Il 12 aprile 2016 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge di costituzionale “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” (AC/2613-D).

Il testo della deliberazione, approvato a maggioranza assoluta, è in attesa di pubblicazione a seguito della quale si annuncia una raccolta di firme da parte di parlamentati delle opposizioni e della maggioranza per promuovere il referendum di cui all’art. 138 della Costituzione.

La riforma costituzionale appare alquanto controversa nel dibattito, sia tra i costituzionalisti, sia tra i politici: se, per un verso, sembra soddisfare l’aspettativa per una camera di rappresentanza delle regioni, per l’altro, invece, è accusata di consolidare il neocentralismo realizzato dalla legislazione della crisi, convalidato da una giurisprudenza costituzionale incentrata sul canone del coordinamento della finanza pubblica.

La nuova composizione del Senato, che dovrebbe rappresentare i territori, risulta alquanto problematica, così come i procedimenti legislativi che si sono incrementati con numerose varianti. Il riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni sembra superare la logica del c.d. regionalismo duale, senza approdare, però, al regionalismo cooperativo. Inoltre, le competenze riconosciute alle Regioni possono essere esercitate dallo Stato, attraverso quella che è definita la c.d. “clausola di supremazia”, nella quale primeggiano nuovamente gli “interessi nazionali”. Infine, l’autonomia finanziaria delle Regioni e degli altri enti territoriali è ulteriormente depotenziata sul piano costituzionale e ricondotta interamente alla legge statale.

Resta aperta per le regioni la strada verso un regionalismo asimmetrico, anche se il procedimento prevede condizioni nuove e diverse (art. 116, comma 3); così come si mantiene intatto il novero delle regioni a statuto speciale, per le quali tuttavia è previsto la revisione dei rispettivi statuti. Nel testo delle nuove disposizioni costituzionali scompare la “provincia”; in compenso nelle disposizioni finali si costituzionalizzano i c.d. “enti di area vasta”.

Tra le innovazioni della riforma, oltre alla soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), si sottolinea la modifica del sistema della fiducia parlamentare nei confronti del governo. Infatti, il diverso ruolo delle Camere parlamentari comporta che il voto di fiducia e di sfiducia sia espresso dalla sola Camera dei Deputati e non anche dal Senato. La Camera dei Deputati mantiene la rappresentanza generale (art. 67), anche se le immunità di carattere penale continuano a riguardare tutti i membri del Parlamento. Il presidente della Repubblica è eletto da entrambe le Camere riunite in seduta comune, senza alcuna integrazione nella composizione; ma la palese disparità numerica tra queste è considerata un elemento che può rendere essenzialmente simbolico l’apporto del Senato.

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