Il Rapporto esamina alcuni aspetti fondamentali della trasparenza e funzionalità dei processi decisionali e dell’azione di governo delle regioni.
A questo scopo vengono considerate alcune caratteristiche della legislazione, valutandone anche i riflessi sulla forma di governo regionale e sui rapporti tra regioni ed enti locali.

Nel capitolo 1 viene messo in luce l’impegno regionale a combattere l’inflazione legislativa. In particolare, in certe regioni, appare piuttosto consistente il numero delle abrogazioni, anche se in alcuni casi permangono forme di abrogazione implicita o con formule generiche, che tendono a rendere oscura e di difficile conoscibilità la materia trattata. Manca, invece, con qualche eccezione, un impegno più deciso e generale verso il coordinamento della legislazione, in particolare mediante leggi organiche o testi unici.

Nel capitolo 2 viene rilevato il fenomeno ampio e frequente del rinvio da parte delle leggi regionali ad ulteriori atti normativi e/o a piani e programmi. Ciò viene fatto, in molti casi, in modo tale da realizzare uno snellimento della funzione legislativa, che risulta così orientata principalmente alla fissazione di principi e criteri. Tuttavia, emerge in più casi il rischio che si determini uno spostamento eccessivo di temi e problemi a fasi decisionali ulteriori, spesso complesse e dagli esiti incerti. Il sistema dei rinvii, inoltre, appare al momento svolgersi in maniera empirica, sia sotto il profilo della presenza o meno e (nel primo caso) del contenuto e sostanza dei criteri e principi, sia sotto il profilo degli organi o soggetti alle competenze dei quali viene fatto rinvio.

Un sistema più chiaro e razionale di rapporti tra la funzione legislativa da un lato e quella regolamentare, di governo e di piano dall’altro, richiede in realtà un chiarimento sulla forma di governo regionale, in particolare in ordine ai rapporti giunta-consiglio, quale potrà venire dall’attuale fase di revisione statutaria. Infine, anche il rinvio alla competenza degli enti locali per l’adozione di piani e altri atti, mentre evidenzia lo sviluppo di una prospettiva di più forte collaborazione tra la regione e tali enti, pone l’esigenza che si affronti in maniera generale la revisione della distribuzione delle funzioni e dei poteri tra i vari livelli di governo in ambito regionale, come richiede peraltro una compiuta realizzazione dei processi di conferimento di funzioni indotti dall’attuazione del d.lgs. n.112/1998.

Nel capitolo 3, per il profilo relativo alle procedure di informazione, consultazione e partecipazione, viene innanzitutto rilevato come il dato di maggior significato rappresentato dalle diverse esperienze regionali sia costituito dal tendenziale passaggio da un modello consultivo c.d. tradizionale, di tipo essenzialmente procedurale nell'ambito delle attività assembleari, ad un sistema caratterizzato dal forte sviluppo di strumenti stabili di raccordo istituzionale, peraltro sempre più strettamente connessi alle attività degli esecutivi.

Non mancano, in realtà, numerose testimonianze concernenti l'ampia portata che le procedure di informazione e consultazione rivestono ancora nell'ambito dell'attività legislativa. Al riguardo, però, si riscontrano valutazioni di carattere assai differenziato, con una gamma di giudizi che vanno da considerazioni totalmente scettiche in ordine agli effetti della consultazione, a giudizi invece più positivamente rivolti a sottolineare l'efficacia degli strumenti di informazione e partecipazione sul processo di formazione delle leggi.

La novità di maggior peso, come già si accennava, è costituita però dallo sviluppo generalizzato di forme stabili di raccordo istituzionale e di concertazione, che sembra caratterizzare l'esperienza regionale di questi ultimi anni. In particolare, emerge come i processi attuativi delle leggi Bassanini abbiano costituito elementi di forte impulso non solo per la creazione di sedi istituzionali di confronto laddove non presenti, ma anche per la riforma di quelle già esistenti, per lo più finora scarsamente valorizzate. Emblematiche, al riguardo, le esperienze relative alle Conferenze regioni-enti locali, come sedi di raccordo istituzionale del sistema delle autonomie territoriali e i Consigli regionali dell'economia e del lavoro, sedi privilegiate della rappresentanza degli interessi economico-sociali.

Nel capitolo 4 dedicato alle attività non legislative del consiglio si rileva che, secondo i dati forniti dalle regioni, vi è innanzitutto un esiguo numero di regolamenti (inferiore rispetto a periodi antecedenti) ed una rilevante quantità di atti non legislativi amministrativi, non di rado con un contenuto generale, che si connotano per una estrema eterogeneità di denominazione, di forma e di contenuto (atti di programmazione, di indirizzo, di amministrazione attiva, consultiva e di controllo, atti ispettivi, ordini del giorno).
In particolare emerge: a) una distinzione tra regioni con un’attività non legislativa del consiglio poco consistente o microsettoriale; regioni (le più numerose) in cui l’attività in esame ha assunto un grande rilievo qualitativo e quantitativo; regioni con una chiara prevalenza di specifici tipi di atti (di indirizzo, ispettivi e consultivi); b) un’altra e più importante distinzione tra regioni in cui, con riguardo all’attività in considerazione, si nota un ampliamento delle competenze della giunta (con un discostamento dunque della prassi dalle previsioni statutarie che attribuiscono rilevanti funzioni non legislative, soprattutto amministrative, al consiglio) e regioni nelle quali si è realizzata, invece, una costante convergenza tra prassi e previsioni statutarie, sia pure soprattutto per certi tipi di atti.

Nel capitolo 5 si individuano le linee di tendenza emergenti dalla legislazione regionale di carattere provvedimentale. Si constata che tali atti sono di tre tipi. Nella stragrande maggioranza si tratta di leggi di finanziamento specifico (c.d. leggi di spesa), spesso decisamente microsettoriali: la forma legislativa è, in questi casi, imposta dalla necessità di variazione del bilancio. Vi è poi un gruppo, poco ampio, di leggi provvedimento di natura istituzionale la cui forma è richiesta dalla Costituzione, dalle leggi costituzionali, dagli Statuti, dalla legislazione statale o, quantomeno, dalla stessa legislazione regionale (di carattere organico). Vi sono, infine, atti legislativi liberamente approvati dalle regioni in luogo di atti di natura amministrativa (regolamenti o provvedimenti amministrativi di carattere specifico o generale): in questo caso, la ricorrenza di un tale fenomeno, pur in mancanza di una “riserva di amministrazione”, è sintomo di una patologia del sistema regionale, in quanto segnala un’alterazione del corretto rapporto tra Legislativo ed Esecutivo, nonché il rischio della lesione del principio del “giusto procedimento”, con ripercussioni negative sulla tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini.

Il capitolo 6 prende in esame le leggi finanziarie delle regioni: uno strumento di programmazione la cui importanza è sottolineata dal d.lgs. n. 76/2000 sulla riforma della contabilità regionale. Dall’analisi emergono alcuni elementi positivi: un crescente numero di regioni che adotta la legge finanziaria e una maggiore tempestività della sua approvazione. Tuttavia, tali provvedimenti sono spesso formulati in modo tale da essere di difficile lettura – soprattutto per i non addetti ai lavori – e piuttosto complessi, sia perché si articolano in un numero elevato di disposizioni, sia perché la maggior parte delle norme è di tipo ordinamentale e organizzatorio. Un puntuale recepimento dei principi dettati dal d.lgs. n. 76/2000 potrebbe, a questo proposito, portare ad un miglioramento sensibile della situazione.

Infine, nel capitolo 7 è stato effettuato un esame della legislazione regionale nel settore sanitario sulla base di una raccolta di circa 190 leggi. In tale raccolta sono state incluse anche alcune leggi relative a materie estranee alla sanità, dato che lo stato di salute della popolazione è influenzato anche dagli interventi in altri settori. Ciò vale, in particolare, per l’ambiente, al quale la legislazione regionale ha attribuito un peso molto rilevante, come dimostra l’elevato numero di leggi adottate in materia. Si è riscontrata, inoltre, la tendenza, da parte delle regioni a concentrare in ciascuno degli anni di riferimento (1998, 1999 ed il primo semestre del 2000) la produzione normativa su determinate materie, probabilmente per effetto della normativa statale. Per quanto riguarda l’aspetto prettamente quantitativo, nel periodo esaminato si è rilevata una generale propensione delle regioni ad emanare un numero ridotto di leggi nel settore sanitario.

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