REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA Sede di Bari - Sezione Terza

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso n.427 del 2005 proposto da Sammati Maria Giovanna, Stellacci Antonio, entrambi residenti in Bitonto, in proprio e nella qualità di sottoscrittori e membri del Comitato cittadino “Salviamo Piazza Moro”, con sede in Bitonto, promotore del referendum abrogativo “per l’annullamento di tutto il procedimento amministrativo preordinato alla realizzazione del parcheggio multipiano interrato a Piazza Moro, nel capoluogo del Comune, ed in particolare per l’annullamento della deliberazione di Giunta comunale n.130 del 24.4.2003 e di tutti gli atti connessi e conseguenti fino al contratto eventualmente stipulato”, nonché da Labellarte Angela Teresa residente in Bitonto, in proprio e quale sottoscrittore della richiesta di referendum, rappresentati e difesi dall’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Bari, alla Via Niccolò Pizzoli, n.8;

CONTRO
il Comune di Bitonto in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Sorgente, elettivamente domiciliato in Bari, Corso Cavour n.124 presso l’Avv. Carlo Ciarmoli;
la DEC s.p.a., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria dell’A.T.I. DEC s.p.a. – BARI PARK s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Ignazio Lagrotta e dall’Avv. Emilia Straziuso, presso i quali è elettivamente domiciliata in Bari, alla Via Prospero Petroni, n.15;
per l’annullamento, previa sospensiva
della deliberazione di consiglio comunale n.8 del 27.1.2005 con cui è stato dichiarato inammissibile il quesito referendario abrogativo “di tutto il procedimento amministrativo preordinato alla realizzazione del parcheggio multipiano interrato a Piazza Moro, nel capoluogo del Comune, ed in particolare per l’annullamento della deliberazione di Giunta comunale n.130 del 24.4.2003 di tutti gli atti connessi e conseguenti fino al contratto eventualmente stipulato”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, compresi i pareri della 1° e 3° Commissione consiliare permanente, del Segretario generale e del Dirigente del 1° Settore – Affari generali, del Dirigente del Settore finanziario.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale e della parte privata controinteressata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del 7 aprile 2005, il Cons. Doris Durante;
Uditi, l’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, l’Avv. Luigi Sorgente e l’Avv. Ignazio Lagrotta;
Considerato che alla camera di consiglio fissata per l’esame della istanza cautelare, il collegio si è riservato di decidere la causa nel merito dandone comunicazione alle parti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O E D I R I T T O
1.- Il Comitato cittadino “Salviamo Piazza Moro”, non condividendo la scelta del Consiglio comunale di allocare un parcheggio multipiano sotterraneo nella pizza Aldo Moro, ha presentato al Comune di Bitonto istanza di referendum abrogativo in applicazione dell’art.48 e 46 dello Statuto comunale, a firma di 803 cittadini e primo firmatario la prof. Sammati, volto ad accertare la volontà popolare in ordine alla localizzazione della suddetta opera, avente il quesito “volete voi che sia realizzato il parcheggio multipiano interrato a piazza Moro nel capoluogo di città?” e finalizzato a “l’annullamento di tutto il procedimento amministrativo preordinato alla realizzazione del parcheggio multipiano interrato a Piazza Moro, nel capoluogo del Comune, ed in particolare per l’annullamento della deliberazione di Giunta comunale n.130 del 24.4.2003 e di tutti gli atti connessi e conseguenti fino al contratto eventualmente stipulato”.
2.- Il Comune di Bitonto, con delibera di consiglio comunale n.8 del 27.1.2005, acquisiti i pareri del Segretario generale, del Dirigente 1° settore resi entrambi in data 10.1.2005, il parere del Dirigente del Settore finanziario reso in data 24.1.2005; della 1° e 3° Commissione consiliare del 27.1.2005 ha espresso giudizio di non ammissibilità sulla richiesta di referendum “Osservato che, in definitiva, la natura non meramente consultiva né propositiva della richiesta di referendum di cui trattasi è suscettibile di automatico riverbero sul tessuto politico amministrativo del Comune, atteso che il risultato –allo stato degli atti- della opinione di oltre la metà dei votanti a non realizzare siffatto parcheggio non potrebbe essere suscettibile di autonoma valutazione dell’Ente civico, che in quella sede non potrà più ponderare gli effetti economici della conformazione all’esito del quesito referendario né addurre ad esimente un giudizio popolare indetto in tempi successivi alla conclusione del procedimento concessorio; con la precisazione che l’attribuzione statutaria alla esclusiva competenza consiliare della conformazione all’esito del referendum non comporta l’automatica caducazione degli atti del procedimento adottati dalla Giunta e dal Dirigente, suscettibile di revoca solo ad opera dei medesimi e solo successivamente alla dotazione della provvista finanziaria per il versamento delle indennità che, ai sensi dell’art.35 della convenzione, sono dovute nell’ipotesi di risoluzione della concessione per fatto o inadempimento del Comune concedente; tutto ciò induce a collocare siffatta tardiva richiesta di referendum su “questioni relative al bilancio del Comune ed a giudicarla perciò inammissibile ai sensi dell’art.47, comma 3 dello Statuto” (la deliberazione è stata approvarta con 18 voti su 27, di cui 9 favorevoli alla ammissibilità del referendum).
3.- I ricorrenti, nella qualità in atti, hanno impugnato la suddetta delibera consiliare n.8/2005, nonché i pareri acquisiti al procedimento, di cui deducono la illegittimità per violazione ed erronea applicazione del combinato disposto di cui agli artt.8, d.lgv. 267/2000 e 45 e segg. Statuto Comunale approvato con deliberazione di consiglio comunale n.21 del 22.3.2001 e s.m.; violazione e falsa applicazione dell’art.47, co.3 Statuto comunale; eccesso di potere sotto diversi profili, in quanto:
a) per “questioni relative al bilancio” devono intendersi esclusivamente quelle riferite al documento denominato “bilancio” e non tutte quelle che possono - in via indiretta ed eventuale- avere un risvolto economico sulle Casse comunali che, in tal caso diverrebbe uno strumento nelle mani del consiglio comunale per respingere nella più ampia discrezionalità ogni questione “poco gradita”;
b) non potrebbe sostenersi che la istanza referendaria sarebbe “tardiva” in quanto intervenuta dopo la sottoscrizione della convenzione con l’a.t.i. promotrice, atteso che lo Statuto comunale non prevede termini per l’uso dell’istituto referendario tout court, né per quello abrogativo che peraltro non potrebbe che intervenire successivamente all’adozione di un atto o provvedimento amministrativo;
c) destituito di fondamento e contraddittorio sarebbe l’assunto secondo cui l’obbligo di conformarsi alla decisione popolare riguarderebbe soltanto il consiglio comunale e non altri organi sicché la decisione consiliare non comporterebbe l’automatica caducazione degli altri atti del procedimento adottati dalla Giunta e dal Dirigente i quali potrebbero procedere alla revoca soltanto successivamente alla dotazione della provvista finanziaria per il versamento delle indennità, perché se la decisione consiliare all’esito del referendum non fosse suscettibile di effetti sugli atti della Giunta e del Dirigente, il referendum abrogativo sarebbe privo di consistenza giuridica;
d) quanto alla temuta eventuale ipotesi di condanna dell’amministrazione intimata alla corresponsione all’impresa delle indennità previste dall’art.35 della Convenzione, pur a fronte di eventuali e motivati interventi di alcuni Consiglieri di minoranza (che evidenziavano nella specie la sussistenza di un’ipotesi di sopravvenuta impossibilità della prestazione per factum principis tale da giustificare la risoluzione del contratto), nella deliberazione gravata non emergerebbero le motivazioni che avrebbero condotto il consiglio comunale a confermare quanto affermato nei pareri che evidenziavano tale nefasta conseguenza ed a disattendere quanto pure fatto presente in sede di discussione;
e) nessun vincolo giuridico potrebbe ritenersi validamente sorto con l’a.t.i. promotrice attesa la intervenuta modifica, successivamente alla stipula della convenzione, delle condizioni contrattuali e dell’oggetto del contratto che avrebbero stravolto completamente il progetto originario e avrebbero comportato un considerevole incremento della spesa comunale.
4.- Il Comune di Bitonto, costituitosi in giudizio, ha controdedotto alle censure, chiedendo la reiezione del ricorso dovendosi ritenere inammissibile il quesito referendario come proposto, incidendo su questioni relative al bilancio del Comune ed esulando dalla funzione propria di partecipazione popolare alle scelte dell’amministrazione per gli evidenti effetti pregiudizievoli connessi.
5.- La parte privata, costituitasi in giudizio, ha evidenziato la infondatezza del ricorso, attesi i limiti connaturati al referendum abrogativo desumibili dalla giurisprudenza costituzionale formatasi sulla ammissibilità di referendum abrogativi che ne impongono una lettura limitata ad atti di contenuto generale o comunque rivolti a disciplinare in modo astratto una certa fattispecie senza decidere il caso concreto, ma dettando i canoni normativi che l’autorità deve eseguire; sotto altro profilo ha evidenziato la inammissibilità della richiesta referendaria in quanto priva dei requisiti della chiarezza, omogeneità e univocità.
6.- Le parti hanno precisato le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi e la causa è stata riservata per la decisione.
7.- Tra gli istituti tesi a favorire la partecipazione popolare previsti dall’art.8, d.lgv. 267/2000 si inserisce il referendum “..nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione e procedure per l’ammissione di istanze, petizioni..dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi. Possono essere previsti referendum”;
Lo Statuto del Comune di Bitonto, all’art.45 (giusta la integrazione con delibera consiliare pubblicata sul BURP n.143 dell’1.12.2004) consente oltre ai referendum consultivi e propositivi anche i referendum abrogativi.
L’art.47 dello Statuto stabilisce che il referendum deve riguardare materie di competenza del Comune e di interesse generale; non può essere richiesto in ordine ad elezioni, nomine, revoche, decadenze …E’ inammissibile su materie disciplinate da atti regolamentari espressione dell’autonomia del consiglio comunale, nonché in materie di applicazione dei tributi e su questioni relative al bilancio del Comune.
8.- La novità dell’istituto del referendum abrogativo nell’ambito della attività dell’ente locale pone una serie di problematiche di non facile soluzione sul piano prettamente giuridico.
Invero la singolarità dei referendum comunali (consultazioni deliberative che si svolgono nell’ambito comunale secondo norme e procedure determinate ad hoc) che si differenziano dalla comune tipologia della fattispecie referendaria, ha indotto la dottrina a catalogarle come forme atipiche di referendum.
Tali consultazioni, seppure previste in via generale dal T.U. 267/2000, trovano fondamento e disciplina nella spontanea attività deliberativa comunale, assumendo di conseguenza connotazioni multiformi e non omogenee.
Non risulta facile, quindi, tracciare né il quadro complessivo ed organico del procedimento e di oscura decifrazione appare sia l’oggetto che l’efficacia giuridica dell’esito anche laddove lo statuto disciplini con certezza giuridica gli elementi essenziali di tali consultazioni
Indubbiamente l’istituto è volto alla partecipazione sotto la forma della tutela e controllo di quella parte dell’azione amministrativa che si esplica in scelte libere, il che fa ritenere che debba essere limitato a sindacare valutazioni di puro merito ed opportunità dell’azione dell’amministrazione civica (un referendum abrogativo con finalità di controllo della legittimità degli atti e quindi finalizzato ad espungere atti illegittimi si porrebbe in contrasto con la abrogazione del controllo sugli atti degli enti locali operata dalla legge costituzionale n.3/2001, ovvero con la riserva di legge della materia della tutela giurisdizionale e finirebbe con l’eludere i rigidi termini di decadenza della impugnazione degli atti).
Ne consegue che il quesito referendario deve essere diretto verso atti a contenuto generale e di organi politici, dovendosi dare una lettura del referendum abrogativo coerente con la disposizione della legge statuale (..nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione … dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi). Non potrà, quindi, essere concesso in funzione dell’abrogazione di atti che non siano generali, rivolti alla collettività indifferenziata, ma siano relativi a situazioni soggettive differenziate e tanto meno se relativo ad atti ampliativi della sfera giuridica di soggetti determinati sì che l’abrogazione referendaria finisca con l’espungere dall’ordinamento non una delibera dell’amministrazione comunale contenente una decisione di carattere generale ma provvedimenti di esecuzione e attuazione della delibera a contenuto politico.
Alcune regioni (la Valle d’Aosta) che hanno disciplinato con legge la materia referendaria escludono il referendum abrogativo degli atti dei dirigenti, il che conferma la tesi fin qui sostenuta che oggetto di referendum, tanto più se abrogativo, possano essere solo gli atti degli organi politici e quelli a contenuto generale (seppure con la esclusione dei regolamenti per espressa disposizione statutaria del Comune di Bitonto) e che siano esclusi gli atti di attuazione delle delibere dell’organo politico, in genere di competenza della dirigenza.
Sarebbe, quindi, da escludere il referendum abrogativo ove il procedimento di attuazione di scelte dell’amministrazione sia concluso con l’adozioni di atti vincolanti e fonti di obbligazioni nei confronti di terzi risolvendosi, altrimenti, in una situazione di estrema incertezza ad libitum della efficacia e vigenza delle decisioni dei governi locali di nessun vantaggio per l’efficienza dell’azione amministrativa, a parte la aleatorietà di qualunque rapporto instaurato tra l’amministrazione e i terzi nella fase attuativa delle scelte programmatiche.
Peraltro il referendum abrogativo risponde alla stessa esigenza di quello consultivo, seppure a differenza del primo, interviene successivamente alla adozione dell’atto, da ciò un’ulteriore conferma che il referendum abrogativo ha ragion d’essere ove rivolto a scelte di merito di organi politici.
9.- Sotto ulteriore profilo non può non evidenziarsi la necessità che il quesito referendario sia formulato in maniera inequivoca, sì che la partecipazione popolare abbia esatta cognizione della finalità cui è preordinato il referendum abrogativo e sia chiaro l’atto che si intende abrogare. Ne consegue la incertezza di un referendum abrogativo riferito ad un intero procedimento di cui i votanti non conoscono le fasi, gli eventuali sviluppi e le conseguenze che l’abrogazione potrebbe produrre.
10.- In ordine ai limiti stabiliti dallo stesso statuto al potere referendario si pone il problema se tali limiti vadano intesi in senso restrittivo, quale mero parametro di raffronto, ovvero in senso estensivo sicché la preclusione statutariamente prevista al referendum, nel caso “su questioni relative al bilancio” vada intesa limitata alle sole ipotesi riferite al documento denominato “bilancio” o a tutte quelle che possono - in via indiretta ed eventuale- avere un risvolto economico sulle casse comunali.
Giova, in proposito, ricordare che i limiti posti alla ammissibilità del referendum – in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (a partire dalla sentenza n.16/78) si sono allargati e vanno interpretati estensivamente.
La Corte ha più volte ribadito che le categorie di atti legislativi espressamente non sottoponibili a referendum abrogativo, vanno interpretate in senso non strettamente letterale ma secondo criteri logico- sistematici e perciò inserendovi anche le leggi o disposizioni che producono effetti giuridici collegati così strettamente all’ambito di operatività delle suddette categorie, che la preclusione si estende necessariamente ad esse (Corte Cost. 12 gennaio 1994, n.2)
L’impressione generale che si trae dalla giurisprudenza della Corte è che il giudizio di ammissibilità, compiuto il passo inevitabile di uscire dalla sua concezione originaria, formale e restrittiva, di mero riscontro tra oggetto del referendum e materie sottratte per legge, abbia perso contorni precisi e andamenti prevedibili.
La argomentazione estensiva del giudizio di ammissibilità, per taluni aspetti faticosa, ma senz’altro prospettata con lucida cognizione delle rilevanti conseguenze prodotte, ha condotto la Corte Costituzionale ad indicare, nella stessa sentenza 16/78, alcuni distinti “complessi di ragioni di inammissibilità” che nelle successive sentenze sono stati confermati, rimodellati, specificate e anche integrati. Nella storica sentenza del 1978, la Corte non parla di “limiti”, ma di “ragioni” di inammissibilità; già questo elemento nominalistico sembra scorgere la propensione a comprendere nel giudizio di ammissibilità anche l’accertamento della “ragionevolezza” della richiesta referendaria, che deve essere valutata non sulla base di criteri discrezionali liberamente assumibili, ma di valori ancorati in positivo alla Costituzione stessa e dai quali desumere la “particolare” ragione giustificativa della dichiarazione di inammissibilità della singola richiesta referendaria.
11.- Riportando tali principi alla materia referendaria degli enti locali, deve ritenersi che la valutazione di ammissibilità del referendum vada condotta dal consiglio comunale cui compete per statuto, in via sistematica, per verificare in particolar modo se le richieste siano realmente destinate a concretare un “referendum popolare” e se gli atti che ne formano l’oggetto rientrino tra i tipi di atti suscettibili di essere abrogati dal corpo elettorale, considerando tutte le ragioni giustificative che ne escludono la ammissibilità, non ultima i risvolti sulla finanza pubblica per gli effetti in termini finanziari che l’eventuale abrogazione determinerebbe a carico del bilancio comunale (su questo ultimo punto, la Corte Costituzionale, ha ritenuto che il limite del referendum abrogativo relativo alle leggi di approvazione del bilancio comprende anche le altre leggi che attengono alla manovra finanziaria a partire dalla cosiddetta legge finanziaria).
12.- Nell’ampio contesto di valutazioni che sottendono il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, deve ritenersi corretto, ragionevole e adeguatamente motivato, il giudizio espresso dal consiglio comunale con la delibera n.8 del 27.1.2005, in cui sono rappresentate le ragioni, tra cui anche i risvolti sulla finanza pubblica, che inducono a non rimettere al giudizio popolare una scelta di allocazione di opera pubblica che seppure politica e di merito, ha raggiunto fasi di sviluppo procedimentale sottratte alla libera disponibilità del Comune sicché le scelte obbligate derivanti dalla volontà popolare di abrogazione (il consiglio comunale è tenuto a deliberare in conformità all’esito del referendum), con i conseguenti effetti vizianti sugli atti di attuazione, renderebbe responsabile il Comune nei confronti dei terzi.
13.- Né potrebbe obiettarsi che gli effetti prodotti dal referendum abrogativo sono puramente eventuali e futuri sicché non vanno valutati in via anticipata in relazione alla richiesta di referendum (se il difetto dei requisiti dell’atto di iniziativa diventa vizio dell’atto conclusivo del procedimento decisionale soltanto dal momento in cui si produce l’atto terminale, non dovrebbe negarsi che la preventività del giudizio di ammissibilità rispetto all’esercizio stesso della funzione referendaria, porterebbe a configurare il giudizio di ammissibilità non come giudizio concreto sul vizio dell’atto di richiesta ma come giudizio astratto -nel senso di preventivo- della futura e solamente eventuale deliberazione abrogativa).
La natura giuridica del giudizio di ammissibilità della richiesta referendaria e ciò soprattutto al fine di giungere alla delimitazione dei rapporti tra il giudizio in oggetto e l’eventuale giudizio successivo di legittimità relativo all’esito referendario, impone di collegare le cause di ammissibilità alla competenza della funzione referendaria; più analiticamente si definiscono le predette cause quali presupposti oggettivi della funzione deliberativa popolare, e quindi quali requisiti predeterminati per il legittimo esercizio di quest’ultima. Se ne trae la convinzione che l’inammissibilità, in quanto vizio dei profili “precostituiti” e “precostituendi” della funzione referendaria si trasmette all’attività conseguente e quindi si traduce nel vizio formale dell’atto terminale.
Ne consegue che nel giudizio di ammissibilità del quesito referendario ben si può tener conto degli effetti dell’esito referendario sull’attività conseguente.
14.- Per le ragioni esposte, considerato altresì, che la richiesta referendaria è senz’altro tardiva essendo intervenuto a procedimento concluso con individuazione della concessionaria e stipula della convenzione (il progetto di costruzione del parcheggio multipiano interrato era inserito già nel programma triennale 2002-2004 delle opere pubbliche e di pubblico interesse, approvato con deliberazione di consiglio comunale n.28 del 5.4.2002, seppure riferito alla vicina Piazza G.Marconi; la costituenda A.T.I. DEC s.p.a.(mandataria) e BARI PARK s.r.l., in data 29.6 –2.7.2002, ha presentato la proposta di project financing che ne prevede la realizzazione in Piazza Aldo Moro; tale proposta è stata inserita nel programma triennale 2003 –2005, approvato con deliberazione C.C. n.14 del 7.3.2003, e la Giunta Comunale con delibera n.130 del 24.4.2003, ha valutato positivamente la proposta, ritenuta realizzabile e di pubblico interesse; con determina dirigenziale n.99/UTC del 15.3.2004, essendo andata deserta la licitazione privata ex art.37 quater, l. 109/94, la concessione di costruzione e gestione è stata aggiudicata alla costituenda ATI promotrice e in data 28.6.2004, è stata stipulata convenzione per la progettazione, costruzione e gestione del parcheggio, successivamente modificato e migliorato tra l’altro con la riduzione a 4 del numero dei piani interrati); che il costo dell’intervento a carico del Comune, la misura di tale costo e l’eventuale lievitazione a seguito dei miglioramenti sono situazioni sulle quali non sussiste potestà referendaria ed ugualmente è estranea al potere referendario la dedotta illegittimità e/ o comunque diversità del project financing dopo le modifiche di progettazione, riguardando profili di legittimità, le censure risultano infondate ed il ricorso deve essere respinto.
15.- Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa le spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa spese e competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 7.4.2005, con l’intervento dei Magistrati,
Amedeo Urbano Presidente
Doris Durante Consigliere est..
Francesco Bellomo Referendario.

Menu

Contenuti