Il coacervo di atti non legislativi sin qui segnalati si connota per una estrema eterogeneità di forma e contenuto, a seconda dei dati forniti dalle singole regioni. Va tenuto conto, inoltre, che in alcune regioni e nelle province autonome il numero di tali atti è esiguo con un ruolo del tutto settoriale (si tratta del citato caso dell’Abruzzo), mentre in altri enti (provincia autonoma di Bolzano) l’approvazione di atti non legislativi e di documenti di indirizzo o programmatici da parte del Consiglio Provinciale non è prevista dallo Statuto speciale o dal regolamento interno del consiglio stesso.

L’insieme di questi atti è previsto dagli Statuti ordinari e speciali, affianco alle funzioni normative del consiglio, soprattutto allo scopo di assegnare al consiglio stesso un ruolo preminente e centrale nella forma di governo regionale e nelle diverse fasi di determinazione dell’indirizzo politico regionale. Di massima gli atti possono essere distinti: a) in atti di direzione, controllo e vigilanza sull’attività della giunta e dell’intera amministrazione regionale e sull’esercizio delle funzioni delegate agli enti locali; b) in formulazione di proposte e pareri nell’ambito dell’adozione di programmi regionali e in partecipazione (tramite le commissioni) alla loro stessa elaborazione; c) in deliberazioni relative ai rapporti con gli enti locali o in atti di determinazione degli indirizzi generali per l’attività degli enti e delle aziende dipendenti dalla regione.

Per le regioni ad autonomia ordinaria, inoltre, si deve ricordare, oltre a queste ultime funzioni, la potestà regolamentare (che negli enti regionali speciali è di competenza della giunta) la quale, tuttavia, nei dati forniti è numericamente esigua e presente soltanto nei dati di alcune regioni (nella Lombardia, ad esempio, sono soltanto tre i regolamenti approvati dal consiglio nel biennio 1999-2000).

Con particolare attenzione al primo gruppo di atti, si deve notare che gli Statuti regionali hanno dotato il consiglio, le commissioni ed i singoli consiglieri di importanti poteri, tra cui quello di interrogazione, interpellanza e mozione, il diritto di ottenere informazioni dagli uffici della regione o dagli enti o aziende da essa dipendenti, riconosciuto ad ogni consigliere, nonchè il potere delle commissioni consiliari di chiedere l’intervento alle proprie riunioni del Presidente e dei membri della giunta ed anche dei funzionari regionali.
Ciononostante, si deve rilevare che, sulla scorta dei dati in esame, l’evoluzione dell’attività non legislativa del Consiglio regionale, distinguibile, per sommi capi, in funzioni di indirizzo, programmazione ed alta amministrazione, soltanto in alcune regioni ha reso effettivamente primario, nella prassi, il ruolo che questo stesso organo svolge sia nella determinazione che nell’attuazione dell’indirizzo politico ed amministrativo regionale; pur essendo stati, sul tema, sempre più rilevanti i compiti di consulenza e di controllo sull’attività amministrativa regionale svolti dalle commissioni consiliari (il riferimento riguarda soprattutto i dati forniti dall’Emilia-Romagna, dalla Lombardia e dalla Sardegna).

Ed, infatti, affianco alla menzionata esigenza di individuazione ed esecuzione consiliare dell’indirizzo politico si è operato un costante trasferimento di funzioni alla giunta regionale, in modo particolare di delibere di varia natura che, pur riguardando in diversi casi l’ordinaria amministrazione, rientrano nella fase attuativa dell’indirizzo politico regionale.

Quindi, sembra opportuno osservare che i dati considerati, specie in alcune realtà regionali, sembrano porre in luce un discostamento della prassi (soprattutto quantitativo, ma anche qualitativo) dalle previsioni statutarie, in ordine appunto all’evoluzione effettiva del riparto di funzioni tra la giunta ed il consiglio. Anche se altri dati evidenziano una maggiore convergenza, tra previsioni statutarie e prassi per svariati atti o di direzione o di vigilanza del consiglio stesso.
E’ sufficiente ricordare, con riguardo alla prima ipotesi avanzata, il caso dell’Emilia-Romagna, che contiene, comunque, diverse sfaccettature, proprio perchè, come sopraricordato, si è cercato di valorizzare la centralità del consiglio, pur nell’ambito di un conferimento più ampio di funzioni amministrative di diverso tipo alla giunta; i dati, poi, forniti dal Friuli-Venezia Giulia, in cui sono menzionate per l’anno 1999 ben 10 delibere della giunta su un totale di 17 pareri annui e quattro piani-criteri e programmi approvati dalla giunta stessa, e per l’anno 2000 tre piani-criteri e programmi approvati da quest’ultima; i numerosi pareri propedeutici all’emanazione del definitivo atto di pianificazione urbanistica da parte della giunta (21) riportati dalla Liguria per il biennio 1999-2000, che sono nettamente preponderanti rispetto agli atti a contenuto programmatorio approvati nello stesso periodo dal consiglio (7); l’attività non legislativa del consiglio della regione Umbria che, con riferimento ai provvedimenti strettamente amministrativi ed ai piani attuativi in vari settori, viene espressamente definita “non del tutto in linea con lo Statuto”.

In altre regioni, viceversa, vi è un ampio numero di atti non legislativi del consiglio anche se soprattutto nell’ambito di attività ispettive, di controllo, di riordino o di approvazione dell’operato della giunta. Ci si riferisce, più precisamente, alla Valle d’Aosta, che presenta una cospicua attività deliberativa, ispettiva e di prese d’atto del consiglio; alla regione Sardegna, in cui si indicano nel periodo di tempo considerato ben 1316 interrogazioni presentate e numerose mozioni (184) ed interpellanze (549), oltre che un crescente numero di atti non legislativi relativi alle politiche regionali ed a quelle nazionali approvate dall’organo consiliare; alla Puglia, dove sono 10 i piani e programmi predisposti dalla giunta ed approvati dal consiglio in soli 18 mesi.
Ne consegue che si devono trarre conclusioni inevitabilmente problematiche proprio perchè i rilievi effettuati imporrebbero una verifica empirica ed articolata degli effettivi meccanismi di funzionamento della forma di governo regionale, in particolare della dialettica consiglio-giunta e della stessa suddivisione dei tipi di attività amministrativa regionale.

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