AVVERTENZA: Con l’autorizzazione dell’autore, si pubblica la traduzione italiana (curata da Igino Schraffl) della parte centrale di una lettera inviata, in occasione delle festività natalizie, dal prof. Dian Schefold al prof. Antonio D’Atena.
 
        Per la comprensione della riforma del federalismo tedesco mi sembra essenziale sottolineare il fatto – posto in rilievo validamente già oltre 40 anni fa da Konrad Hesse – che per l’unificazione del diritto in Germania non si siano solo esaurite quasi interamente le possibilità costituzionali esistenti, ma che vi abbiano contribuito anche il coordinamento volontario dei Länder, le conferenze interministeriali, i progetti tipo di uniformazione di leggi dei Länder, contratti interstatali e accordi fra di loro. Ciò corrisponde anche alle aspettative e agli auspici del pubblico. Il passaggio da una scuola all’altra, la mobilità nel pubblico impiego, l’uso di materiali di costruzione, gli organigrammi delle pubbliche amministrazioni, le trasmissioni radiofoniche, l’assistenza amministrativa ai funzionari di polizia dovrebbero essere resi possibili anche oltre i confini dei Länder. In base alla costituzione il punto di cristallizzazione di tali collaborazioni è il Consiglio federale (Bundesrat) in quanto organo composto di rappresentanti dei governi e delle amministrazioni dei Länder. Questi ultimi non cooperano solo all’interno del loro ambito di competenza, ma anche attraverso la partecipazione alla formazione della volontà politica a livello federale. E questa è cresciuta sempre più con l’estensione della legislazione federale e soprattutto attraverso l’organizzazione e le procedure dei Länder e il sostegno finanziario offerto all’espletamento delle funzioni dei Länder.
       Siccome la maggioranza in seno al Parlamento (Bundestag) e il Governo federale da essa sorretto, da una parte, e la maggioranza nel Consiglio federale e i governi dei Länder, dall’altra, spesso differiscono per la tendenza delle rispettive politiche di partito, devono ricorrere alla collaborazione anche sul piano politico. Altrimenti il sistema si bloccherebbe e, comunque, ne sarebbe compromesso il funzionamento. Che lo si ponga in risalto e deplori in quanto compenetrazione persino eccessiva o che ci si rallegri del fatto che il sistema insegni la collaborazione, la “concordanza”, magari la imponga, sempre di due facce della stessa medaglia si tratta. Comunque sia, questa situazione modifica e impedisce l’affermazione della volontà del Parlamento, democraticamente legittimata attraverso le elezioni, sia a livello federale – al cui controllo in seno al Consiglio federale partecipano più o meno congiuntamente l’opposizione e i governi dei Länder – sia nei Länder, i cui parlamenti sono di fatto ampiamente vincolati da intese interministeriali preliminari. Vengono così favoriti gli interessi dei Länder, gli interessi delle amministrazioni, gli interessi dell’opposizione (a livello federale), mentre rimane inibita la democrazia parlamentare.
       Ne consegue che si rivela necessario – e in ciò risiede l’idea centrale della riforma del federalismo – sciogliere questo blocco, rafforzando il potere autonomo delle maggioranze parlamentari sia nella Federazione, sia nei Länder. A tal fine, occorre diminuire il potere di codecisione del Consiglio federale a livello federale, compensare il conseguente minore influsso dei Länder, ampliandone le competenze legislative, e ridurre l’area di adempimento congiunto di funzioni da parte della Federazione e dei Länder. Rimane da chiedersi a quale prezzo e con quali conseguenze sia possibile attuare una simile riforma.
       Ora, cioè dopo la riforma, le leggi federali non necessitano più dell’approvazione del Consiglio federale per il solo fatto che disciplinino l’organizzazione o le procedure delle autorità dei Länder. In cambio, questi possono fare deroghe alle corrispondenti disposizioni delle normative federali, e la Federazione non può più assegnare compiti specifici ai comuni. Tuttavia, in questo modo i Länder possono rendere difficile, se non impossibile, l’esecuzione di norme federali. Valga a dimostrazione di ciò un primo esempio: se in base a una nuova legge l’informazione diretta ai consumatori deve essere compito di tutte le autorità, la Federazione non può obbligarvi le autorità comunali. Questo e il diritto di deroga rafforza i Länder e compromette la realizzazione di obiettivi legislativi della Federazione. 
       Ciononostante i Länder, in cambio della restrizione del diritto di approvazione del Consiglio federale, dovrebbero ottenere una compensazione, cioè una misura maggiore di competenze legislative proprie. Ciò si rivela difficile, in quanto, ad esempio, nell’ambito della sicurezza interna, la normativa sull’obbligo di denuncia è unificata e la competenza dell’Ufficio criminale federale in materia di antiterrorismo è ampliata. Comunque, in materia di esecuzione penale, riunioni, orario dei negozi, ristoranti, sviluppo dell’edilizia abitativa, retribuzione dei pubblici dipendenti e di quasi tutta l’istruzione universitaria – per citare solo i settori più importanti – ora dovrebbero poter legiferare solo i Länder. E’ ovvio che incombe il pericolo che tutto ciò restringa i diritti dei detenuti, dei dipendenti del commercio e nella gastronomia, dei pubblici impiegati nei Länder più poveri, dell’edilizia popolare. Negli ultimi anni la verifica tendente a stabilire se sia necessario introdurre una legge unitaria, atta a garantire condizioni di vita uniformi o il mantenimento dell’unità giuridica o economica (secondo l’art. 72 II° co. LF), è stata effettuata in modo ben articolato dal Tribunale costituzionale federale. Da ora in poi, è vero, dovrà essere compiuta soltanto in determinate aree. Tra queste vi sono però proprio materie di grande rilievo socio-politico, quali l’assistenza e la previdenza pubblica, l’economia e i sussidi all’istruzione e alla formazione professionale, per le quali il Tribunale costituzionale federale potrà continuare a impedire i provvedimenti tesi al riequilibrio sociale nello stesso modo in cui prima della riforma ha dichiarato non necessario, e quindi incostituzionale, il divieto di riscossione di tasse universitarie, contenuto in una legge federale. Non dovranno più esistere leggi-quadro federali come quelle introdotte nella costituzione italiana, anche sotto l’influsso tedesco (ancorché con la denominazione, non già, di legislazione sui principi fondamentali, ma di legislazione concorrente). In cambio, i Länder potranno derogare anche da queste normative in (quasi) tutte le materie previste a tale riguardo, nelle quali la Federazione potrà continuare a legiferare, per cui sarà oltremodo difficile riuscire a pervenire a quell’unificazione auspicata dalla Federazione. A prescindere da questi problemi di merito, la nuova distribuzione delle competenze legislative si presenta estremamente complicata: ecco il risultato della lotta tenace sulla soluzione appena decisa.
       Un discorso analogo vale per le funzioni comuni, finora sostenute dal finanziamento congiunto della Federazione e dei Länder. I tentativi intrapresi per abolirle (mentre, per quanto riguarda la pubblica istruzione, la Svizzera quest’anno le ha ancorate alla costituzione) non hanno avuto esito positivo, e, anche nell’ambito del finanziamento dell’istruzione universitaria, la riduzione rimane confinata entro limiti ristretti e per un certo periodo di transizione attenuato anche dalle sovvenzioni federali. Rimane da chiedersi se, al cessare delle sovvenzioni federali, il più piccolo Land – Brema – riesca a finanziare la propria università.
       Per questa questione si prospettano possibili sviluppi problematici. Se finora i Länder potevano farsi concorrenza soltanto su campi molto limitati, ora potranno tenere aperti i negozi addirittura in modo permanente; risparmiare sulle spese relative all’esecuzione penale, alla retribuzione nel pubblico impiego, all’edilizia, alle condizioni di studio nelle università; abbassare i criteri di sicurezza, ad esempio, nella gastronomia; far desistere i comuni dall’intensificare i controlli delle attività economiche e dalle prestazioni sociali, procurandosi così dei vantaggi a scapito soprattutto dei soggetti socialmente deboli e impedendo alla Federazione di intervenire nella misura precedente attraverso normative, influssi fattivi e denaro. Il periodo prenatalizio induce a riflettere sul fatto che i sindacati e le chiese intendano battersi congiuntamente a favore del riposo festivo nei negozi.
       Certamente ci si può aspettare che in un primo momento i Länder non facciano pieno uso di queste possibilità. A ciò, tuttavia, si contrappone la tradizione dell’adozione di soluzioni uguali o perlomeno analoghe e della collaborazione negli sforzi relativi. Se in precedenza, ad esempio nell’ambito della protezione della gioventù, la Federazione disciplinava la materia mediante leggi federali solo in parte, soprattutto per quanto riguardava gli scritti, mentre per i mezzi televisivi i Länder competenti stipulavano un contratto interstatale che oggettivamente formava un’unità con la legge federale ed entrava in vigore contemporaneamente, e se finora la Conferenza dei ministri della pubblica istruzione tendeva a coordinare e limitare gli sviluppi particolari del diritto dei Länder, allora questo stile politico continuerà ad essere praticato, anzi acquisirà maggiore importanza grazie all’ampliamento delle competenze dei Länder. Inoltre, anche in questi avrà un certo effetto la richiesta di tutele sociali e la critica dei comportamenti troppo divergenti.
       Con tutto ciò, il decentramento realizzato attraverso la riforma si rivela perlopiù come soluzione riuscita solo in apparenza. Il ruolo del Consiglio federale, che doveva approvare leggi unificanti, verrà sostituito in parte da meccanismi di cooperazione dei Länder. E’ possibile che ciò contribuisca a limitare le normative derogatorie dei Länder e di sostituire in parte le leggi-quadro federali. I Länder tra di loro e Federazione e Länder continueranno a collaborare. Solo che, oltre alle decisioni prese a maggioranza in seno al Consiglio federale, aumenterà l’importanza delle intese, degli accordi e dei contratti. Quindi, invece delle normative indipendenti, avremo ulteriori allineamenti, ma da ora in poi sempre più in base al principio dell’unanimità, che offre all’elemento più lento la possibilità di fare da ago della bilancia. Il consenso si raggiungerà con maggiore lentezza e più faticosamente e si ridurrà sempre più al minimo possibile. Siamo perciò ben lungi dall’indipendenza e dall’innovatività promesse dalla riforma.
     Tuttavia, dal punto di vista giuridico i Länder ora avranno la possibilità di decidere per sé, in modo divergente, anzi in diametrale opposizione ad altri, e depongono a favore di ciò le debolezze già indicate a proposito delle intese. In questa prospettiva, soprattutto a lungo termine, il tradizionale federalismo della concordanza potrebbe evolvere in direzione di un vero e proprio federalismo della concorrenza, in cui ciascun Land – come già indicato – cercherebbe di ottenere per sé il massimo vantaggio economico possibile, perlopiù a scapito dei soggetti socialmente deboli. Lo sfruttamento dei margini di manovra ora concessi, in un primo momento sulla carta, potrà aumentare gradualmente fino a diventare prassi usuale. Ne risulterebbe minacciata la solidarietà federale, tanto frequentemente posta in risalto dal tribunale costituzionale federale, e i mezzi legali per mantenerla in essere sono stati ridotti dalla riforma. Si aprirebbe ulteriormente la forbice tra est e ovest, nord e sud, zone ricche e povere.
       La riforma appena conclusa, per non appesantire ulteriormente l’opera, comunque ampia e difficile, ha per il momento accantonato e anticipato solo per alcuni spunti le questioni relative al riequilibrio finanziario tra Federazione e Länder e tra i singoli Länder, sulla cui urgenza tutti concordano. Fin dall’inizio s’intese e decise di regolamentare la riforma finanziaria in un momento successivo. Essendo, quindi, la riforma del federalismo e quella finanziaria un’unica cosa, è possibile giudicarle soltanto insieme.
      Tuttavia nel frattempo metà dei Länder non è più in grado di articolare il proprio bilancio in modo conforme alla costituzione – cioè nel senso che il nuovo indebitamento non deve superare la spesa per investimenti – e lo slogan della “emergenza di bilancio”, già invocato dal Tribunale costituzionale federale come ragione per prevedere aiuti speciali, sta diventando un tipo di argomentazione corrente. Perciò recentemente, a seguito di una richiesta in tal senso avanzata da Berlino, il Tribunale costituzionale federale non ha riconosciuto alcun diritto aggiuntivo. La soluzione dovrà essere reperita, in una seconda fase della riforma, attraverso ulteriori modifiche costituzionali e di legislazione ordinaria. Ma in che modo? Avrà effetto la manovra attuata attraverso la riforma del federalismo o sarà determinante il principio di collaborazione, solidarietà e compensazione? Mentre la separazione delle sfere di competenza della Federazione e dei Länder, sostenuta da argomenti validi e decisa in modo sobrio dopo discussioni approfondite, lascia aperte ambedue le alternative, rimane la preoccupazione che l’incentivo derivante non favorisca nei Länder più ricchi soluzioni che possano accelerare il divario tra poveri e ricchi, potenziando e consolidando gli effetti della riforma che comportano una maggiore ineguaglianza tra i componenti della federazione, per cui avrebbe ragione Rousseau quando afferma: “… fixèrent pour jamais la loi de la propriété et de l’inégalité, d’une adroite usurpation firent un droit irrévocable, et, pour le profit de quelques ambitieux, assujettirent désormais tout le genre humain au travail, à la servitude et à la misère” (Jean-Jacques Rousseau, Quelle est l’origine de l’inégalité parmi les hommes?, 1754).

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