REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLOI TALIANO

Il Tribunale amministrativo Regionale per la Sardegna -
2^ sezione – ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso n. 644/2004, proposto dal Sig. Santino DEMARTIS, rappresentato e difeso in dall'Avv. Pietro Corda, ed elettivamente domiciliato in Cagliari, via Einstein n. 7, nello studio dell'Avvocato Giuseppe Del Rio;

contro
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica e la Soprintendenza per i Beni, Architettonici e il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro, in persona del Soprintendente in carica, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici sono legalmente domiciliati;
per l'annullamento
del decreto n. 22 prot. n. 5636 del 6 aprile 2004 del Soprintendente per i Beni, Architettonici e il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro, che ha annullato il provvedimento del 19 febbraio 2004 prot. n. 3368 col quale il Comune di Santa Teresa di Gallura, nell'esercizio delle funzioni delegate dalla Regione con l’art. 3 della legge regionale n. 28/1998 in materia di tutela paesaggistica, ha autorizzato il ricorrente alla ristrutturazione e sopraelevazione di un edificio ad uso residenziale ubicato in zona urbanistica "A" - Comparto n. 69 fabbricato 4 e 7 del centro storico.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni resistenti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 6 luglio 2005 il Consigliere Marco Lensi;
Uditi altresì gli Avvocati delle parti, come da separato verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O
Col presente ricorso si chiede l'annullamento del decreto n. 22 prot. n. 5636 del 6 aprile 2004 del Soprintendente per i Beni, Architettonici e il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro, che ha annullato il provvedimento del 19 febbraio 2004 prot. n. 3368 col quale il Comune di Santa Teresa di Gallura, nell'esercizio delle funzioni delegate dalla Regione con l’art. 3 della legge regionale n. 28/1998 in materia di tutela paesaggistica, ha autorizzato il ricorrente alla ristrutturazione e sopraelevazione di un edificio ad uso residenziale ubicato in zona urbanistica "A" - Comparto n. 69 fabbricato 4 e 7 del centro storico.
A tal fine il ricorrente avanza articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili e conclude per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito del ricorso, di cui si chiede il rigetto.
Con successive memorie le parti hanno approfondito le proprie argomentazioni, insistendo per le contrapposte conclusioni.
Alla pubblica udienza del 6 luglio 2005, su richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O
Oggetto del ricorso è il decreto n. 22 prot. n. 5636 del 6 aprile 2004 del Soprintendente per i Beni, Architettonici e il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per le Province di Sassari e Nuoro, che ha annullato il provvedimento del 19 febbraio 2004 prot. n. 3368 col quale il Comune di Santa Teresa di Gallura, nell'esercizio delle funzioni delegate dalla Regione con l’art. 3 della legge regionale n. 28/1998 in materia di tutela paesaggistica, ha autorizzato il ricorrente alla ristrutturazione e sopraelevazione di un edificio ad uso residenziale ubicato in zona urbanistica "A" - Comparto n. 69 fabbricato 4 e 7 del centro storico.
Infondata risulta, in primo luogo, la censura di incompetenza del Soprintendente all'adozione del provvedimento impugnato.
Sostiene il ricorrente che la competenza alla tutela e alla gestione del vincolo, per i profili di merito delle relative valutazioni, appartiene al Comune, in virtù della delega regionale di cui all’art. 3 della legge regionale n. 28/1998 in materia di tutela paesaggistica, e non al Soprintendente. Poiché nel caso di specie quest’ultimo avrebbe operato un riesame nel merito dell’autorizzazione comunale, sovrapponendo le proprie difformi valutazioni sull’opera da realizzare, da ciò conseguirebbe l'incompetenza del Soprintendente.
Il ragionamento non può essere condiviso.
Deve infatti ritenersi che il Soprintendente sia competente all'adozione di un eventuale provvedimento di annullamento dell’autorizzazione comunale o regionale in forza dei poteri di controllo di legittimità al medesimo conferiti dall’art. 151, comma 4, del testo unico n. 490/1999. Qualora nell'esercizio delle proprie competenze il Soprintendente operi - anziché un controllo di pura legittimità - un non consentito riesame nel merito dell’autorizzazione comunale o regionale, ciò determinerà esclusivamente l'illegittimità del provvedimento adottato dal Soprintendente, senza che possa - comunque – essere messa in discussione la competenza di quest' ultimo all'adozione di un eventuale provvedimento di annullamento dell’autorizzazione comunale o regionale.
Si può prescindere dall’esame del motivo con cui si denuncia la violazione degli articoli 7 e seguenti della legge n. 241/90 in tema di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, stante la fondatezza delle ulteriori censure afferenti al merito della controversia.
Fondate risultano le censure di cui ai punti terzo, quarto, quinto, sesto e settimo del gravame, di violazione dell'articolo 151 del testo unico n. 490 del 29 ottobre 1999 e di eccesso di potere per illogicità, falsità dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la recente sentenza n. 971/2005, in linea con l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con sent. n. 9 del 14 dicembre 2001, ha confermato la ricostruzione del sistema dei rapporti tra Stato e Regioni in materia di gestione del vincolo paesistico, ponendo alcuni principi, da questo Tribunale condivisi:
a) in sede di esame dell’istanza di autorizzazione paesistica, ai sensi dell’art. 82, comma 9, del D. L.vo. n. 616 del 1977 (come trasfuso nell’art. 151 del T. U. n. 490 del 1999), la Regione (o l’autorità designata dalla legge regionale) deve rispettare il principio-cardine della leale collaborazione con gli organi del Ministero, pertanto, dalla motivazione dell’autorizzazione si deve potere evincere che essa è immune da profili di eccesso di potere, anche per quanto riguarda l’idoneità dell’istruttoria, l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto, diverso da quello tutelato in via primaria;
b) in sede di esame del contenuto dell’autorizzazione paesistica e prima della conclusione del procedimento, il Ministero può motivatamente valutare se la gestione del vincolo avviene con un atto legittimo, rispettoso di tutti tali principi, e annullare l’autorizzazione che risulti illegittima sotto qualsiasi profilo di eccesso di potere (senza il bisogno di ricorrere in sede giurisdizionale e ancor prima della modifica dei luoghi), ma non può sovrapporre le proprie eventuali difformi valutazioni sulla modifica dell’area, se l’autorizzazione non risulti viziata.
In particolare, sottolinea il Consiglio di Stato, “in relazione a tale ultimo aspetto…( l’A.P. ) ha posto in evidenza che il provvedimento statale di annullamento dell’autorizzazione paesistica non può basarsi su una propria valutazione tecnico-discrezionale sugli interessi in conflitto e sul valore che in concreto deve prevalere, né può apoditticamente affermare che la realizzazione del progetto pregiudica i valori ambientali e paesaggistici, ma deve basarsi sull’esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici (da esporre nella motivazione), che non siano stati esaminati dall’autorità che ha emanato l’autorizzazione ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati, in contrasto con la regola-cardine della leale cooperazione o con gli altri principi sulla legittimità dell’azione amministrativa.”.
Nel caso di specie, la Soprintendenza ha annullato il nullaosta rilasciato al ricorrente dal Comune di Santa Teresa di Gallura, riscontrando, nella sostanza, un vizio di difetto di motivazione.
In ordine al predetto asserito difetto di motivazione, come la più recente giurisprudenza ha chiarito, la funzione della Sovrintendenza non ha il senso di un “controllo” di legalità, ma di cogestione del vincolo paesaggistico (A.P. n. 9 del 14/12/2001); conseguentemente, se entrambi i soggetti titolari della funzione (Stato e Regione o Comune delegato) operano, seppur a livelli diversi, alla concreta gestione del vincolo, il rapporto fra gli stessi non può esprimersi in termini di contrapposizione, ma deve essere, piuttosto, dominato dal principio di leale collaborazione.
Da questo principio discende che “lo Stato non possa annullare l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione, per il solo fatto che la stessa risulti carente di motivazione, potendo l’annullamento seguire solo laddove si dimostri necessario per il raggiungimento dei fini essenziali della tutela.” (TAR Sardegna, sent. n. 494/2003).
La Sovrintendenza deve, allora, evidenziare l’esistenza di un’effettiva lesione dell’interesse sostanziale tutelato, lesione che sola può giustificare l’opposizione alla realizzazione del progetto.
Nell’atto impugnato non è dimostrato che l’annullamento sia necessario per il raggiungimento dei fini essenziali della tutela, né è stata evidenziata la manifesta irragionevolezza della scelta effettuata dall’amministrazione comunale.
Deve altresì rilevarsi che, nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla soprintendenza, nel provvedimento impugnato sussiste una sufficiente motivazione, nella quale, in particolare, si dà atto dell'espletamento degli "opportuni accertamenti" e delle "risultanze istruttorie da cui si è rilevato che l'intervento proposto è paesisticamente ammissibile così come espresso dall'Esperto nominato ai sensi della legge regionale 28/98: ".
Ciò stante, non può che rilevarsi l'infondatezza dei rilievi mossi dalla Soprintendenza in ordine all'asserito difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
In realtà, deve ritenersi che la Sovrintendenza abbia formulato il proprio giudizio sulla incompatibilità dell’intervento con le esigenze di salvaguardia dell’area vincolata, solo a seguito di un non consentito riesame nel merito dell’autorizzazione comunale, sovrapponendo le proprie difformi valutazioni sull’opera da realizzare.
Né può avere rilevanza la considerazione che la valutazione del Comune si sia tradotta “in una obiettiva deroga” al vincolo.
Sotto quest’ultimo profilo, dalla costante giurisprudenza (cfr. TAR Sardegna, sent. n. 82/2004 e giurisprudenza ivi richiamata) è stato sottolineato che qualunque intervento sul territorio incide sul paesaggio, alterandone il preesistente assetto, ma la tutela di cui all’art. 151 del decreto legislativo n. 490/99 non comporta l’inedificabilità assoluta delle aree vincolate, ma subordina la detta edificabilità ad una verifica di compatibilità con la salvaguardia del valore tutelato.
E’ quindi improprio parlare di “deroga” ad un vincolo, in quanto attraverso il rilascio dell’autorizzazione non si opera in difformità dalla regola imposta, ma si effettua una concreta verifica sulla possibile coesistenza di specifici interventi edilizi con la tutela del bene, in applicazione di un criterio generale di giudizio già valutato come ammissibile, in linea generale, in sede di imposizione del vincolo.
Conclusivamente, stante la fondatezza delle censure esaminate ed assorbiti gli altri motivi di censura, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Condanna le amministrazioni resistenti al pagamento delle spese di giudizio che liquida nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA
accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla l'impugnato decreto n. 22 prot. 5636 del 6 aprile 2004.
Condanna le amministrazioni resistenti al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio, che liquida forfettariamente in complessivi euro 1500,00 (millecinquecento/00) più IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 6 luglio 2005 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l'intervento dei signori:

Lucia Tosti, Presidente;
Silvio Ignazio Silvestri, consigliere;
Marco Lensi, consigliere estensore.

Depositata in segreteria oggi 14/10/2005
Il Segretario Generale f.f.

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