REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA
- III^SEZIONE-

SENT. N. 2054 REG. ANNO 2004
N. 2045 REG. RIC. ANNO 2003

ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 2045/2003 proposto da CO.DI.MA. S.R.L., in persona del legale rappresentante dott. Pizzimenti Umberto, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Colzi e Fabio Colzi ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Firenze, via San Gallo n. 76;
c o n t r o
- COMUNE DI VIAREGGIO, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Corrado Buccheri dell'Avvocatura comunale, ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del TAR Toscana in Firenze, via Ricasoli n. 40;
- DIRIGENTE DEL U.O. EDILIZIA PRIVATA DEL COMUNE DI VIAREGGIO, non costituitosi in giudizio;
e n e i c o n f r o n t i d i
S.A.S. AGNESE DI SIMONELLI FILIPPO & C., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Simonelli Giovanni, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Frati ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Mauro Montini in Firenze, via de' Rondinelli n. 2;
p e r l ‘ a n n u l l a m e n t o
- della concessione edilizia n. 40 del 20.1.2003, rilasciata dal Dirigente dell'U.O. Edilizia Privata del Comune di Viareggio alla soc. Agnese di Simonelli Filippo & C., avente ad oggetto "Ristrutturazione edilizia di immobili ad uso di civile abitazione e turistico-ricettivo, con la formazione di n. 9 unità abitative in Viareggio, viale Giosuè Carducci 62 e 63";
- dell'autorizzazione ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 490/1999 e della L.R. n. 52/1979, rilasciata dal medesimo Dirigente del Comune di Viareggio alla soc. Agnese di Simonelli Filippo & C., per l'intervento di cui sopra;
- degli atti intervenuti nei procedimenti conclusi con i provvedimenti di cui sopra e, comunque, di tutti quelli presupposti connessi e consequenziali;
- del provvedimento, di incogniti estremi, con il quale il Comune di Viareggio, nell'individuare, ai sensi dell'art. 41 comma 1 della L. n. 449/1997, "i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali", ha omesso di ricomprendere il collegio degli esperti previsto dall'art. 10, 2 comma, della L.R. 14.10.1999 n. 52;
Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Viareggio e della società controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 19 Febbraio 2004 - relatore il Consigliere dott.ssa Marcella Colombati -, gli avv.ti A. Colzi, C. Buccheri e S. Nocentini delegato da F. Frati;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso notificato il 14.11.2003 la s.r.l. CO.DI.MA, in persona del legale rappresentante, ha chiesto l’annullamento: a) della concessione edilizia n. 40 del 20.1.2003 (conosciuta il 26.8.2003) rilasciata dal Dirigente dell’U.O. Edilizia privata del Comune di Viareggio alla s.a.s. Agnese di Simonelli Filippo & C. avente ad oggetto la ristrutturazione edilizia di immobili ad uso di civile abitazione e turistico-ricettivo, con la formazione di n. 9 unità abitative; b) dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata per l’intervento suindicato; c) degli atti intervenuti nei procedimenti conclusisi con i menzionati provvedimenti; d) per quanto di interesse, del provvedimento incognito con il quale il Comune ha eliminato il Collegio degli esperti dagli organi ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali.
La ricorrente è proprietaria di un immobile adibito ad albergo, attiguo ai fabbricati interessati dalla concessione edilizia impugnata; nell’estate del 2003, rilevato che i lavori edili stavano assumendo una notevole consistenza e, a seguito dell’accesso ai documenti, ha ottenuto copia del provvedimento che legittima i suddetti lavori; ha così potuto rilevare che il nulla osta paesaggistico e il titolo edilizio sono stati rilasciati senza la previa acquisizione del parere di un organo tecnico consultivo, quale la Commissione edilizia, la Commissione edilizia integrata o il Collegio degli esperti, soppressi dal Comune ai sensi dell’art. 41, comma 1, della legge n. 449/97; ha quindi potuto accertare, dall’esame del progetto, che l’intervento consiste nello svuotamento totale dei preesistenti fabbricati, con eccezione dei muri perimetrali, e nella ricostruzione di un unico corpo di fabbrica in modo diverso dalla precedente conformazione planivolumetrica, con aumento del numero di piani e con modifica delle facciate, in modo non conforme con le previsioni urbanistiche (N.T.A. del P.R.G. e regolamento edilizio).
Questi i motivi: 1) violazione ed erronea applicazione dell’art. 41, comma 1, della legge n. 449/97 e dell’art. 96 del d. lgs. n. 267/2000 nonché dell’art. 10, comma 2, della legge regionale n. 52/99; eccesso di potere per errore e/o travisamento nonché per insussistenza del presupposto: la legge regionale prevede che, se il Comune opta per la soppressione della Commissione edilizia, le funzioni già attribuite alla Commissione edilizia integrata sono svolte da un Collegio di esperti nominati dal Consiglio comunale, essendosi ritenuto indispensabile l’apporto di un organo tecnico; 2) violazione ed erronea applicazione dell’art. 10, comma 2, della legge regionale n. 52/99 e degli artt. 4 e 5 della legge regionale n. 52/79; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; illegittimità derivata: il nulla osta paesaggistico è stato rilasciato senza la preventiva acquisizione di nessun parere tecnico; tale illegittimità deriva dall’atto comunale di ricognizione degli organi collegiali ritenuti non indispensabili; 3) eccesso di potere per errore e/o travisamento, insufficienza ed erroneità dell’istruttoria, insussistenza dei presupposti, illogicità, contraddittorietà manifesta: non è vero che l’intervento edilizio mantiene l’attuale volumetria e conformazione planovolumetrica senza modificazione dell’esteriore aspetto dei luoghi, come affermato nel nulla osta paesaggistico; la Sovrintendenza, pur intervenuta tardivamente, ha rilevato l’incompatibilità del progetto con gli interessi paesaggistici; 4) illegittimità della concessione edilizia derivata dall’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica; eccesso di potere per insussistenza del presupposto; 5) violazione ed erronea applicazione dell’art. 16 delle N.T.A. del P.R.G. comunale in relazione a quanto previsto dagli artt. 12 e 13 delle stesse N.T.A. e dagli artt. 5-8 del regolamento edilizio; violazione dell’art. 4 della legge regionale n. 52/99; eccesso di potere per errore e/o travisamento, difetto ed erroneità dell’istruttoria, insussistenza dei presupposti: la concessione edilizia è anche illegittima per vizi propri, perché la prevista ristrutturazione è del tipo R 3, non contemplata nelle zone A per gli immobili contrassegnati col simbolo 2, come nella specie; 6) violazione ed erronea applicazione dell’art. 16 delle N.T.A. e dell’allegato A al regolamento edilizio; eccesso di potere per errore e/o travisamento, difetto ed erroneità dell’istruttoria: non sono rispettate le prescrizioni urbanistiche e architettoniche per la conservazione delle strutture verticali e orizzontali e l’immodificabilità della facciata ove vengono aperte nuove finestre.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Viareggio e la controinteressata, opponendosi al ricorso; quest’ultima ne ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità per difetto di notifica e la tardività.
Con ordinanza n. 1314 del 12.12.2003 è stata respinta l’istanza cautelare.
All’udienza del 19 febbraio 2004 la causa è passata in decisione.
D I R I T T O
1. E’ impugnata una concessione edilizia rilasciata a terzi, con contestuale autorizzazione paesaggistica. Le censure si appuntano sia sull’autorizzazione (motivi 1 e 2) che sulla concessione (motivi da 3 a 6).
In punto di fatto si tratta di un intervento edilizio di ristrutturazione con demolizione di due fabbricati preesistenti e ricostruzione di un unico immobile, adiacente a quello di proprietà della società ricorrente che gestisce un albergo nel Comune di Viareggio. Secondo la consolidata giurisprudenza (ex plurimis: Cons. di Stato, n. 3390/2003) sussiste l’interesse legittimo di natura urbanistica, giuridicamente protetto, in colui che si trova in una situazione di stabile collegamento con la zona oggetto dell’intervento nonché l’interesse al ricorso che consiste nell’osservanza delle norme e degli strumenti urbanistici e delle prescrizioni regolatrici dell’edificazione.
2. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni formulate dalla controinteressata, soc. Agnese, che non sono fondate.
2.1. Quanto al difetto di notifica per essere stato il ricorso indirizzato (e quindi notificato) alla “soc. Agnese di Simonelli Filippo & C. s.a.s., con sede in Viareggio, Viale Manin n. 2” (invece che in viale Buonarroti 12), è sufficiente osservare che tale locuzione è esattamente quella che risulta dall’atto di concessione edilizia, di tal ché nessuna incuria può essere addebitata alla società ricorrente che ha fatto legittimo affidamento su quella indicazione.
Ma vi è di più. Il ricorso è stato notificato il 12.11.2003 dall’ufficiale giudiziario di Firenze a mezzo del servizio postale in plico raccomandato con ricevuta di ritorno; risulta dalla documentazione, che la ricorrente si è procurata presso il Comune, che in data 3 dicembre 2003 un avvocato ha scritto al Comune per conto della controinteressata soc. Agnese indicandone la sede in Viale Manin n. 2, e che in tale lettera il medesimo legale riferisce della “intervenuta notifica” del ricorso al Tar (v. documento n. 10 della ricorrente); ciò nonostante, con atto del 11.12.2003 indirizzato al Presidente di questa Sezione, la soc. Agnese, indicando come propria la sede diversa di Via Buonarroti 12, ha affermato di non essere stata destinataria di nessuna notifica e di avere appreso dell’esistenza del ricorso dal Comune, circostanza che il Comune contesta; risulta ancora che l’ufficio delle Poste italiane di Viareggio, con fax del 20.1.2004, ha dichiarato (v. doc. n. 9 della ricorrente) che l’ “atto giudiziario spedito il 12.11.2003…è stato consegnato in data 14.11.2003 dal portalettere Lorenzoni Alessandro e ritirato dall’ ‘impiegato al servizio del destinatario’ Casolari Mario”.
Per mero scrupolo la ricorrente in data 29.12.2003 ha provveduto alla notifica anche nella nuova sede della società controinteressata.
Anche a voler ritenere esatta l’affermazione della controinteressata, peraltro contraddetta dai rilevati elementi documentali e di fatto, non vi è dubbio che la società ricorrente dovrebbe essere rimessa in termini per la notifica a causa di un errore ad essa non imputabile.
2.2. Quanto alla tardività del ricorso rispetto alla data di rilascio della concessione edilizia (20.1.2003) e rispetto all’inizio dei lavori avvenuto nell’aprile-maggio 2003, è principio pacifico che la piena conoscenza di un atto siffatto ai fini della tempestività del ricorso si ha soltanto nel momento in cui si ha la consapevolezza dell’effetto lesivo per l’asserita inosservanza di norme urbanistiche; trattandosi di una ristrutturazione con demolizione dell’esistente, la ricorrente non poteva essere edotta di quello che sarebbe stato l’immobile realizzando. Solo nel corso dei lavori ha potuto comprendere l’entità dell’intervento, ha esercitato il diritto di accesso per avere copia della concessione edilizia rilasciata a terzi e solo allora ha potuto svolgere una consapevole difesa comprensiva di tutti i profili di asserita illegittimità, anche, come si vedrà, dell’atto presupposto (autorizzazione paesaggistica). Né a diverse conclusioni induce la lettera in data 10.7.2003 spedita alla controinteressata soc. Agnese dall’avv. Cupido per conto dello “Studio O s.r.l. – Hotel Regina” (v. doc. 2 della controinteressata) che è soltanto la dante causa della società ricorrente e non vi è prova che quest’ultima la conoscesse o fosse al corrente dei rapporti intercorsi tra le due società prima dell’acquisto dell’immobile confinante che è avvenuto il 22.7.2003 (e quindi in epoca successiva all’inizio dei lavori del vicino) in virtù di decreto di trasferimento del Giudice dell’esecuzione del tribunale di Lucca nell’ambito della procedura di esecuzione immobiliare promossa a carico dell’originario proprietario.
3. Passando al merito dell’impugnativa, che riguarda appunto la concessione edilizia rilasciata a terzi, sono fondati i primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, con i quali si denuncia che la autorizzazione paesaggistica inerente la concessione edilizia non sarebbe stata emessa previo il parere del Collegio degli esperti, in violazione dell’art. 10 della legge regionale n. 52/99, con la conseguenza che l'illegittimità dell'atto presupposto si riverbera sul successivo provvedimento concessorio.
3.1. In proposito si premette che detta norma regionale, in applicazione di una normativa statale di principio diretta al conseguimento di risparmi di spesa e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi anche attraverso la soppressione (implicita) di comitati, commissioni, consigli e ogni altro organo collegiale ritenuto non indispensabile (legge n. 449/97 – art. 41, comma 1, espressivo di un principio che riguarda anche gli enti locali), ha disposto che il Comune può non individuare quale organo indispensabile la Commissione edilizia (che svolge funzioni tecnico-consultive in materia di edilizia e di urbanistica) che pertanto deve ritenersi soppressa; ma in tal caso le funzioni che svolgeva la Commissione edilizia integrata (competente ad esprimersi sulla compatibilità ambientale degli interventi edilizi, ai sensi della legge regionale n. 52/79 che aveva subdelegato ai comuni le funzioni in materia di protezione delle bellezze naturali) sono svolte da un collegio di tre esperti nominati dal consiglio regionale.
La norma regionale, nell’esercizio delle proprie competenze in materia paesaggistica esercitate prima a titolo di delega ex d.p.r. n. 616/77 (art. 82), ha ritenuto di affidare le competenze amministrative ai comuni nello specifico settore dettando alcune prescrizioni mirate alla salvaguardia del bene del paesaggio.
La tesi della ricorrente è che la norma regionale del 1999 è in ordine temporale successiva alla legge n. 449/97 ed inoltre prevale in quanto lex specialis sull’art. 96 del t.u. sugli enti locali n. 267 del 2000, che non ha natura innovativa ma meramente compilativa e che prevede la riduzione degli organismi collegiali anche nei comuni; di contro la tesi dell’amministrazione comunale è che l’art. 96 abilita senza limiti il comune a sopprimere commissioni o comitati ritenuti non indispensabili, con implicita abrogazione dell’art. 10 della legge regionale n. 52/99 divenuto incompatibile con la legge statale (art. 96 cit.).
3.2. Il Collegio ritiene preferibile la prima tesi, con le precisazioni che seguono.
Si ricorda che, quanto alla normativa statale (legge n. 449/97 art. 41, comma 1), la Corte costituzionale nella sentenza n. 507/2000 ha precisato che la disposizione va intesa nel senso che essa opera nei confronti delle regioni solo come “principio direttivo per la legislazione regionale, vincolandole a prevedere forme di semplificazione dell’organizzazione e a provvedere alla soppressione degli organismi superflui, con quelle finalità di risparmio e di efficienza che legittimamente il legislatore statale può imporre alle regioni”; ma la previsione della legge statale, secondo la quale sono di diritto soppressi gli organismi diversi da quelli individuati con apposito provvedimento, “non si applica direttamente alle amministrazioni regionali…essendo la conservazione o la soppressione di organismi e uffici della regione rimessa alla disciplina dettata dalla legge regionale”.
Da tale decisione deriva implicitamente che, mentre anche ai comuni va riconosciuta tale facoltà per quanto attiene alle funzioni ad essi conferite con legge statale, diversamente avviene per le funzioni loro attribuite dalla legge regionale, quando una normativa regionale espressamente prevede il mantenimento di un organismo, pur con diversa denominazione, deputato ad esercitare compiti tecnici che rientrano nelle materie di competenza, propria o delegata, delle regioni. Avvalora siffatta conclusione l’art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003 di attuazione del nuovo Titolo V Cost., che riserva alla potestà regolamentare degli enti locali la disciplina sull’organizzazione, lo svolgimento e la gestione delle funzioni loro conferite, ma “nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità secondo le rispettive competenze”.
3.3. Delimitando l’esame normativo al settore implicato nella presente controversia, si ricorda che il d.p.r. 616/77 (art. 82) aveva delegato alle regioni le funzioni in materia paesaggistica; la regione Toscana ha subdelegato ai comuni dette funzioni (legge regionale n. 52/79), dettando legittimamente una serie di disposizioni, tra cui quella di cui all’art. 10 della legge regionale n. 52/99 sulle implicazioni paesaggistiche relative al rilascio delle concessioni edilizie. E’ noto che ai sensi del d.p.r. n. 616/77, precedente alla modifica costituzionale del Titolo V, nelle materie delegate le regioni potevano emanare norme di organizzazione o di spesa nonché norme di attuazione (art. 7).
La tesi non muta nemmeno alla luce del nuovo Titolo V Cost., a termini del quale, mentre allo Stato è riservata in via esclusiva la materia della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art. 117, comma 2), le regioni hanno competenza legislativa concorrente nella materia della “valorizzazione dei beni culturali e ambientali” (art. 117, comma 3), con l’ulteriore precisazione che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia dei beni culturali. (art. 118, comma 3).
Per effetto di tale nuova attribuzione di competenza alle regioni, a titolo proprio e non più di delega, risulta valorizzata la disposizione regionale che in certo senso anticipa la normativa statale di principio e di coordinamento di cui al codice dei beni culturali.
Difatti, proprio per sovvenire ai casi in cui regioni diverse dalla Toscana non abbiano sentito la necessità, con proprie leggi, di assicurare la valorizzazione del settore, l’art. 148 del d. lgs. n. 41/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) – inserito nella parte terza relativa appunto ai “beni paesaggistici” – ha previsto che “ entro un anno…le regioni promuovono l’istituzione della ‘commissione per il paesaggio’ presso gli enti locali ai quali sono attribuite le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica”, che “la commissione è composta da soggetti con particolare e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” e che la stessa “esprime il parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni” ai titolari di immobili e aree oggetto di tutela per le opere che vi intendano eseguire.
Sul nuovo sistema della ripartizione delle competenze, la Corte costituzionale (sentenze n. 307/2003, 312/2003, 407/2002) ha affermato che la “tutela dell’ambiente” enunciata nell’art. 117, comma 2, lettera s, Cost., più che costituire una materia in senso stretto, rappresenta un compito nell’esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le regioni e da queste non derogabili, mentre non è escluso che leggi regionali emanate nell’esercizio della potestà concorrente o residuale (rispettivamente commi 3 e 4) possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale.
3.4. Orbene, gli atti impugnati sono stati emessi nella vigenza del nuovo sistema costituzionale che vede le regioni titolari di competenza legislativa concorrente in tema di ambiente e paesaggio e i Comuni attributari delle funzioni loro conferite con legge regionale, nel rispetto del principio che, di norma, le funzioni amministrative sono svolte al livello più prossimo agli amministrati e cioè al livello comunale, ad eccezione di quelle funzioni che devono essere svolte al livello sopracomunale come individuate dalla regione, “per assicurarne l’esercizio unitario” (nuovo art. 118, comma 1, Cost.).
Nell’esercizio delle sue competenze nella materia, prima a titolo di delega e poi a titolo proprio, la regione Toscana ha emanato l’art. 10 (l.r. n. 52/99) più volte richiamato che, oltre a dare attuazione al “criterio direttivo” e generale di semplificazione dettato dall’art. 41, comma 1, della legge n. 449/97, ha disposto precisi adempimenti per i comuni nell’esercizio delle funzioni amministrative loro conferite nella materia del paesaggio.
Pure se la legge regionale n. 52/99 è stata emanata sotto il regime costituzionale precedente, ragioni di economia giustificano la sua vigenza anche sotto il regime successivo in quanto la disciplina non contrasta, ma anzi è coerente con il nuovo Titolo V Cost., senza peraltro che sia necessario sullo specifico punto che la regione Toscana adotti nuove norme in applicazione del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 41/2004).
3.5. Per ragioni di completezza va anche ricordato che il testo unico sugli enti locali è stato emanato in virtù della legge di delega (art. 31 della legge n. 265/1999) che autorizzava il Governo ad emanare un “testo unico nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province…”. Circa il limite del potere normativo e quindi la natura innovativa o meramente compilativa del t.u. in questione, l’Adunanza generale del Consiglio di Stato, nell’esprimere il parere di competenza (n. 87 dell’ 8.6.2000), ha dapprima osservato che “la nozione di coordinamento può assumere un significato di ordine meramente lessicale e sistematico ovvero consentire e determinare un più incisivo intervento sul contenuto delle norme preesistenti al fine di rendere il tessuto normativo…in sintonia con l’evolversi dei principi generali, con la cultura giuridica, con il diritto vivente…”; quindi ha aggiunto che “tuttavia le formule dell’unificazione e coordinamento contenute nella legge di delega non possono stravolgere la funzione del testo unico, che è pur sempre quella di facilitare l’applicazione delle leggi preesistenti, evitando duplicazioni, prendendo atto di abrogazioni anche tacite…” e ha ricordato l’invito della dottrina “a non enfatizzare eccessivamente la distinzione tra testi unici compilativi ed innovativi, essendo la forza dell’innovazione limitata dalla primaria finalità di sistemazione, comodità ed utilità applicativa del testo unico”. La conclusione è stata che “il concetto di ordinamento cui fa richiamo la legge di delega va inteso in senso restrittivo, riferito cioè agli elementi essenziali, alla struttura istituzione, ai principi e criteri relativi all’organizzazione degli uffici, all’ordinamento finanziario e contabile, al regime dei controlli, alle funzioni fondamentali, qualificanti ed esclusive rimesse al soggetto pubblico”, mentre va tenuta fuori dal testo unico sugli enti locali “una serie di disposizioni relative a singole e specifiche funzioni e al loro esercizio (si pensi solo all’urbanistica, all’edilizia, alle opere pubbliche) la cui disciplina accorpata, oltre a ritrovarsi in normative speciali per settore o materia, avrebbe comportato non solo difficoltà di coordinamento con quella ordinamentale delle autonomie locali (ad esempio per la necessità di raccordo sostanziale e procedimentale con le competenze di altre pubbliche amministrazioni) ma avrebbe appesantito oltre misura…il nuovo testo normativo…”.
La conseguenza che si trae da simile insegnamento è che la disciplina di settore relativa alle funzioni di tutela paesaggistica conferite al comune, dettata con le leggi regionali nn. 52/79 e 52/97, non è innovata o implicitamente abrogata in parte dal testo unico.
Cade quindi la tesi del Comune resistente, secondo cui la norma dell’art. 10 della legge regionale n. 52/99 risulterebbe “abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta disposizione statale” dell’art. 96 del t.u. sugli enti locali.
3.6. In conclusione e con riferimento alla controversia in esame, la autorizzazione paesaggistica relativa alla concessione edilizia è stata rilasciata dal Comune senza il previo parere del Collegio degli esperti e quindi in violazione dell’art. 10 della legge regionale n. 52/99. Da ciò deriva la fondatezza anche del quarto motivo di illegittimità derivata della concessione edilizia.
3.7. Con riguardo al quinto motivo di ricorso, secondo il quale la concessione edilizia sarebbe illegittima anche per vizi propri in quanto la prevista ristrutturazione è del tipo R 3, non contemplata dalle norme di attuazione del P.R.G. comunale (artt. 12 e 13, oltre che 16) nelle zone A per gli immobili contrassegnati col simbolo 2, il Collegio osserva che la difesa del Comune, per dedurne l’inammissibilità, ha osservato che con sentenza di questo Tar (sez. I, n. 5271/2003) è stata annullata la variante di recupero che contiene le norme di attuazione invocate; ma la sentenza richiamata è stata annullata dal giudice di appello (Cons. di Stato, n. 9205 del 2003) con la conseguenza che è stata ripristinata la piena validità ed efficacia della variante suddetta.
Ancora il Comune osserva che in ogni caso, per effetto dell’art. 44, comma 2, della legge regionale n. 52/99, allo scadere del termine di due anni decorrente dal 5.2.2000 cessano di avere efficacia le definizioni degli interventi sul patrimonio edilizio esistente contenute negli strumenti urbanistici generali e attuativi e nei regolamenti edilizi, che siano diverse da quelle dell’art. 4, comma 2, che prevalgono.
L’assunto dell'ente locale non può essere condiviso per le motivazioni che seguono, le quali sorreggono la fondatezza anche del quinto motivo.
Nella specie l’art. 5 del regolamento edilizio prevede tre tipologie di ristrutturazione (R1, R2, R3) indicando una graduazione delle opere ammissibili; poiché la demolizione prevista nel progetto della controinteressata soc. Agnese implica lo svuotamento integrale dei due originari edifici per realizzarne uno nuovo, l’intervento è da classificare come ristrutturazione R3.
Anche se le dette classificazioni sono venute meno per effetto dell’art. 44, comma 2, della legge regionale n. 52/99, gli interventi di ristrutturazione edilizia - come definiti dall’art. 4, comma 2, lettera d 1, della stessa legge regionale – possono giungere fino alla demolizione dei preesistenti edifici, ma con “fedele ricostruzione” degli stessi e cioè con materiali identici o analoghi nonché “nella stessa collocazione e con lo stesso ingombro planivolumetrico”; su questo specifico punto nulla dice la concessione edilizia, limitandosi a richiamare genericamente l’istruttoria del responsabile del procedimento del 9.1.2003. Poiché il Comune non ha ritenuto di depositare (pur avendone avuta la possibilità ed anzi l’onere) siffatto documento a riprova di una esauriente istruttoria compiuta, e poiché nel ricorso si afferma che la conformazione planivolumetrica sia diversa rispetto alla precedente, con aumento del numero dei piani, sia sotto che fuori terra, e si contesta anche la modifica della facciata e l’aumento del numero delle finestre e delle aperture (parte di tali contestazioni sono rilevabili facilmente dalle cartografie depositate dalla ricorrente e riferite al progetto edilizio), ne deriva che appare contraddittoria l’affermazione, contenuta nella concessione edilizia impugnata e sia pure riferita alle valutazioni d’ordine paesaggistico, secondo cui non vi sarebbe “alcuna modificazione dell’esteriore aspetto dei luoghi” e quindi – secondo quanto prospettato nel quinto motivo di ricorso, che appare fondato - insufficiente l’istruttoria compiuta.
3.8. Per la fondatezza degli esaminati motivi, di carattere assorbente rispetto agli altri, il ricorso va accolto e va annullata la concessione edilizia impugnata, salvi i successivi provvedimenti dell’amministrazione comunale. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III^, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla la concessione edilizia impugnata. Condanna il Comune di Viareggio e la soc. Agnese di Simonelli Filippo & C. s.a.s. al pagamento, in favore della società ricorrente CO.DI.MA s.r.l., delle spese processuali liquidate in 2.000,00 euro a carico di ciascuno (4.000,00 euro complessivi).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 19 Febbraio 2004, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Dott.ssa Angela RADESI - Presidente f.f.
Dott.ssa Marcella COLOMBATI - Consigliere, rel.
Dott. Saverio ROMANO - Consigliere
F.to Angela Radesi
F.to Marcella Colombati
F.to Mara Vagnoli - Collaboratore di Cancelleria
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 GIUGNO 2004
Firenze, lì 11 GIUGNO 2004
Il Collaboratore di Cancelleria
F.to Mara Vagnoli

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