AVVERTENZA: Rielaborazione dell'intervento svolto al Senato della Repubblica il 26 febbraio 2007, nel quadro dell’indagine conoscitiva sul Titolo V Cost. effettuata dalle Commisssioni Affari costituzionali della Camera e del Senato.
 
 
 
1. A breve distanza dalla entrata in vigore della prima tranche della riforma del sistema federale tedesco e in attesa del suo completamento con la “modernizzazione delle relazioni finanziarie tra Bund e Länder”, recentemente avviato, più che tentare analisi ed esprimere valutazioni di carattere generale (1), mi sembra più opportuno in questa sede soffermarmi su alcuni degli aspetti della riforma che appaiono al momento di maggiore interesse ed attualità nella prospettiva della messa a punto dell’ordinamento regionale in Italia.
In premessa devo ricordare che la modifica della Legge Fondamentale tedesca ha inteso porre rimedio alla situazione determinata dalla sempre crescente centralizzazione delle competenze legislative con la corrispondente marginalizzazione dei legislatori dei Länder, nonché dalla parallela ma correlata espansione del potere di Zustimmung del Bundesrat (specie in applicazione dell’art.84 GG).
Questa doppia linea di sviluppo, a causa del progressivo ampliamento della sfera di intervento del Bundesrat, accentuava gli aspetti cooperativistici del sistema tedesco. La moltiplicazione delle aree assoggettate a processi decisionali contrattati al centro aveva perciò provocato diverse critiche che, tra l’altro, ne sottolineavano gli effetti paralizzanti non solo dei rapporti BundLänder, ma dell’intero sistema.
Dal primo punto di vista, W Herzog (2) evidenziava la situazione di stallo e di immobilismo consistente nel fatto che per effetto di tale sviluppo “senza il consenso dei Länder a livello federale non si muove quasi nulla, e i Länder non possono decidere quasi nulla in piena autonomia”.
Dal secondo punto di vista, un altro e non meno grave effetto negativo scaturiva dalla combinazione dell’accrescimento dei poteri del Bundesrat con la trasformazione, in fatto, del medesimo organo – nel caso di maggioranza politica diversa dal quella del Bundestag - da Camera di rappresentanza territoriale a vera seconda Camera operante secondo una logica “parlamentare” e non “federalista” e dunque dalla sua utilizzazione quale strumento di lotta dell’opposizione. Per via dell’estensione del potere di Zustimmung del Bundesrat , una percentuale ormai di circa il 60% delle leggi federali risultava in tal modo assoggettata al potere di veto dell’opposizione e doveva perciò essere contrattata con quest’ultima, giungendo perciò all’eventuale approvazione travisata da compromessi di vario tipo e livello, con il sacrificio, spesso, degli aspetti più caratterizzanti della normativa, e, soprattutto, con una grave distorsione dei processi di decisione politica e una totale confusione di responsabilità (D.Grimm (3).
Il primo aspetto della riforma che mi pare opportuno mettere in evidenza è quello della distribuzione delle potestà legislative, di indubbio interesse in vista di possibili “correzioni” dell’ordinamento italiano. Riassuntivamente, osservo che la klare Trennung delle competenze, che il legislatore costituzionale si proponeva di realizzare, appare in parte compromessa sia dall’esasperante spezzettamento delle materie, sia, per altro verso, dalla articolazione della konkurrierende Gesetzgebung in tre diverse varianti.
La frantumazione delle materie legislative alla ricerca puntigliosa di soluzioni accettabili sia dalla Federazione sia dal composito fronte dei Länder rappresenta una ulteriore chiara conferma della valenza puramente illusoria della chiara e netta distribuzione delle competenze per separazione di settori materiali e fornisce una riprova dell’inanità degli sforzi di distinguere ciò che è invece fisiologicamente e inevitabilmente connesso per via della molteplicità degli interessi che naturalmente investono qualsiasi oggetto materiale.
Quanto alla revisione della konkurrierende Gesetzgebung, è utile innanzi tutto osservare come una competenza del genere, pur se disarticolata in differenti tipi, sia stata, come modello, mantenuta ferma e anzi in larghi settori sia stata addirittura sottratta alla “clausola di necessità” con conseguente ampliamento della discrezionalità del legislatore federale. Ciò rappresenta senza dubbio una dimostrazione che ad una clausola di flessibilità delle potestà legislative un moderno Stato “composto” non può rinunciare. Pensando alla situazione italiana, la scelta tedesca dovrebbe costituire una spinta ulteriore all’introduzione di una clausola del genere a modifica del riparto attuale delle competenze legislative tra Stato e Regioni per porre rimedio alla improvvida e deliberata lacuna della riforma costituzionale del 2001 (conseguente alla cancellazione dell’’”interesse nazionale” nel quadro di una tendenziale rigida separazione nei rapporti di competenza Stato-Regioni), che attualmente solo in parte appare sanata dall’acrobatico quanto lodevole intervento della Corte Costituzionale con la (ora da tutti) celebrata sentenza n.303 del 2003.
 
2. In una fase storica nella quale anche in Italia cominciano a emergere istanze di ulteriore differenziazione all’interno del sistema regionale, mi sembra meritevole di particolare considerazione la potestà legislativa “derogatoria”, che la riforma tedesca attribuisce, in settori enumerati, ai Länder nei confronti delle leggi federali adottate nell’esercizio di alcune delle competenze “concorrenti” svincolate dalla Erforderlichkeitsklausel. In proposito l’art.72, comma 3, della Legge Fondamentale (nuova formulazione) prevede che queste leggi entrino in vigore, di regola, dopo sei mesi dalla pubblicazione e che in questo lasso di tempo il legislatore di ciascun Land possa derogare alla disciplina federale; successivamente, il Bund può nuovamente legiferare e si instaura un libero concorso di fonti federali e locali regolato dal criterio della lex posterior. Questa innovazione – fortemente voluta dai Länder ricchi del sud-ovest - nelle intenzioni del legislatore costituzionale dovrebbe consentire la necessaria differenziazione - su loro iniziativa - dei Länder disomogenei rispetto alla media senza impedire nel frattempo la possibilità di una legislazione federale uniforme. Si tratta di uno strumento volto a realizzare un certo grado di asimmetria o differenziazione (non nella titolarità, ma) nei risultati dell’esercizio della potestà legislativa, e cioè nella normazione dei settori interessati. Nel contempo, lo stesso strumento mette in moto un processo di diversificazione che non è definitivo, ma reversibile, potendo il legislatore federale nuovamente intervenire a sostituire la legislazione locale.
Questo nuovo istituto è stato apprezzato da alcuni commentatori sia come mezzo maggiormente appropriato – rispetto al criterio della “klare Trennung” - per risolvere i problemi di “intreccio” tra compiti inevitabilmente “multilivello”, sia e soprattutto, come modalità di realizzazione in chiave attuale del principio di sussidiarietà per la sua valenza di spinta ad un ridimensionamento della imperante uniformità a vantaggio di un federalismo di tipo “concorrenziale”( così specialmente F.Scharpf (4), che ne lamenta anzi l’area troppo ristretta). Altri ha però sottolineato, nella medesima prospettiva, come un passo realmente decisivo per una reale Entflechtung delle competenze e una effettiva possibilità di diversificazione tra Länder sia la riforma della Costituzione finanziaria ora in corso di elaborazione, con l’abolizione della perequazione orizzontale tra Länder e quindi dell’effetto di livellamento “verso il basso” prodotto per via della prevalenza nel Bundesrat del fronte dei Länder finanziariamente più deboli (W.Herzog (5).
Valutando la possibilità di valorizzare anche nel regionalismo italiano analoghe istanze di “asimmetria”, occorre tenere presente - al di là delle note e opposte ragioni di politica costituzionale che privilegiano piuttosto l’esigenza di rimediare agli squilibri esistenti tra le varie parti del territorio nazionale - che, rispetto alla strada seguita a Berlino, l’applicazione del meccanismo previsto a tal fine dall’art.116, comma 3 della nostra Costituzione presenta due fondamentali differenze, le quali rischiano di produrre forme di differenziazione tra Regioni assai più accentuate, con grave rischio di inaccettabili ricadute sull’eguaglianza dei cittadini. Da noi infatti, per un verso, i settori ammessi all’asimmetria dalla disposizione costituzionale menzionata sono assurdamente numerosi, mentre in Germania quest’area è limitata strettamente a pochissime ipotesi; per altro verso, diversamente dalla situazione tedesca, il trasferimento della titolarità delle competenze ulteriori a vantaggio della Regione una volta realizzato diventerebbe definitivo ed irreversibile, data la particolare procedura dettata dallo stesso art.116 Cost.
 
3. Last but not least, il dibattito che ha accompagnato la riforma tedesca spinge a nuova riflessione su due degli aspetti del sistema federale tedesco tradizionalmente più apprezzati: il Bundesrat e in genere il modello cooperativo.
Quanto al primo, debbono essere attentamente meditate la trasformazione dell’organo da Camera territoriale in Camera parlamentare a servizio dell’opposizione e la conseguente distorsione dei processi di decisione politica, tanto più per via della estraneità di simile collegio al circuito fiduciario. La considerazione del rischio concreto di una simile evoluzione suggerisce, nella prospettiva di una introduzione di un organo del genere in Italia, un’approfondimento delle analisi e una rimeditazione sia della composizione e del sistema elettorale, sia dei poteri di una eventuale Camera delle Regioni.
Più in generale poi e da altro punto di vista, le critiche mosse in Germania all’impostazione cooperativistica del federalismo, pur se non condivisibili quando si traducono in una eccessiva spinta alla differenziazione - che appare francamente in contrasto con i principi dello Stato sociale e della solidarietà – inducono però, per il sistema italiano, a guardare con cautela se non proprio con diffidenza all’eccessivo espandersi di meccanismi cooperativi di decisione, avvenuto nella prassi e visto con favore dalla giurisprudenza costituzionale, che sempre più spesso tende ad affidare indebitamente a tali meccanismi, più che al proprio sindacato, il compito di comporre i conflitti di competenza tra le Regioni e lo Stato. Indubbiamente, il “principio di leale collaborazione” costituisce anche oggi, come in passato, un elemento indispensabile in un sistema di competenze che vuole essere flessibile. Ma di esso occorre far uso nella giusta e prudente misura, poiché - pur tenendo presente che il sistema delle Conferenze o quello della cooperazione con la singola Regione funzionano in modo diverso da quello di una “seconda camera”- esiste il pericolo che una contrattazione diffusa e permanente finisca per produrre uno stato di incertezza e imprevedibilità delle competenze, nonché l’eccessivo ampliarsi dell’area di “deparlamentarizzazione” delle decisioni, a danno anche della loro trasparenza e chiara imputabilità.
 
 
NOTE
 
(1)       Per una trattazione del genere sia consentito rinviare a A. ANZON DEMMIG, La “modernizzazione” del federalismo in Germania : spunti di riflessione per l’attuazione e l’aggiornamento del regime delle competenze legislative nell’ordinamento italiano, in AA.VV. Per una nuova stagione delle riforme istituzionali, atti del Seminario di studi sulle riforme istituzionali, Firenze 25 settembre 2006, pubblicato dal Dipartimento per le riforme istituzionali della presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché in www.federalismi.it
(2)       Kooperation und Wettbewerb Essay. Einleitung, in Das Parlament, 2006, in www.bundestag.de.
(3)       Wir werden einige alte Fehler durch neue ersetzen”, intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, 4.11.2004
(4)       Abweichungsrechte als Realisierung des Subsidiaritätsprinzip,in Föderalismusreform I, Kommissionsdrucksache 087, in www.bundesrat.de, ID. Föderalismusreform: Weshalb wurde so wenig erreicht? , in Das Parlament, 2006, in www.bundestag.de
(5)       Kooperation und Wettbewerb Essay. Einleitung, in Das Parlament, 2006, cit.

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