a cura di Laura Ronchetti

Diritto all’abitare e autonomie territoriali

 

Le Regioni ordinarie affermarono l’esistenza di un diritto al bisogno primario di un posto dignitoso dove vivere ben prima che la giurisprudenza costituzionale riconoscesse un vero e proprio diritto all’abitazione quale diritto sociale fondamentale.  Già tre Statuti ordinari del 1971 (Calabria, Puglia, Umbria) prevedevano il diritto all’abitazione in modo espresso e dieci ricomprendevano la abitazione o la casa tra i servizi sociali da assicurare. 

In seguito alla regionalizzazione delle politiche abitative a partire dal 1998 (con il dlgs. n. 112) emerse una “nuova” materia di competenza regionale - l’edilizia residenziale pubblica – “avente una sua consistenza indipendentemente dal riferimento all’urbanistica e ai lavori pubblici” (Corte cost., sent. n. 27 del 1996).

Dopo il 2001 tale materia si estende su tre livelli normativi (Corte cost., sent. n. 94 del 2007).

Allo Stato spetta la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti nonché la fissazione di principi che valgano a garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale (sent. n. 486 del 1995), comprensiva della determinazione di carattere soggettivo delle categorie sociali cui è riconosciuta una posizione preferenziale rispetto a tutte le altre (sent. n. 121 del 2010). Lo Stato, inoltre, può attrarre a sé la competenza legislativa in tema di «programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse a livello nazionale». (sent. n. 166 del 2008).

Ricade, invece, nella materia concorrente «governo del territorio» la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica (sent. n. 451 del 2006) nell’ambito della quale “le Regioni possono esercitare validamente la loro competenza a programmare e realizzare in concreto insediamenti di edilizia residenziale pubblica o mediante la costruzione di nuovi alloggi o mediante il recupero e il risanamento di immobili esistenti” (sent. n. 166 del 2008).

Rientra, infine, nella competenza residuale delle Regioni la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale (sent. n. 94 del 2007).

In applicazione dei principi di sussidiarietà e differenziazione, inoltre, si prevede che i comuni esercitino autonomamente anche le funzioni relative all’istruttoria delle domande di assegnazione degli alloggi e di formazione della relativa graduatoria.

Questo forse è uno dei motivi che spiega perché negli statuti regionali di seconda generazione il diritto all’abitazione sia espressamente previsto soltanto in tre casi (art. 7, comma 2, St. Abruzzo; art. 7, St. Lazio e art. 10 St. Piemonte).  Queste ultime due regioni, peraltro, rientrano tra quelle (insieme a Liguria, Molise e Puglia[1]) che hanno adottato una legge in materia dopo il 2001 citando espressamente il diritto all’abitazione o all’abitare, mentre le altre leggi regionali tutelano il diritto all’assegnazione di alloggi in capo a varie categorie che versano in stato di bisogno.

 

Anche negli ordinamenti regionali si è ritenuto, negli ultimi anni, di dover di riorganizzare il sistema regionale di intervento pubblico nel settore abitativo in particolare promuovendo il sistema dell’edilizia residenziale sociale (ERS) realizzata da soggetti pubblici o privati e volta a garantire il diritto alla casa ai soggetti che non sono in grado di accedere al libero mercato. In base all’intitolazione delle leggi[2], sottoposte a molteplici modifiche successive, tuttavia, in alcune regioni si parla soltanto di “edilizia residenziale pubblica” non solo nelle leggi degli anni Novanta del Novecento (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Toscana e Veneto[3]) ma anche in quelle successive (Basilicata, Lombardia e Molise[4]); in altre regioni, oltre alle precedenti leggi sulla ERP[5], sono state approvate recentemente leggi sull’edilizia sociale (Lazio, Piemonte, Umbria[6]), leggi intitolate ad entrambe le edilizie (Puglia[7]) mentre in altre ci si riferisce a un più ampio intervento nel settore abitativo (Emilia-Romagna e Liguria[8]) o di politiche abitative (Marche[9]).

 

[1] Llrr Lazio n. 21 del 2009; Liguria n. 38 del 2007; Molise n. 17 del 2006; Piemonte n. 3 del 2010; Puglia n. 10 del 2014.

[2] Llrr Lazio n. 21 del 2009; Emilia-Romagna n. 24 del 2001; Liguria n. 38 del 2007, Puglia n. 54 del 1984 e n. 1 del 2003.

[3] Llrr Abruzzo n. 96 del 1996; Calabria n. 32 del 1996; Campania n. 18 del 1997; Puglia n. 10 del 2014; Toscana n. 96 del 1996; Veneto n. 10 del 1996.

[4] Llrr Basilicata n. 24 del 2007; Lombardia n. 27 del 2009, Molise n. 17 del 2006.

[5] Llrr Lazio n. 179 del 1992. Legge n. 13 del 1989.

[6] Llrr Piemonte n. 3 del 2010; Umbria n. 23 del 2003.

[7] Lr Puglia n. 22 del 2014, Riordino delle funzioni amministrative in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale e riforma degli enti regionali operanti nel settore.

[8] Llrr Emilia Romagna n. 24 del 2001; Liguria n. 38 del 2007.

[9] Lr Marche n. 36 del 2005.

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