Ricorso per conflitto tra enti n. 14 depositato in cancelleria il 18 dicembre 2013 (Regione Siciliana)
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 18
dicembre 2013 (della Regione Siciliana).
(GU n. 4 del 22.1.2014)
Ricorso della Regione siciliana in persona del suo Presidente pro
tempore On.le Rosario Crocetta, rappresentato e difeso, sia
congiuntamente che disgiuntamente, dagli avv.ti Beatrice Fiandaca e
Marina Valli dell'Ufficio Legislativo e Legale della Presidenza della
Regione, giusta procura a margine del presente atto, ed elettivamente
domiciliato in Roma nella sede dell'Ufficio della Regione stessa, via
Marghera n. 36;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna n.
370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri ed
elettivamente presso l'Avvocatura Generale dello Stato, via dei
Portoghesi n.12;
Per la risoluzione previa sospensione del conflitto di
attribuzione insorto fra la Regione siciliana e lo Stato per effetto
del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze emanato il 23
settembre 2013 recante «Riparto del contributo alla finanza pubblica
previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 11 ottobre 2013, n. 239 per violazione dell'art.
36 dello Statuto siciliano e delle correlate norme di attuazione in
materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ed, in
particolare, dell'art. 2, nonche' del principio di leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato e Regione e
dell'art. 43 dello Statuto.
Fatto
Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica serie generale n.239
dell'11 ottobre 2013 e' stato pubblicato il suindicato decreto del
Ministero dell'Economia e delle Finanze i cui antecedenti sono ben
noti a codesta ecc.ma Corte costituzionale. Esso, infatti, prende le
mosse dall'articolo 16, commi 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
135, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario».
Il comma 3 dell'articolo 16 del suindicato decreto-legge ha
introdotto una misura predefinita ed a tempo indeterminato di
concorso al risanamento della finanza pubblica da parte delle
autonomie speciali, tra cui anche la Regione siciliana, accompagnata
dalla previsione di un accantonamento di quote di compartecipazione
ai tributi erariali ed ha indicato, quale criterio per determinare
detto accantonamento, le spese sostenute per consumi intermedi
desunte per l'anno 2011 dal SIOPE.
Il comma 4 del medesimo articolo fissa un termine perentorio di
scadenza per la conclusione dell'accordo sul patto di stabilita' e
definisce unilateralmente in legge gli obiettivi posti a carico della
Regione siciliana. Come e' noto a codesta Ecc.ma Corte
costituzionale, la suindicata disposizione dall'articolo 16, comma 3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' oggetto di
questione di legittimita' costituzionale in via principale, proposta
con ricorso rubricato al n. 170 del registro ricorsi 2012,
trattandosi di previsione lesiva dell'autonomia finanziaria
costituzionalmente e statutariamente garantita in capo alla Regione
siciliana, nonche' del principio pattizio consacrato dall'art. 43
dello Statuto, ed il relativo ricorso, che qui deve intendersi
richiamato e integralmente trascritto, e' tuttora pendente.
L'udienza per la trattazione della suindicata questione di
legittimita' costituzionale e' fissata per il 28 gennaio 2014.
Il provvedimento attuativo che oggi si impugna, e' stato
adottato, in assenza del prescritto accordo della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, in ordine all'accantonamento di quote di compartecipazione
ai tributi erariali, e la disposizione attuata opera una riserva allo
Stato di entrate regionali in assenza delle condizioni che la
legittimano, in particolare il requisito della novita' dell'entrata.
Inoltre, il nuovo concorso imposto alla Regione, considerati
anche quelli gia' operanti, produrra' estreme limitazioni delle
possibilita' per la Regione di svolgere le proprie funzioni stante
pure la clausola del comma secondo (dell'unico articolo del
Decreto)secondo cui anche gli obiettivi del patto di stabilita'
interno sono rideterminati tenendo conto degli importi accantonati.
Premesso che con riferimento a questa Regione e' tecnicamente
errato parlare di accantonamento a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali, e non si sa quindi nemmeno in
che modo quanto stabilito dal Decreto verra' concretamente ad
operare, e' appena il caso di ricordare che questa Regione - che
dell'articolo 16, comma 3 del DL 95/2012 ha poi impugnato anche la
modifica operata dall'art. 1, comma 118 legge n. 228/2012 (Legge di
stabilita' per il 2013) relativa all'incremento di 500 milioni annui
degli importi di cui tener conto per rideterminare il patto di
stabilita', RR. n. 43/2013 - ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale innanzi alla Consulta anche avverso le disposizioni
legislative in materia di contributo alla finanza pubblica introdotte
prima che con il D.L. n. 95/2012.
Cio' in quanto l'art. 16, comma 3 prosegue la manovra avviata con
il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 «Disposizioni urgenti per la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'»,
come convertito, con modificazioni, con legge 24 marzo 2012, n.27.
Tale provvedimento legislativo, all'art. 35 prevede a sua volta, ai
commi 4 e 5, un incremento del concorso delle Regioni a statuto
speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano - gia'
stabilito dall'art.28, comma 3 primo periodo del d.l. 6 dicembre
2011, n. 201, pure impugnato da questa Regione presso codesta Corte
Costituzionale con ricorso, iscritto al n.39/2012 e non ancora
discusso per tale parte - alla finanza pubblica mediante destinazione
delle maggiori entrate derivanti ai predetti enti ad autonomia
speciale dall'incremento delle aliquote delle accise sull'energia
elettrica a seguito della cessazione dell'applicazione
dell'addizionale comunale e provinciale all'accisa sull'energia
elettrica e stabilisce che le conseguenti variazioni di bilancio
(comma 5) siano effettuate con decreti del Ministero dell'Economia e
delle Finanze. Anche tali disposizioni sono state impugnate dinanzi
alla Consulta con ricorso iscritto al n.85/2012 del Registro Ricorsi.
Per le suindicate questioni di costituzionalita' l'udienza e'
fissata per il prossimo 29 gennaio 2014.
Ora, anche il Decreto in esame risulta affetto dagli stessi vizi
individuati nelle norme di riferimento considerato altresi' che la
clausola, che conformemente all'art. 16 comma 3 D.L. 95/2012, prevede
che sia 1' accantonamento che gli effetti sul patto di stabilita'
siano limitati nel tempo e operino solo «fino all'emanazione delle
norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27» della legge
delega n.42/09, finisce per avere una portata garantistica meramente
apparente stante che l'art. 28, comma 4, del d.l. 201/2011,
(anch'esso impugnato da questa Regione con il citato ricorso iscritto
al n. 39/2012) ha abrogato il termine di legge stabilito (trenta
mesi) per l'emanazione della normativa di attuazione. Con la
conseguenza che il Decreto finisce per operare immediatamente e
illimitatamente nel tempo.
Tutto cio' premesso, tenuto conto che l'atto in questa sede
impugnato determina, in attuazione di norme incostituzionali gia'
impugnate dalla Regione siciliana, l'accantonamento a valere sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali a prescindere
dall'intesa con la Regione ricorrente, comprovando l'effettivita'
delle censurate lesioni alle prerogative costituzionali e statutarie
della ricorrente Regione siciliana, con il presente atto la Regione
stessa, come in epigrafe rappresentata e difesa, promuove conflitto
di attribuzioni avverso e in relazione al decreto adottato in data 23
settembre 2013, chiedendo a codesta ecc.ma Corte di voler dichiarare
che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia e
delle finanze, determinare l'accantonamento ivi previsto, con un
provvedimento che oltre ad essere stato assunto unilateralmente non
tiene conto della circostanza che la Regione ricorrente non e'
destinataria di quote di compartecipazione ma che alla stessa si
ascrive la titolarita' dell'intero gettito dei tributi erariali
riscosso nel suo territorio e di voler annullare, per l'effetto,
l'atto gravato, alla luce dei seguenti motivi di
Diritto
Violazione dell'art. 36 dello statuto e delle correlate norme di
attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 del
D.P.R. 1074/1965 nonche' del principio di leale collaborazione e
dell'art. 43 dello Statuto;
Il DM in discorso comporta anche la rideterminazione degli
obiettivi del patto di stabilita' interno e stabilisce per la Regione
il contributo di euro 513.179.933,07 ed euro 727.004.905,18 in
termini, rispettivamente, di saldo netto da finanziare e di
indebitamento netto. Alla luce dei principi contenuti nell'art 36
dello Statuto e nelle correlate norme di attuazione in materia
finanziaria, in particolare dell'art. 2 D.P.R. n.1074/1965, nonche'
dell'art. 43 dello Statuto medesimo, identicamente alle disposizioni
che attua, il Decreto risulta illegittimo e lesivo delle prerogative
statutarie.
Le sopra evidenziate riduzioni di ingenti disponibilita' di
risorse per la Regione siciliana, che si aggiungono alle altre
precedentemente operate, configurano una palese lesione
dell'autonomia finanziaria della stessa che impedisce alla Regione di
provvedere adeguatamente al proprio «fabbisogno finanziario», ai
sensi dell'art. 36 del suo Statuto ( sentenza 138/99).
Sono palesi gli effetti che il nuovo concorso imposto alla
Regione, considerati anche quelli gia' operanti, produrra' in ordine
alla possibilita' per l'Ente di svolgere le proprie funzioni, stante
pure la rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilita'
interno, nel senso ulteriormente penalizzante derivante
dall'incremento disposto con la legge di stabilita' per il 2013.
In ogni caso la sottrazione di gettito tributario come sopra
descritto si sostanzia in una vera e propria riserva di entrate
operata dallo Stato in favore del proprio bilancio a danno delle
casse regionali in violazione dei principi contenuti nell'art. 2
delle norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in
materia finanziaria, di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n.1074, il
quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'articolo 36
dello Statuto spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate
tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette
o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il
gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con
apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare
particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato
specificate nelle leggi medesime».
Risulta infatti all'evidenza che lo Stato opera una dissimulata
riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimita',
siccome previsti dal citato art. 2 del d.P.R. n.1074/65, in
particolare il requisito della novita' dell'entrata (intesa sia come
novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti
da tributo gia' esistente - Corte costituzionale sentenze n. 49/72 e
n. 429/96).
Pertanto nel caso di specie per le quote di gettito di tributi
erariali, oggetto dell'accantonamento, risulta ingiustificatamente
disatteso il criterio generale di spettanza alla Regione siciliana di
cui all'art. 36 dello Statuto.
In proposito e' nuovamente da ribadire che la Regione siciliana,
a differenza delle altre Regioni a Statuto speciale, non e'
destinataria di quote di compartecipazione bensi' alla stessa si
ascrive la titolarita' dell'intero gettito dei tributi erariali
riscosso nel suo territorio (con alcune eccezioni) con cio'
configurandosi il diritto della medesima alla percezione diretta
nelle proprie casse senza che si possa giustificare alcuna ritenuta
da parte dello Stato.
Va rilevato inoltre come il Decreto si profila ulteriormente
illegittimo e lesivo delle prerogative statutarie, in quanto, dispone
senza che sia stato assicurato il rispetto delle procedure previste
dall'art. 27 della legge n. 42/2009, tendenti a garantire modalita'
applicative dei meccanismi di concorso alla finanza pubblica che
siano rispettose delle peculiarita' di questa Regione a statuto
speciale.
Ne', peraltro e' stato raggiunto un qualunque accordo in sede di
Conferenza Stato regione. Ora fermo restando che nemmeno un tale
accordo potrebbe validamente sostituire la procedura pattizia (ex
art.43 Statuto) con la Regione siciliana la sua assenza e' comunque
ulteriore indice del mancato rispetto da parte dello Stato del
principio di leale collaborazione cui dovrebbero sempre improntarsi i
rapporti tra i livelli di Governo che compongono la Repubblica,
principio che avrebbe imposto un piu' fattivo perseguimento di una
determinazione condivisa.
La violazione del vincolo che impone l'adozione delle procedure
"pattizie" di attuazione statutaria, e' infatti alla base delle
sentenze (n.178 del 2012 e n. 219 del 2013) con la quale codesta
Ecc.ma Corte ha dichiarato la illegittimita' costituzionale della
clausola che, identicamente recata da due decreti legislativi di
attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, d.lgs.
118/2011, sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio di regioni ed enti locali e d.lgs. n. 149/2011 in materia di
meccanismi sanzionatori e premiali, prevedeva la immediata e diretta
applicazione alle autonomie differenziate degli interi decreti
legislativi in caso di inosservanza del termine posto per l'adozione
delle norme di attuazione.
Se si considera che l'art.28, comma 4, del d.l. 201/2011, ha
abrogato il termine di legge stabilito (trenta mesi) per l'emanazione
della normativa di attuazione, non puo' non rilevarsi che 1'
accantonamento finisce per operare immediatamente (2012) e
illimitatamente nel tempo (2015 e seguenti).
A tal proposito con la sentenza n.193 del 17 luglio 2012 il
Giudice delle leggi ha sancito, in linea e in armonia con la sua
precedente giurisprudenza (sentenze nn. 148 del 2012, 232 del 2011,
326 del 2010 e 284 del 2009), l'illegittimita' di ogni prescrizione
di principio volta a imporre, agli enti territoriali, misure di
contenimento finanziario a tempo indeterminato.
Si consideri altresi' che la clausola, che conformemente
all'art.16 comma 3 D.L. 95/2012, prevede che sia l'accantonamento che
gli effetti sul patto di stabilita' siano limitati nel tempo e
operino solo «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui
allo stesso articolo 27» della legge delega n. 42/09, finisce per
avere una portata garantistica meramente apparente stante la gia'
ricordata abrogazione del termine di legge stabilito (trenta mesi)
per l'emanazione della normativa di attuazione. Con la conseguenza
che la transitorieta' dell'efficacia del Decreto possa dilatarsi sine
die.
Quanto alla scelta di proporre il presente conflitto e' noto a
codesta Eccellentissima Corte che in tempi recenti molte volte si e'
proceduto ad impugnare anche atti che, come quello in esame, davano
pedissequa attuazione a norme gia' impugnate essendosi ritenuto piu'
conducente, piuttosto che attendere l'esito del giudizio sulla norma,
opporre un' immediata reazione all'atto attuativo, sia a fini
cautelativi sia per chiederne la sospensione.
Con il presente ricorso si chiede inoltre, ai sensi dell'art. 40
della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 26 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la
sospensione dell'impugnato atto, invasivo delle attribuzioni e delle
spettanze regionali in materia finanziaria, ed immediatamente lesivo
per le disponibilita' regionali di cassa.
Le risorse finanziarie della Regione, ed ancor piu'
concretamente, i mezzi di pagamento necessari per far fronte agli
impegni legittimamente assunti dalla medesima risulterebbero,
infatti, indubbiamente ridotti con conseguenti effetti negativi anche
sull'economia regionale.
In considerazione del danno grave e irreparabile si ritiene
ricorrano quelle "gravi ragioni" cui ha specifico riferimento il
richiamato art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per poter
procedere alla sospensione dell'esecuzione dell' atto che ha dato
luogo al conflitto di attribuzione.
P.Q.M.
Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale, preliminarmente
sospendere l'efficacia dell'atto impugnato;
Dichiarare, in accoglimento del presente ricorso, che non spetta
allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze,
emanare nei confronti della Regione siciliana il Decreto Ministro
dell'Economia e delle Finanze 23 settembre 2013 "Riparto del
contributo alla finanza pubblica previsto dall'articolo 16, comma 3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 tra le regioni a statuto
speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione
dell'accantonamento" in lesione delle attribuzioni costituzionali
della Regione siciliana e in particolare per la violazione dell'art.
36 dello Statuto siciliano e delle correlate norme di attuazione in
materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ed, in
particolare, dell'art.2, nonche' del principio di leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato e Regione e
dell'art.43 dello Statuto.per violazione dell'art. 36 dello Statuto
siciliano e delle correlate norme di attuazione in materia
finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ed, in
particolare, dell'art.2, nonche' del principio di leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato e Regione e
dell'art. 43 dello Statuto.
Conseguentemente e per l'effetto altresi', annullare l'atto
impugnato, con le conseguenze di diritto.
Si deposita con il presente atto la deliberazione di Giunta
regionale di autorizzazione a ricorrere.
Palermo - Roma, 4 dicembre 2013
Avv. Fiandaca - Avv. Valli