REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
Sede di Bari – Sezione Seconda
N. 1644/2004 Reg. Gen. Sent.
N. 1177/01 Reg. Gen. Ric.
Nelle persone di

PIETRO MOREA PRESIDENTE
ANTONIO PASCA COMPONENTE

FRANCESCO BELLOMO COMPONENTE, Rel.
All'esito della pubblica udienza del 12 febbraio 2004
Ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A

Sul ricorso n. 1177/01 proposto da WIND TELECOMUNICAZIONI SPA, rappresentato e difeso dagli avv.ti. Giuseppe Sartorio ed Annalisa Agostinacchio
CONTRO

- il Comune di Bari, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Augusto Farnelli
PER L'ANNULLAMENTO
 della deliberazione del C.C. di Bari n. 78 del 18.03.01 di approvazione del "Regolamento Comunale per il rilascio delle autorizzazioni relative all'installazione ed all'esercizio di impianti riceventi e trasmittenti" e di ogni atto connesso
PER LA CONDANNA
 del Comune di Bari al risarcimento dei danni provocati dall'adozione del regolamento

Visto il ricorso ed allegati
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari ed allegati
Visti i documenti prodotti
Visti tutti gli altri atti di causa
Viste le memorie delle parti
Uditi all'udienza di discussione il giudice relatore Francesco Bellomo e i difensori delle parti presenti
Ritenuto quanto segue
fatto e diritto
1. Con ricorso notificato il 01.06.01 al Comune di Bari in persona del Sindaco pro-tempore, depositato il 12.06.01, la Wind Telecomunicazioni Spa domandava l'annullamento della deliberazione del C.C. di Bari n. 78 del 18.03.01 di approvazione del "Regolamento Comunale per il rilascio delle autorizzazioni relative all'installazione ed all'esercizio di impianti riceventi e trasmittenti" e di ogni atto connesso, nonchè la condanna del Comune di Bari al risarcimento dei danni provocati dall'adozione del regolamento.
A fondamento del ricorso, premessa un'illustrazione della propria posizione nel settore della telefonia mobile e delle caratteristiche tecniche della rete infrastrutturale, deduceva:
1. violazione e falsa applicazione dell'art. 35 L. 1150/42, dell'art. 7 L. 865/71, degli artt. 15 e 16 L.R.Puglia n. 56/80. Lamenta la mancata adozione del procedimento previsto per l'approvazione di strumenti urbanistici, cui il regolamento andava nella sostanza equiparato
2. violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 L. 1150/42, degli artt. 1 e4 L. 10/7, dell'art. 4 L. 493/93, degli artt. 1 e 3 L. 241/90 - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Lamenta la scelta regolamentare di sottoporre il settore al regime concessorio e non a quello autorizzatorio.
3. violazione dell'art. 1, comma 6 lett. a) n. 15 L. 249/97, del D.M. 381/98 - della L. 24.02.01 n°36, dell'art. 21 L.R. 17/00 - incompetenza del Comune - eccesso di potere per sviamento. Lamenta l'assenza di potestà del Comune in materia di regolamentazione di tutela della salute dalle emissioni elettromagnetiche, cui sarebbe diretto il regolamento impugnato
4. violazione della L. 249/97, del D.M. 381/98, della L. 36/01 - incompetenza assoluta - eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, difetto di istruttoria. Lamenta il difetto di potestà funzionale in capo al comune sotto profili più specifici, quali la fissazione dei limiti di cautela in difformità dalla normativa statale, rilevando altresì la mancanza di qualsiasi aggancio scientifico e della necessaria istruttoria sul punto
5. violazione degli artt. 3, 21, 41, 97 Cost., della L. 249/97, del D.P.R. 318/97 - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, disparità di trattamento, illogicità - violazione dei principi in tema di gestione del servizio pubblico di telefonia mobile. Lamenta la mancata considerazione delle esigenze tecniche di accesso alla infrastrutture di rete, propedeutiche all'esercizio del servizio
6. violazione e falsa applicazione dell'art. 2bis L. 189/97. Lamenta l'illegittimità degli art. 7 ed 8 del Regolamento, nella parte in cui richiedono una VIA non prevista dalla normativa che disciplina l'istituto
7. violazione dell'art. 41 Cost.. Lamenta l'illegittimità dell'art. 7, comma 2 lett. a) poichè impone oneri assicurativi che limitano oltre il consentito l'attività di impresa
8. violazione e falsa applicazione degli artt. 7 ed 8 L. 241/90 - eccesso di potere per carenza di istruttoria. Lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento per l'adozione del regolamento.
Proponeva separata istanza cautelare.
Resisteva in giudizio il Comune di Bari che con memoria depositata in prossimità dell'udienza camerale poneva a fondamento del proprio potere regolamentare l'art. 8 L. 36/01.
La domanda cautelare veniva cancellata dal ruolo.
Con memoria deposita in prossimità dell'udienza di discussione la difesa Comunale ribadiva che il regolamento trova il suo puntello normativo nell'art. 8 L. 36/01, che coinvolge il Comune in scelte al guado tra gestione del territorio e tutela della salute.
La difesa ricorrente, da parte sua, produceva copiosa giurisprudenza a dimostrare il contrario, richiamandosi in particolare a diverse pronunce del Consiglio di Stato di riforma di sentenze emesse dal TAR di Lecce e coevo annullamento di regolamenti comunali in controversie analoghe alla presente.
Con memoria depositata il 31.01.04 la difesa ricorrente insisteva per l'accoglimento del ricorso, ripercorrendo le argomentazioni già svolte e rilevando altresì l'incompatibilità di molte delle disposizioni impugnate con la L.R.P. 8 marzo 2002 n°5.
La causa passava in decisione alla pubblica udienza del 12 febbraio 2004.
2. Oggetto dell’impugnativa è l’atto di disciplina degli impianti di telefonia cellulare nel territorio di Bari. Preliminarmente occorre verificare quale sia la funzione esercitata con il medesimo ed i suoi effetti.
Il manifesto programmatico del regolamento si evidenzia nell'art. 1 (obiettivi) che dispone:
"Il presente regolamento disciplina il rilascio delle autorizzazioni per l'installazione di nuovi impianti ricetrasmittenti ovvero per il mantenimento degli impianti già esistenti, al fine di salvaguardare la salubrità, l'igiene e la sicurezza degli ambienti residenziali, degli ambienti di cura della salute,d egli spazi dedicati all'infanzia ed alla scuola e degli ambienti di lavoro e degli ambienti per pratiche e manifestazioni sportive. Il presente regolamento detta gli indirizzi per la pianificazione territoriale, per il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, l'ubicazione, l'installazione, l'attivazione, la modifica, il risanamento, la revisione, la vigilanza degli impianti ricetrasmittenti e definisce le misure di cautela da seguire nel rispetto della vigente normativa stabilita con Decreto del Ministero dell'Ambiente d'intesa con i ministeri della Sanità e delle Comunicazione del 10/09/1998 n°381".
Non può negarsi la finalità di tutelare la salute della comunità locale dai rischi derivanti dall'esposizione elettromagnetica causata dagli impianti di telefonia mobile. Intento, peraltro, esplicitato ancor meglio nella relazione istruttoria fatta nella seduta di approvazione del regolamento dall'Assessore alla Qualità dell'Ambiente e Mobilità Urbana. Ma, accanto a questa finalità, neppure può negarsi che il fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico e dell'impatto sulla comunità locale, si incrocia con l'abito del potere urbanistico ed edilizio.
La lettura delle norme regolamentari lo dimostra. Anche quelle che prendono direttamente in considerazione i rischi derivanti dall'elettromagnetismo, quali gli artt. 3 (limiti di esposizione e di rispetto ambientale), 4 (protezione sanitaria della popolazione), 5 (misure di adeguamento e protezione sanitaria dei lavoratori), 6 (procedura autorizzativa all'installazione e all'attivazione dell'impianto), 7 (autorizzazione comunale all'installazione dell'impianto e documentazione tecnica relativa), 8 (modalità di installazione degli impianti per la telefonia cellulare), 12 (sanzioni).
Il Comune ritiene di rinvenire il fondamento della potestà esercitata nell'art. 8, comma 6 L. 36/01.
Occorre, allora, stabilire quale sia il riparto di funzioni in materia.
La mera fissazione di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato non rientra nell'ambito delle competenze attribuite ai Comuni dal citato art. 8. Nè alla stregua di tale disposizione è consentito che il Comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura urbanistico-edilizia, adotti misure che nella sostanza costituiscano una deroga ai predetti limiti di esposizione, quali il divieto generalizzato delle installazioni radio-base in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale, ovvero introduca misure che pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, etc.) non siano funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo. In definitiva l'attribuzione ai Comuni di un potere regolamentare volto a "minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (così l'invocato art.8, comma 6 ) deve essere esercitato nel rispetto del quadro normativo di riferimento.
Può aggiungersi che proprio la lettura completa del citato art. 8 vale a circoscrivere ulteriormente l'ambito della potestà comunale in materia, compressa oltre che dalle attribuzioni statali da quelle regionali (art. 8, comma 1), potendosi concludere che non spetta al Comune definire le modalità di installazione degli impianti nè le procedure di autorizzazione dei medesimi e l'individuazione dei limiti a protezione della salute della popolazione da campi magnetici, essendo al riguardo configurabile solo una competenza regionale integrativa. D'altronde, le stesse residue competenze comunali nella materia sono condizionate (art. 8, comma 4) alla definizione con legge regionale, nella specie (L. R. Puglia n.5/02) sopravvenuta al regolamento, da cui può trarsi conferma delle osservazioni svolte sul riparto di funzioni.
A "chiudere" il panorama di riferimento c'è anche la giurisprudenza costituzionale, che ha avuto modo di pronunciarsi in senso sfavorevole alle competenze degli enti substatali pur in una cornice costituzionale di apertura verso il federalismo. In particolare con la recente sentenza n° 331/03 si è precisato innanzitutto che la materia ricade nella "tutela della salute", quindi nell' "ordinamento della comunicazione, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" e più in generale nel "governo del territorio" ed esiste l'obbligo per le Regioni (titolari di potestà concorrente) di rispettare i principi dettati con la legge quadro n° 36/01 che riserva allo Stato la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità del primo tipo (valori di campo ai fini della progressiva minimizzazione dell'esposizione), lasciando alle Regioni quelli del secondo tipo (criteri localizzativi, standards urbanistici, prescrizioni ed incentivazioni). Si è poi affermato che il principio cautelativo (che fonderebbe la derogabilità in melius degli standards statali) è da ripensare alla luce della ratio della legge quadro diretta ad equilibrare la tutela della salute con l'esigenza di realizzare gli impianti e le reti rispondenti a rilevanti interessi nazionali nel settore delle telecomunicazioni e dell'energia. Da siffatto disegno escono ridimensionate ma non neutralizzate le funzioni dei comuni. Sulla base di tali oramai consolidate coordinate ermeneutiche si evince chiaramente come i poteri amministrativi siano concorrenti, il Comune ne partecipi, ma non oltre la misura.
Ciò riverbera sull'interesse ad agire per il suo annullamento, che deve dirsi ab initio assente alla luce delle cristalline argomentazioni esibite dalla Sezione in precedenti riferiti a casi recenti della medesima specie, irrobustite e non scalfite dalle ultime novità sopra compendiate.
Argomentazioni che di seguito si vanno a riprendere.
Punto di partenza dell’indagine per l’inquadramento dei servizi di telecomunicazione nel sistema giuridico sono l’individuazione e l’analisi delle fonti normative che presiedono al regime giuridico di disciplina degli impianti di telefonia cellulare.
Esse sono di derivazione Comunitaria (direttive n. 388/CEE del 1990 e n. 2/CEE del 1996) e statuale (L. 1.7.97 n. 189; L. 3.7.97 n. 249; D.P.R. 19.9.97 n. 318; D.M. 381/98).
In particolare la direttiva Comunitaria n. 2/96 di modifica della precedente n. 388/90 ha imposto ai sensi dell’art. 1 agli Stati Membri condizioni relative all’installazione ed alla gestione di reti di telecomunicazioni o alla fornitura di servizi di telecomunicazioni per motivi d’interesse pubblico; tali motivi sono la sicurezza di funzionamento della rete e, se del caso, il mantenimento della sua integrità, la protezione dei dati e per quel che riguarda in particolare la fattispecie in esame, la tutela dell’ambiente e gli obiettivi di pianificazione urbana e rurale.
La predetta direttiva è stata recepita nell’ordinamento nazionale con legge 1.7.1997 n. 189.
A meno di tre mesi dalla L. 189/97 è intervenuto il D.P.R. 19.9.97 n. 318 quale disciplina regolamentare per l’attuazione di direttive Comunitarie nel settore delle telecomunicazioni.
Attraverso questo ulteriore meccanismo normativo statuale, la disciplina Comunitaria delle reti di telecomunicazioni ha trovato piena e rafforzata efficacia nell’ordinamento nazionale.
In particolare il D.P.R. 318/97 richiamato, riproduce all’art. 1 il contenuto dell’art. 1 della direttiva Comunitaria n. 2/96/CEE, già recepita nell’ordinamento nazionale con L. 187/97; detta poi all’art. 2 I comma lett. f) i principi generali, stabilendo che “l’installazione, l’esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazioni si fondano sul rispetto della vigente normativa in materia di tutela della salute pubblica, dell’ambiente e degli obiettivi di pianificazione urbanistica e territoriale, di concerto con le Autorità competenti.
Impone, in particolare, il legislatore nazionale, in esecuzione della norma Comunitaria, un procedimento complesso nel quale sono coinvolti più soggetti pubblici (Comune, Regione, A.S.L.) portatori di distinti interessi, la cui azione deve coordinarsi e concertarsi in un rapporto intersoggettivo a garanzia ed a tutela degli interessi plurimi che vi sono alla base.
Orbene, il potere regolamentare esercitato, fatto oggetto di contestazione, s’inserisce in quella serie procedimentale di cui s’è detto e ne costituisce un prima porzione di attività, la quale deve arricchirsi e potenziarsi dell’azione combinata della Regione e dell’A.S.L. territorialmente competente, secondo le procedure di legge.
Si connota, pertanto, il potere Comunale di disciplina come il primo atto dell’Autorità procedente di avvio di una fattispecie a formazione progressiva con indicazione di contenuti compositi (che toccano profili plurimi di salute pubblica, di pianificazione territoriale e di ambiente) che devono confrontarsi e combinarsi con quelli degli altri soggetti pubblici, titolari di distinti interessi.
E i contenuti rappresentati nell’atto di disciplina comunale appartengono legittimamente all’Ente locale solo se ed in quanto rappresentano ed esprimono interessi di una Comunità, che, quale ente esponenziale, ha il diritto-dovere di tutelare nel modo migliore possibile e attraverso un’azione, a tutto campo, ponderata e completa (cfr. Cons. St., Sez. VI, 29.1.2002, 489).
E’ in questa chiave di lettura che si deve apprezzare il potere esercitato: esso, nella sua pluralità di contenuti (urbanistico, localizzativo, di salute pubblica ed ambientale) deve concertarsi con il potere regionale e con quello dell’Autorità sanitaria secondo le disposizioni di legge Comunitarie e Nazionali, in un coordinamento di finalità che preclude in radice l’esercizio dissociato dei poteri; e sino a quando non si completa la fattispecie con la concertazione degli altri soggetti, il potere comunale esercitato nella sua traduzione di atto regolamentare mantiene una valenza endoprocedimentale, non autonoma e priva di lesività.
Ciò è confermato da due ordini di considerazioni.
In primo luogo la legge n. 36 del 2001 (legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) che introduce nuovi principi di disciplina degli impianti di telefonia cellulare, non può trovare attuazione nell’ordinamento generale se non previa emanazione di norme integrative di attuazione come espressamente previsto agli artt. 4, 5, 7, 8 e 9 della stessa legge. La previsione di un regime transitorio contemplato nell’art. 16 della legge richiamata impone all’interprete, sino a quando la normativa regolamentare dello Stato, quella legislativa delle Regioni e quella regolamentare delle Province e dei Comuni non saranno emanate, l’impiego delle disposizioni legislative vigenti, senza operazioni ermeneutiche di chirurgia volte a cogliere quelle parti della nuova norma ritenute d’immediata applicabilità; operazioni che, se condotte ed attuate, in disparte la difficoltà d’individuare nella legge quadro quali norme siano d’immediata e diretta applicazione, comportano pesanti rischi interpretativi con l’enucleazione di regole non uniformi in danno di quella omogeneità d’indirizzo che costituisce la ratio di buona amministrazione della giustizia e della certezza del diritto.
In secondo luogo la primitiva regola giurisprudenziale che estendeva la compatibilità urbanistica della localizzazione degli impianti a qualsiasi tipo di zonizzazione deve dirsi venuta meno per effetto dell' art. 5 D.P.R. 20.10.98 n. 447, recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione degli impianti produttivi, come modificato dal successivo D.P.R. 7.12.2000 n. 440.
Il predetto art. 5 così recita: “Qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento rigetta l’istanza. Tuttavia, allorchè il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro, ma lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento d’impianti produttivi ... il responsabile del procedimento può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi …….per le conseguenti decisioni”. Questa norma, che trova applicazione anche per i servizi di telecomunicazione (id est. impianti di telefonia cellulare) i quali, per effetto dell’art. 1 bis del D.P.R. 7.12.2000 n. 440 di modifica al D.P.R. 447/98, rientrano espressamente tra gli impianti produttivi, elimina il criterio della compatibilità urbanistica per le infrastrutture di cui è causa; essa norma preclude in radice, in assenza di un criterio di localizzazione, l’estensione in ogni area comunale degli impianti in parola. E la ratio è tutta nella particolarità del regime ex art. 3 e 4 del D.P.R. 447/98 (sportello unico) che mette capo ad un coordinamento d’interessi di salute pubblica, ambientali e territoriali, gestibili attraverso lo strumento della conferenza di servizio, dovendo le decisioni, per la valenza degli interessi plurimi che vi sono alla base, essere prese di concerto tra i soggetti pubblici competenti, senza debordare in iniziative procedimentali diverse da quelle previste dalla norma.
Più in particolare la conferenza dei servizi (che costituisce specificazione della figura organizzatoria del “concerto”), prevista come s’è detto negli artt. 3 e 4 del D.P.R. 447/98, ha trovato il suo punto di forza nell’art. 4 comma 3 della L. 31.7.1997 n. 249, cronologicamente antecedente, recante norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisioni (id. est., tra l’altro, impianti di telefonia mobile). Essa pertanto, per regola legislativa, rappresenta lo strumento procedimentale ordinario di gestione dei servizi di telecomunicazioni (installazione ed esercizio) e la sede unitaria, per l’acquisizione, su un dato provvedimento, dell’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti dal provvedimento stesso, finalizzata al raggiungimento di un risultato efficiente e tempestivo.
Fuori da queste linee procedimentali imposte dalla normativa statale, l’agere pubblico si pone su di un piano d’illegalità, alimenta pesanti ritardi nella realizzazione degli impianti di cui è causa (costituenti opere di pubblica utilità e di preminente interesse generale ex art. 2 D.P.R. 318/97) e si espone a rischi risarcitori incidenti sulla finanza pubblica.
Dunque, in assenza di una disciplina vigente sulla localizzazione degli impianti, il regolamento comunale, tanto più se esorbitante dal novero dei poteri attribuiti nella materia de quo, non si presenta idoneo a disciplinare ex se la fattispecie giuridica soggettiva, così arrestandosi la sua capacità lesiva ad una sfera potenziale ed inattuale. Nessun utile risultato può derivare al ricorrente dal suo annullamento.
Il ricorso è inammissibile per difetto di interesse ad agire. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sez. II, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto come in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2004, con l'intervento dei magistrati: Pietro Morea (pres.) - Antonio Pasca - Francesco Bellomo (est.)
IL PRESIDENTE
f.to Piero MOREA IL GIUDICE ESTENSORE
f.to Francesco BELLOMO


Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 29 marzo 2004
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
Il Collaboratore di Cancelleria
f.to Ins. Domenico Antonino

Menu

Contenuti