Se si considera che nell’aprile 2005 si è chiusa la legislatura regionale, può comprendersi perché, nel rapporto che si licenzia, le deroghe temporali rispetto all’anno di riferimento – il 2004 – siano più frequenti di quanto non si registri nei rapporti che l’hanno preceduto. In alcuni capitoli è stato, infatti, pressoché inevitabile che la trattazione, da un lato, si estendesse ai primi mesi dell’anno successivo, d’altro lato, si volgesse all’intero quinquennio, per azzardare le linee di un primissimo bilancio.
Si è trattato – com’è noto – di un quinquennio particolarmente intenso. Nel quale i temi delle riforme hanno rivestito un’incontestabile centralità. In una prima fase, si è trattato dell’attuazione delle riforme amministrative “a costituzione invariata” e del dibattito sulla riforma costituzionale annunciata; nella seconda fase, il tema della riforma costituzionale realizzata si è intrecciato con quello della riforma della riforma, il cui tortuoso cammino ha avuto inizio contemporaneamente all’entrata in vigore della prima.
Tutto ciò si è riverberato sulla produzione normativa regionale (che costituisce l’oggetto centrale del rapporto). La quale ha gradualmente sperimentato un radicale mutamento delle coordinate fondamentali di riferimento.
All’inizio della legislatura, le novità erano quelle prodotte dalla l.cost. 1/1999, che – com’è noto – ha dato vita ad una radicale modifica degli equilibri istituzionali all’interno delle Regioni. Ci si riferisce alla trasformazione della forma di governo (ed alla conseguente perdita, da parte dei Consigli regionali, della centralità che era loro precedentemente propria). Sul piano della normazione, il mutato equilibrio ha trovato il proprio terreno di elezione nella lettura inizialmente affermatasi della nuova disciplina della competenza regolamentare. Non è, infatti, casuale che, all’indomani dell’entrata in vigore della legge costituzionale di riforma, le Regioni, dall’abrogazione della norma che riservava la competenza predetta alle assemblee legislative, abbiano inferito lo spostamento della titolarità della medesima, in capo alle Giunte. Al che è conseguita un’autentica “riscoperta” della fonte corrispondente. Che ha trovato immediata espressione nella crescita esponenziale degli atti ad essa ascrivibili, rispetto agli atti legislativi.
A partire dal 2002, il tema fondamentale è stato quello delle nuove competenze legislative regionali, per effetto del “rovesciamento” dell’enumerazione. Un tema reso estremamente complesso dalla natura della nuova disciplina costituzionale. La quale, pur avendo apparentemente ripudiato tecniche di riparto disponibili dal legislatore centrale, ha rapidamente mostrato virtualità, per molti, inattese. Ci si riferisce alla potenzialità espansiva delle competenze statali di tipo finalistico (non lontane dal modello tedesco della konkurrierende Gesetzgebung) ed a quella della disciplina delle funzioni amministrative. Quanto alla seconda, è noto che la legge costituzionale che l’ha dettata, affidando, per intero, l’allocazione delle competenze corrispondenti ad una disciplina di principio, ha aperto una breccia nel principio della tassatività delle attribuzioni legislative dello Stato. Una breccia, che la Corte ha fatto valere in tutta la sua estensione (e, forse, anche al di là di essa).
Nella fase finale, una posizione centrale è stata assunta dall’elaborazione statutaria, che, nell’approssimarsi della scadenza elettorale, ha registrato una notevole accelerazione.
A tutto questo si è aggiunto l’intervento del legislatore statale, in sede di attuazione della Costituzione novellata, con evidenti riflessi sulla legislazione regionale. Si pensi, da un lato, alla disciplina dettata dalla legge La Loggia (la l. 131/2003) in materia di competenza concorrente; d’altro lato, ai principi posti dalla l. 165/2004, che ha fissato le coordinate entro cui è stata chiamata ad operare la potestà legislativa elettorale riconosciuta alle Regioni dalla l.cost. 1/1999.
Se si mettono insieme tutti questi tasselli, può agevolmente constatarsi che la transizione dalla vecchia alla nuova disciplina costituzionale, pur non essendo giunta a conclusione (si pensi alla persistente latitanza di norme attuative strategiche, come quelle in materia di finanza e di funzioni fondamentali degli enti locali), ha fatto indiscutibili passi in avanti, contribuendo a precisare le coordinate basilari di un ambiente istituzionale profondamente diverso da quello con cui si era aperta la legislatura.
Ma le dinamiche sviluppatesi nel quinquennio non si sono svolte solo all’insegna della discontinuità con il passato. Ciò è, in particolare, confermato dai processi di razionalizzazione della produzione normativa: dalla semplificazione, al riordino, alle procedure di valutazione. Processi, che, avviati prima della riforma del titolo V, sono proseguiti successivamente.
Nel rapporto che si licenzia, l’intreccio tra gli elementi passati in rassegna è dipanato nelle sue componenti fondamentali. Le sezioni in cui il rapporto si articola affrontano, in particolare: la tematica del riordino legislativo (Aida G. Arabia), quella dei rapporti tra Giunte e Consigli regionali (Laura Ronchetti), le questioni poste sul tappeto dall’elaborazione degli statuti e dalle leggi regionali di tipo istituzionale (Antonio Ferrara), le procedure di consultazione istituzionale e sociale (Paolo Zuddas), il nodo dei rapporti tra le Regioni e l’UE, con riferimento alla fase ascendente ed alla fase discendente dei processi di decisione (Letizia R. Sciumbata). Esso si confronta, inoltre, con la problematica specifica che si pone in settori, non solo, nevralgici, ma anche ad enorme complessità sistemica, come l’agricoltura (Carlo Desideri), la sanità (George France) e la finanza (Enrico Buglione). Un quadro d’insieme dell’intera legislatura è offerto, infine, dal focus che precede le sezioni di cui s’è detto (curato anch’esso da Aida G. Arabia).

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione 2004-2005

INTRODUZIONE (Antonio D'Atena)

Menu

Contenuti