AVVERTENZA: Relazione tenuta dall’autrice - docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Lisbona, già deputata dell’Assemblea della Repubblica portoghese ed ex parlamentare europea – nel Convegno ISSiRFA-Tor Vergata, I cantieri del federalismo in Europa, Roma, Camera dei Deputati, Sala delle colonne, 25.6.2007.
 
 
Sommario:
5.     Conclusioni
 
 
 
1.          Considerazioni generali
 
Nonostante il titolo della conferenza faccia riferimento al regionalismo portoghese, presupponendo che lo Stato portoghese sia stato regionalizzato, in realtà non è così. In effetti, il Portogallo ha solo due regioni, corrispondenti ai suoi arcipelaghi nell’oceano Atlantico. Nella parte continentale del paese, la regione prevista nella Costituzione sin dal 1976 non fu mai istituita.
Quindi, forse dovremmo parlare, per essere più rigorosi, del mancato regionalismo portoghese.
E’ curioso che il decentramento amministrativo in Portogallo sia stato applicato a un livello più basso di potere (il comune) e non a un livello intermedio. Pertanto analizzeremo, in modo necessariamente generico, i principali passi compiuti verso una regionalizzazione insulare e quelli non dati verso una regionalizzazione del territorio continentale.
 
2.          Note sulla storia del pensiero politico federalista portoghese
 
Si può affermare che, nell’ambito del regime politico portoghese attuale, sin dall’entrata in vigore della Costituzione del 1976, e anche considerando le particolari circostanze dei territori di Macao e di Timor Est, non furono mai presentate pubblicamente proposte di federalizzazione del potere, ritenendosi sempre, al contrario, generalmente superfluo operare discontinuità e ripartizioni del potere politico nazionale, al fine di rispettare l’omogeneità linguistica ed etnica portoghesi e le ridotte dimensioni geografiche e demografiche del paese.
L’assenza del federalismo nell’ordinamento giuridico-costituzionale portoghese attuale non risulta soltanto dalla Costituzione vigente ma anche da tutte, o quasi tutte, le Costituzioni portoghesi precedenti (1).
Nella storia moderna del paese, il tema del federalismo fu, tuttavia, sin dal 1820 oggetto di svariati progetti e di numerose idee, che, come è noto, non furono poi realizzati.
L’assenza di una qualsivoglia realizzazione storica concreta del federalismo nel nostro paese, persino in epoca coloniale, implica una mancanza di abitudine e di esperienza di una situazione in cui il potere risulti disperso, tanto da ostacolare persino l’istituzione delle Regioni amministrative, previste nella Costituzione del 1976.
Sebbene non si possano porre federalismo e regionalizzazione sullo stesso piano, e l’avversione contro il primo non abbia nulla a che vedere con l’avversione contro la seconda, è un dato di fatto che, sia prima sia dopo il 25 aprile 1974, i progetti e le idee federaliste e regionaliste non riuscirono ad avere la meglio, nemmeno a proposito della costruzione europea.
Molto diversi tra loro sono stati i progetti federalisti sostenuti in Portogallo. “Non contemplavano soltanto forme di associazione con le antiche colonie o i possessi d’oltremare, o una qualche variante di federazione iberica (nella sua accezione repubblicana raramente concepita come un fine in sé, ma piuttosto come uno strumento per rafforzare i vincoli di associazione europea oltre la Penisola), ma anche progetti di federalizzazione del paese, assunti non solo da figure minori, isolate e dimenticate, e da oscure sette politiche, ma da intellettuali i cui nomi sono noti a qualsiasi studioso della civiltà portoghese, e da movimenti politici che hanno lasciato la loro impronta nella storia del paese” (2).
La politica coloniale portoghese, in modo simile a quella francese, fu sempre dominata dall’integrazionismo. Possiamo ricordare, ad esempio, che, tra il 1821 e il 1973, vi fu sempre una rappresentanza, anche se limitata, delle colonie o delle province d’oltremare (3) nel Parlamento nazionale, al contrario di quanto avveniva nel sistema britannico.
Il modello britannico, tuttavia, ha ispirato alcune correnti che preconizzavano una maggiore autonomia per le colonie, come fu il caso dei professori di Diritto di Coimbra: MARNOCO E SOUSA, NOBRE DE MELO e RUY ULRICH (4).
JOSÉ DE MACEDO, repubblicano e federalista, difese una Confederazione angolana autogovernata (5), in un progetto relativamente completo, che non sarà minimamente considerato.
Anarchici e anarchico-sindacalisti arrivarono sino a difendere la sostituzione del dominio coloniale portoghese e dello Stato unitario nazionale con uno Stato federale, che avrebbe permesso di mantenere le relazioni economiche e politiche delle ex colonie con l’antica metropoli, su una base però paritaria e di reciproco rispetto «tra tutte le etnie nazionali» (6).
Successivamente, MARCELO CAETANO sarà considerato un federalista per aver difeso, in una riunione del Consiglio ultramarino 1962, la creazione degli Stati Uniti Portoghesi (Portogallo, Angola e Mozambico), una federalizzazione del rapporto tra province d’oltremare e governo centrale per le questioni relative alla difesa e alle relazioni esterne, nonché per il coordinamento macroeconomico (7).
Proposte simili erano state sostenute da CUNHA LEAL, un anti-colonialista che difese l’immediato riconoscimento, da parte del Portogallo, del principio di autodeterminazione (8).
Nel 1971, nell’ultima revisione costituzionale della Costituzione del 1933, MARCELLO CAETANO, allora già Presidente del Consiglio, promosse l’introduzione della figura della regione autonoma, volta a inquadrare i territori d’oltremare (9). L’autonomia allora delineata non si rivelerà prolifica, a causa della mancanza di un contesto democratico.
L’opera, generalmente considerata come elemento scatenante della rivoluzione del 25 aprile 1974, diede corpo alla proposta federalista ch’ebbe più successo in Portogallo, ma che non riuscì a concretarsi. Si tratta del libro, pubblicato all’inizio del 1974, Portugal e o Futuro, del generale ANTÓNIO DE SPINOLA, che preconizzava la creazione di una comunità federale dei territori portoghesi. L’impatto ch’ebbe tale opera sulla guerra coloniale, che durava ormai dal 1961, fu essenzialmente quello di capire che non era possibile una soluzione puramente militare. Tuttavia, la soluzione politica da lui caldeggiata non riuscì ad essere sperimentata, a causa della proclamazione dell’indipendenza delle province d’oltremare, preceduta dal trasferimento dei poteri ai movimenti di liberazione nazionale.
Oltre alle idee difese durante la storia coloniale portoghese, ci fu anche chi sostenne un federalismo iberico, come ALMEIDA GARRETT, 1830, SAMPAIO BRUNO 1885, TEIXEIRA BASTOS 1894, HENRIQUES NOGUEIRA 1851, SEBASTIÃO DE MAGALHÃES LIMA, 1924.
La corrente repubblicana federalista iberica si esaurì alla fine del secolo scorso.
Nel ventesimo secolo, e dopo la seconda Guerra mondiale, con il movimento d’integrazione europea, emergono correnti federaliste che preconizzano un’Unione europea fondata su di una federazione o confederazione di Stati.
In Portogallo, che rimase al margine di tale processo almeno sino al 1974, poche furono le voci che si levarono per difendere il federalismo europeo. Il CDS, di FREITAS DO AMARAL e di FRANCISCO LUCAS PIRES, fu il primo partito euro-federalista a entrare nel Partito Popolare Europeo, che abbandonò per decisione di MANUEL MONTEIRO. Solo successivamente il PPD/PSD abbandonò l’ELDR, federazione liberale, democratica e riformista, per entrare, grazie a MARCELO REBELO DE SOUSA, nel PPE.
 
Poi, anche in Portogallo si costituì un Movimento europeo, di matrice federalista, di cui fanno parte personalità importanti provenienti da vari settori dello spettro politico-partitico portoghese, come MÁRIO SOARES.
A livello puramente interno, ricordiamo che è dalla ricostruzione liberale della Pubblica Amministrazione degli anni trenta del diciannovesimo secolo, concepita da MOUZINHO DA SILVEIRA, che il pensiero politico portoghese si è occupato del centralismo, sia proponendone un’attenuazione sia difendendo modelli alternativi di devoluzione amministrativa e/o politica, di regionalizzazione e di federalizzazione, mettendo in dubbio, in alcuni casi, la stessa unità dello Stato (10).
Tali modelli alternativi, come osserva HERMÍNIO MARTINS — furono elaborati da tutte le correnti, “a destra e a sinistra, dai repubblicani e dai monarchici, dai riformisti e dai rivoluzionari, dai democratici e dagli antidemocratici, dai cattolici e dai secolaristi. Diversi sono stati i fondamenti di queste nuove entità politiche. Sono stati territoriali o funzionali: province e freguesias, comuni e regioni, organismi corporativi, associazioni di lavoratori (sindacati e altre associazioni), comuni anarchico-sindacaliste, cooperative di vario genere (o persino una miscela di tutti questi elementi, incluse combinazioni di associazioni territoriali od occupazionali). Non è un’esagerazione affermare che praticamente tutti i pensatori politici portoghesi degni di nota a partire dagli anni venti del diciannovesimo secolo sino a tempi più recenti hanno sottoscritto una o più di queste alternative al centralismo dell’organizzazione politica e amministrativa” (11). (corsivo dell’autore)
E’, d’altronde, un tratto comune del pensiero politico portoghese, nell’ultimo secolo e mezzo, un rifiuto di un modello di Stato centralizzato, anche considerando lo Stato corporativo.
L’assenza di corpi intermedi tra il singolo individuo e lo Stato nell’Antico Regime e dopo la rivoluzione, è probabilmente una delle ragioni delle “lamentele generalizzate contro la negligenza con cui sono trattate le questioni locali, della «tutela» soffocante dell’amministrazione pubblica, dell’anemia della vita pubblica e dell’assenza di partecipazione, trasparenza e responsabilizzazione della politica” (12), lamentele che d’allora sono rimaste una costante sino ai giorni nostri, e che si sono manifestate nel dibattito pubblico e nella campagna per il referendum sulla regionalizzazione tenutosi nel 1998 (di cui parleremo più avanti).
Delle proposte di riorganizzazione politica portoghese nelle quali è stata difesa la questione della federalizzazione in senso lato, indicato in precedenza, possiamo sottolineare gli Estudos sobre a Reforma em Portugal, 1851 di HENRIQUES NOGUEIRA.
La sua proposta di riorganizzazione si basava su nuove unità territoriali, i comuni, che dovevano fondarsi, se possibile, su ripartizioni storiche accolte già da molto tempo. Tali comuni dovevano disporre di un’ampia autodeterminazione con assemblee direttamente elette, che si sarebbero dovute tramutare in vere e proprie scuole di virtù civiche, motivo questo costante nel repubblicanesimo. In quanto all’economia, essa doveva essere amministrata a livello locale da cooperative di produttori e di consumatori, fornendo anche i servizi relativi alla previdenza sociale, all’istruzione e agli alloggi. L’autonomia comunale non sarebbe dovuta risultare dall’esclusione dell’interferenza del governo centrale nelle faccende locali, ma dal principio per cui quest’ultimo non avrebbe dovuto essere tenuto ad immischiarsi in questioni che potevano e dovevano essere trattate a livello locale. Ora, sarà per questo motivo che si fa riferimento a HENRIQUES NOGUEIRA, come un difensore ante litteram del principio di sussidiarietà, senza tuttavia nominarlo (13).
Un’altra generazione di socialisti portoghesi fu influenzata da PROUDHON. Tra questi emergono ANTERO DE QUENTAL e OLIVEIRA MARTINS, che sostenevano un federalismo non soltanto territoriale o politico, ma integrale, nel senso di comprendere tutte le fattispecie di associazioni volontarie.
Più tardi, ANTÓNIO SÉRGIO, che si considerò un federalista funzionale, difese le cooperative di consumo come il grande motore di una progressiva socializzazione dell’economia e dell’eliminazione dell’influenza della ricchezza e della proprietà in politica.
Con il repubblicanesimo, emergono proposte di federalizzazione o municipalizzazione con ALVES DA VEIGA che, in Política Nova 1911, elaborò alcune proposte più radicali per la Repubblica Federale di Portogallo e con MAGALHÃES DE LIMA, relatore della commissione eletta dall’Assemblea Costituente del 1911 per elaborare il progetto di Costituzione. Tuttavia, tale progetto non fu considerato, essendo prevalso nella Costituzione del 1911, il pensiero di AFONSO COSTA.
 
Inoltre, la Costituzione del 1911, una delle più brevi tra quelle portoghesi, fu la prima a proclamare che il Portogallo è uno Stato unitario, forse per impedire i progetti federalisti (14). Tale proclamazione restò, poi, nelle Costituzioni successive.
 
 
3.          La creazione delle regioni autonome delle Azzorre e di Madera 
 
Curiosamente, nessuna proposta di natura federalista giunse all’Assemblea Costituente del 1975, che, benché confermasse il carattere unitario dello Stato, introdusse il concetto di regioni autonome per gli arcipelaghi delle Azzorre e di Madera, riprendendo, in tal modo, il concetto che, nella revisione del 1971 della Costituzione del 1933, era stato applicato alle province d’oltremare.
Furono così istituite, dalla Costituzione del 1976, le regioni autonome delle Azzorre e di Madera.
L’articolo 225, comma uno, stabilisce che gli arcipelaghi delle Azzorre e di Madera devono disporre di un regime politico-amministrativo proprio, motivato dalle loro caratteristiche geografiche, economiche, sociali e culturali, e dalle storiche aspirazioni autonomiste delle popolazioni isolane.
Tale autonomia non incide sull’integrità della sovranità dello Stato e si esercita nell’ambito della Costituzione (articolo 225 comma tre).
Le regioni autonome sono persone giuridiche territoriali, dotate di statuti politico-amministrativi propri e con un’ampia autonomia politica, legislativa e amministrativa.
L’evoluzione si sentì soprattutto nell’ambito del controllo politico centrale e in una maggior o minor estensione della competenza legislativa regionale. Su questi punti finì per concentrarsi l’attenzione, dando luogo alle modifiche apportate nell’ambito delle successive revisioni costituzionali (15).
Attualmente, esiste un Rappresentante della Repubblica per ciascuna regione autonoma, e non un Ministro della Repubblica, e l’autonomia legislativa passa a incidere sulle materie enunciate nel rispettivo statuto politico-amministrativo che non siano riservate agli organi centrali (articolo 228, comma uno).
Per alcuni autori, fu la discontinuità territoriale geografica che permise di stabilire il regime autonomico, mentre fu, al contrario, la cooperazione di strategie partitiche che permise un’evoluzione nel processo autonomico.
Recentemente, inoltre, si verificò un braccio di ferro a causa della finanziaria regionale tra il Governo centrale e il Governo regionale di Madera, che provocò lo scioglimento dell’assemblea regionale ed elezioni, che finirono per rafforzare la maggioranza del Partito socialdemocratico, che forma il governo regionale da più di trent’anni.
 
 
4.      Il fallimento del processo di regionalizzazione del territorio continentale del paese
 
Dal 1976, la Costituzione prevede come categorie di enti locali oltre alle freguesias e ai comuni, le Regioni amministrative (si veda l’articolo 236, comma uno).
Si arrivò persino a includere un capitolo sulle Regioni amministrative (oggi articoli da 225 a 262). In una disposizione transitoria, ancora in vigore, la Costituzione stabilisce che, fino a quando non saranno concretamente istituite le Regioni amministrative, sarà conservata la ripartizione distrettuale (articolo 291).
La regionalizzazione, essendo un imperativo costituzionale, fu inserita almeno per due volte nell’agenda politica, tra il 1976 e il 1997, seppure senza successo.
Il nome di DIOGO FREITAS DO AMARAL, celebre amministrativista portoghese, rimane legato a una prima iniziativa negli anni ottanta.
Negli anni novanta, fu approvata la Legge-Quadro sulle Regioni amministrative (Legge n. 56/91 del 13 agosto), che ancora oggi sussiste nell’ordinamento giuridico portoghese.
Successivamente, nel 1995, il PSD, che era stato alla base dell’iniziativa politica precedente, elaborò, sotto la guida di MARCELO REBELO DE SOUSA, un altro amministrativista, una strategia di lotta contro la regionalizzazione, allora capeggiata dal governo socialista, riuscendo a operare una revisione costituzionale (la quarta, nel 1997, che modificò l’iter per l’istituzione delle regioni, introducendo una consultazione diretta degli elettori (16).
Il processo di regionalizzazione, nel divenire più complesso e più rigido dal punto di vista costituzionale, si rivelò difficile, se non impossibile, da realizzare.
E così il tema della regionalizzazione fu ritirato dall’agenda politica grazie al referendum realizzato l’8 novembre del 1998, i cui risultati negativi implicarono, pertanto, un rinvio dell’istituzione delle Regioni amministrative (17) ed eventualmente, in futuro, lo stralcio delle Regioni amministrative dal dettato costituzionale, anche se nessuno lo abbia ancora formalmente proposto (18).
Nel frattempo, esistono le disposizioni costituzionali relative alle Regioni amministrative, nonché gli atti legali che le costituiscono (19) e che ne definiscono gli organi e i poteri (20).
Ossia, la regione è ancora prevista nella Costituzione come categoria di ente locale (articolo 236, comma 1). Inoltre, le regioni furono già simultaneamente create per legge, definendone anche i poteri, la composizione, la competenza e il funzionamento degli organi.
Esiste pertanto un’istituzione costituzionale legale della regione amministrativa portoghese.
Il fatto che la maggioranza dei cittadini elettori si sia pronunciata contro l’istituzione delle regioni in generale e di ciascuna di esse in particolare (salvo l’Alentejo) non permette di trarre altre conseguenze giuridiche che non siano la mancata istituzione effettiva e concreta delle regioni.
Per curioso che possa essere il regime costituzionale relativo all’attivazione delle Regioni amministrative, è indubbio, come ha anche sottolineato la Corte costituzionale, che il referendum “ricade sull’istituzione concreta delle Regioni amministrative. E ricade soltanto su questa materia” (21), poiché “domandare ai cittadini elettori censiti sul territorio nazionale se «sono a favore dell’istituzione concreta delle Regioni amministrative» significa chiedere loro se sono d’accordo con la messa in funzione delle Regioni amministrative create dalla Legge n. 19/98 del 28 aprile, di cui organi e competenze sono definiti nella Legge n. 56/91 del 13 agosto, come si ricava dall’aggettivo «concreta» di questa formula. E domandare ai cittadini elettori censiti in ciascuna di queste regioni se «sono a favore dell’istituzione concreta della regione amministrativa della loro circoscrizione elettorale» significa chiedere loro se vogliano che la regione in cui rientra la loro zona di residenza sia attivata” (22).
“I quesiti rivestono effettivamente soltanto i significati che sono stati loro attribuiti”, essendo certo che “la piena comprensione di detti quesiti presuppone una conoscenza minima delle leggi menzionate e, segnatamente, della Legge n. 19/98 (23).
“Sarà, ovviamente, necessario che, durante la campagna, gli elettori siano informati su cosa siano le Regioni amministrative in concreto, create dalla Legge n. 19/98, con gli organi e i poteri definiti dalla Legge n. 56/91 e che non si sta parlando di Regioni amministrative secondo l’idea astratta che ciascuno può avere, né del principio di regionalizzazione stesso” (24).
La Corte considerò in tal modo verificata la costituzionalità e la legalità del referendum proposto dall’Assemblea della Repubblica (25).
Fintanto che non sarà esplicitamente abrogata la cosiddetta legge-quadro sulle Regioni amministrative, essa resterà valida, e dovrà essere considerata come una legge vigente nell’ordinamento giuridico, anche se non applicata per mancanza dell’oggetto, o meglio della concretazione dell’oggetto in questione.
 
 
5.         Conclusioni
 
La regionalizzazione è un tema che divide in Portogallo, paese piccolo con una forte coesione culturale, seppure con asimmetrie pronunciate tra l’interno e il litorale, tra il nord e il sud, che rende difficile arrivare a un consenso sulla mappa della regionalizzazione. Nel frattempo, la mancata istituzione delle regioni continua a rivelarsi un problema importante, per motivi diversi, che vanno dall’integrazione europea alla cooperazione transfrontaliera con la Spagna.
 
Esistono pareri diversi sull’inadempimento costituzionale, con alcuni che sostengono il ricorso all’incostituzionalità per omissione oppure la revoca pura e semplice dei precetti costituzionali relativi alle regioni. Vi è anche chi non desiste dall’obiettivo, e attualmente si sta osservando una recrudescenza delle iniziative a difesa della creazione delle regioni.
Ad ogni modo, è curioso che la Costituzione contempli e disciplini in dettaglio un’entità che dopo trent’anni non si è ancora riusciti a istituire.
 
 
NOTE
 
(1)             Secondo JORGE MIRANDA, si tratta di una costante del diritto costituzionale portoghese l’unità del potere politico, con un maggiore o minore decentramento, anche se la locuzione «Stato unitario» appare soltanto a partire dalla Costituzione del 1911. Solo la Costituzione del 1822 (si veda l’articolo 20) delinea un’unione reale con il Brasile, sotto il nome di Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarve. Tuttavia, tale Unione reale risultava relativamente imperfetta, poiché non contemplava un’assemblea parlamentare specifica brasiliana, e fu poi superata, ancora prima della sua approvazione finale, dalla dichiarazione d’indipendenza del Brasile. A parte questo caso, in Portogallo non ci fu se non un’applicazione tendenziale dei principi di specializzazione e di decentramento legislativi ai territori d’oltremare nelle Costituzioni del 1838, 1911 e 1933 e nell’Atto Addizionale alla Carta, del 1852, Manuale di Diritto Costituzionale, tomo III, 4ª edizione, 1998, p. 227 et seq., e Decreto, Coimbra, 1974, p. 42 et seq.
(2)             HERMÍNIO MARTINS, “O federalismo no pensamento político português”, in Penélope, Portugal e a unificação europeia, nº 18, 1997, p. 14. L’autore con il termine “federalismo” intende il confederalismo, il federalismo strictu sensu, il municipalismo e il regionalismo.
(3)             I territori sotto sovranità portoghese al di fuori dell’Europa hanno adottato la denominazione di provincia d’oltremare nelle Costituzioni liberali: Costituzione del 1822 (articoli 74°, 85°, 117° e 162°); Costituzione del 1838 (articolo 137°); Carta Costituzionale del 1826 — 1º Atto Addizionale alla Carta (1852) — articolo 15°; Costituzione del 1911 (articolo 67°) e la designazione di colonie, con l’Atto Coloniale del 1930 che fa parte della Costituzione del 1933 sino alla revisione del 1951, v. JORGE MIRANDA, Manual de Direito Constitucional, torno III, 4ª edizione, 1998, p. 234, nota 2.
(4)             V. JOSÉ FERREIRA MARNOCO E SOUSA, Administração Colonial, Lisbona, 1907; MARTINHO NOBRE DE MELO, Administração Colonial, Lisbona, 1917; e RUY ENNES ULRICH, “Colonizações ibéricas”, in A Questão Ibérica, Lisbona, 1916.
(5)             JOSÉ DE MACEDO, Autonomia de Angola, 1910, Lisbona.
(6)             V. HERMÍNIO MARTINS, op. cit., p. 22 e 23.
(7)             V. HERMÍNIO MARTINS, op. cit., p. 23
(8)             Ibidem.
(9)          La revisione costituzionale del 1971 stabilì che “lo Stato portoghese è unitario, potendo includere regioni autonome con un’organizzazione politico-amministrativa adeguata alla loro situazione geografica e alle condizioni del rispettivo ambiente sociale” (si veda l’articolo 5° della Costituzione del 1933). Si veda MARCELLO CAETANO, História Breve das Constituições Portuguesas, 3ª edizione, Lisbona, 1971, p. 134. Si veda Parere nº 22/X della Camera Corporativa, Relatore AFONSO RODRIGUES QUEIRÓ, in Pareceres, Câmara Corporativa (X Legislatura), Anno 1971 (vol. II), Lisbona, 1972, p. 53 a 56, 69 a 76.
               Per ANDRÉ GONÇALVES PEREIRA, le province d’oltremare, anche se possono essere designate come Stati (ai sensi dell’articolo 133° della Costituzione con la revisione del 1971), non costituiscono stati dal punto di vista della scienza politica, affermando che il “Portogallo non è uno stato federale”, Administração e Direito Ultramarino, Lisbona, 1972, p. 359, p. 177-181).
(10)          V. HERMÍNIO MARTINS, op. cit., p. 34 et seq.
(*)          Unità amministrativa locale, circondario o circoscrizione. (N.d.T.)
(11)        V. HERMÍNIO MARTINS, op. cit., p. 34
(12)        V. HERMÍNIO MARTINS, op. cit., p. 35.
(13)        Si veda HERMÍNIO MARTINS. op. cit.. p. 36.
(14)        Per GOMES CANOTILHO, il rifiuto stesso da parte della Costituente della formula “Repubblica Democratica” a favore di “Stato Unitario” era fondato sulla necessità di negare accoglienza all’idea federalista, in Direito Constitucional e Teoria da Constituição, Coimbra, 1998, p. 161.
(15)        Si veda, infine, CARLOS BLANCO DE MORAIS, “O Défice estratégico da ordenação constitucional das autonomias regionais”, in Revista da Ordem dos Advogados, III, Anno 66, Lisbona, Dicembre 2006, p. 1153-1186.
(16)        V. ANTÓNIO CÂNDIDO DE OLIVEIRA, “As regiões administrativas, a Constituição e o referendo”, in Estudos Jurídicos e Económicos em Homenagem ao Prof. Doutor António de Sousa Franco, Ed. Faculdade de Direito da Universidade de Lisboa, Coimbra Editora, 2006, p. 172-185
(17)        Ai sensi dell’articolo 256° della Costituzione, nella redazione che gli fu data dalla revisione costituzionale del 1997, e a seguito della proposta dell’Assemblea della Repubblica (Risoluzione dell’Assemblea della Repubblica nº 36-B/98, in D.R. (Gazzetta ufficiale), 1 Série-A, nº 148, Supl., del 30 giugno 1998, distribuito il 7 luglio) fu deciso dal Presidente della Repubblica di tenere l’8 novembre 1998 un referendum sull’istituzione concreta delle Regioni amministrative, con due quesiti: a) il primo rivolto a tutti i cittadini elettori recensiti nel territorio nazionale, con la seguente formulazione: “Siete a favore dell’istituzione concreta delle Regioni amministrative?”; b) il secondo, rivolto ai cittadini elettori recensiti in ciascuna delle regioni istituite dalla Legge nº 19/98, del 28 aprile, con la seguente formulazione: Siete a favore dell’istituzione concreta della regione amministrativa in cui si trova la vostra circoscrizione elettorale?
               Presentata la proposta di referendum al controllo previo di costituzionalità e di legalità, la Corte costituzionale si è pronunciata con la Sentenza nº 532/98 (Proc. nº 757/98), in D.R, 1 Serie-A, nº 174, del 30 luglio 1998.
               La mappa con il risultato del referendum nazionale dell’8 novembre 1998 fu pubblicata nella Gazzetta ufficiale, I Serie-A, nº 294, del 22 dicembre 1998, p. 7080 e 7081. In quanto al quesito di portata nazionale: “Siete a favore dell’istituzione concreta delle Regioni amministrative?” la percentuale di voti a favore è stata del 36,48% e contro del 63,52%. In quanto al quesito di portata regionale: « Siete a favore dell’istituzione concreta della regione amministrativa in cui si trova la vostra circoscrizione elettorale?», i no furono superiore ai sì in sette regioni. Nell’Alentejo, il sì ottenne il 50,69% dei voti e il no il 49,3 1% dei voti.
(18)        Sulle vicissitudini della regionalizzazione amministrativa miseramente fallita, si veda AFONSO D’OLIVEIRA MARTINS, “La descentralización territorial y Ia regionalización administrativa en Portugal”, in Documentación Administrativa nº 257-258, Madrid, Maggio-Dicembre 2000, p. 105-108 e bibliografia indicata a p. 109 (punto IV).
(19)        Si veda la Legge nº 19/98, del 28 aprile, legge che istituisce le Regioni amministrative che, ai sensi del suo articolo 1º, nº 1, crea le Regioni amministrative che, secondo l’articolo 2°, nel territorio continentale, sono le seguenti:
a) Regione di Entre Douro e Minho;
b) Regione di Trás-os-Montes e Alto Douro;
c) Regione di Beira Litoral;
d) Regione di Beira Interior;
e) Regione di Estremadura e Ribatejo;
f) Regione di Lisboa e Setúbal;
g) Regione dell’Alentejo;
h) Regione dell’Algarve.
(20)        Ai sensi dell’articolo 1º, nº 1, della Legge nº 19/98, già citata, i poteri, la composizione e la competenza delle Regioni amministrative, nonché il funzionamento dei loro organi constino nella Legge nº 56/91, del 13 agosto (Legge-Quadro delle Regioni amministrative).
(21)        Si veda la Sentenza della Corte costituzionale nº 532/98, cit., D.R., cit., p. 3660-(l8).
(22)        Ibidem.
(23)        Ibidem.
(24)        Ibidem.
(25)        Anche i giudici che votarono convinti su alcune delle conclusioni, non omisero di riconoscere che le regioni sono una creazione costituzionale. Infatti, afferma il Giudice PAULO MOTA PINTO. “è certo che dal quesito è escluso alcun significato che alluda all’approvazione del principio astratto della regionalizzazione in sé”. E il Giudice MARIA FERNANDA PALMA, “l’istituzione concreta delle regioni è l’oggetto di detta consultazione, in quanto contrapposta alla sua creazione in astratto dalla legge sulla creazione delle regioni. ... Dall’oggetto del referendum previsto nell’articolo 256°, nº 1, della Costituzione, è esclusa la creazione stessa delle regioni”.

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