T.A.R. Lombardia–Milano – Sez. III - Sentenza 9 febbraio 2004, n. 639
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez. III - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 632/2002 proposto da FNAC Italia Cultura e Comunicazione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Elise Lehoczky Colombo, Francesco Basile e Pierluigi Mantini ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Milano, P.zza S. Maria Beltrade n. 2;
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Maria Rita Surano, Antonella Fraschini e Ruggero Meroni dell'Avvocatura comunale ed elettivamente domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via della Guastalla n. 8;
per l’annullamento
del provvedimento del Dirigente del Settore pubblicità del Comune in data 11.12.2001, prot. N. 22.711.055, comunicato alla società ricorrente in data 19.12.2001, nonché, con motivi aggiunti, del provvedimento in data 10.7.2002, prot. n. 9856.055, con i quali è stata denegata l’autorizzazione per l’esposizione di impianti pubblicitari in Via della palla n. 2, unitamente a tutti gli atti connessi;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti i motivi aggiunti notificati in data 7 ottobre 2003;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista in particolare l’ordinanza di questa Sezione n. 2251/2002 in data 13.11.2002, di rigetto della domanda cautelare, essendo ormai decorso il richiesto periodo di esposizione temporanea;
nominato relatore, alla pubblica udienza del 16 ottobre 2003, il dott. Raffaello Sestini;
Uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
La società ricorrente, con il ricorso principale e con motivi aggiunti, impugna davanti a questo Tribunale il diniego opposto dal Comune di Milano alla sua reiterata richiesta di autorizzazione ad installare, prima, un telo pittorico (domanda del 19.6.2002 relativa al periodo 1.8-31.10.2002) e, poi, uno stendardo monofacciale opaco (domanda del 30.11.2001 relativa al periodo 15.12.2001-28.2.2002), sempre nel medesimo sito (facciata dello stabile in Via Torino angolo Via della palla n. 2).
Il diniego del Comune è motivato dal contrasto con l’art. 11, comma 1, del Regolamento comunale in materia di pubblicità, che limita le installazioni dei teli pubblicitari pittorici ai “frontespizi nudi e cechi” e che, a giudizio del Comune, trova applicazione analogica anche allo stendardo in questione.
La ricorrente deduce la illegittimità delle predette determinazioni per violazione di legge, con riguardo all’art. 3 della legge n. 341/1990, per insufficiente motivazione, nonché al citato art. 11 del regolamento comunale, che espressamente riserva il limite in esame ai soli “mezzi pubblicitari pittorici” come definiti dal regolamento, e che quindi delimiterebbe il proprio ambito applicativo a mezzi pubblicitari diversi da quelli in esame, in quanto aventi funzione prevalentemente decorativa e non ripetitivi di altre esposizioni.
A maggior ragione illegittima sarebbe la ulteriore determinazione comunale impugnata, che applica la medesima disposizione regolamentare, per analogia ai sensi dell’art. 12, II comma, delle Disposizioni sulla legge in generale, alla successiva domanda volta ad installare un mezzo pubblicitario espressamente qualificato dalla ricorrente, in conformità al Regolamento comunale, come stendardo, trattandosi di manufatto monofacciale opaco bidimensionale in stoffa privo di rigidezza.
Ciò avrebbe anche determinato, a giudizio della ricorrente, la violazione del predetto art. 12 delle “preleggi” al Codice Civile, applicato da Comune pur in assenza delle due necessarie condizioni da esso previste.
Secondo la ricorrente mancherebbero, infatti, sia la condizione applicativa negativa, in quanto non sarebbe assente una espressa disciplina dell’esposizione degli stendardi, risultando applicabili i divieti generali riguardanti tutti i mezzi pubblicitari, sia la condizione applicativa positiva, non essendovi similarità delle tipologie dei manufatti e non essendo quindi applicabile un divieto, eccezionale in quanto limitativo del principio di libertà, riferito da altra norma ad un solo tipo di manufatto.
Ai fini della decisione il Collegio deve, in primo luogo, respingere l’ eccezione, formulata dal Comune, di irriceviibilità del ricorso per tardività e di conseguente inammissibilità dei motivi aggiunti, in quanto l’allegata comunicazione via fax del provvedimento impugnato risulta, in realtà, diretta non all’impresa, ma ad un suo consulente tecnico, e quindi resta inidonea ai fini del decorso del termine di impugnazione, non essendo stata altrimenti provata la conoscenza dell’impresa.
Nel merito, la questione da decidere consiste nello stabilire se nella specie trovi applicazione la disposizione invocata dal Comune in via di analogia, in quanto una risposta affermativa al quesito comporterebbe anche la reiezione delle ulteriori censure di falsa applicazione della stessa disposizione e di inadeguata motivazione del diniego.
La norma in esame, in particolare, appartiene al regolamento con cui il Comune, disciplinando l’esercizio della pubblicità sul territorio, ha esplicato la propria potestà, riconosciuta dalla legge, di conformare le diverse possibili modalità di utilizzazione del territorio a tali fini, agli interessi pubblici riconducibili alla Comunità su di esso insediata.
In tale ambito la potestà regolamentare del Comune, pur ampliata dalla riforma del Titolo V della Costituzione, incontra certamente un limite, così come correttamene osservato dalla ricorrente, nel “principio di libertà” sancito dalla Costituzione della Repubblica, che all’art. 41 garantisce “l’iniziativa economica privata”, purchè non rechi “danno alla sicurezza, libertà e dignità umana”.
Il Comune non può quindi adottare né (come in questo caso) interpretare discipline delle attività economiche (nella fattispecie, le affissioni pubblicitarie) in senso restrittivo o distorsivo della libera concorrenza, ad esempio estendendo per analogia i singoli divieti, ma secondo il disposto del predetto art. 41 Cost. non può, certamente, neppure prescindere dalla tutela del catalogo dei diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente garantiti, che delineano lo “status civitatis” comune all’intera Repubblica italiana.
A quest’ultimo ambito vanno certamente ricondotte le disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla collocazione formale) che, al fine di garantire la generale salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei lavoratori), impongono condizioni minime per l’abitabilità ed agibilità degli edifici, requisiti di sicurezza per la loro utilizzazione e rapporti minimi di aerazione ed illuminazione dei locali o che, come in questo caso, impediscono di oscurare con manufatti pubblicitari le facciate degli edifici munite di porte e finestre.
Secondo la predetta ricostruzione, appare evidente la applicabilità dello strumento dell’analogia legis alla fattispecie controversa, considerato che per entrambe le tipologie di mezzi pubblicitari qui in esame vale non solo la similitudine delle circostanze di fatto, bensì anche, ed in primo luogo, la eadem ratio perseguita dalla norma, come sopra interpretata alla luce del proprio sistema costituzionale ed ordinamentale di riferimento.
Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto. Sussistono tuttavia sufficienti ragioni per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez. III, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa;
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 16 ottobre 2003, con l'intervento dei magistrati:
Italo Riggio - Presidente
Domenico Giordano – Consigliere
Raffaello Sestini - Primo referendario - estensore

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