Ricorso per conflitto tra enti n. 6 del 18 agosto 2011 (Regione Veneto)
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 18 agosto 2011 (della Regione Veneto).
(GU n. 39 del 14.9.2011)
Ricorso della Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, autorizzato mediante deliberazione della Giunta stessa (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto dagli avv.ti Ezio Zanon ed
Emanuele Mio e Luigi Manzi, con domicilio eletto, agli effetti del presente giudizio, presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi in Roma, Via Confalonieri n. 5;
Contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso gli uffici della quale e' domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12,
Notiziandone Tribunale di Venezia, in persona del Presidente p.t. con sede in Venezia 30125 San Polo 119) per regolamento di competenza in relazione al provvedimento, datato 9.05.2011 del Tribunale Civile di Venezia, emesso in violazione dell'art. 122, comma 4, della Costituzione, contenuto nel verbale di udienza, concernente il giudizio civile, R.G. n. 1475/2010, G.I., Dott.ssa Balletti, promosso con atto di citazione dalla Societa' Sigma Informatica S.p.A. contro il consigliere regionale Nicola Atalmi ed altri, in cui questi e' stato convenuto in giudizio, per risarcimento danni, quale autore dell'interrogazione a risposta immediata al Presidente della Regione p.t., Dott. «»Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, presentata in data 08.10.2009, e riportata il giorno successivo in un articolo de La Tribuna.
Fatto
In seguito ad una verifica interna svolta dalla ULSS n. 9 di Treviso tra il 2008 ed il 2009 sono emerse gravi irregolarita' nel sistema di liquidazione degli emolumenti, mediante costituzione fittizia di posizioni di pagamento a favore di soggetti non contrattualmente legati all'Azienda sanitaria e con una conseguente sottrazione di denaro pubblico per complessivi 4 milioni di Euro.
Tali procedure illecite sono state imputate alla Sig.ra Loredana Bolzan, il cui rapporto lavorativo con l'ULSS n. 9 si era interrotto in data 18.2.2008 per dimissioni volontarie della stessa senza diritto di pensione, la quale e' stata inoltre tratta in arresto nei primi mesi del 2009 facendo divenire la vicenda di dominio pubblico.
La sig.ra Bolzan e' stata, poi, condannata con la sentenza n. 13/2011 dal Tribunale di Treviso, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari. All'epoca dei fatti il dott. Nicola Atalmi rivestiva la qualita' di consigliere regionale come esponente di minoranza e, data la rilevanza degli interessi pubblici coinvolti, chiedeva che venisse
fatta chiarezza circa le reali responsabilita' di quanto accaduto e dei provvedimenti assunti per accertare che l'episodio fosse
effettivamente circoscritto al caso di specie.
A tal fine il consigliere Atalmi in data 8.10.2009 presento' una un'interrogazione a risposta immediata al Presidente della Regione dell'epoca, Dott. Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, ex art. 15 dello Statuto della Regione Veneto che formulava la richiesta cosi' sintetizzabile per quanto di interesse nella menzionata causa civile avanti il Tribunale di Venezia:
quali concrete iniziative sono state intraprese per garantire che tali eventi non abbiano a ripetersi;
che tipo di provvedimenti si intendono prendere per rivedere il sistema di controlli e di responsabilita';
se corrisponde al vero che la societa' che gestisce il sistema informatico per tutte le ULSS venete e che e' coinvolta nell'indagine in corso, sarebbe controllata da due societa' lussemburghesi;
se siano state verificate le eventuali responsabilita' in capo alla societa' di gestione del sistema informatico;
se sia stato appurato se la Bolzan abbia agito "da sola" e ne abbia eventualmente "goduto singolarmente";
se si possa escludere l'esistenza di una correlazione tra il fatto de quo ed il finanziamento illecito della politica.
Il contenuto di tale interrogazione venne riportato pedissequamente in un articolo de La Tribuna di Treviso del giorno successivo.
In altri articoli dello stesso periodo del quotidiano la Tribuna di Treviso, si ricava che la vicenda era balzata con forza all'attenzione della cronaca locale che dedico' alla vicenda vari altri articoli, tra cui, tra l'altro, si riportavano le seguenti
espressioni attribuite al consigliere Atalmi:
"Dall'intervista rilasciata dalla Sig.ra Bolzan emergerebbero gravissime responsabilita' di controllo che hanno permesso con estrema facilita' la sottrazione di una somma cosi' ingente prima che qualcuno casualmente se ne accorgesse. Le responsabilita' oggettive per il mancato controllo devono essere ricercate fino in fondo" (La Tribuna di Treviso, 25.7.2009);
"il sospetto che si voglia far passare il tempo fino a far dimenticare tutto, salvando chi e' profumatamente pagato e pure incentivato e premiato economicamente per fare solo il proprio dovere, c'e' (..) non voglio giustizialismo, ma giustizia si'" (La Tribuna di Treviso, 14.12.2009).
Con atto di citazione notificato (doc. n. 2) la Societa' Sigma Informatica S.p.A. conveniva in giudizio per l'udienza dell'11.6.2010, avanti il Tribunale di Venezia, il consigliere Nicola Atalmi ed altri per:
- sentirlo condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente cagionati all'immagine commerciale dell'attrice che vengano accertati nel giudizio, in solido con gli altri convenuti ovvero disgiuntamente;
- sentirlo condannare al pagamento della pena pecuniaria ex art. 12 della L. 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) da liquidarsi in favore della stessa Societa' Sigma Informatica S.p.A.;
- ordinare la pubblicazione del dispositivo dell'emananda sentenza a cura di parte attrice e a spese dei convenuti sui quotidiani La Repubblica, La Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia e il Mattino di Padova, fissando, in relazione a tale richiesta a
carico del convenuto Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A. una somma di denaro dovuta per ogni giorno in caso di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.
La Soc. Sigma S.p.A. asserisce che il fatto su cui si fonda la citazione in giudizio del Cons. Atalmi e' l'interrogazione dallo stesso presentata: "poco importa, ai fini che qui interessano, che l'accusa diffamatoria rivesta la forma di interrogazione al Presidente della Giunta regionale, perche' le affermazioni provocano
ugualmente gravi effetti lesivi dell'immagine aziendale di Sigma, specie dove si consideri che tali affermazioni sono state accompagnate da una demagogica richiesta di revoca della gara europea vinta da Sigma. Cio' a dimostrazione che la forma dell'interrogazione consiliare rappresentava solo un paravento politico per esprimere
determinate dichiarazioni (...). Delle due l'una: o il Sig. Atalmi parlava senza ragionare su quello che diceva (cosa da escludere) oppure egli agiva con l'intento consapevole di recare danno a Sigma per il suo operato nell'ambito della Sanita' veneta" (pgg. 52-53 atto di citazione).
Costituitosi nel citato giudizio, a ministero degli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele Mio dell'Avvocatura Regionale del Veneto, previa deliberazione della Giunta Regionale di autorizzazione alla costituzione in giudizio, (doc. 3 - fascicolo di parte del giudizio
avanti al tribunale di Venezia) il consigliere Nicola Atalmi eccepiva l'insindacabilita', ex art. 122, comma 4 Cost, dei fatti per cui sussisterebbe la propria responsabilita'.
Il Giudice concedeva termine per la notifica dell'atto di citazione e rinviava all'udienza del 10.12.2010, al termine della quale si riservava sulle istanze delle parti.
A scioglimento della riserva il Giudice concedeva termini ex art 183, comma 6 c.p.c.
Nelle memorie depositate ex art. 183, comma 6 c.p.c., il consigliere Atalmi insisteva sull'eccezione di insindacabilita' ex art. 122, comma 4 Cost. All'udienza del 13.05.2011 il Giudice si riservava sulle istanze formulate dalle parti.
Con provvedimento del 19.05.2011 (doc. n. 4), comunicato al punto d'accesso telematico il 11.06.2011, il G.I. non si pronunciava espressamente sull'eccezione formulata dalla difesa del consigliere Atalmi, ordinava l'esibizione della sentenza del Tribunale di Treviso di cui al procedimento penale nei confronti di Loredana Bolzan e
disponeva CTU ai fini di verificare le caratteristiche e le procedure consentite dal software Sigma adottato dall'ULSS 9, con particolare riguardo alla possibilita' di modificare i dati ed eventuali sistemi di controllo e/o di garanzia, alle caratteristiche di accesso ed ai dispositivi di sicurezza.
Detto atto si assume lesivo della prerogativa di insindacabilita' dei consiglieri regionali prevista dall'art. 122, comma 4, della Costituzione per cui la Regione Veneto ritiene necessario proporre il conflitto di attribuzione al fine di acclarare che non spetta allo
Stato l'accertamento della responsabilita' nei confronti del consigliere regionale Nicola Atalmi per fatti coperti dalla garanzia costituzionale dell'art. 122, comma 4, della Costituzione.
Diritto
Sull'ammissibilita' del conflitto:
Il sottoscritto patrocinio, ovviamente, non ignora che i conflitti di attribuzione ammessi al vaglio di Codesta Ecc.ma Corte devono intercorrere, a tacere d'altro, "tra lo Stato e le Regioni" (art. 134 Cost.); ne' che l'art. 39 della 1. 87/1953 (recante "Norme sulla costituzione e il funzionamento della Corte Costituzionale") ha chiarito che puo' produrre ricorso la Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un atto dello Stato, con l'ulteriore precisazione che il "ricorso per regolamento di competenza... deve specificare l'atto dal quale sarebbe stata invasa la sfera di competenza"; ne' infine , che la tutela dei consiglieri
regionali attivata ex art. 122, quarto comma Cost. viene azionata, classicamente, contro atti di un giudice o contro iniziative assunte dalla magistratura inquirente penale e/o contabile, anch'esse riconducibili, data la natura pubblica dell'accusa, allo Stato.
Si chiede oggi di far valere lo status di consigliere regionale non nei confronti di un atto di esercizio della giurisdizionale penale e/o contabile, bensi' di quella civile, come invero e' gia' accaduto, in pendenza, tuttavia, del relativo giudizio e in assenza di una decisione di merito, fosse anche solo di primo grado.
La difficolta' consiste nel definire il momento a partire dal quale, avviato con un atto propulsivo di parte un giudizio civile, si puo' ritenere di essere in presenza di un atto statale invasivo dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita, contro il quale poter reagire per conflitto di attribuzioni.
Il dubbio relativamente al "quando" i consiglieri regionali hanno per realizzate le condizioni prescritte perche' la Regione possa far valere davanti al Giudice dei conflitti l'irresponsabilita' propria del loro status, lungi dal delineare una questione meramente teorica, e' di grande momento sul piano pratico, stante la perentorieta' del termine assegnato per la proposizione del relativo ricorso, e, quindi per azionare la specifica tutela.
Al fine di circoscrivere l'area di incertezza e', innanzitutto, utile fissare i punti fermi dai quali dedurre, in qualita' di principi, le regole che sovrintendono, in difetto della normativa di attuazione, il caso che ci occupa, o dai quali desumere, in qualita' di criteri interpretativi, argomenti a sostegno dell'ammissibilita' del presente conflitto.
E' insegnamento di codesta Corte e, con l'avallo della migliore dottrina, puo' considerarsi ius receptum, che:
a) "l'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo [Consiglio regionale] (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica (seni. n. 69/1985; in dottrina, v. L. PALADIN, diritto regionale Padova, 1997, 325, per
il quale l'irresponsabilita' comune ai parlamentari e ai consiglieri si pone a garanzia che tende ad assicurare (tanto per lo stato quanto per le Regioni) l'indipendenza funzionale dell'organo in questione)";
b) attraverso la lesione delle prerogative stabilite dall'art. 122, comma 4, rimangono violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli arti 121 e 123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da voti si riverbera sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti;
c) le guarentigie di cui all'art. 122, comma 4 e quelle previste - peraltro in una piu' ampia prospettiva - dall'art. 68, primo comma Cost., costituiscono "eccezionali deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale": queste ultime sono poste a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, le prime, invece, pur non esprimendosi a livello di sovranita', "si inquadrano ...nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite" (sentt. n. 81/1975; n. 382/1998);
d) la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, Cost., e quella di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., salva la summenzionata differenza (il fatto che l'immunita', in un caso, inerisca alla sovranita' dello Stato di cui il Parlamento e' organo;
nell'altro, attenga ad aspetti dell'autonomia della Regione) soggiacciono a principi analoghi, a fronte dell'identico tenore delle disposizioni, che, rispettivamente, le regolano (in dottrina, cfr. TOSI, Nota a Corte Cost. sent. n. 81/1975, 765, per la quale "le due disposizioni [l'art. 68, primo comma e l'art. 122, quarto comma, Cost. l che sottraggono al sindacato dell'autorita' giudiziaria i membri delle Camere e dei Consigli hanno lo stesso contenuto: i problemi che si pongono per l'una non possono non interessare anche l'altra e allo stesso modo devono essere risolti");
e) l'immunita' parlamentare e dei consiglieri regionali comporta "la carenza di potere giurisdizionale": quindi, la pretesa di esercitare, cio' nonostante, la funzione del ius dicere "si traduce ... in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze" in quanto "comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione..., alla quale esclusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno inteso condizionare" (sent. n. 70/198; in dottrina V. P. Di
Muccio, L'insindacabilita' dei parlamentari: una introduzione allo studio dell'art. 68, primo comma della Costituzione, in Diritto e Societa', 1986, 681 secondo cui tale prerogativa costituisce un caso di esenzione alla giurisdizione);
f) l'immunita' parlamentare e dei consiglieri regionali riguarda ogni tipo di responsabilita' civile penale amministrativa, contabile, - erariale (cfr. sent. n. 100/1986: "di questa guarentigia i consiglieri regionali fruiscono anche nella sfera della responsabilita' patrimoniale"; v. anche S. Bartole et alii, Diritto
regionale. Dopo le riforme, Bologna, 2003, 93 e, seppure a commento dell'art. 68, R. Moretti, in V. Crisafulli - Paladin (a cura di Commentario breve alla Costituzione, Padova 1990, 410, secondo cui "non vi e' alcun ragionevole dubbio sull'ambito di applicazione della
prerogativa, essendo unanime il riconoscimento che essa opera sia nella fase penale, che in quella civile e amministrativa"). La stessa riforma dell'art. 68, primo comma, Cost., operata con legge cost. n. 3/1993, nel modificare la formula originaria ha chiarito che la
prerogativa riguarda ogni tipo di responsabilita' e non solo quella penale;
g) in particolare, benche' statuito a proposito dell'art. 68, primo comma, Cost., si e' precisato che la norma costituzionale limita "la possibilita' di far valere in giudizio una ipotetica responsabilita' del parlamentare per le opinioni espresse nell'esercizio della funzione. Siffatta limitazione vale ugualmente
in ordine a qualunque sede giurisdizionale nella quale si pretenda di far valere una responsabilita' del parlamentare e, dunque, anche in sede di giudizio civile"(sent. n. 265/1997 ma v. gia' sent. n. 1150/1988);
h) all'originaria configurazione soggettiva del conflitto (come vindicatio potestatis) se ne e' aggiunta una oggettiva, piu' ampia riguardante non la spettanza della competenza ma il modo di esercizio (sostanziale e procedurale) di essa (cosi', Zagrebelsky, Giustizia Costituzionale, Bologna, 1988, 339): conseguentemente, "la
figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi a se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni
costituzionalmente assegnate all'altro soggetto" (v. sent. n. 110/1970);
i) per orientamento costante (a partire dalla sentenza n. 110/1970 ribadita in successive pronunce : cfr. sentt. n. 211 del 1972, 178 del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del 1985) "nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto si deduca derivarne
un'invasione della competenza costituzionalmente garantita alla Regione ricorrente" (sent. n. 70 del 1985);
j) si e' proceduto via via ad ampliare la nozione di atto invasivo, riconoscendo a tal fine che esso possa consistere in comportamenti concludenti, non estrinsecatesi in atti formali (sent. n. 40 del 1977; v. gia' sent. n. 164 del 1963) o in altri atti
interni (quali le circolari all'apparato statale o regionale (v. sent n. 299/ 1974) o in atti preparatori (cfr. sent. n. 171/1971); o in comportamenti omissivi, purche' si traducano in una lesione di competenze e l'ordinamento costituzionale delle attribuzioni imponga viceversa l'adozione di un atto (v. inter alios V. Crisafulli,
Lezioni... cit., 447e C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, 1448). La dottrina ha osservato che nella prassi instaurata non tanto si richiede che il conflitto sia originato da un atto giuridico vero e proprio (e meno ancora da un atto esterno definitivo), quanto piu' largamente da un comportamento significante,
posto in essere da organi statali e, inversamente, regionali (Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1984, 447); o, ancora che alla stregua dell'ampio atteggiamento della Corte, il conflitto puo' assumere il significato di strumento di garanzia anticipata o preventiva, rispetto alla potenziale lesione
temuta, salva solo l'inammissibilita' di conflitti puramente virtuali (G. Zagrebelsky, Giustizia costituzionale, cit., 346-347);
k) l'oggetto dei giudizi sui conflitti non e' tanto la validita' dell'atto asseritamene invasivo, quanto la competenza che si assume violata e la relativa sentenza, mentre deve sempre dichiarare la competenza, solo eventualmente sara' anche di annullamento dell'atto adottato dal soggetto o dall'organo giudicato
privo di potere.
Ora, il consigliere Atalmi e' stato convenuto con atto di citazione davanti al giudice civile. E' stato chiamato a rispondere per dichiarazioni per le quali, dato il suo status, gode dell'eccezionale guarentigia dell'irresponsabilita' ex art. 122, quarto comma, Cost. Il Giudice civile ha esercitato la giurisdizione, nonostante l'eccezione fondata sull'art. 122, quarto comma Cost., poiche' ha disposto in relazione alle istanze istruttorie formulate dalle parti assumendo cosi' essere nella sua competenza il potere di
giudicare.
Nell'attuale sistema processual-civilistico si puo' individuare quale primo atto di esercizio della giurisdizione civile il provvedimento con cui il Giudice dispone delle istanze istruttorie.
Infatti nella prima udienza avanti il giudice civile, prevista dall'art. 183 c.p.c., il giudice, se richiesto, concede alle parti termine per il deposito delle memorie previste dal comma 6 del medesimo articolo.
Come rilevato dalla dottrina (Balena-Bove, Santangeli) il giudice e' tenuto a concedere i predetti termini, se richiesti, senza alcuna discrezionalita'. Nella fattispecie concreta, come risulta dal verbale di udienza del 10.12.2010 l'attore e i convenuti, con
l'eccezione della difesa dei consiglieri regionali Bottacin e Atalmi, hanno chiesto la concessione dei termini di cui all'art. 183 c.p.c. e, pertanto, la concessione di detti termini costituiva un atto dovuto da parte del magistrato.
All'udienza del 13.05.2011 la difesa del consigliere Atalmi insisteva nell'eccezione fondata sull'art. 122, comma 4, Costituzione ma il Giudicante, nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, disponeva mezzi istruttori.
E' quindi palese che il primo atto lesivo delle attribuzioni costituzionalmente garantite ai consiglieri regionali nel processo civile de quo e' rappresentato dal provvedimento con cui il Giudice ha ammesso istanze istruttorie formulate dalle parti e con cio' esercitando la propria giurisdizione nei confronti consigliere regionale Nicola Atalmi in violazione della prerogativa costituzionalmente prevista.
Pare arduo, pertanto, sottrarsi alla conclusione che il Giudice, e per esso, lo Stato, cosi' facendo, abbia violato la posizione di autonomia e di indipendenza costituzionalmente garantita ai componenti il Consiglio regionale, e, loro tramite, al Consiglio stesso.
E' sufficiente attualizzare al caso di specie i punti fermi poc'anzi evidenziati, per accorgersi che:
a) si e' violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e di decisione" riservata ai consiglieri regionali (per dirla con T. Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, 294);
b) si e' preteso di esercitare la giurisdizione in carenza assoluta di potere;
c) si e' invasa la sfera di autonomia costituzionalmente riservata ai consiglieri e alla Regione.
Guardando per comparazione ai giudizi penali o contabili intentati nei confronti di consiglieri regionali, correntemente si conviene che l'atto lesivo della prerogativa di cui all'art. 122, quarto comma Cost., puo' risiedere per esempio, nel decreto del
g.i.p. che dispone il giudizio (come in sent. 391/1999); o nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica (come in sent. n. 276/2001); o nell'invito a presentarsi per essere interrogato in qualita' di persona sottoposta ad indagini comunicato a cura della Procura della Repubblica (come in
sent. 382/1998); o nell'atto di citazione emesso dalla Procura presso la Corte dei Conti (come in sent. n. 100/1986).
In tali casi (che sono solo alcuni dei possibili) e' evidente che, ai fini dell'ammissibilita' del giudizio davanti a codesta Corte, e' sufficiente il solo fatto della pretesa dell'esercizio della giurisdizione manifestato da un organo statale (non necessariamente un giudice) a fronte di una situazione di immunita' ex art. 122, quarto comma Cost., e che non e' affatto necessario che l'esercizio della giurisdizione acquisti la forma di sentenza o di un atto definitivo.
Al riguardo si osserva che, secondo costante giurisprudenza, e' atto idoneo ad innescare un conflitto di attribuzione quello, imputabile allo Stato o alla Regione, che "sia dotato di efficacia e rilevanza esterna" o che, se preparatorio o non definitivo, rechi
gia' in se' dei requisiti minimi di lesivita' e sia rivolto "ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nell' altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione
altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della medesima" (sent. n. 771/1998)
Nel giudizio civile, l'atto di citazione (recte: La notifica della citazione) da' inizio al processo, ne determina cosi' la pendenza e fa si che il giudice debba pronunciare sulla domanda (Attardi, Diritto processuale civile. Parte generale, Padova, 1994,
57): ma, a differenza degli atti di impulso promanati da un pubblico ministero, non e' direttamente imputabile alla sfera soggettiva dello Stato. In altre parole, la citazione in un giudizio civile, per gli effetti che comporta, viola di per se stessa, la prerogativa del consigliere regionale, ma non consente ancora l'accesso alla Corte,
essendo i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e Regioni, tra Regioni.
Se (e quando), tuttavia, l'atto di citazione fa si' che si svolga attivita' processuale davanti ad un giudice e da parte di un giudice non vi e' chi non veda che non ci si trova piu' di fronte ad un mero atto privato.
Cosi', nel caso di specie, allo scioglimento della riserva che seguiva l'udienza ex art. 183 c.p.c. il Giudice (e, quindi, lo Stato) ha esplicato la funzione giurisdizionale disponendo mezzi istruttori e l'ha fatto in difetto di potere nei confronti di chi, a quella
giurisdizione e', per deroga costituzionale, sottratto. Donde la sussistenza di un atto statale invasivo della competenza regionale:
la violazione dell'immunita' consiliare diviene ascrivibile allo Stato nel momento in cui il Giudice procede, indotto, dall'attore privato, nonostante la condizione di esenzione dalla giurisdizione.
Piu' precisamente, il Giudice istruttore, nell'aver disposto la prosecuzione del giudizio secondo la tempistica del codice di rito, ha adottato un atto processuale formale (cfr. verbale) o, quanto meno, ha tenuto un comportamento significante sintomatico della pretesa di giudicare al di la' dei limiti esterni imposti alla
giurisdizione assegnatagli, stabiliti a garanzia dei compiti costituzionali dei consiglieri regionali: limiti che a codesta Corte compete sindacare (inter alla, sentt. nn. 81/1975; 15/1977; 285/1990; 27/1999; 276/2003).
A scanso di equivoci, e' bene precisare che, nel radicare l'ammissibilita' del presente conflitto sull'assunto della carenza del potere da parte di chi l'ha esercitato e sull'effetto del pregiudizio dell'autonomia regionale, non si intende affatto
contestare, qui anziche' davanti al giudice dell'impugnazione, gli errori in iudicando commessi dal giudice laddove non ha dichiarato il difetto di giurisdizione o non ha sospeso il giudizio, come pure
avrebbe dovuto: si denuncia piuttosto, l'illegittimo convincimento che ha indotto il tribunale di Venezia ad esercitare un potere che non gli compete; e si nega, in quel giudizio civile, l'esistenza stessa del potere giurisdizionale.
Se si vuole, l'errore di cui si duole e' "sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" (cfr. sent. n. 285/1990); non si chiede pertanto un sindacato di merito dell'attivita' giurisdizionale quanto piuttosto di dichiarare come
l'esercizio della giurisdizione sia stato lesivo in se', indipendentemente dal quomodo, delle competenze costituzionalmente assegnate alla Regione.
E' stato chiarito, sin dalla sentenza n. 289 del 1974 della Corte Costituzionale che, "se da una parte e' inammissibile l'impugnazione mediante il conflitto di atti giurisdizionali quando si chieda in sostanza la correzione di eventuali errori in iudicando nei quali il
giudice sia incorso mirando ad ottenere nel merito la revisione della sentenza, d'altra parte il conflitto e' pienamente ammissibile quando sia denunciata una lesione derivante dal solo fatto di esercitare la giurisdizione nei confronti di atti...che si affermino ad essa
sottratti da norme costituzionali".
Ne' oggi si puo' dire che la parte (asseritamente) lesa dalle opinioni espresse dal consigliere regionale rimane priva della possibilita' di esercitare le proprie difese, dal momento che, come noto, e' ammessa ad intervenire in sede di conflitto. Si e' osservato, infatti, che "qualora si rivendichi la sussistenza della
eccezionale guarentigia di non perseguibilita' sancita dall'art. 122, quarto comma della Costituzione, e si neghi pertanto in radice il diritto di azione in capo a chi pretende di aver subito la lesione da una condotta scriminata dalla garanzia medesima, la valutazione
sull'esistenza della garanzia svolta dalla Corte in sede di conflitto finirebbe per sovrapporsi all'analoga valutazione demandata al giudice del processo comune: ove dunque si ritenesse precluso l'intervento nel giudizio costituzionale, finirebbe per risultare in
concreto compromessa la stessa possibilita' per la parte di agire in giudizio a tutela dei suoi diritti" (sent. n. 76/2001).
Sul merito della violazione dell'art. 122, quarto comma, Cost.
Si precisa che il consigliere Nicola Atalmi ha rivestito la carica di consigliere della Regione Veneto tra la fine del 2004 ed il rinnovo del Consiglio Regionale avvenuto nel 2010 (doc. 6) e pertanto, per i fatti di cui e' causa, rileva incontrovertibilmente l'insindacabilita' ex art. 122 comma 4 Cost. relativamente ad atti politici tipici, qual e' appunto l'interrogazione de qua.
Ma procediamo con ordine.
Similmente all'art. 68 Cost., l'art. 122 comma 4 Cost. sancisce:
"I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni".
Sulla questione la giurisprudenza costituzionale e' consolidata nel ritenere che tale esonero da responsabilita', posto a salvaguardia dell'autonomia e dell'indipendenza costituzionalmente riservate al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle attivita' che costituiscono esplicazione sia di una funzione consiliare tipica, sia delle attribuzioni direttamente affidate a detto organo dalla stessa Costituzione o dalle altre fonti normative cui la prima rinvia.
Altrettanto indubbio e' che tra gli atti tipici vanno annoverate le interrogazioni e le interpellanze, in quanto strumentali al sindacato esercitato dal Consiglio nei confronti della Giunta (si vedano, ex multis, Corte Cost., sent. nn. 274/1995; 391/1999).
Peraltro l'immunita' in parola si estende anche a quei comportamenti che, pur non rientrando tra gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con l'esercizio delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza, onde va ritenuta ricompresa la riproduzione all'esterno di interpellanze o interrogazioni (Corte
Cost., sent. nn. 289/1998; 329/1999; 391/1999).
Nel caso di specie i fatti imputati al consigliere Atalmi in quanto asseritamente diffamanti sono essenzialmente due:
1) l'interrogazione a risposta diretta rivolta alla Giunta della Regione Veneto datata 8.10.2009;
2) l'articolo, riproduttivo del contenuto dell'interrogazione di cui sopra, de La Tribuna di Treviso datato 8.10.2009 (v. doc. n. 26 atto di citazione).
Per quanto concerne l'interrogazione alla Giunta regionale.
Si tratta di un atto tipico del consigliere ed in quanto tale coperto dall'insindacabilita' di cui all'art. 122 comma 4 Cost.
Per di piu' l'art. 3 comma 1 della 1. 20.6.2003 n. 140, contenente tra l'altro disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 Cost. (di contenuto analogo a quello dell'art. 122 Cost.), sancisce espressamente: "l'articolo 68, primo comma, della Costituzione si
applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra
attivita' di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento", principi questi applicabili anche all'attivita' svolta dai membri elettivi del Consiglio della Regione, come sostiene la stessa giurisprudenza (Cass. civ., Sez. III, n. 18781/2005). In buona sostanza, la norma, pur ampliando il concetto di espressione del voto garantito, ha conservato il nesso funzionale necessario per la configurazione della causa di giustificazione contenuta nel testo costituzionale.
Non c'e' dubbio alcuno circa l'insindacabilita' dell'interrogazione de qua in quanto atto tipico di esercizio di poteri e funzioni istituzionali.
Per quanto concerne l'articolo datato 8.10.2009.
Non e' altro che una mera trasposizione del contenuto dell'interrogazione.
La giurisprudenza, per quanto concerne l'attivita' espletata fuori dal Parlamento, ha da sempre affermato che deve sussistere un legame funzionale fra l'opinione espressa o gli atti compiuti dal politico e l'esercizio di funzioni consiliari/parlamentari (Cass. civ., Sez. III, n. 18781/2005 cit., Corte Cost., n. 28/2005, Corte
Cost., n. 317/2006, Cass. pen. , n. 42031/2008); di tal che non qualsiasi opinione espressa e' sottratta alla responsabilita' giuridica, ma soltanto le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni, al fine di impedire che l'insindacabilita' si trasformi in un privilegio personale. In buona sostanza, cio' che e' richiesto e' la identificabilita' della dichiarazione resa quale espressione di attivita' parlamentare e pertanto la riproduzione all'esterno di dichiarazioni rese in sede istituzionale non e' sindacabile ove si riscontri "l'identita' sostanziale di contenuto" fra l'opinione
espressa in sede istituzionale e quella manifestata in sede esterna (si veda, fra molte, Corte Cost., sent. nn. 321/2000; 11/2001; 79/2002; 298/2004164/2005).
In tal modo, per quanto concerne l'attivita' svolta fuori dalle sedi istituzionali, continua a rilevare il nesso funzionale tra l'attivita' e la funzione protetta, costituendo esso il parametro che consente di discernere le opinioni riconducibili alla libera manifestazione del pensiero, sottoposta ai limiti generali vigenti per la liberta' di espressione, da quelle che riguardano l'esercizio delle funzioni istituzionali (Corte Cost., sent n. 120/2004).
Proseguendo su questa strada i giudici della Corte Costituzionale hanno chiarito il significato di nesso funzionale, affermando che le dichiarazioni rese extra moenia in tanto possono essere coperte dalla garanzia di insindacabilita' in quanto siano collegate da un nesso
funzionale ad un'attivita' istituzionale precedentemente svolta, restando invece irrilevante quella successiva (Corte Cost., sent. n. 348/2004). Cio' in quanto l'espressione "opinioni espresse" di cui all'art. 122 comma 4 Cost. rende inconfutabile un'iniziale
perseguibilita' del politico cui possa eventualmente sovrapporsi un successivo atto parlamentare che la escluda (Corte Cost., sent. nn. 347/2004; 28/2005; Cass. civ., Sez. III, sent. n. 18781/2005).
Pertanto il nesso funzionale si manifesta anche nel "medesimo contesto temporale" fra atto tipico e divulgazione extra moenia, essendo insufficiente l'affermazione di un medesimo contesto politico (Corte Cost., sent. nn. 176/2005; 317/2006).
Riassumendo, affinche' si possa affermare che le dichiarazioni rese extra moenia costituiscono espressione della funzione politica o ne rappresentano il momento di divulgazione all'esterno, occorre il concorso di un duplice requisito (Corte Cost., sent. n. 371/2006):
a) una sostanziale corrispondenza di significato, non essendo sufficienti ne' una mera comunanza di argomenti ne' un mero contesto politico;
b) un legame temporale fra l'attivita' istituzionale e l'attivita' esterna, di modo che questa assuma una finalita' divulgativa della prima, considerato che il nesso funzionale non puo' tollerare segmenti temporali di ampiezza tale da risultare
incompatibile con la finalita' divulgativa.
Nella fattispecie concreta l'articolo datato 8.10.2009 presenta senza dubbio entrambi i requisiti di cui sopra, essendo:
a) una pura e semplice trasposizione del contenuto dell'interrogazione
b) successivo di appena un giorno all'interrogazione
e, in quanto tale, risulta anch'esso coperto dall'insindacabilita' di cui all'art. 122 comma 4 Cost., cosi' come peraltro gia' stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 391 del 1999, emessa in
un caso del tutto analogo, ove ha sancito "la sussistenza del cennato nesso funzionale, dal momento che le opinioni e le valutazioni manifestate dall'interessato sulla stampa non fanno altro che riprodurre, sostanzialmente, il contenuto dell' interpellanza a suo
tempo presentata".
Da tutto quanto fin qui esposto, si evince, con evidenza, la violazione dell'art. 122 quarto comma Cost. e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 Cost. di disciplina dell'organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.
P.Q.M.
Si chiede che Codesta Ecc.ma Corte:
dichiari che non spetta allo Stato e, per esso, al Tribunale di Venezia accertare la responsabilita' del consigliere regionale Nicola Atalmi quale autore dell'interrogazione a risposta immediata, presentata il 8.10.2009 al Presidente della Regione dell'epoca, Dott.
Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri e dell'articolo "La Tribuna di Treviso" in data 8.10.2009, entrambi concernenti le gravi irregolarita' emerse nel sistema di liquidazione, a seguito di una verifica interna svolta dalla ULSS n. 9 di Treviso tra il 2008 e il 2009, con conseguente sottrazione di denaro pubblico per complessivi
euro 4 milioni;
annulli, quanto alla posizione processuale del consigliere Nicola Atalmi, il provvedimento datato 19.05.2011 a verbale di causa del Tribunale di Venezia, e, se del caso, tutti gli atti processali adottati dal Tribunale civile di Venezia in relazione all'atto di
citazione notificato dalla Societa' SIGMA INFORMATICA S.P.A. ed il conseguente giudizio (R.G. n. 1475/2010) nei confronti del consigliere regionale Nicola Atalmi.
A fini istruttori si producono i seguenti documenti:
1) DGR di autorizzazione al ricorso per conflitto di attribuzione;
2) copia atto di citazione della Societa' Sigma Informatica S.p.A. e successive memorie;
3) Copia fascicolo processuale del consigliere Atalmi nel giudizio avanti il Tribunale di Venezia R.G. n. 1475/2010, G.I. Dott.ssa Balletti;
4) copia estratto informatico della comunicazione dello scioglimento della riserva al punto d'accesso telematico;
5) copia autentica del verbale di udienza, contenente il provvedimento del G.I. Dott.ssa Balletti del 19.05.2011.
6) attestazione del Consiglio Regionale del periodo del mandato elettorale quale consigliere regionale di Nicola Atalmi.
Venezia - Roma, addi' 5 agosto 2011
Avv. Zanon - Avv. Mio - Avv. Manzi