In ordine alla rilevazione svolta dal Servizio Studi della Camera con riferimento alle “leggi di organizzazione”, intese come leggi che prevedono l’emanazione di ulteriori leggi, di regolamenti o di atti regolativi o di piano in genere, si può constatare innanzitutto che i dati forniti sono piuttosto eterogenei e comunque parziali (hanno risposto le regioni Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano). In alcuni casi, inoltre, le regioni hanno prodotto una ricostruzione e valutazione complessiva e in altri una elencazione di leggi, con più o brevi informazioni sul loro contenuto.

Con riferimento all’obiettivo conoscitivo della rilevazione, si può constatare che in tutte le leggi segnalate dalle regioni vi è una tendenza inequivocabile e importante in direzione di un ampio rinvio ad atti regolativi ulteriori – a secondo dei casi: leggi, regolamenti, deliberazioni, direttive – e/o a piani e programmi. Nello stesso senso si esprimono le ricostruzioni e valutazioni di tipo complessivo fornite da alcune regioni. Va segnalato, inoltre, che i rinvii possono avere i più vari contenuti, andando dalla definizione di normative di dettaglio, la messa a punto di modalità per la stessa attuazione della legge, alla determinazione di criteri tecnici, di criteri per l’assegnazione e il riparto di risorse, di criteri per l’individuazione di beneficiari, fino alla più generica determinazione di direttive e indirizzi. Tuttavia occorre sempre fare riferimento al contenuto reale dell’atto al quale si rinvia per comprenderne l’effettiva natura, potendo la sua denominazione formale non essere sempre indicativa in proposito.

Considerata nel suo insieme e vista la rilevanza assunta, tale tendenza appare un indice piuttosto deciso di una trasformazione della funzione legislativa regionale, che appare orientarsi sempre più verso la determinazione di principi, di criteri, di metodi e sistemi decisionali, lasciando poi ad una fase decisionale ulteriore – normativa, di direttiva o di piano – la parte più ampia e dettagliata della definizione delle attività da svolgere.

Da questo punto di vista, non vi è dubbio che la tendenza in questione può costituire un passo avanti importante da un lato verso la semplificazione, lo snellimento, la stessa chiarezza e trasparenza della funzione legislativa e dall’altro – pur ponendosi dei problemi di rivalutazione delle funzioni di controllo e di verifica delle assemblee – verso una più precisa definizione delle funzioni regolative, di indirizzo e di piano.

Per altro verso, dai risultati della stessa rilevazione effettuata appaiono confermate alcune difficoltà, per altro già ben note, ed emergere alcuni ulteriori elementi che inducono a riflettere sui rischi connessi alla tendenza in esame, in particolare continuando questa a svolgersi senza riferimento ad un quadro normativo, sia pure diverso da regione a regione, ma comunque certo e stabile.
La prima – nota - questione riguarda il fatto che la funzione di indirizzo politico-amministrativo resta, a livello regionale, in gran parte indivisa tra consiglio e giunta, come conferma la rilevazione stessa, senza che siano chiari i motivi per i quali un determinato atto di tipo normativo o di piano - nelle diverse regioni e/o nella stessa regione - venga ora attribuito al consiglio, ora alla giunta. Ciò da un lato può suscitare interrogativi sul senso e sull’esigenza reale di certi rinvii, in particolare ad ulteriori attività del consiglio (con una semplificazione perciò solo apparente); dall’altro, per quanto riguarda i rinvii ai poteri della giunta, dubbi sulla opportunità e sulla stessa legittimità delle scelte così effettuate.

Passando a considerare i rischi della tendenza in esame, il primo – piuttosto evidente in certi casi – è appunto quello del verificarsi di un vero e proprio rinvio – a volte pressoché completo – della stessa complessità dei processi decisionali. Vi sono peraltro leggi che richiedono un numero quanto mai ampio di provvedimenti – normativi o di piano – attuativi, spesso anche con passaggi, come risulta dalla rilevazione (v. ad esempio le risposte della Emilia Romagna e della Lombardia), “a cascata” o, comunque, molto articolati tra vari livelli decisionali, che comportano coordinamenti e “incastri”, in assenza dei quali tutta l’attività prevista può bloccarsi. Inoltre, c’è da domandarsi se, nel disporre i rinvii in questione, si sia tenuto conto della capacità reale di soddisfare nei tempi indicati gli adempimenti richiesti.

Sorgono, dunque, dei dubbi sulla funzionalità e sulla possibile efficacia di quanto previsto e disposto, finendo per altro verso la legge, in quanto tale, per perdere quasi del tutto la sostanza e la capacità operativa, che pur dovrebbe comunque avere per la soluzione dei problemi da affrontare, e divenendo un atto meramente formale di apertura di un processo decisionale dal futuro incerto e, casomai, destinato a seguire modalità e ottenere risultati indipendenti dalla legge di avvio.

Il secondo rischio che appare emergere dalla rilevazione è, infatti, proprio quello che si vada ad uno svuotamento della legge e alla sua utilizzazione – in mancanza e in sostituzione di una più certa e stabile determinazione di competenze (in particolare della giunta in sede statutaria) - solo come strumento di mera legittimazione dell’operato ulteriore degli organi regionali. Ciò sembra avvenire in tutti quei casi, evidenziati anche dalla rilevazione effettuata, di rinvii detti “liberi” (v., ad esempio, le risposte dell’Emilia Romagna e anche della Sardegna che fa riferimento in generale a casi di norme di rinvio presenti nelle leggi finanziarie) in cui nella legge sono assenti, oppure sono quanto mai generici, i criteri e principi ai quali gli atti ulteriori dovrebbero fare riferimento.

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