In attesa delle risistemazioni possibili in sede di revisione degli statuti, merita comunque di essere segnalato come dalla rilevazione risulti che in almeno alcune regioni – per il complesso dei processi decisionali o per alcune parti specifiche dell’attività regionale – si sia affermato l’orientamento di seguire determinati quadri di riferimento normativamente stabiliti.

Se ciò può sicuramente determinare una qualche rigidità (anche se per la verità più apparente che reale, data la possibilità per ogni nuova legge di modificare le norme quadro contenute in una fonte equivalente), per altro verso si tratta di una impostazione e prassi che, quando effettivamente seguita (come appare dalle risposte delle Marche), sembra avere assicurato degli elementi di riferimento in grado di aiutare lo svolgimento e il funzionamento dei processi decisionali; sia definendo i percorsi dei vari organi regionali e i loro rapporti, sia offrendo maggiori certezze ad altri soggetti, tra i quali innanzitutto gli enti locali, e quindi tutti gli altri soggetti interessati pubblici e privati.
Va, a questo proposito, segnalato il caso della regione Marche che, stando ai risultati della rilevazione, ha orientato fino ad oggi i processi decisionali su una prassi definita sulla base della legge n.6/1992 relativa alle procedure di programmazione, provvedendo altresì ad assicurare una rappresentanza stabile agli enti locali mediante una apposita Conferenza e prevedendo espressamente occasioni di chiamata in causa ed intervento di organizzazioni e associazioni di interessi.

Va sottolineato per altro – sempre in base ai risultati della rilevazione sul caso delle Marche – come la creazione di una prassi stabile nel senso appena visto può avere ritorni importanti anche in ordine ai processi decisionali ascendenti, favorendo la collaborazione tra i vari organi regionali e i soggetti operanti nel contesto regionale in ordine alla formazione delle decisioni legislative e politico amministrative, con vantaggi indubbi per la razionalità e completezza delle decisioni adottate.
Da segnalare altresì il caso della regione Sardegna (l. n.20/1998) che, seguendo una linea di sviluppo legislativo già adottata da altre regioni, ha stabilito un quadro di riferimento per i processi decisionali relativi all’adozione di provvedimenti attinenti ad interventi e procedimenti comunitari (con un ruolo del consiglio, di indirizzo e di approvazione dei programmi elaborati e concordati dalla giunta con gli organi nazionali e internazionali, e un ruolo più operativo e di trattativa della giunta).

Altre regioni hanno, inoltre, adottato leggi sulle procedure di programmazione, sulle modalità per la cooperazione e il partenariato internazionale (Toscana, Umbria) e previsto forme di rappresentanza e partecipazione, in particolare degli enti locali (oltre le Marche, la Sicilia e la Puglia che ha istituito la Conferenza dei Presidenti delle Comunità montane).

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