Tutte le regioni e provincie autonome interpellate a giugno 2001 non avevano ancora provveduto a recepire formalmente la legge n. 328/00. Tuttavia la regione Valle D’Aosta ha segnalato che il recepimento della legge è stato sostanzialmente realizzato, sebbene con modalità non esplicite con la L.R. 18 del 2001. Molte regioni hanno tuttavia fatto rilevare come al momento dell’indagine non fossero stati ancora assunti i provvedimenti attuativi previsti dalla legge stessa, quale ad esempio l’adozione del Piano Sociale Nazionale.
Tuttavia tutte le regioni e provincie autonome interpellate hanno indicato una disciplina organica del settore a livello regionale o, in assenza di questa, dei provvedimenti riferiti a specifiche aree.
Sono quattordici, tra regioni e provincie autonome , ad avere indicato una legge organica che disciplini il settore degli interventi e dei servizi sociali, di cui dieci nel centro-nord. Tre regioni hanno indicato esclusivamente un Piano Sociale .
La normativa organica regionale e provinciale è piuttosto recente ed in nove regioni è posteriore al 1995, negli altri casi non risale oltre il 1985. Nei casi della normativa più recente le regioni alcune regioni hanno segnalato come questa risulti anticipatrice delle stesse disposizioni nazionali.
Dodici regioni hanno adottato un piano sociale o socio-sanitario, che nella maggioranza dei casi risale all’ultimo triennio. Tuttavia solo cinque regioni hanno indicato la compresenza di entrambi gli strumenti: una normativa organica di settore e un piano triennale sociale. Va infatti sottolineato come il primo rappresenti uno strumento organizzativo dei servizi che disegna l’architettura del sistema, assegna ruoli e competenze ai soggetti coinvolti, il piano sia invece uno strumento dinamico che consente la definizione della politica regionale nel settore, la programmazione degli interventi nel breve e medio periodo, le risorse necessarie per realizzarli in un quadro più ampio di programmazione e coordinamento con interventi di settori limitrofi quali ad esempio quelli nell’area sanitaria.
Nove regioni indicano un avvenuto trasferimento di funzioni socio-assistenziali dalla regione ai comuni o enti locali, ai sensi delle più recenti disposizioni normative (legge Bassanini etc), mentre la regione Calabria evidenzia “come una vasta di competenze amministrative e funzioni di coordinamento spettino alla regione, facendo riferimento ancora al DPR n.616/77 e alla legge n. 641/78.Per quanto concerne la Province autonome di Bolzano e Trento la competenza è esclusivamente provinciale.
Tuttavia il trasferimento avviene non in modo uniforme in tutte le regioni. La regione Friuli Venezia Giulia indica i soggetti corresponsabili nella realizzazione del sistema socio-assistenziale in comuni, comunità montane, ASL e province, consorzi di enti locali territoriali, IPAB, associazioni, cooperative istituzioni e altri soggetti privati che erogano prestazioni e servizi socio-assistenziali, cittadini in forme individuali, familiari o associative in forma di volontariato e senza fine di lucro. Gli interventi sono previsti su due livelli: il primo, denominato servizio sociale di base che prevede servizi e prestazioni di base, il secondo servizi e strutture di vasta area con una estensione non inferiore all’ambito distrettuale.
Il primo livello è gestito da comuni singoli o associati, comunità montane o ASL, se delegate dai comuni che ne fanno parte e può avvalersi dell’apporto, tramite convenzioni, di soggetti privati.
A questo livello compete l’osservazione dei bisogni, la raccolta dati, l’attività di segretariato sociale, l’analisi della domanda, la presa in carico, il sostegno alla famiglia, la verifica della efficacia egli interventi. Qualora l’articolazione territoriale del servizio, determinata dalla regione, includa più comuni, la sua organizzazione è attuata sulla base di una convenzione obbligatoria tra i medesimi.
Il secondo livello è gestito da comuni singoli o associati, da consorzi di enti locali, da comunità montane da IPAB o da ASL delegate dai comuni. A questo livello viene assicurata l’assistenza sul territorio a disabili, ad anziani non autosufficienti, e ad altri soggetti a rischio.
Le altre regioni hanno più genericamente indicato un coinvolgimento dei comuni e degli enti locali attraverso forme di concertazione e consultazione per la definizione delle linee di programmazione regionale e locale e per il reperimento delle risorse. Spesso il riferimento allo strumento utilizzato è quello delle intese istituzionali. In particolare la regione Emilia Romagna prevede espressamente un coinvolgimento dei comuni nella elaborazione del piano socio-assistenziale (di cui tuttavia non ha segnalato l’esistenza), mentre alla provincie viene riconosciuto il compito di predisporre piani più articolati su indicazioni regionali. Ai comuni è riconosciuta la titolarità di funzioni amministrative, in materia socio-sanitaria, di vigilanza sul funzionamento dei servizi, pubblici e privati, di assistenza sociale, di controllo pubblico sull’amministrazione delle persone giuridiche private e la nomina di amministratori delle IPAB.
Solo sei regioni indicano la previsione, nella normativa regionale, di poteri sostitutivi spettanti alla regione nei confronti dei Comuni nel caso di inerzia di questi ultimi, tuttavia l’esercizio di tale potere avviene con modalità differenti, anche all’interno della stessa regione in base al tipo di conferimento.
Molto grave è da registrare la quasi totale assenza nelle regioni e provincie autonome di un sistema informativo nell’area sociale, in quanto questo rappresenta uno strumento fondamentale per la programmazione degli interventi e gestione delle risorse. La presenza di tale strumento è indicato solo in due regioni (Piemonte e Friuli Venezia Giulia), previsto nelle regioni Lombardia e Marche ma non ancora avviato, mentre la regione Calabria indica la presenza di un Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza e di un Segretariato Sociale. Sempre con riguardo a strumenti informativi la Regione Emilia Romagna ha segnalato la predisposizione del “Primo rapporto – Le politiche sociali in Emilia Romagna” che delinea il quadro della domanda di sociale nella regione.
Data l’assenza di sistemi informativi è interessante segnalare come la regione Friuli Venezia Giulia abbia organizzato uno dei pochi esistenti in Italia. Il sistema prevede tre aree di analisi: flussi informativi periodici su offerta di servizi e prestazioni; analisi organizzative sulla soddisfazione dell'utenza e qualità delle prestazioni e analisi dei prodotti sociali. I prodotti che il sistema fornisce sono report statistici e qualitativi e una relazione sociale regionale. Lo strumento del sistema informativo è comunque finalizzato dalla regione a supporto dell’azione normativa, programmatoria, per la riqualificazione degli interventi verso l’esterno e a supporto delle formazione degli operatori.
Per quanto concerne la previsione nella normativa regionale di criteri di autorizzazione ed accreditamento su servizi sociali sostanzialmente solo quattro regioni ne indicano la presenza.
Sei regioni hanno indicato la previsione di livelli essenziali per le prestazioni sociali In particolare Lombardia, Emilia Romagna, e hanno precisato solo per alcuni settori specifici e la regione Friuli Venezia Giulia ha segnalato disposizioni specifiche per le strutture residenziali per anziani e per residenze polifunzionali.
Infine sei regioni hanno previsto specifiche modalità di integrazione tra servizi sociali e sanitari attraverso, intese o accordi di programma, società miste o istituzioni. La regione Calabria fa invece riferimento allo strumento del progetto obiettivo.

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