La valutazione che in generale emerge dalle risposte fornite dalle regioni – a volte espressa in maniera esplicita (v. in particolare Abruzzo, Basilicata, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana, Umbria) – è che gli effetti della elezione diretta dei Presidenti non sembrano ancora essersi pienamente dispiegati.
Preso atto della attribuzione alla Giunta del potere regolamentare indotta dalla legge costituzionale n.1 del 1999, e quindi al presidente del potere di emanare i regolamenti, le regioni segnalano che non vi sono variazioni rilevanti nell’attività del Consiglio, non solo in ordine agli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo (mozioni, risoluzioni, interrogazioni, interpellanze) ma anche in ordine alla approvazione di atti amministrativi a carattere generale, come piani e programmi di varia natura (v. in particolare Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Molise, Umbria).
Si sottolinea, peraltro (v., ad esempio, la regione Marche) come l’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 1999 non abbia dato per ora un impulso significativo alla produzione di regolamenti (nelle Marche è stato in effetti approvato un solo regolamento da parte della Giunta, che tuttavia – almeno in parte – sostituisce una normativa di dettaglio delegata da una legge regionale) per via delle incertezze interpretative che – in attesa dell’approvazione del nuovo statuto – esistono in merito alle competenze relative alla elaborazione e approvazione della normativa secondaria. Continua, invece, la tendenza ad una ampia produzione di atti amministrativi di tipo generale (modalità per la presentazione di domande, direttive sulla attuazione di leggi, criteri e priorità per il riparto di risorse finanziarie, determinazione di criteri per la concessione di contributi, di requisiti, schemi, ecc.) anche da parte della Giunta, in attuazione di numerosi rinvii contenuti nella legislazione.
Inoltre, nel periodo di riferimento, la legislazione più volte – segnalano le Marche e il Veneto, ma il fenomeno evidentemente ha portata più generale (v. più avanti) – ha continuato a prevedere che, in ordine ai provvedimenti della Giunta ora richiamati, venissero sentite le commissioni consiliari competenti.
Tendenze ed elementi che sembrano mettere in luce dei mutamenti in merito alla distribuzione delle competenze sono, però, segnalati dalla regione Emilia Romagna, dalla Lombardia e dal Piemonte. La prima sottolinea una sensibile riduzione del numero degli atti non legislativi approvati dal Consiglio nel periodo considerato rispetto al periodo precedente. La seconda informa di aver compiuto dei passi avanti verso una più precisa distinzione tra funzioni esecutive, di competenza della Giunta, e funzioni legislative e di indirizzo, di competenza del Consiglio, attraverso interventi di aggiustamento sulla legislazione di settore, operati con lo strumento dei “collegati” di sessione e “ordinamentali” e volti a trasferire alla Giunta la competenza esclusiva in ordine ad una serie di atti amministrativi di tipo generale in precedenza riservati al Consiglio o sui quali il Consiglio interveniva tramite le Commissioni consiliari. Infine, il Piemonte segnala un affievolimento delle attività consiliari di “alta amministrazione”, in quanto – si sottolinea – non è più strettamente osservato il dettato statutario laddove prevede che la generica attribuzione di un atto alla regione debba intendersi come riferita al Consiglio regionale. Ciò non si è verificato – precisa la risposta del Piemonte – quando invece la competenza consiliare è espressamente prevista dalla legislazione.
La risposta della regione Lazio, poi, mette in evidenza l’effetto dell’elezione diretta del Presidente in particolare sui rapporti politici: il rafforzamento del ruolo politico del Presidente, con l’ampia responsabilità politica che comporta nei confronti dell’operato della Giunta, ha per conseguenza che, in diverse occasioni di dibattito in Consiglio, compresi i casi di question time, da parte dei consiglieri si richieda l’intervento del Presidente, anche quando l’oggetto della discussione rientrerebbe nella competenza dei singoli assessori.
La regione Marche – pur sottolineando che l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente non ha sostanzialmente influito sui procedimenti non legislativi del Consiglio – segnala comunque come la riforma costituzionale del 1999 abbia indotto il Consiglio ad integrare il regolamento interno introducendovi una disposizione transitoria in ordine alla partecipazione ai lavori consiliari degli assessori che non rivestono la carica di consiglieri (si prevede, in particolare, l’obbligo di assistere alle sedute del Consiglio e, su richiesta, alle sedute delle Commissioni, senza diritto di voto e con facoltà di esercitare esclusivamente le funzioni riservate dal regolamento interno ai componenti della Giunta).
Nel complesso, i dati inviati dalle regioni invitano ad una certa cautela nella valutazione degli effetti prodotti dall’elezione diretta del Presidente. Anche lì dove – come si è visto – si registrano dei mutamenti, non sempre è detto che si possa stabilire una loro connessione diretta con quella elezione. Va tenuto conto infatti che, da tempo, una tendenza al rafforzamento degli esecutivi regionali è già in corso. Inoltre, se sicuramente tale tendenza è ora rafforzata dalle novità della legge cost. n. 1 del 1999, il quadro che attualmente si presenta all’osservatore appare per lo più confuso ed incerto.
Appare significativo che anche la regione Sardegna, mentre segnala lo sviluppo ulteriore della tendenza alla crescita dei poteri dell’esecutivo (con il frequente ricorso ad atti della Giunta di incerta natura), ponga l’accento sul fatto che, al rafforzamento della figura del presidente (per effetto del sistema elettorale che prevede una sorta di designazione a Presidente di uno dei candidati della lista per la circoscrizione regionale), non ha corrisposto alcuna modifica, sul piano giuridico-formale, dei rapporti tra Giunta e Consiglio.
Sembra dunque, in generale, che l’innovazione sulla figura del Presidente non seguita da una revisione più ampia della “forma di governo” stia determinando nelle regioni una situazione di “stallo”, nella quale continua sì a svilupparsi la tendenza al rafforzamento dell’esecutivo, senza però che in molti casi ciò faccia venire meno ampie competenze del Consiglio su provvedimenti a carattere generale, la cui natura è spesso incerta (potendo anche, a volte, trattarsi di atti sostanzialmente di tipo regolamentare, sia pure altrimenti denominati).
I processi in corso, inoltre, corrono il rischio di svolgersi per aggiustamenti successivi, legati a situazioni contingenti, senza il riferimento ai criteri più solidi e sistematici che l’elaborazione dello statuto dovrebbe assicurare. Vi è così il rischio da un lato di una sorta di cogestione senza divisione di ruoli tra Giunta e Consiglio, dall’altro di una enfatizzazione della centralità politica del presidente, in entrambi i casi non creandosi le condizioni per la funzionalità della funzione di governo, che dovrebbe essere riservata alla Giunta con il Presidente, e per la specializzazione delle funzioni del Consiglio – oltre che nell’attività legislativa – in nuove e significative funzioni di controllo sull’amministrazione regionale e sull’attuazione delle leggi.

Tratto da
Rapporto sulla legislazione 2001
NUOVE PROCEDURE NON LEGISLATIVE TRA GIUNTA E CONSIGLIO (Carlo Desideri)


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