I dati desumibili dalla ricerca offrono un panorama piuttosto variegato in ordine alla previsione di specifici organismi di raccordo e di concertazione tra regione e parti sociali. Anche per questo profilo è riscontrabile in molte esperienze regionali una ridefinizione dei processi e degli strumenti di concertazione sociale connessa con l’attuazione regionale della L. 59 del 1997 e dei connessi decreti di conferimento delle funzioni (in particolare, v. Emilia Romagna, Lazio, Piemonte).
Fermo restando che la concertazione con le parte sociali resta un obiettivo perseguito in via generale dalle regioni, anche se con modalità differenti, è da rilevare che la Calabria, la Liguria, la Lombardia, il Molise e la Puglia si limitano a rilevare, nei rispettivi questionari, l’assenza di un organismo specifico per i rapporti tra regione e forze sociali. Ciò non toglie che i rapporti tra regione e forze sociali trovino concretizzazione sia in sede di Consiglio (attraverso le commissioni) che di Giunta (con tavoli di raccordo e concertazione), come nel caso richiamato dalla Lombardia.
Altre regioni, invece, pur dichiarando la mancata previsione di specifici organismi, indicano però le modalità principali attraverso le quali perseguono la concertazione con i diversi attori del mondo economico, produttivo e sociale. È il caso dell’Abruzzo, dove è la stessa Conferenza regione-enti locali ad assicurare il coinvolgimento delle parti sociali; della Campania, dove il raccordo avviene in sede di commissioni consiliari; della Toscana, dove il rapporto con le forze sociali è garantito, in sede di Consiglio regionale, tramite l’attività delle commissioni e in sede di Giunta, attraverso un apposito tavolo di concertazione. Quest’ultima ipotesi è prevista anche in Umbria e si attiva in riferimento a tutti gli atti di programmazione regionale. La istituzione di una pluralità di tavoli settoriali, sulla base di una specifico protocollo di intesa sulla concertazione, è invece documentata dal Veneto. In Piemonte, infine, presso la Giunta è in corso di insediamento un apposito Comitato per le attività produttive, costituito nell’ambito della Conferenza regione-autonomie locali.
Nelle altre realtà regionali (Basilicata, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta) esistono organismi specifici di raccordo con il tessuto economico e sociale della regione, che generalmente prendono il nome di “Consiglio regionale dell’economia e del lavoro” ed hanno per lo più una funzione consultiva in materia di programmazione e sviluppo economico e sociale. E’ possibile tuttavia individuare per ogni regione caratteristiche peculiari in ordine sia alla composizione dell’organo, sia all’attività svolta.
Nelle Marche, ad esempio, c’è un obbligo della Giunta a consultare il Comitato in tema di programma regionale di sviluppo e bilancio e il Comitato ha venti giorni di tempo per esprimere il parere, trascorsi i quali la regione può procedere prescindendo dall’intervento del Consiglio economico-sociale. Agli organismi di raccordo con le forze sociali sono riconosciuti, in genere, anche poteri di proposta nei confronti degli esecutivi regionali.
Da rilevare, anche per questo profilo, come anche i Consigli a rappresentanza economico-sociale risultino ancorati prevalentemente, sia organizzativamente che funzionalmente, alle Giunte regionali, presso le quali sono normalmente insediati.
Per talune realtà è segnalata, inoltre, anche la istituzione di ulteriori organismi concertativi e di consultazione, per lo più a carattere settoriale: ad esempio in Emilia Romagna gli organismi di concertazione sociale sono due, uno per il settore economico, l’altro per il terzo settore; in Valle d’Aosta, invece, il secondo organismo è una Consulta regionale sulla condizione femminile.

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