Solo nella regione Emilia-Romagna è già stata approvata la legge di disciplina del referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi dell’art. 123 della Costituzione (legge reg. 25 ottobre 2000, n. 29). Si tratta di un adempimento, preliminare all’approvazione degli statuti, che tutte le regioni dovranno compiere in quanto trattasi di istituto nuovo per cui manca un’apposita disciplina e per cui non può essere sufficiente riferirsi in via analogica, per quanto (limitatamente) applicabile, alla disciplina concernente i referendum regionali già previsti prima della novella costituzionale del 1999.
E’ interessante notare che la legge in oggetto ha optato per l’interpretazione prevalente del nuovo art. 123 Cost., II co., secondo la quale il termine del promovimento della questione di legittimità costituzionale da parte del Governo decorre a partire dalla data della pubblicazione notiziale e non da quella della pubblicazione definitiva. Si è presupposta perciò un’interpretazione che vuole che il giudizio della Corte costituzionale sia preventivo non solo rispetto alla promulgazione da parte del presidente regionale (requisito di integrazione dell’efficacia dell’atto) – come fino all’entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001 è avvenuto per le leggi regionali - ma anche rispetto alla definitiva conclusione del procedimento di approvazione dell’atto, inserendosi detto giudizio tra l’approvazione consiliare e il referendum popolare confermativo (o in alternativa, dato che si tratta di una fase procedimentale eventuale, il decorso del termine senza che siano state presentate richieste di referendum), che rappresenta il momento in cui si perfeziona l’atto.
E’ questa però – contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista - una soluzione nuova per il nostro ordinamento: si tratta infatti di un giudizio non solo preventivo, ma anche su un oggetto potenziale (un testo non ancora definitivamente approvato – per espresso o per implicito - dal corpo elettorale regionale). C’è da chiedersi, allora, - ove questa sia la natura, quasi più tecnico-consultiva che strettamente contenziosa, del giudizio che la legge cost. n. 1 del 1999 ha inteso assegnare alla Corte costituzionale (dato che un processo costituzionale per sua natura non può che svolgersi su un oggetto certo e attuale) - se non sarebbe stato ipotizzabile, in questa logica, che la medesima legge costituzionale avesse previsto un giudizio della Corte attivato - magari automaticamente e non per impulso governativo - nell'intervallo tra la prima e la seconda deliberazione consiliare, evitando in tal modo di sovrapporre tale fase procedimentale alla fase referendaria. Ciò anche in considerazione dei problemi di coordinamento che la sovrapposizione comporta e del dilatarsi del procedimento complessivo in caso di giudizio negativo da parte della Corte.
Di fronte alle forti incertezze interpretative della disposizione in oggetto che la dottrina ha subito evidenziato (De Siervo, Ruggeri, Tosi) non si può del tutto escludere, pertanto, che altre regioni - soprattutto a seguito delle modifiche al Titolo V della Costituzione e in particolare all'art. 127 - possano presupporre l’altra possibile interpretazione, quella che considera dies a quo per il ricorso governativo la data della pubblicazione definitiva dello statuto, cioè quella successiva alla sua promulgazione.
E’ evidente però che l’interpretazione di questa disposizione alla fine non potrà che essere unitaria. Qualora pertanto non intervenga a risolvere i dubbi interpretativi direttamente il Parlamento con una sua legge o non si registri una convergenza di fatto - per ragioni di opportunità politica ampiamente condivise - sulla lettura costituzionale che è stata anticipata dalla regione Emilia-Romagna, sarà alfine la Corte costituzionale a doversi pronunciare sulla corretta interpretazione della disposizione in oggetto.
Al momento attuale, è da registrare come un chiaro segnale di favore per l’interpretazione costituzionale presupposta dalla regione Emilia–Romagna il fatto che il Governo del tempo, nella scorsa legislatura, non ritenne di impugnare la disposizione in questione di fronte al Giudice delle leggi.
La legge regionale in questione, peraltro, cerca di trovare una possibile soluzione ai delicati problemi sorgenti dalla sovrapposizione del procedimento referendario con quello concernente il giudizio di legittimità costituzionale, che in base alla interpretazione dedotta avrebbero entrambi il medesimo termine iniziale.
Si dispone in particolare, nella legge emiliano-romagnola, che qualora il Governo promuova la questione di legittimità costituzionale della legge di revisione statutaria, il termine di tre mesi per la richiesta del referendum popolare è interrotto e comincia nuovamente a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della decisione della Corte costituzionale (art. 11, I co.). Le attività e le operazioni eventualmente compiute prima dell’interruzione conservano validità solo in caso di rigetto del ricorso (art. 11, II co.). Nel caso in cui la legge di revisione statutaria sia parzialmente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, il Consiglio regionale delibera sui provvedimenti consequenziali da adottare nella prima seduta successiva alla pubblicazione della sentenza della Corte. Qualora il Consiglio deliberi di apportare modifiche non derivanti da esigenze di mero coordinamento testuale o formale, la deliberazione legislativa di modifica si considera nuova e deve essere nuovamente approvata secondo il procedimento previsto dall’art. 123 Cost. (art. 11, V co.).

Tratto da
Rapporto sulla legislazione 2001
PROCEDIMENTI PER L'APPROVAZIONE DEGLI STATUTI REGIONALI (Antonio Ferrara)


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