Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 18 agosto 2011 (della Regione Veneto).

 

 

(GU n. 39 del 14.9.2011)

 

    Ricorso della Regione  Veneto,  in  persona  del  Presidente  pro tempore della Giunta Regionale,  autorizzato  mediante  deliberazione della Giunta stessa (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente  atto  dagli  avv.ti  Ezio  Zanon  ed

Emanuele Mio e Luigi Manzi, con domicilio eletto,  agli  effetti  del presente giudizio, presso lo studio dell'avv. Luigi  Manzi  in  Roma, Via Confalonieri n. 5;

    Contro Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del Presidente in carica, rappresentata e difesa ex lege  dall'Avvocatura Generale dello Stato presso gli uffici della quale e' domiciliata  in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12,

    Notiziandone Tribunale di Venezia, in persona del Presidente p.t. con sede in Venezia 30125 San Polo 119) per regolamento di competenza in relazione al provvedimento, datato 9.05.2011 del Tribunale  Civile di Venezia, emesso  in  violazione  dell'art.  122,  comma  4,  della Costituzione,  contenuto  nel  verbale  di  udienza,  concernente  il giudizio civile, R.G. n. 1475/2010, G.I., Dott.ssa Balletti, promosso con atto di citazione dalla Societa' Sigma Informatica S.p.A.  contro il consigliere regionale Nicola Atalmi ed altri,  in  cui  questi  e' stato convenuto in giudizio, per  risarcimento  danni,  quale  autore dell'interrogazione a risposta immediata al Presidente della  Regione p.t., Dott. «»Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, presentata  in data 08.10.2009, e riportata il giorno successivo in un  articolo  de La Tribuna.

 

                                Fatto

 

    In seguito ad una verifica interna svolta  dalla  ULSS  n.  9  di Treviso tra il 2008 ed il 2009 sono emerse  gravi  irregolarita'  nel sistema  di  liquidazione  degli  emolumenti,  mediante  costituzione fittizia  di  posizioni  di  pagamento  a  favore  di  soggetti   non contrattualmente legati all'Azienda sanitaria e con  una  conseguente sottrazione di denaro pubblico per complessivi  4  milioni  di  Euro.

Tali procedure illecite sono  state  imputate  alla  Sig.ra  Loredana Bolzan, il cui rapporto lavorativo con l'ULSS n. 9 si era  interrotto in data  18.2.2008  per  dimissioni  volontarie  della  stessa  senza diritto di pensione, la quale e' stata inoltre tratta in arresto  nei primi mesi del 2009 facendo divenire la vicenda di dominio pubblico.

    La sig.ra Bolzan e' stata, poi, condannata  con  la  sentenza  n. 13/2011 dal Tribunale di Treviso, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari. All'epoca dei fatti il dott. Nicola Atalmi rivestiva  la qualita' di consigliere regionale come esponente di minoranza e, data la rilevanza degli interessi pubblici coinvolti, chiedeva che venisse

fatta chiarezza circa le reali responsabilita' di quanto  accaduto  e dei  provvedimenti  assunti  per  accertare  che   l'episodio   fosse

effettivamente circoscritto al caso di specie.

    A tal fine il consigliere Atalmi in data 8.10.2009 presento'  una un'interrogazione a risposta immediata al  Presidente  della  Regione dell'epoca, Dott. Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, ex art. 15 dello Statuto della Regione Veneto che formulava la  richiesta  cosi' sintetizzabile per quanto di interesse nella menzionata causa  civile avanti il Tribunale di Venezia:

        quali concrete iniziative sono state intraprese per garantire che tali eventi non abbiano a ripetersi;

        che tipo di provvedimenti si intendono prendere per  rivedere il sistema di controlli e di responsabilita';

        se corrisponde al  vero  che  la  societa'  che  gestisce  il sistema informatico per tutte le  ULSS  venete  e  che  e'  coinvolta nell'indagine  in  corso,  sarebbe  controllata   da   due   societa' lussemburghesi;

        se siano state verificate  le  eventuali  responsabilita'  in capo alla societa' di gestione del sistema informatico;

        se sia stato appurato se la Bolzan abbia agito "da sola" e ne abbia eventualmente "goduto singolarmente";

        se si possa escludere l'esistenza di una correlazione tra  il fatto de quo ed il finanziamento illecito della politica.

    Il   contenuto   di   tale   interrogazione    venne    riportato pedissequamente in un articolo de La Tribuna di  Treviso  del  giorno successivo.

    In altri articoli dello stesso periodo del quotidiano la  Tribuna di  Treviso,  si  ricava  che  la  vicenda  era  balzata  con   forza all'attenzione della cronaca locale che  dedico'  alla  vicenda  vari altri articoli, tra cui, tra  l'altro,  si  riportavano  le  seguenti

espressioni attribuite al consigliere Atalmi:

        "Dall'intervista rilasciata dalla Sig.ra Bolzan emergerebbero gravissime  responsabilita'  di  controllo  che  hanno  permesso  con estrema facilita' la sottrazione di una somma cosi' ingente prima che qualcuno casualmente se ne accorgesse. Le  responsabilita'  oggettive per il mancato controllo devono essere ricercate fino in  fondo"  (La Tribuna di Treviso, 25.7.2009);

        "il sospetto che si voglia far passare il tempo  fino  a  far dimenticare tutto, salvando  chi  e'  profumatamente  pagato  e  pure incentivato e  premiato  economicamente  per  fare  solo  il  proprio dovere, c'e' (..) non voglio giustizialismo, ma  giustizia  si'"  (La Tribuna di Treviso, 14.12.2009).

    Con atto di citazione notificato (doc. n. 2)  la  Societa'  Sigma Informatica   S.p.A.   conveniva   in    giudizio    per    l'udienza dell'11.6.2010, avanti il Tribunale di Venezia, il consigliere Nicola Atalmi ed altri per:

        - sentirlo condannare al risarcimento dei danni  patrimoniali e non patrimoniali asseritamente cagionati  all'immagine  commerciale dell'attrice che vengano accertati nel giudizio, in  solido  con  gli altri convenuti ovvero disgiuntamente;

        - sentirlo condannare al pagamento della pena  pecuniaria  ex art. 12 della L. 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni  sulla  stampa) da liquidarsi in  favore  della  stessa  Societa'  Sigma  Informatica S.p.A.;

        - ordinare la  pubblicazione  del  dispositivo  dell'emananda sentenza a cura  di  parte  attrice  e  a  spese  dei  convenuti  sui quotidiani La Repubblica, La Tribuna di Treviso, La Nuova  Venezia  e il Mattino di Padova, fissando,  in  relazione  a  tale  richiesta  a

carico del convenuto Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A. una somma di denaro dovuta per ogni giorno in caso di ritardo nell'esecuzione  del provvedimento.

    La Soc. Sigma S.p.A. asserisce che il fatto su cui  si  fonda  la citazione in giudizio del  Cons.  Atalmi  e'  l'interrogazione  dallo stesso presentata: "poco importa, ai fini che  qui  interessano,  che l'accusa  diffamatoria  rivesta  la  forma   di   interrogazione   al Presidente della Giunta regionale, perche' le affermazioni  provocano

ugualmente gravi effetti lesivi  dell'immagine  aziendale  di  Sigma, specie  dove  si  consideri  che   tali   affermazioni   sono   state accompagnate da una demagogica richiesta di revoca della gara europea vinta da Sigma. Cio' a dimostrazione che la forma dell'interrogazione consiliare rappresentava solo un  paravento  politico  per  esprimere

determinate dichiarazioni (...). Delle due l'una: o  il  Sig.  Atalmi parlava senza ragionare su quello  che  diceva  (cosa  da  escludere) oppure egli agiva con l'intento consapevole di recare danno  a  Sigma per il suo operato nell'ambito della Sanita' veneta" (pgg. 52-53 atto di citazione).

    Costituitosi nel citato giudizio, a ministero degli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele Mio dell'Avvocatura Regionale  del  Veneto,  previa deliberazione  della  Giunta   Regionale   di   autorizzazione   alla costituzione in giudizio, (doc. 3 - fascicolo di parte  del  giudizio

avanti al tribunale di Venezia) il consigliere Nicola Atalmi eccepiva l'insindacabilita', ex art. 122, comma 4  Cost,  dei  fatti  per  cui sussisterebbe la propria responsabilita'.

    Il  Giudice  concedeva  termine  per  la  notifica  dell'atto  di citazione e rinviava all'udienza del  10.12.2010,  al  termine  della quale si riservava sulle istanze delle parti.

    A scioglimento della riserva il Giudice concedeva termini ex  art 183, comma 6 c.p.c.

    Nelle  memorie  depositate  ex  art.  183,  comma  6  c.p.c.,  il consigliere Atalmi insisteva sull'eccezione  di  insindacabilita'  ex art. 122, comma 4 Cost. All'udienza  del  13.05.2011  il  Giudice  si riservava sulle istanze formulate dalle parti.

    Con provvedimento del 19.05.2011 (doc. n. 4), comunicato al punto d'accesso telematico  il  11.06.2011,  il  G.I.  non  si  pronunciava espressamente sull'eccezione formulata dalla difesa  del  consigliere Atalmi, ordinava l'esibizione della sentenza del Tribunale di Treviso di cui al procedimento penale nei  confronti  di  Loredana  Bolzan  e

disponeva CTU ai fini di verificare le caratteristiche e le procedure consentite dal software Sigma adottato dall'ULSS 9,  con  particolare riguardo alla possibilita' di modificare i dati ed eventuali  sistemi di controllo e/o di garanzia, alle caratteristiche di accesso  ed  ai dispositivi di sicurezza.

    Detto atto si assume lesivo della prerogativa di insindacabilita' dei consiglieri regionali prevista  dall'art.  122,  comma  4,  della Costituzione per cui la Regione Veneto ritiene necessario proporre il conflitto di attribuzione al fine di acclarare che  non  spetta  allo

Stato  l'accertamento  della  responsabilita'   nei   confronti   del consigliere regionale Nicola Atalmi per fatti coperti dalla  garanzia costituzionale dell'art. 122, comma 4, della Costituzione.

 

                               Diritto

 

Sull'ammissibilita' del conflitto:

    Il  sottoscritto  patrocinio,  ovviamente,  non  ignora   che   i conflitti di attribuzione ammessi al vaglio di Codesta  Ecc.ma  Corte devono intercorrere, a tacere d'altro, "tra lo Stato  e  le  Regioni" (art. 134 Cost.); ne' che l'art. 39 della 1. 87/1953 (recante  "Norme sulla costituzione e il funzionamento della Corte Costituzionale") ha chiarito che puo'  produrre  ricorso  la  Regione  la  cui  sfera  di competenza costituzionale sia invasa da  un  atto  dello  Stato,  con l'ulteriore  precisazione  che  il  "ricorso   per   regolamento   di competenza... deve specificare l'atto dal quale sarebbe stata  invasa la sfera di competenza"; ne' infine , che la tutela  dei  consiglieri

regionali attivata ex art. 122, quarto comma  Cost.  viene  azionata, classicamente, contro atti di un giudice o contro iniziative  assunte dalla  magistratura  inquirente  penale  e/o   contabile,   anch'esse riconducibili, data la natura pubblica dell'accusa, allo Stato.

    Si chiede oggi di far valere lo status di  consigliere  regionale non nei confronti di  un  atto  di  esercizio  della  giurisdizionale penale e/o contabile, bensi' di quella civile, come  invero  e'  gia' accaduto, in pendenza, tuttavia, del relativo giudizio e  in  assenza di una decisione di merito, fosse anche solo di primo grado.

    La difficolta' consiste nel definire il  momento  a  partire  dal quale, avviato con un atto propulsivo di parte un giudizio civile, si puo' ritenere di essere in  presenza  di  un  atto  statale  invasivo dell'autonomia  regionale  costituzionalmente  garantita,  contro  il quale poter reagire per conflitto di attribuzioni.

    Il dubbio relativamente al "quando" i consiglieri regionali hanno per realizzate le condizioni prescritte perche' la Regione possa  far valere davanti al Giudice dei conflitti  l'irresponsabilita'  propria del loro status, lungi dal delineare una questione meramente teorica, e' di grande momento sul piano pratico, stante la  perentorieta'  del termine assegnato per la proposizione del relativo ricorso, e, quindi per azionare la specifica tutela.

    Al fine di circoscrivere l'area di incertezza  e',  innanzitutto, utile fissare i  punti  fermi  dai  quali  dedurre,  in  qualita'  di principi, le regole che sovrintendono, in difetto della normativa  di attuazione, il caso che ci occupa, o dai quali desumere, in  qualita' di criteri interpretativi, argomenti a  sostegno  dell'ammissibilita' del presente conflitto.

    E' insegnamento di codesta Corte e, con l'avallo  della  migliore dottrina, puo' considerarsi ius receptum, che:

        a) "l'esonero da responsabilita' dei  componenti  dell'organo [Consiglio regionale]  (sulla  scia  di  consolidate  giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale  alla  tutela  delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica (seni.  n.  69/1985; in dottrina, v. L. PALADIN, diritto regionale Padova, 1997, 325,  per

il quale l'irresponsabilita' comune ai parlamentari e ai  consiglieri si pone a garanzia che tende ad assicurare (tanto per lo stato quanto per le Regioni) l'indipendenza funzionale dell'organo in questione)";

        b)  attraverso  la  lesione   delle   prerogative   stabilite dall'art. 122, comma  4,  rimangono  violate  ulteriori  disposizioni della  Costituzione:  quelle  degli   arti   121   e   123,   poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla  legge  fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da voti si  riverbera sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle  relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti;

        c) le guarentigie di cui  all'art.  122,  comma  4  e  quelle previste - peraltro in una piu' ampia  prospettiva  -  dall'art.  68, primo comma Cost., costituiscono "eccezionali deroghe  all'attuazione della  funzione  giurisdizionale":  queste  ultime   sono   poste   a salvaguardia  dell'esercizio  delle  funzioni  sovrane  spettanti  al Parlamento, le prime, invece,  pur  non  esprimendosi  a  livello  di sovranita',  "si   inquadrano   ...nell'esplicazione   di   autonomie costituzionalmente garantite" (sentt. n. 81/1975; n. 382/1998);

        d) la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma,  Cost., e  quella  di  cui  all'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  salva  la summenzionata differenza (il  fatto  che  l'immunita',  in  un  caso, inerisca alla sovranita' dello Stato di cui il Parlamento e'  organo;

nell'altro,  attenga  ad  aspetti   dell'autonomia   della   Regione) soggiacciono a principi analoghi, a fronte dell'identico tenore delle disposizioni, che, rispettivamente, le regolano  (in  dottrina,  cfr. TOSI, Nota a Corte Cost. sent. n. 81/1975, 765, per la quale "le  due disposizioni [l'art. 68, primo comma  e  l'art.  122,  quarto  comma, Cost. l che sottraggono al  sindacato  dell'autorita'  giudiziaria  i membri delle Camere e dei  Consigli  hanno  lo  stesso  contenuto:  i problemi che si pongono per l'una non possono non  interessare  anche l'altra e allo stesso modo devono essere risolti");

        e)  l'immunita'  parlamentare  e  dei  consiglieri  regionali comporta "la carenza di potere giurisdizionale": quindi,  la  pretesa di esercitare, cio'  nonostante,  la  funzione  del  ius  dicere  "si traduce  ...  in  un'alterazione  dell'ordine  costituzionale   delle competenze" in quanto "comporta l'invasione della sfera di  autonomia costituzionalmente   riservata   alla    regione...,    alla    quale esclusivamente spetta l'esercizio delle  funzioni  che  i  magistrati hanno inteso condizionare" (sent. n. 70/198; in  dottrina  V.  P.  Di

Muccio, L'insindacabilita' dei parlamentari:  una  introduzione  allo studio dell'art. 68, primo comma della  Costituzione,  in  Diritto  e Societa', 1986, 681 secondo cui tale prerogativa costituisce un  caso di esenzione alla giurisdizione);

        f)  l'immunita'  parlamentare  e  dei  consiglieri  regionali riguarda ogni tipo di responsabilita' civile  penale  amministrativa, contabile, - erariale (cfr. sent. n. 100/1986: "di questa guarentigia i  consiglieri  regionali   fruiscono   anche   nella   sfera   della responsabilita' patrimoniale"; v. anche S. Bartole et  alii,  Diritto

regionale. Dopo le riforme, Bologna, 2003, 93 e, seppure  a  commento dell'art. 68, R. Moretti, in V.  Crisafulli  -  Paladin  (a  cura  di Commentario breve alla Costituzione, Padova 1990,  410,  secondo  cui "non vi e' alcun ragionevole dubbio sull'ambito di applicazione della

prerogativa, essendo unanime il riconoscimento  che  essa  opera  sia nella fase penale, che in quella civile e amministrativa"). La stessa riforma dell'art. 68, primo comma, Cost., operata con legge cost.  n. 3/1993, nel modificare la  formula  originaria  ha  chiarito  che  la

prerogativa riguarda ogni tipo di responsabilita' e non  solo  quella penale;

        g) in particolare, benche' statuito a proposito dell'art. 68, primo comma, Cost., si  e'  precisato  che  la  norma  costituzionale limita "la possibilita' di  far  valere  in  giudizio  una  ipotetica responsabilita'   del   parlamentare   per   le   opinioni   espresse nell'esercizio della funzione. Siffatta limitazione  vale  ugualmente

in ordine a qualunque sede giurisdizionale nella quale si pretenda di far valere una responsabilita' del parlamentare e, dunque,  anche  in sede di giudizio civile"(sent.  n.  265/1997  ma  v.  gia'  sent.  n. 1150/1988);

        h) all'originaria  configurazione  soggettiva  del  conflitto (come vindicatio potestatis) se ne e' aggiunta  una  oggettiva,  piu' ampia riguardante non la spettanza della competenza  ma  il  modo  di esercizio (sostanziale e procedurale) di  essa  (cosi',  Zagrebelsky, Giustizia Costituzionale, Bologna, 1988, 339): conseguentemente,  "la

figura dei conflitti di  attribuzione  non  si  restringe  alla  sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza  del  medesimo  potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi a se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo  esercizio  di  un potere altrui consegua la menomazione di una  sfera  di  attribuzioni

costituzionalmente  assegnate  all'altro  soggetto"  (v.   sent.   n. 110/1970);

        i) per orientamento costante (a  partire  dalla  sentenza  n. 110/1970 ribadita in successive pronunce : cfr.  sentt.  n.  211  del 1972, 178 del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981,  70  del 1985) "nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da un  atto  giurisdizionale,  se  ed  in  quanto  si  deduca  derivarne

un'invasione  della  competenza  costituzionalmente  garantita   alla Regione ricorrente" (sent. n. 70 del 1985);

        j) si e' proceduto via via ad ampliare  la  nozione  di  atto invasivo, riconoscendo a  tal  fine  che  esso  possa  consistere  in comportamenti concludenti, non estrinsecatesi in atti formali  (sent. n. 40 del 1977; v. gia' sent. n.  164  del  1963)  o  in  altri  atti

interni (quali le circolari all'apparato statale o regionale (v. sent n. 299/ 1974) o in atti preparatori (cfr. sent. n.  171/1971);  o  in comportamenti omissivi,  purche'  si  traducano  in  una  lesione  di competenze e l'ordinamento costituzionale delle attribuzioni  imponga viceversa l'adozione di  un  atto  (v.  inter  alios  V.  Crisafulli,

Lezioni... cit., 447e C. Mortati, Istituzioni  di  diritto  pubblico, Padova, 1976, 1448).  La  dottrina  ha  osservato  che  nella  prassi instaurata non tanto si richiede che il conflitto sia originato da un atto giuridico vero e proprio (e  meno  ancora  da  un  atto  esterno definitivo), quanto piu' largamente da un comportamento significante,

posto  in  essere  da  organi  statali  e,  inversamente,   regionali (Crisafulli, Lezioni di diritto  costituzionale,  II,  Padova,  1984, 447); o, ancora  che  alla  stregua  dell'ampio  atteggiamento  della Corte, il conflitto puo' assumere  il  significato  di  strumento  di garanzia anticipata o preventiva, rispetto  alla  potenziale  lesione

temuta, salva solo l'inammissibilita' di conflitti puramente virtuali (G. Zagrebelsky, Giustizia costituzionale, cit., 346-347);

        k) l'oggetto dei  giudizi  sui  conflitti  non  e'  tanto  la validita' dell'atto asseritamene invasivo, quanto la  competenza  che si  assume  violata  e  la  relativa  sentenza,  mentre  deve  sempre dichiarare  la  competenza,  solo  eventualmente   sara'   anche   di  annullamento dell'atto adottato dal soggetto o dall'organo  giudicato

privo di potere.

    Ora, il  consigliere  Atalmi  e'  stato  convenuto  con  atto  di citazione davanti al giudice civile. E' stato chiamato  a  rispondere per  dichiarazioni  per  le  quali,  dato   il   suo   status,   gode dell'eccezionale  guarentigia  dell'irresponsabilita'  ex  art.  122, quarto comma, Cost. Il Giudice civile ha esercitato la giurisdizione, nonostante l'eccezione fondata sull'art.  122,  quarto  comma  Cost., poiche' ha disposto in relazione alle istanze  istruttorie  formulate dalle parti assumendo cosi' essere nella sua competenza il potere  di

giudicare.

    Nell'attuale sistema processual-civilistico si  puo'  individuare quale  primo  atto  di  esercizio  della  giurisdizione   civile   il provvedimento con cui il Giudice dispone delle istanze istruttorie.

    Infatti nella prima udienza avanti il  giudice  civile,  prevista dall'art. 183 c.p.c., il giudice, se richiesto,  concede  alle  parti  termine per il deposito  delle  memorie  previste  dal  comma  6  del medesimo articolo.

    Come rilevato dalla dottrina (Balena-Bove, Santangeli) il giudice e' tenuto a concedere i predetti termini, se richiesti, senza  alcuna discrezionalita'.  Nella  fattispecie  concreta,  come  risulta   dal verbale di  udienza  del  10.12.2010  l'attore  e  i  convenuti,  con

l'eccezione della difesa dei consiglieri regionali Bottacin e Atalmi, hanno chiesto la concessione dei termini di cui all'art.  183  c.p.c. e, pertanto, la concessione  di  detti  termini  costituiva  un  atto dovuto da parte del magistrato.

    All'udienza del  13.05.2011  la  difesa  del  consigliere  Atalmi insisteva nell'eccezione fondata sull'art. 122, comma 4, Costituzione ma il Giudicante, nell'esercizio della sua funzione  giurisdizionale, disponeva mezzi istruttori.

    E' quindi palese che il  primo  atto  lesivo  delle  attribuzioni costituzionalmente garantite ai consiglieri  regionali  nel  processo civile de quo e' rappresentato dal provvedimento con cui  il  Giudice ha ammesso istanze istruttorie  formulate  dalle  parti  e  con  cio' esercitando  la  propria  giurisdizione  nei  confronti   consigliere regionale   Nicola   Atalmi   in   violazione    della    prerogativa costituzionalmente prevista.

    Pare arduo, pertanto, sottrarsi alla conclusione che il  Giudice, e per esso, lo Stato, cosi' facendo, abbia violato  la  posizione  di autonomia  e  di   indipendenza   costituzionalmente   garantita   ai componenti il Consiglio regionale,  e,  loro  tramite,  al  Consiglio stesso.

    E' sufficiente attualizzare al  caso  di  specie  i  punti  fermi poc'anzi evidenziati, per accorgersi che:

        a) si e' violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e  di decisione" riservata ai  consiglieri  regionali  (per  dirla  con  T. Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, 294);

        b) si e' preteso di esercitare la  giurisdizione  in  carenza assoluta di potere;

        c) si e' invasa  la  sfera  di  autonomia  costituzionalmente riservata ai consiglieri e alla Regione.

    Guardando  per  comparazione  ai  giudizi  penali   o   contabili intentati nei confronti di consiglieri  regionali,  correntemente  si conviene che l'atto lesivo della prerogativa  di  cui  all'art.  122, quarto comma Cost., puo'  risiedere  per  esempio,  nel  decreto  del

g.i.p.  che  dispone  il  giudizio  (come  in  sent.   391/1999);   o nell'avviso di conclusione delle indagini  preliminari  emesso  dalla Procura della Repubblica (come in sent. n. 276/2001); o nell'invito a presentarsi per essere interrogato in qualita' di persona  sottoposta ad indagini comunicato a cura della Procura della Repubblica (come in

sent. 382/1998); o nell'atto di citazione emesso dalla Procura presso la Corte dei Conti (come in sent. n. 100/1986).

    In tali casi (che sono solo alcuni  dei  possibili)  e'  evidente che, ai fini  dell'ammissibilita'  del  giudizio  davanti  a  codesta Corte, e' sufficiente il  solo  fatto  della  pretesa  dell'esercizio della  giurisdizione  manifestato   da   un   organo   statale   (non necessariamente un giudice) a fronte di una situazione  di  immunita' ex art. 122, quarto comma Cost., e che non e' affatto necessario  che l'esercizio della giurisdizione acquisti la forma di sentenza o di un atto definitivo.

    Al riguardo si osserva che, secondo costante  giurisprudenza,  e' atto  idoneo  ad  innescare  un  conflitto  di  attribuzione  quello, imputabile allo Stato o alla Regione, che "sia dotato di efficacia  e rilevanza esterna" o che, se preparatorio  o  non  definitivo,  rechi

gia' in se' dei requisiti minimi  di  lesivita'  e  sia  rivolto  "ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di  esercitare  una data competenza, il cui svolgimento possa determinare  una  invasione nell' altrui sfera  di  attribuzioni  o,  comunque,  una  menomazione

altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio  della  medesima" (sent. n. 771/1998)

    Nel giudizio civile, l'atto  di  citazione  (recte:  La  notifica della citazione) da'  inizio  al  processo,  ne  determina  cosi'  la pendenza e fa si che  il  giudice  debba  pronunciare  sulla  domanda (Attardi, Diritto processuale civile. Parte generale,  Padova,  1994,

57): ma, a differenza degli atti di impulso promanati da un  pubblico ministero, non e' direttamente imputabile alla sfera soggettiva dello Stato. In altre parole, la citazione in un giudizio civile,  per  gli effetti che comporta, viola di per  se  stessa,  la  prerogativa  del consigliere regionale, ma non consente ancora l'accesso  alla  Corte,

essendo i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e Regioni, tra Regioni.

    Se (e quando), tuttavia, l'atto di citazione fa si' che si svolga attivita' processuale davanti ad un giudice e da parte di un  giudice non vi e' chi non veda che non ci si trova piu' di fronte ad un  mero atto privato.

    Cosi', nel caso di specie, allo scioglimento  della  riserva  che seguiva l'udienza ex art. 183 c.p.c. il Giudice (e, quindi, lo Stato) ha esplicato la funzione giurisdizionale disponendo mezzi  istruttori e l'ha fatto in difetto di potere nei  confronti  di  chi,  a  quella

giurisdizione e', per  deroga  costituzionale,  sottratto.  Donde  la sussistenza di un atto statale invasivo della  competenza  regionale:

la violazione  dell'immunita'  consiliare  diviene  ascrivibile  allo Stato nel momento in cui il  Giudice  procede,  indotto,  dall'attore privato, nonostante la condizione di esenzione dalla giurisdizione.

    Piu' precisamente, il Giudice istruttore, nell'aver  disposto  la prosecuzione del giudizio secondo la tempistica del codice  di  rito, ha adottato un atto processuale  formale  (cfr.  verbale)  o,  quanto meno, ha  tenuto  un  comportamento  significante  sintomatico  della pretesa di giudicare al  di  la'  dei  limiti  esterni  imposti  alla

giurisdizione  assegnatagli,  stabiliti  a   garanzia   dei   compiti costituzionali dei consiglieri regionali: limiti che a codesta  Corte compete sindacare (inter alla, sentt. nn. 81/1975; 15/1977; 285/1990; 27/1999; 276/2003).

    A scanso  di  equivoci,  e'  bene  precisare  che,  nel  radicare l'ammissibilita' del presente conflitto  sull'assunto  della  carenza del potere da  parte  di  chi  l'ha  esercitato  e  sull'effetto  del pregiudizio  dell'autonomia  regionale,  non   si   intende   affatto

contestare, qui anziche' davanti al  giudice  dell'impugnazione,  gli errori in iudicando commessi dal giudice laddove non ha dichiarato il difetto di giurisdizione o non ha  sospeso  il  giudizio,  come  pure

avrebbe dovuto: si denuncia  piuttosto,  l'illegittimo  convincimento che ha indotto il tribunale di Venezia ad esercitare  un  potere  che non gli compete; e si nega,  in  quel  giudizio  civile,  l'esistenza stessa del potere giurisdizionale.

    Se si vuole, l'errore di cui si  duole  e'  "sui  confini  stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" (cfr. sent. n.  285/1990);  non  si  chiede  pertanto  un  sindacato  di   merito dell'attivita' giurisdizionale quanto piuttosto  di  dichiarare  come

l'esercizio  della   giurisdizione   sia   stato   lesivo   in   se', indipendentemente dal quomodo,  delle  competenze  costituzionalmente assegnate alla Regione.

    E' stato chiarito, sin dalla sentenza n. 289 del 1974 della Corte Costituzionale che, "se da una parte e' inammissibile  l'impugnazione mediante il conflitto di atti giurisdizionali  quando  si  chieda  in sostanza la correzione di eventuali errori in iudicando nei quali  il

giudice sia incorso mirando ad ottenere nel merito la revisione della sentenza, d'altra parte il conflitto e' pienamente ammissibile quando sia denunciata una lesione derivante dal solo fatto di esercitare  la giurisdizione nei  confronti  di  atti...che  si  affermino  ad  essa

sottratti da norme costituzionali".

    Ne' oggi si puo' dire che la  parte  (asseritamente)  lesa  dalle opinioni  espresse  dal  consigliere  regionale  rimane  priva  della possibilita' di esercitare le proprie difese, dal momento  che,  come noto,  e'  ammessa  ad  intervenire  in  sede  di  conflitto.  Si  e' osservato, infatti, che "qualora si rivendichi la  sussistenza  della

eccezionale guarentigia di non perseguibilita' sancita dall'art. 122, quarto comma della Costituzione, e si neghi  pertanto  in  radice  il diritto di azione in capo a chi pretende di aver subito la lesione da una condotta  scriminata  dalla  garanzia  medesima,  la  valutazione

sull'esistenza della garanzia svolta dalla Corte in sede di conflitto finirebbe  per  sovrapporsi  all'analoga  valutazione  demandata   al giudice  del  processo  comune:  ove  dunque  si  ritenesse  precluso l'intervento nel giudizio costituzionale, finirebbe per risultare  in

concreto compromessa la stessa possibilita' per la parte di agire  in giudizio a tutela dei suoi diritti" (sent. n. 76/2001).

Sul merito della violazione dell'art. 122, quarto comma, Cost.

    Si precisa che il  consigliere  Nicola  Atalmi  ha  rivestito  la carica di consigliere della Regione Veneto tra la fine del 2004 ed il rinnovo  del  Consiglio  Regionale  avvenuto  nel  2010  (doc.  6)  e pertanto, per i fatti di cui e' causa,  rileva  incontrovertibilmente l'insindacabilita' ex art. 122 comma 4 Cost.  relativamente  ad  atti politici tipici, qual e' appunto l'interrogazione de qua.

    Ma procediamo con ordine.

    Similmente all'art. 68 Cost., l'art. 122 comma 4 Cost.  sancisce:

"I consiglieri regionali non possono  essere  chiamati  a  rispondere delle opinioni espresse e dei voti  dati  nell'esercizio  delle  loro funzioni".

    Sulla questione la giurisprudenza costituzionale  e'  consolidata nel  ritenere  che  tale  esonero   da   responsabilita',   posto   a salvaguardia dell'autonomia  e  dell'indipendenza  costituzionalmente riservate al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle  attivita' che costituiscono esplicazione sia di una funzione consiliare tipica, sia delle attribuzioni direttamente affidate  a  detto  organo  dalla stessa Costituzione o  dalle  altre  fonti  normative  cui  la  prima rinvia.

    Altrettanto indubbio e' che tra gli atti tipici vanno  annoverate le interrogazioni  e  le  interpellanze,  in  quanto  strumentali  al sindacato esercitato dal Consiglio nei  confronti  della  Giunta  (si vedano, ex multis, Corte Cost., sent. nn. 274/1995; 391/1999).

    Peraltro  l'immunita'  in  parola  si  estende   anche   a   quei comportamenti che, pur non rientrando  tra  gli  atti  tipici,  siano collegati da nesso  funzionale  con   l'esercizio  delle  attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza, onde va ritenuta  ricompresa  la riproduzione all'esterno di  interpellanze  o  interrogazioni  (Corte

Cost., sent. nn. 289/1998; 329/1999; 391/1999).

    Nel caso di specie i fatti  imputati  al  consigliere  Atalmi  in quanto asseritamente diffamanti sono essenzialmente due:

        1) l'interrogazione a risposta diretta  rivolta  alla  Giunta della Regione Veneto datata 8.10.2009;

        2) l'articolo, riproduttivo del contenuto dell'interrogazione di cui sopra, de La Tribuna di Treviso datato 8.10.2009 (v.  doc.  n. 26 atto di citazione).

Per quanto concerne l'interrogazione alla Giunta regionale.

    Si tratta di un atto tipico del consigliere  ed  in  quanto  tale coperto dall'insindacabilita' di cui all'art. 122 comma 4 Cost.

    Per di  piu'  l'art.  3  comma  1  della  1.  20.6.2003  n.  140, contenente tra l'altro disposizioni  per  l'attuazione  dell'art.  68 Cost. (di contenuto analogo a quello dell'art. 122  Cost.),  sancisce espressamente: "l'articolo 68, primo  comma,  della  Costituzione  si

applica in ogni caso per la presentazione di disegni  o  proposte  di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per  le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di  voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni  altra

attivita' di ispezione, di divulgazione, di  critica  e  di  denuncia politica, connessa alla funzione  di  parlamentare,  espletata  anche fuori   del   Parlamento",   principi   questi   applicabili    anche all'attivita' svolta dai membri elettivi del Consiglio della Regione, come sostiene la stessa giurisprudenza  (Cass.  civ.,  Sez.  III,  n. 18781/2005). In buona sostanza, la norma, pur ampliando  il  concetto di espressione del voto garantito, ha conservato il nesso  funzionale necessario per  la  configurazione  della  causa  di  giustificazione contenuta nel testo costituzionale.

    Non    c'e'    dubbio     alcuno     circa     l'insindacabilita' dell'interrogazione de qua in quanto  atto  tipico  di  esercizio  di poteri e funzioni istituzionali.

Per quanto concerne l'articolo datato 8.10.2009.

    Non  e'  altro  che  una   mera   trasposizione   del   contenuto dell'interrogazione.

    La giurisprudenza,  per  quanto  concerne  l'attivita'  espletata fuori dal Parlamento, ha da sempre affermato che deve  sussistere  un legame funzionale fra l'opinione espressa o  gli  atti  compiuti  dal politico e l'esercizio  di  funzioni  consiliari/parlamentari  (Cass. civ., Sez. III, n. 18781/2005 cit., Corte Cost.,  n.  28/2005,  Corte

Cost., n. 317/2006, Cass. pen. ,  n.  42031/2008);  di  tal  che  non qualsiasi  opinione  espressa  e'  sottratta   alla   responsabilita' giuridica, ma soltanto  le  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle funzioni, al fine di impedire che l'insindacabilita' si trasformi  in un privilegio personale. In buona sostanza, cio' che e' richiesto  e' la identificabilita' della dichiarazione resa  quale  espressione  di attivita' parlamentare e  pertanto  la  riproduzione  all'esterno  di dichiarazioni rese in sede istituzionale non e'  sindacabile  ove  si riscontri  "l'identita'  sostanziale  di  contenuto"  fra  l'opinione

espressa in sede istituzionale e quella manifestata in  sede  esterna (si veda, fra  molte,  Corte  Cost.,  sent.  nn.  321/2000;  11/2001; 79/2002; 298/2004164/2005).

    In tal modo, per quanto concerne l'attivita' svolta  fuori  dalle sedi istituzionali, continua  a  rilevare  il  nesso  funzionale  tra l'attivita' e la funzione protetta, costituendo esso il parametro che consente  di  discernere  le  opinioni  riconducibili   alla   libera manifestazione del pensiero, sottoposta ai  limiti  generali  vigenti per la liberta' di espressione, da quelle che riguardano  l'esercizio delle funzioni istituzionali (Corte Cost., sent n. 120/2004).

    Proseguendo su questa strada i giudici della Corte Costituzionale hanno chiarito il significato di nesso funzionale, affermando che  le dichiarazioni rese extra moenia in tanto possono essere coperte dalla garanzia di insindacabilita' in quanto siano collegate  da  un  nesso

funzionale  ad  un'attivita'  istituzionale  precedentemente  svolta, restando invece irrilevante quella successiva (Corte Cost., sent.  n. 348/2004). Cio' in quanto l'espressione "opinioni  espresse"  di  cui all'art.  122  comma  4   Cost.   rende   inconfutabile   un'iniziale

perseguibilita' del politico cui possa eventualmente  sovrapporsi  un successivo atto parlamentare che la escluda (Corte Cost.,  sent.  nn. 347/2004; 28/2005;  Cass.  civ.,  Sez.  III,  sent.  n.  18781/2005).

Pertanto  il  nesso  funzionale  si  manifesta  anche  nel  "medesimo contesto temporale" fra atto  tipico  e  divulgazione  extra  moenia, essendo insufficiente l'affermazione di un medesimo contesto politico (Corte Cost., sent. nn. 176/2005; 317/2006).

    Riassumendo, affinche' si possa affermare  che  le  dichiarazioni rese extra moenia costituiscono espressione della funzione politica o ne rappresentano il momento di divulgazione all'esterno,  occorre  il concorso di un duplice requisito (Corte Cost., sent. n. 371/2006):

        a) una sostanziale corrispondenza di significato, non essendo sufficienti ne' una mera comunanza di argomenti ne' un mero  contesto politico;

        b)  un  legame  temporale  fra  l'attivita'  istituzionale  e l'attivita'  esterna,  di  modo  che  questa  assuma  una   finalita' divulgativa della prima, considerato che il nesso funzionale non puo' tollerare  segmenti  temporali  di   ampiezza   tale   da   risultare

incompatibile con la finalita' divulgativa.

    Nella fattispecie concreta l'articolo datato  8.10.2009  presenta senza dubbio entrambi i requisiti di cui sopra, essendo:

        a)  una  pura  e   semplice   trasposizione   del   contenuto dell'interrogazione

        b) successivo di appena un giorno all'interrogazione

e, in quanto tale, risulta anch'esso coperto dall'insindacabilita' di cui all'art. 122 comma 4 Cost., cosi' come  peraltro  gia'  stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 391 del 1999, emessa  in

un caso del tutto analogo, ove ha sancito "la sussistenza del cennato nesso funzionale, dal  momento  che  le  opinioni  e  le  valutazioni manifestate  dall'interessato  sulla  stampa  non  fanno  altro   che riprodurre, sostanzialmente, il contenuto dell' interpellanza  a  suo

tempo presentata".

    Da tutto quanto fin qui esposto,  si  evince,  con  evidenza,  la violazione dell'art. 122 quarto comma Cost.  e,  suo  tramite,  degli artt. 121 e 123  Cost.  di  disciplina  dell'organizzazione  e  delle funzioni dei supremi organi regionali.

 

                               P.Q.M.

 

    Si chiede che Codesta Ecc.ma Corte:

        dichiari che non spetta allo Stato e, per esso, al  Tribunale di Venezia accertare la  responsabilita'  del  consigliere  regionale Nicola Atalmi quale autore dell'interrogazione a risposta  immediata, presentata il 8.10.2009 al Presidente della Regione dell'epoca, Dott.

Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri e dell'articolo  "La  Tribuna di  Treviso"  in  data  8.10.2009,  entrambi  concernenti  le   gravi irregolarita' emerse nel sistema di liquidazione, a  seguito  di  una verifica interna svolta dalla ULSS n. 9 di Treviso tra il 2008  e  il 2009, con conseguente sottrazione di denaro pubblico per  complessivi

euro 4 milioni;

        annulli, quanto alla posizione  processuale  del  consigliere Nicola Atalmi, il provvedimento datato 19.05.2011 a verbale di  causa del Tribunale di Venezia, e, se del caso, tutti gli  atti  processali adottati dal Tribunale civile di Venezia  in  relazione  all'atto  di

citazione notificato dalla Societa' SIGMA INFORMATICA  S.P.A.  ed  il conseguente  giudizio  (R.G.  n.   1475/2010)   nei   confronti   del consigliere regionale Nicola Atalmi.

    A fini istruttori si producono i seguenti documenti:

        1)  DGR  di  autorizzazione  al  ricorso  per  conflitto   di attribuzione;

        2) copia atto di citazione della Societa'  Sigma  Informatica S.p.A. e successive memorie;

        3) Copia fascicolo processuale  del  consigliere  Atalmi  nel giudizio avanti il Tribunale  di  Venezia  R.G.  n.  1475/2010,  G.I. Dott.ssa Balletti;

        4)  copia  estratto  informatico  della  comunicazione  dello scioglimento della riserva al punto d'accesso telematico;

        5) copia autentica del  verbale  di  udienza,  contenente  il provvedimento del G.I. Dott.ssa Balletti del 19.05.2011.

        6) attestazione  del  Consiglio  Regionale  del  periodo  del mandato elettorale quale consigliere regionale di Nicola Atalmi.

 

          Venezia - Roma, addi' 5 agosto 2011

 

                 Avv. Zanon - Avv. Mio - Avv. Manzi

  

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