La stragrande maggioranza di queste leggi si presentano come leggi di finanziamento specifico nell’ambito dei grandi settori in cui operano le regioni (c.d. leggi di spesa). Recanti di volta in volta provvidenze, contributi e altre forme di incentivi indirizzati al soddisfacimento di diritti sociali e di doveri di solidarietà, nonché alla valorizzazione di beni, risorse o attività economiche o alla tutela di beni immateriali collettivi (salute, ambiente, patrimonio storico-culturale, pace, culto, ecc.).

In tutti questi casi, che si presentano a volte anche decisamente microsettoriali (come ad es. la l.r. Veneto n. 5/1999 recante “contributi per il sostegno, la salvaguardia e la diffusione della voga veneta”) la scelta di intervenire con atto legislativo risulta imposta dalla necessità di variazione del bilancio per far fronte all’obbligo di copertura finanziaria. A prescindere pertanto dall’opportunità di singoli interventi così settoriali, una volta prospettata l’erogazione della spesa, diventa un’esigenza istituzionale l’approvazione di tali atti da parte del consiglio regionale in forma di legge. E’ connaturale al sistema esistente, cioè, che le singole leggi di spesa debbano essere approvate con la medesima forma prescritta per la legge di bilancio. Il Legislativo regionale è posto in grado, in tal modo, di esercitare il suo fondamentale ruolo di controllo politico sull’operato della giunta.
Accanto alla numerosa serie degli interventi settoriali di spesa per cui è necessaria la variazione del bilancio in corso di esercizio, si può registrare un’altra piccola serie di leggi provvedimento di natura istituzionale, che si possono così definire in quanto la forma di legge è richiesta dalla costituzione o dalle leggi costituzionali della Repubblica o dagli statuti regionali (riserva di legge-provvedimento).

A questa categoria di leggi di natura provvedimentale vanno ricondotte, ad esempio, la l.r. Basilicata n. 10/1999 sull’adozione della bandiera regionale e sulle modalità d’uso e di esposizione; due diverse leggi regionali del Trentino–Alto Adige sulla variazione della circoscrizione territoriale di alcuni comuni (ll.rr. 3 e 10 del 1999); la l.r Puglia n. 6/2000 recante “riduzione della dotazione organica” della regione; la l.r Sardegna n. 21/1999 che dispone un (micro)trasferimento di alcune funzioni alle Province (in materia di controllo e lotta contro gli insetti nocivi ed i parassiti dell’uomo, degli animali e delle piante); nonché alcune leggi che istituiscono o partecipano all’istituzione di Enti o Società di interesse regionale (ad es. l.r Emilia-Romagna n.7/1999, partecipazione della regione alla s.r.l. “Reggio Children – centro internazionale per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità di tutti i bambini”; l .r. Emilia-Romagna n. 8/1999, partecipazione della regione nelle società terme di Salsomaggiore s.p.a. e terme di Castrocaro s.p.a.).
In altri casi, l’atto legislativo di natura provvedimentale può essere richiesto dalla legge dello stato o da una legge regionale di disciplina organica della materia. A questa categoria possono essere ricondotte le leggi che approvano o apportano variazioni a piani paesistici e territoriali (ad es. ll. rr. Basilicata n. 17 e 31 del 2000). E’ da tenere conto, però, che adesso i numerosi dubbi avanzati dalla dottrina sulla legittimità costituzionale dell’approvazione di tali atti con legge hanno trovato almeno parziale riscontro nella recente sentenza n. 225/1999 della Corte costituzionale.
Alla stessa categoria possono essere ricondotte le leggi che istituiscono parchi o riserve naturali (ll. rr. Basilicata n. 28/1999 e n. 39/2000) o che fissano il calendario venatorio (ll. rr. Toscana n. 32/1999 e n. 28/2000).

In altri casi ancora è riscontrabile una serie di atti legislativi liberamente approvati in luogo di provvedimento, anche se la forma di legge non è richiesta da fonti sopraordinate (o quantomeno equiparate). La ricorrenza di tale fenomeno, pur in mancanza di una “riserva di amministrazione”, è sintomo di patologia del sistema regionale in quanto in grado di determinare un’alterazione del corretto rapporto tra consiglio e giunta e, più in generale, del rapporto tra legge e provvedimento amministrativo, con la possibile ripercussione negativa sulla tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini e il rischio di lesione del principio del giusto procedimento (si veda ancora la sentenza della Corte costituzionale sopra citata).
Vi è da registrare in primo luogo una serie di atti legislativi approvati in luogo di regolamento.
Si tratta di un fenomeno molto diffuso a livello di normazione regionale, ma che a seguito dello spostamento del potere regolamentare dal consiglio alla giunta, operato per implicito direttamente dalla legge costituzionale n. 1 del 1999, dovrà naturalmente tendere ad un forte ridimensionamento sin dal prossimo anno.
Sono con ogni probabilità da ricondurre a questa categoria, ad es.:

- la l.r. Basilicata n. 155/1999 recante “nuove modalità di calcolo di parametri urbanistico-edilizi finalizzati a migliorare la qualità funzionale degli edifici”;

- la l.r. Basilicata n. 37/2000 recante “disciplina per la costruzione delle serre e dei tunnel serre”;

- la l.r. Veneto n. 16/1999 recante “disposizioni in materia di conversione di autorizzazioni per l’esercizio dei mestieri affini, disciplinati dall’articolo 1 della legge 14 febbraio 1963, n. 161 in attività di estetista e dell’attività di barbiere in parrucchiere per uomo e donna;

- la l.r. Basilicata n. 1/1999 sui “prodotti a base di latte tradizionalmente fabbricati”.
Accanto a questi casi più evidenti vi è poi una serie di altri atti legislativi di natura sostanzialmente regolamentare ma la cui approvazione si giustifica - analogamente a quanto già visto sopra - per la necessità di autorizzazione di spesa con variazione del bilancio (v. ad es. l.r. Basilicata n. 23/2000, “norme per il risarcimento dei danni causati alle produzioni zootecniche dalla fauna selvatica o inselvatichita”), per la necessità della previsione di sanzioni amministrative (ad es. quelle previste dalla l.r. Basilicata n. 29/2000, “disciplina dell’orario, dei turni e delle ferie delle farmacie della regione”), dalla necessità di derogare, abrogare o modificare la previgente legislazione regionale (v. ad es. l’abrogazione di norme contenuta nella l.r. Basilicata n. 26/1999, “definizione del costo e contributo per il trasporto pubblico regionale e locale con decorrenza dall’esercizio 1999”) o dalla necessità di autorizzare la giunta regionale a stipulare un’apposita convenzione con un altro ente pubblico (l.r. Emilia – Romagna, n. 4/1999, “disposizioni in materia di tasse automobilistiche regionali).

In tutti questi o analoghi casi si sarebbe potuto optare, ovviamente e preferibilmente, per la non legificazione o per la delegificazione delle materie trattate, nel contesto - magari - di un’idonea legge regionale di delegificazione secondo i principi fissati dall’art. 20 della legge n. 59/1997 e successive modificazioni e integrazioni (c.d. legge Bassanini). A ostacolare una simile tendenza si pone tuttavia, in questi casi, la natura fortemente specifica (microsettoriale) dei singoli interventi censiti come provvedimentali.
Sono da registrare infine alcuni altri casi di atti legislativi adottati in luogo di più idonei provvedimenti amministrativi:

- Si può richiamare, in primo luogo, la l.r. Basilicata n. 12/1999 che disciplina le modalità di informazione sull’estrazione petrolifera nella regione. Si tratta di legge emanata in luogo di un provvedimento amministrativo conformativo di identico contenuto.

- Si può richiamare inoltre la l.r. Calabria n. 9/1999, “Collaborazione coordinata e articolata tra regione Calabria e la Lega Italiana contro i tumori della Calabria”, atto chiaramente emanato in luogo di un più idoneo atto di natura convenzionale.

- Si può segnalare ancora la l.r. Sardegna n. 12/1999, che costituisce l’atto di trasferimento al Comune di Portotorres di un complesso immobiliare, nonché di regolarizzazione del titolo di possesso dell’immobile da parte dei detentori (provvedimento di sanatoria).

- Si possono notare, infine, una serie di atti legislativi adottati per l’inquadramento di personale nei ruoli regionali (l.r. Calabria n.6/1999, “disposizioni per l’inquadramento in ruolo di personale a tempo indeterminato del consiglio regionale”; l.r. Basilicata n. 29/1999, “Personale CIFDA – Trasferimento ed inquadramento nei ruoli regionali”; l.r. Puglia, n. 36/1999, “norma di inquadramento del personale ex azienda regionale per l’equilibrio faunistico (AREF) ed ex ente regionale di sviluppo agricolo della Puglia (ERSAP). Anche in questi casi si tratta di atti di natura certamente amministrativa, disposti direttamente dalla legge (c.d. ope legis).

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