La nuova stagione statutaria avviatasi a seguito della legge costituzionale n. 1 del 1999 ha finora prodotto alcune novità di rilievo di cui occorre dar conto al fine di presentare un quadro tendenzialmente completo degli organi e delle procedure di raccordo tra Regione ed autonomie locali e sociali attualmente esistenti. Si intende pertanto far precedere l’analisi delle schede inviate dalle Regioni, relativamente all’attività degli organismi di consultazione già esaminati nel rapporti precedenti, da una breve panoramica sulle nuove norme statutarie attualmente vigenti che contemplano un organismo di rappresentanza degli enti locali.
A tutt’oggi sono entrati in vigore i nuovi Statuti in nove Regioni (Calabria, Lazio, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria) e tutti i testi danno attuazione al quarto comma dell’art. 123 Cost., che assegna allo Statuto la disciplina del Consiglio delle autonomie locali quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali. In proposito va precisato che nessuno degli atti in esame istituisce tale organo ex novo, ma tutti ridisciplinano gli organismi preesistenti regolati da leggi regionali.
Un primo dato di immediata evidenza è che alcuni degli Statuti esaminati – mentre tutti riproducono esattamente la denominazione costituzionale dell’organo – propongono una qualificazione del Consiglio delle autonomie locali che si discosta in parte da quella introdotta dall’art. 123 Cost. Se infatti gli Statuti piemontese, umbro e marchigiano aderiscono più fedelmente alla definizione costituzionale del CAL come “organo di consultazione” tra Regione ed enti locali, gli Statuti della Liguria, del Lazio, della Toscana e dell’Emilia-Romagna ne sottolineano il ruolo più ampio di organo di “rappresentanza” del sistema delle autonomie locali, assegnandogli espressamente funzioni consultive – in quanto strumento di partecipazione degli enti locali alla attività della Regione (Toscana; tale profilo è richiamato anche dallo Statuto umbro) e di coordinamento (Emilia-Romagna) - e finalità di concertazione (Lazio). Lo Statuto pugliese, infine, offre una definizione assai più articolata, qualificando il Consiglio delle autonomie quale “organo di rappresentanza e partecipazione delle autonomie locali, al fine di favorirne l’intervento nei processi decisionali della Regione, di esercitare la funzione di raccordo e consultazione permanente tra Regione ed enti locali e di verificare l’attuazione del principio di sussidiarietà nell’esercizio delle funzioni regionali”.
Un ulteriore dato di rilievo che emerge dall’analisi concerne l’organo della Regione presso il quale il Consiglio delle autonomie locali viene istituito. Va registrata in proposito una netta inversione della tendenza di cui si è dato conto nelle relazioni precedenti, e che vedeva la Giunta come sede preferita per la costituzione del CAL: sette Statuti su nove (Calabria, Piemonte, Toscana, Lazio, Liguria, Marche e Puglia) lo istituiscono infatti presso il Consiglio regionale. Si segnala inoltre che soltanto lo Statuto calabrese dispone espressamente la necessaria creazione (da realizzarsi con la legge regionale di attuazione) di forme di raccordo tra il Consiglio delle autonomie e la Giunta regionale, mentre gli altri Statuti (ad eccezione dell’Umbria e dell’Emilia-Romagna, su cui v. infra) contengono previsioni tese a sottolineare con particolare forza il legame tra CAL e Consiglio: così, ad esempio, lo Statuto toscano dispone che i due organi si riuniscano in seduta comune almeno una volta l’anno per l’esame di problemi di comune interesse, mentre lo Statuto marchigiano assegna al Consiglio delle autonomie locali il compito di elaborare un rapporto annuale da presentare al legislatore regionale; di sicuro interesse appare anche la previsione statutaria della Regione Lazio che impone al Consiglio regionale, nelle deliberazioni di propria competenza, di tenere conto del parere espresso dal Consiglio delle autonomie locali. Tale vincolo assume peraltro i connotati di un parere parzialmente vincolante nel caso in cui il Consiglio delle autonomie deliberi parere negativo a maggioranza dei due terzi sulle leggi di conferimento di funzioni agli enti locali o di modifica del riparto di competenze tra Regione ed enti locali; in tale circostanza, infatti, il parere del CAL può essere superato dal Consiglio regionale solo attraverso una approvazione della legge a maggioranza dei componenti.
Fa eccezione in questo contesto il solo Statuto emiliano, che non chiarisce la collocazione del Consiglio delle autonomie, stabilendo genericamente che esso esercita le proprie funzioni - e partecipa ai processi decisionali della Regione riguardanti il sistema delle autonomie locali - mediante proposte e pareri nei modi e nelle forme previsti dello Statuto e dalle leggi. Il Consiglio regionale appare comunque come l’interlocutore privilegiato, essendo l’attività consultiva rivolta principalmente ad atti di competenza dell’Assemblea legislativa (su cui v. infra), pur non mancando pareri riguardanti decisioni che potrebbe assumere la Giunta (quali, ad esempio, piani e programmi che coinvolgono l'attività degli enti locali, o le linee della legge di bilancio).
In ordine alla composizione del Consiglio delle autonomie locali, tutti i nuovi Statuti rinviano ad una futura legge regionale, dettando alcuni criteri relativi alle modalità di formazione, o disciplinando direttamente alcuni profili. In ordine ai criteri di formazione, sia lo Statuto dell’Emilia-Romagna che quello delle Marche prescrivono una equilibrata rappresentanza sia dei territori che delle tipologie degli enti locali; a tali criteri gli Statuti di Lazio, Umbria e Calabria aggiungono anche il pluralismo politico. In ordine agli aspetti disciplinati direttamente, alcuni dei nuovi Statuti menzionano espressamente diversi componenti di diritto (in Piemonte e nel Lazio i presidenti delle Province ed i sindaci dei comuni capoluogo delle stesse); altri il numero massimo di componenti (nelle Marche trenta; in Emilia-Romagna e in Puglia un numero di componenti non superiore a quello del Consiglio regionale); il nuovo Statuto del Lazio, infine, assegna alla legge regionale la facoltà di prevedere la partecipazione, senza diritto di voto, di rappresentanti delle autonomie funzionali e, in particolare, delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e delle università laziali.
Relativamente alle funzioni, sono due le grandi aree nelle quali i nuovi Statuti situano le attività dei Consigli delle autonomie locali: la funzioni consultive, e – in numerosi casi – la funzione di iniziativa legislativa. In questo quadro fa eccezione il solo Statuto pugliese, che assegna il compito di definire le funzioni ad una successiva legge regionale, da approvare nei sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore dello Statuto, sentite le associazioni di rappresentanza (si suppone – non essendo specificato - degli enti locali).
In ordine alle funzioni consultive, tutti i nuovi Statuti (s’intende sempre con l’eccezione appena segnalata) attribuiscono al Consiglio delle autonomie il compito di esprimere pareri obbligatori su proposte di legge regionale riguardanti oggetti specifici: il richiamo prevalente riguarda, per un verso, i progetti di legge concernenti l’assetto e l’esercizio delle funzioni degli enti locali, per altro verso, le proposte di legge regionale di approvazione del bilanci di previsione e più in generale tutti gli atti (anche non legislativi) di programmazione economico-finanziaria o anche territoriale (funzioni richiamate con formule diverse in tutti i nuovi Statuti), e le proposte di modifica dello Statuto (Calabria, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria e Lazio). Particolarmente significativa appare la partecipazione alla concreta definizione dei rapporti tra Regione ed enti locali assegnata dallo Statuto al Consiglio delle autonomie marchigiano: questo infatti, da un lato, esprime parere obbligatorio sulla legge regionale di conferimento delle funzioni amministrative agli enti locali, dall’altro, può essere coinvolto dal Consiglio regionale nella valutazione degli effetti delle politiche regionali di interesse degli enti locali. Sempre in tema di pareri su iniziative legislative, va segnalato lo Statuto calabrese, che assegna al Consiglio delle autonomie un parere obbligatorio anche sulle proposte di testi unici.
Gli Statuti del Lazio, della Calabria, dell’Umbria e del Piemonte, infine, contengono specifiche disposizioni che consentono di estendere l’attività consultiva obbligatoria del CAL ad ogni altra questione ad esso demandata (dallo Statuto e) dalle leggi regionali. Lo Statuto del Lazio aggiunge che i pareri potranno essere formulati anche a seguito di richiesta da parte del Consiglio o della Giunta regionale, nei confronti dei quali il Consiglio delle autonomie può anche autonomamente formulare proposte. Gli Statuti delle Marche e dell’Umbria, invece, rinviano alla legge regionale per l’attribuzione, più in generale, di “funzioni ulteriori”.
L’attività consultiva dei Consigli delle autonomie locali si presenta, in alcuni dei nuovi Statuti, legata anche all’attività della Giunta, essendo tali organismi chiamati talvolta a pronunciarsi su alcune importanti decisioni dell’esecutivo regionale. Sono infatti previsti, tra l’altro: l’espressione di un parere obbligatorio al Presidente della Giunta sulla partecipazione di quest’ultimo ai procedimenti diretti a regolare rapporti fra l’Unione europea, la Regione e gli enti locali (Lazio), e alla Giunta in ordine all’esercizio del potere sostitutivo nei confronti degli enti locali (Lazio e Marche); la facoltà di sollecitare la Giunta regionale (Calabria) o il Presidente della Giunta, dandone comunicazione al Consiglio regionale (Lazio, Toscana ed Emilia-Romagna), a promuovere: l’impugnazione delle leggi dello Stato (Calabria, Lazio, Toscana ed Emilia-Romagna), di leggi delle altre Regioni (Calabria e Lazio), il ricorso per conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale (Lazio ed Emilia-Romagna), o il ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee (Lazio). Lo Statuto della Liguria prevede invece, con una formulazione di più ampia portata, che il Consiglio delle autonomie locali può proporre al Presidente della Giunta l’impugnativa di atti dello Stato o di altre Regioni ritenuti lesivi dell’autonomia regionale e degli enti locali liguri.
Relativamente alla efficacia dei pareri espressi, gli Statuti delle Marche e dell’Emilia-Romagna stabiliscono che gli atti di conferimento di funzioni agli enti locali, difformi dal parere reso dal Consiglio delle autonomie locali, vengono adottati dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei componenti; lo Statuto emiliano stabilisce inoltre che, in linea generale, l’approvazione di progetti di legge in difformità dal parere reso dal CAL è accompagnata dall’adozione di un apposito ordine del giorno. Lo Statuto toscano prevede invece che gli organi regionali possano disattendere un parere contrario del Consiglio delle autonomie – o un parere condizionato all’accoglimento di modifiche - solo con motivazione espressa. Lo Statuto ligure prescrive l’approvazione da parte del Consiglio regionale, a maggioranza assoluta dei componenti, di tutti gli atti – ad esclusione di quelli programmatori, della legge di bilancio e degli atti ad essa collegati – sui quali il CAL abbia espresso parere negativo o condizionato all’accoglimento di specifiche modifiche. Lo Statuto dell’Umbria, infine, stabilisce che il Consiglio regionale, qualora ritenga di non attenersi al parere obbligatorio espresso dal Consiglio delle autonomie locali sugli atti che riguardano l’attribuzione e l’esercizio delle competenze dei comuni e delle province, delibera a maggioranza assoluta dei componenti, mentre la Giunta regionale, per gli atti di propria competenza, è tenuta a motivare il rigetto del parere richiesto al CAL, dandone comunicazione al Consiglio regionale.
L’attribuzione ai Consigli delle autonomie dell’iniziativa sulle leggi regionali è prevista dagli Statuti di Toscana, Marche, Lazio, Liguria e Calabria. In particolare, lo Statuto calabrese prescrive l’adozione del progetto in seno al CAL a maggioranza assoluta dei componenti, mentre quello laziale, oltre ad una identica limitazione di ordine procedurale, stabilisce anche limiti di ordine materiale: le iniziative legislative del Consiglio delle autonomie del Lazio possono infatti avere ad oggetto solo le funzioni degli enti locali, i rapporti tra gli stessi e la Regione e la revisione dello Statuto, pur godendo del vantaggio di dovere esser in ogni caso discusse dal Consiglio regionale entro sei mesi dalla loro presentazione. Analoga limitazione di ordine materiale è prevista nello Statuto ligure, che attribuisce al Consiglio delle autonomie locali la potestà di iniziativa legislativa, ma solo nelle materie di competenza del sistema delle autonomie locali. In Emilia-Romagna e in Piemonte, infine, il Consiglio delle autonomie locali designa un componente ad integrazione della sezione di controllo della Corte dei Conti.
Merita, in conclusione, un sintetico accenno la disciplina stabilita in materia dai nuovi Statuti speciali attualmente in corso di elaborazione. In particolare, il progetto di legge costituzionale che reca modifiche allo Statuto della Regione siciliana disciplina il “Consiglio regionale delle autonomie locali”, destinato verosimilmente a sostituirsi alla Conferenza Regione-autonomie locali, prevista dalla l.r. 6/1997 come modificata dalla l.r. 2/2002. La norma di riforma dello Statuto in discussione lo configura il Consiglio come organo rappresentativo degli enti locali, sancendone l’istituzione presso l’Assemblea regionale. In ordine alla composizione, si rinvia ad una successiva legge regionale, con l’obbligo di garantire la rappresentanza dei diversi livelli istituzionali. In ordine alle funzioni, l’organismo è chiamato a svolgere attività consultiva e di cooperazione non solo tra gli enti locali e gli organi della Regione, ma anche di coordinamento tra gli stessi enti locali; la definizione nel dettaglio delle singole funzioni è anche in questo caso rinviata alla successiva legislazione regionale, limitandosi il progetto in esame ad individuare solo alcune materie nelle quali il Consiglio regionale delle autonomie locali potrà rendere pareri e formulare iniziative legislative: relativamente alle funzioni consultive, si attribuisce al Consiglio delle autonomie la competenza ad esprimere pareri sugli atti normativi concernenti la ripartizione di competenze tra la Regione e gli enti locali e sui documenti regionali di programmazione economica e finanziaria; relativamente all’iniziativa legislativa, si assegna a tale organismo il compito di contribuire alla elaborazione della legislazione regionale in materia di enti locali. Vanno altresì ricordate due competenze già contemplate dai nuovi Statuti ordinari: la facoltà di sollecitare la Giunta regionale a promuovere la questione di legittimità costituzionale nei casi previsti dalla Costituzione, e il potere di nomina di componenti integrativi delle sezioni della Corte dei Conti in sede di controllo, in aggiunta ai membri designati dall’Assemblea regionale.
Un breve richiamo va infine a Friuli Venezia Giulia e Sardegna. La bozza del nuovo Statuto friulano attualmente in discussione contempla un Consiglio delle autonomie locali con funzioni di concertazione e di raccordo tra la Regione e gli enti locali, la cui disciplina in ordine alla organizzazione e al funzionamento viene rinviata alla legge statutaria. Un caso del tutto particolare è invece quello della Sardegna, che ha approvato nel 2005 una legge sul Consiglio delle autonomie locali (l.r. 1/2005) che prevedeva l’insediamento del nuovo organo subito dopo la tornata delle elezioni amministrative dell’8 maggio scorso; la legge è stata però impugnata dal Governo in quanto approvata in forma ordinaria e non come legge statutaria.

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione regionale 2004-2005

4. ORGANI E PROCEDURE DI CONSULTAZIONE DI ENTI LOCALI E FORZE SOCIALI  (Paolo Zuddas)


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