Statuto della Regione Toscana
mediante, in particolare, la previsione dell'autonomia contabile del
Consiglio.
P. Q. M.
Chiede che questa Ecc.ma Corte costituzionale voglia:
dichiarare che non spetta alla Corte dei conti - Sezione
giurisdizionale per la Regione Toscana richiedere, fissando il
relativo termine, il deposito dei conti giudiziali dei gruppi
consiliari del Consiglio della Regione Toscana riferibili agli
esercizi 2010 - 2011 - 2012, per i motivi di cui al presente ricorso;
e, per l'effetto:
annullare i decreti nn. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 del 2013
emanati dalla Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la
Regione Toscana in data 10 luglio 2013 e depositati in segreteria l'8
agosto 2013, con i quali il predetto potere giurisdizionale e' stato
affermato e concretamente esercitato.
Si depositano i seguenti documenti:
1) Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 13/2013;
2) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 14/2013;
3) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 15/2013;
4) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 16/2013;
5) Corte dei Conti - Sezione giuriSdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 17/2013;
6) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 18/2013;
7) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, decreto n. 19/2013;
8) Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Piemonte, ordinanza n. 17/2013;
9) Corte dei Conti - Sezione delle Autonomie, pronuncia n.
12/SEZAUT/2013/QMIG del 3 aprile 2013;
10) Corte dei Conti - Sezione delle Autonomie, pronuncia n.
15/SEZAUT/2013/QMIG del 5 luglio 2013;
11) Deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale di approvazione dei rendiconti dei gruppi consiliari per
l'anno 2010 - VIII Legislatura, con allegate le dichiarazioni di
conformita' dei presidenti dei gruppi consiliari;
12) Deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale di approvazione dei rendiconti dei gruppi consiliari per
l'anno 2010 - IX Legislatura, con allegate le dichiarazioni di
conformita' dei presidenti dei gruppi consiliari;
13) Deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale di approvazione dei rendiconti dei gruppi consiliari per
l'anno 2011, con allegate le dichiarazioni di conformita' dei
presidenti dei gruppi consiliari;
14) Deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale di approvazione dei rendiconti dei gruppi consiliari per
l'anno 2012, con allegate le dichiarazioni di conformita' dei
presidenti dei gruppi consiliari.
Si deposita la delibera della giunta regionale di autorizzazione
a stare in giudizio e la delibera dell'Ufficio di Presidenza del
Consiglio regionale n. 80 del 5 settembre 2013.
Firenze-Roma, 4 ottobre 2013
Avv. Bora - Avv. prof. Cecchetti
Mandato
Il sottoscritto Enrico Rossi, nella sua qualita' di Presidente
pro tempore della Giunta Regionale Toscana, delega a rappresentarlo e
difenderlo nel presente giudizio, anche disgiuntamente, l'avv. Lucia
Bora dell'Avvocatura della Regione Toscana, e l'avv. Prof. Marcello
Cecchetti, conferendo agli stessi ogni piu' ampia facolta' di legge,
ivi compresa quella di farsi eventualmente sostituire.
Elegge domicilio presso lo studio dell'avv. prof. Marcello
Cecchetti in Roma, via Antonio Mordini n. 14.
Il Presidente: Rossi - V° per l'autenticita': avv. Bora