Va segnalato in certi casi (ad esempio Sardegna, la Calabria) il rinvio ad atti – per lo più piani di intervento – che spetta porre in essere a enti locali o enti funzionali (v. ad esempio l’Abruzzo per il rinvio agli statuti) infraregionali. Anche se il tipo di rilevazione effettuata non consente di entrare in merito alle motivazioni e ragioni puntuali delle scelte concretamente effettuate, si tratta di un profilo importante che, se a volte sembra dipendere dal dovuto rispetto delle competenze di altri soggetti, in altri potrebbe essere indice di una semplificazione e snellimento dei processi decisionali dell’ente regione a favore di un ruolo decisionale più ampio degli enti locali o funzionali chiamati in causa. Più in generale indice di un tendenziale definirsi di una “comunità regionale” o “regione-comunità”, nella quale si attenuano le divisioni (e a volte contrapposizioni) tra ente regione e altri enti, soprattutto territoriali, che entrano appunto in modo più organico a far parte di tale “comunità”, pur mantenendo la loro indipendenza. Si segnala, per altro verso, che le leggi in certi casi richiedono che all’atto dell’ente locale faccia seguito un ulteriore atto del consiglio o della giunta regionale.

In ogni caso, appare piuttosto evidente come – a seguito della crescita delle attribuzioni regionali e, quindi, anche della complessità decisionale a tale livello – sia divenuto sempre più attuale, se si vuole evitare il sovraccarico e la confusione istituzionale, il problema di definire una razionale e più chiara distribuzione dei poteri tra i vari livelli di governo territoriale (e anche con gli enti funzionali), come condizione indispensabile di sviluppo di “società regionali” funzionali e competitive.

Una considerazione specifica meritano, infine, le leggi delle regioni emanate in attuazione dei d.lgs attuativi della legge n.59/1997 e in particolare del d.lgs n.112/1998 (v. Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Veneto), la cui importanza è del tutto evidente tenendo conto anche della scelta del legislatore nazionale di dare alle regioni un ruolo centrale in ordine alla determinazione delle funzioni degli enti locali infraregionali. Le leggi emanate nel periodo considerato dalla rilevazione confermano il procedere – sia pure con una certa difficoltà – delle riforme preordinate dalla legislazione nazionale. Per altro verso, anche se le leggi segnalate dalla rilevazione effettuata non seguono la scelta, pure da altre regioni adottata, di disporre veri e propri rinvii generalizzati, è comunque evidente in esse il ricorso a spesso numerosi ulteriori atti di attuazione, specificazione, completamento. Ciò è probabilmente indice di difficoltà oggettive delle regioni nel portare avanti, nei tempi per la verità piuttosto ridotti richiesti dalla legislazione statale, un processo riformatore indubbiamente complesso. Potrebbe, però, essere anche indice di una tendenza a rinviare problemi e questioni spesso delicate ma che, comunque, vanno affrontati per dare senso e concretezza a quel processo (basta pensare all’esigenza di punti di riferimento certi al fine dell’attribuzione delle risorse) altrimenti destinato a creare ulteriori incertezze per tutto il sistema degli enti locali.

Le informazioni più dettagliate che la rilevazione fornisce sul caso della legge dell’Emilia Romagna consentono di verificare che, a fronte di una legge indubbiamente complessa (con importanti intenti di semplificazione e di riforma della legislazione, di revisione dei procedimenti, ecc.), si è ricorso ad un ampio numero (79) di rinvii a provvedimenti di natura diversa, puntualmente enumerati per categorie nella risposta fornita dalla regione (si tratta di 21 leggi, di 15 atti del consiglio, di 31 della giunta e di 12 rinvii ad atti genericamente attribuiti all’ente regione).

Anche la Sicilia, prevedendo il conferimento agli enti locali di funzioni che non richiedano l’esercizio unitario a livello regionale ed elencando le funzioni riservate alla regione, rinvia ad una successiva legge l’individuazione delle funzioni da delegare nell’ambito di quelle riservate e a regolamenti di esecuzione per l’individuazione dei procedimenti di competenza delle province e dei comuni e di altri aspetti rilevanti.

In ogni caso la prospettiva di una riconsiderazione e un riordino complessivo – al di là del conferimento - di tutto il sistema delle funzioni degli enti locali resta ancora da realizzare, innanzitutto attraverso l’attuazione dei vari atti ai quali le leggi in questione fanno riferimento (contiene ad esempio un rinvio alla redazione di testi unici la legge della regione Marche) ed inoltre, quando necessario, attraverso ulteriori iniziative di riordino della normativa regionale.

Per concludere, dalla rilevazione risulta confermata anche l’importanza che la fase di riforma in corso – avente in particolare ad oggetto la revisione degli statuti regionali da parte delle stesse regioni – assume, oltre che per una nuova definizione dei rapporti tra gli organi regionali, altresì per quella dei rapporti tra la regione e gli enti territoriali, al fine di creare le condizioni per una più stabile e funzionale articolazione dei processi decisionali.

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