Lo studio costituisce l'VIII capitolo del Quarto Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia, Milano, Giuffrè, 2007.

L'impostazione e l'elaborazione del lavoro sono frutto di discussione e decisione comune. Carlo Desideri ha scritto la Sezione I sulla produzione legislativa. Aida Giulia Arabia ha scritto la Sezione II sulla produzione regolamentare.

 
 
INDICE
 
Sezione I - La produzione legislativa
Sezione II – La produzione regolamentare
 
 
Sezione I - La produzione legislativa
 
1. Sempre meno leggi: una tendenza confermata
 
Nel precedente Rapporto (1) è stato messo in luce – facendo un bilancio dell’attività legislativa regionale in più anni - come da tempo si stia verificando, in maniera evidente, la tendenza ad un andamento decrescente della produzione legislativa regionale, che sembra quindi stabilizzarsi negli anni più recenti su un numero - nel caso delle regioni ordinarie - non molto superiore alle 500 leggi all’anno.
Tale tendenza è ora senz’altro confermata dalla rilevazione relativa all’anno 2005 nel quale la produzione legislativa – sempre per le regioni ordinarie – addirittura ha un notevole ulteriore calo giungendo (v. tabella 1) a 439 leggi, contro le 522 del 2004.
La tendenza è peraltro confermata anche facendo riferimento al dato complessivo riferito all’insieme delle regioni ordinarie e speciali. Nel 2005 infatti si registrano 597 leggi rispetto alle 623 leggi del 2003  (2).
Certamente va tenuto conto del fatto che nell’anno 2005 si sono svolte le elezioni nelle regioni ordinarie, evento questo che può avere determinato l’ulteriore decremento delle leggi. L’analisi della produzione legislativa per legislatura (v. tabella 1) evidenzia, in effetti, che alle 209 leggi prodotte nel periodo di circa tre mesi della fine della VII legislatura segue un numero inferiore di leggi – 178 – prodotte in un arco di tempo ben più ampio (3).
Il fenomeno, già noto, dell’aumento della produzione di leggi nei mesi finali della legislatura e in vista delle elezioni è stato, insomma, compensato da una produzione limitata dopo le elezioni, dovuta – si può ritenere – ad esigenze tecniche e politiche connesse all’avvio della successiva legislatura.
Come che sia, il dato delle regioni ordinarie e quello complessivo che comprende anche le regioni speciali (non coinvolte – insieme al Molise - dalla tornata elettorale) mostra ancora una volta che non vi sono segni di inflazione normativa regionale causata dalle riforme del federalismo amministrativo e da quelle costituzionali.
Al contrario, l’anno 2005 conferma quanto già ipotizzato (4) in ordine all’influenza esercitata sull’andamento della produzione legislativa soprattutto da fattori interni allo stesso modo di produrre leggi da parte delle regioni, impegnate ormai da diversi anni in processi di razionalizzazione della legislazione, con una diminuzione delle leggi-frammento e una maggiore concentrazione del legislatore regionale su leggi di riordino per lo più settoriali.
Per altro verso non va dimenticato il peso assunto dalle leggi finanziarie, nelle quali vengono spesso inseriti vari contenuti normativi di tipo sostanziale, con una notevole crescita delle dimensioni di tale tipo di leggi e con il risultato di non consentire una chiara e ordinata visione della legislazione (5).

 
2.  La tipologia delle leggi
 
I dati raccolti nella tabella 2 mettono in luce, con riferimento al totale delle leggi delle regioni ordinarie e speciali, come vi sia una evidente prevalenza, tra le varie tipologie di leggi considerate, delle leggi di tipo settoriale rispetto agli altri tipi: sono infatti 220 rispetto alle 135 leggi di manutenzione, alle 126 di bilancio, alle 62 leggi provvedimento, alle 33 istituzionali e alle 13 intersettoriali.
Tenendo conto che nella categoria delle leggi settoriali vi sono in genere leggi nuove di riordino di materie o almeno di rilevanti subsettori o aspetti di materie (v. più avanti l’analisi dettagliata delle leggi di settore nel par. 5), i dati sembrano dunque segnalare un miglioramento della performance regionale, visto che - secondo alcune analisi disponibili - vi sarebbe stata in un passato non lontano piuttosto la prevalenza di altri tipi di leggi (tra le quali le leggi c.d. provvedimento, che disciplinano aspetti specifici e presentano un carattere frammentario) rispetto a quelle settoriali (6).
Peraltro, va sottolineato come la presenza di un numero abbastanza ampio di leggi di manutenzione - vale a dire di leggi che modificano leggi preesistenti - non sia un elemento da considerare in sé negativamente, in quanto può invece indicare l’esistenza di una certa solidità dell’impianto normativo già esistente (in particolare, si può supporre, delle numerose leggi emanate dalle regioni dopo le riforme amministrative e costituzionali). Si può ritenere, perciò, che il numero piuttosto ampio di leggi di manutenzione del 2005 stia ad indicare, almeno in parte, la presenza di un processo fisiologico di adeguamento nel tempo della normativa.
Quanto invece al numero decrescente delle leggi intersettoriali rispetto agli anni precedenti (7), sembra che ciò sia dovuto all’esaurirsi della spinta prodotta soprattutto dal c.d. federalismo amministrativo verso appunto un ampio riordino che coinvolgeva contemporaneamente più materie dei macrosettori.
 
 
3.  Le leggi per macrosettori e per materie
 
Anche i dati relativi alla produzione legislativa per macrosettori e materie confermano le tendenze già rilevate negli anni precedenti.
A parte le 106 leggi sulla finanza regionale, le leggi più numerose – nel caso delle regioni ordinarie (v. tabella 3) – sono le 96 del macrosettore dello “sviluppo economico e attività produttive”. Seguono le 89 leggi del macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità”, seguite dalle 75 del “territorio, ambiente e infrastrutture”e dalle 73 dell’ “ordinamento istituzionale”.
Non sono differenze molto rilevanti. Tenendo conto tuttavia di quanto emerso dalle analisi relative all’andamento della produzione normativa delle regioni ordinarie negli anni precedenti, non può non notarsi che resta confermato il carattere della regione come ente impegnato per lo sviluppo economico ed insieme come ente di servizi. Meno numeroso – anche se non certo privo di rilievo - appare nel 2005, come negli anni precedenti, il gruppo di leggi relative al “territorio, ambiente e infrastrutture”.
Le tendenze appena accennate sono peraltro confermate anche dai dati complessivi, relativi - per l’anno 2005 - alle regioni ordinarie e speciali (v. tabella 5).
L’analisi delle materie all’interno dei macrosettori consente di sviluppare alcune osservazioni che possono contribuire a fornire una immagine più precisa e concreta degli impegni e delle attività regionali e che sotto questo profilo confermano – nel caso delle regioni ordinarie – le tendenze rilevate, in un arco di tempo più ampio, dal Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo.
Cominciando dal macrosettore “sviluppo economico e attività produttive” – sempre con riferimento, si ricorda, alle regioni ordinarie - le leggi più numerose sono quelle per l’agricoltura e foreste (32), seguite da quelle per la caccia e la pesca (17) e da quelle per il commercio (15). Molto meno numerose sono quelle per il turismo (8), per l’industria (5) e per l’artigianato (2). Questi dati dunque non fanno che confermare quanto già rilevato, con più dettaglio, nel rapporto Regioni e attività produttive (8)in ordine alla evidente predominanza dell’attività legislativa nel campo dell’agricoltura e dello sviluppo rurale (anche nel 2005, sommando insieme le leggi per l’agricoltura e foreste con quelle per la caccia e pesca si arriva a 49 leggi su 96, senza contare peraltro che la voce turismo comprende l’agriturismo) rispetto a quella nel campo dell’industria-artigianato. Si è già discusso ampiamente, nel rapporto Regioni e attività produttive appena citato, su quali possano essere i fattori – in parte esterni alle regioni (e connessi alla mancata e incerta definizione in termini operativi, dopo la riforma costituzionale, delle competenze e delle relazioni tra Stato e regioni nel campo dell’industria-artigianato) - che determinano i comportamenti legislativi appena rilevati. Qui non resta che constatare che l’anno 2005 conferma ulteriormente una situazione per ora destinata a restare evidentemente invariata.
Nel macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità”, si può constatare che nelle regioni a statuto ordinario (v. tabella 3) vi è una prevalenza delle leggi sulla tutela della salute (27), seguite da quelle relative ai beni e attività culturali (21), da quelle relative ai servizi sociali(17) e al lavoro (10).
Nel macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” le leggi più numerose delle regioni ordinarie sono quelle per il territorio e urbanistica (28) e, subito dopo, quelle per la protezione della natura e dell’ambiente (25). Seguono poi, ma a distanza, le leggi per i trasporti (11). Prosegue e riceve, perciò, una ulteriore conferma nel 2005 – dopo le incertezze dovute all’attribuzione allo Stato della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dopo l’interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale, aperta invece ad un ampio spazio di intervento regionale – l’impegno delle regioni in questo campo.
Quanto al macrosettore dell’”ordinamento istituzionale”, sono prevalenti le leggi sul personale e l’amministrazione (28), seguite da quelle sugli organi delle regioni (19) e da quelle sugli enti locali e il decentramento (12).
I dati per macrosettori e materie relativi alle regioni speciali (v. tabella 4) confermano per certi aspetti le tendenze che si riscontrano nella legislazione delle regioni ordinarie, mentre per altri aspetti mostrano alcune variazioni la cui effettiva sostanza - se cioè si sia di fronte ad una diversità di politica legislativa - non potrà però che valutarsi in un arco di tempo più ampio (9).
Nel complesso, dai dati ricordati l’immagine della regione che emerge – come già accennato – è quella di un ente di servizi ed insieme di un ente impegnato nello sviluppo economico, anche se sotto questo profilo è l’impegno per l’agricoltura-sviluppo rurale che appare predominante. E’ probabile che una analisi più ampia ed articolata, che prenda in considerazione i contenuti delle leggi finanziarie e le attività delle numerose società di intervento che fanno capo alle regioni, metterebbe in luce che l’impegno per l’industria-artigianato è, in realtà, più consistente di quanto traspare dall’analisi qui svolta. Il dato sulla limitata produzione legislativa in tale campo di attività e la sua decisa persistenza nel tempo è tale, tuttavia, da indurre una riflessione sul senso e significato effettivo del riconoscimento – in sede di riforma costituzionale - della competenza residuale in materia alle regione.
In termini di leggi prodotte risulta nel 2005, come negli anni precedenti, che il macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” viene dopo quello dei servizi e dopo quello dello sviluppo economico. Va peraltro segnalato come i dati per il 2005 continuino a confermare un rilevante impegno delle regioni per i beni e per le attività culturali, un campo di attività collocato nel macrosettore “servizi alla persona e alla comunità” ma che ha rilevanti connessioni con alcune materie del macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture”.
Come già sottolineato nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo, dall’insieme della legislazione risulta complessivamente una progressiva e sempre più decisa caratterizzazione delle regioni come soggetti di organizzazione, gestione e valorizzazione delle risorse economiche, ambientali, culturali e sociali presenti nel loro territorio.
 
4. Le competenze esercitate
 
Si è messa in luce nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo l’importanza dell’introduzione della competenza residuale regionale in sede di riforma del Titolo V; si è lì accennato, inoltre, alle cautele che è opportuno adottare nell’analisi della competenza in questione, con riguardo in particolare al significato stesso del termine residuale che non vuol dire “esclusiva”, ai problemi di individuazione delle competenze di tale tipo, al valore indicativo dei dati raccolti (10).
Dalla tabella 6 contenente i dati del 2005 riferiti alle regioni ordinarie - ricavati dalla tabella 3, secondo il criterio già seguito nel precedente rapporto - risulta che complessivamente sono state approvate dalle regioni ordinarie, su un totale di 439 leggi, 177 leggi riconducibili alla potestà legislativa residuale. Il dato segue, dunque, la tendenza già riscontrata negli anni precedenti: si tratta di un numero di leggi significativo, anche se certamente minore rispetto alle 266 leggi di potestà legislativa concorrente. Un risultato che conferma – al di là dei dubbi che l’introduzione di tale tipo di potestà aveva a suo tempo sollevato – l’importanza e l’operatività di questa innovazione.
L’analisi delle leggi per macrosettori mostra, comunque, un dato molto variabile. Infatti, se nel caso dell’“ordinamento istituzionale” le leggi di potestà legislativa residuale sono 59 su 73 complessive e se nel caso dello “sviluppo economico e attività produttive” ben 81 su 96, la situazione si inverte in modo evidente nel caso del “territorio, ambiente e infrastrutture” dove le leggi di competenza residuale sono solo 14 su 75 e nel caso dei “servizi alla persona e alla comunità” dove sono 23 (17 nella materia dei servizi sociali e assistenza) su 89.
Non resta, perciò, che ulteriormente confermare quanto già notato per gli anni precedenti. Le regioni – considerate almeno nel loro profilo di enti produttori di leggi - sono sempre più enti indipendenti con competenza di tipo residuale generale nel campo dello sviluppo economico, anche se come si è visto tale attitudine di ente generale si estende – almeno per ora – in modo decisamente più marcato nel campo dell’agricoltura-sviluppo rurale. Inoltre – benché collocata in un macrosettore che vede nel complesso la prevalenza della potestà concorrente – rilevante appare la legislazione di competenza residuale generale nella materia dei servizi sociali e assistenza.
Infine, l’ampio numero di leggi di competenza residuale nel macrosettore dell’ordinamento istituzionale non fa che confermare il consolidamento dell’autonomia istituzionale e amministrativa delle regioni.
 
5. Alcuni contenuti della legislazione (leggi di settore)
 
Nel precedente par. 2 si è visto che, tra le varie tipologie di leggi, appare rilevante – rispetto alle leggi c.d. di manutenzione e alle c.d. leggi provvedimento o comunque volte a disciplinare aspetti specifici (11)  il numero di leggi settoriali approvate dalle regioni, vale a dire di leggi che disciplinano un intero settore/materia e, più spesso, subsettori e che, di massima, possono considerarsi nuove.
Certamente non è poi facile valutare in che misura tali leggi nuove contengano anche interventi effettivamente innovativi.
In generale, si può comunque ritenere che assumano un valore in sé innovativo le leggi di settore che realizzano un riordino della disciplina di una materia o di un subsettore, in quanto già il riuscire in tale operazione di sistemazione della normativa (che la renda più ordinata, leggibile e quindi usufruibile dai cittadini e dalle stesse amministrazioni) sia da considerare un valore aggiunto, in sé appunto innovativo. Ciò appare più evidente nel caso di leggi che riordinano un’intera materia e di leggi che disciplinano in maniera compiuta aspetti parziali ma importanti di una materia, e magari contengono soluzioni nuove e originali.
Tenendo conto di quanto appena detto, qui di seguito viene fatta una panoramica delle leggi di settore delle regioni, facendo riferimento - sia pure in maniera sintetica - al loro carattere (di riordino del settore/materia o di subsettori o aspetti rilevanti) e al loro contenuto.
Come si vedrà, l’attività legislativa innovativa delle regioni appare nel 2005 piuttosto ampia con una varietà di campi di interesse e di attenzione, non di rado con una rivisitazione delle categorie e dei confini tradizionali delle materie.
Cominciando dal macrosettore dell’“ordinamento istituzionale”, le leggi regionali di settore hanno avuto ad oggetto: la qualità della normativa e il suo impatto (12); gli organi della regione sotto il profilo della loro elezione e delle incompatibilità (13); i referendum regionali (14); l’organizzazione della presidenza della giunta e le nomine di competenza degli organi politici regionali (15); il personale regionale (16); l’azione e i procedimenti amministrativi (17); il difensore civico (18); gli enti locali ed i loro rapporti con la regione (19).
Altre leggi hanno riguardato i rapporti internazionali, in particolare sotto il profilo della solidarietà con i popoli e i paesi in via di sviluppo (20), e il “rafforzamento dell’azione amministrativa a tutela della legalità” (21).
In particolare, si presenta come una legge ampia di riordino di tutta la materia degli enti locali la l.r. n.12/2005 della Sardegna che disciplina la definizione degli ambiti territoriali per l’esercizio associato delle funzioni, le unioni di comuni e le comunità montane, la promozione anche finanziaria della gestione associata delle funzioni, gli interventi per il sostegno dei piccoli comuni.
Per il macrosettore dello “ sviluppo economico e attività produttive” le leggi regionali che hanno ad oggetto invece materie o almeno parti molto rilevanti di materie non sono molto numerose. Si tratta in particolare della l.r. n.29/2005 del Friuli Venezia Giulia “Normativa organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande”; della l.r. n.26/2005 del Friuli Venezia Giulia “Disciplina generale in materia di innovazione, ricerca scientifica e sviluppo tecnologico”; della l.r. n.6/2005 delle Marche sulle foreste; delle l.l.r.r. n. 2 e n.3/2005 delle Marche sull’occupazione, la tutela e qualità del lavoro; della l.r. n.28/2005 della Toscana “Codice del commercio”; della l.r. n.26/2005 dell’Umbria di disciplina del commercio; della l.r. n.22/2005 della Basilicata sull’artigianato. La loro presenza conferma comunque una tendenza virtuosa già rilevata negli anni precedenti e può essere considerata un effetto positivo della stagione delle riforme amministrative e costituzionali.
Più numerose sono le leggi che disciplinano subsettori o aspetti parziali di materie, che comunque in certi casi possono contenere soluzioni innovative: ciò si verifica in maniera ampia per tutto il campo dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, in particolare – tra le altre (22) - con leggi sui distretti rurali (23), sull’agricoltura biologica (24), sulla “tracciabilità” (25), sull’agriturismo e il turismo rurale (26), sulle strade del vino e/o altri prodotti  (27), sulla pesca (28), sulle culture transgeniche (29).
Altre leggi relative a subsettori o aspetti parziali sono presenti nella materia del commercio (30) e – come già detto in numero molto limitato – nelle materie dell’industria e dell’artigianato (31), del turismo (32), dell’energia (33), dell’alimentazione (34).
Per la materia delle professioni, le leggi regionali hanno ad oggetto sistemi di consultazione (35), la disciplina degli amministratori di condominio (36), delle guide alpine e dei maestri di sci (37). Varie sono poi le leggi regionali che hanno ad oggetto specifiche figure che operano nel campo delle c.d. cure alternative (38).
Nel macrosettore del “territorio, ambiente e infrastrutture” le leggi di riordino organico relative a materie o loro parti rilevanti non sono numerose, ma appaiono importanti. In particolare, si segnalano: le leggi regionali n.12/2005 della Lombardia, n.1/2005 della Toscana e n.11/2005 dell’Umbria che – con approcci in parte diversi – disciplinano in generale la materia del governo del territorio; la l.r. n.21/2005 della Sardegna di disciplina e riorganizzazione del trasporto pubblico locale; la l.r. n.6/2005 dell’Emilia Romagna che disciplina la formazione e la gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della rete Natura 2000; la l.r. n.24/2005 dell’Abruzzo “Testo unico in materia di sistemi di trasporto a mezzo di impianti a fune o ad essi assimilati, piste da sci ed infrastrutture accessorie”.
Anche qui più numerose sono, invece, le leggi su subsettori o aspetti parziali di materie, il che non vuol dire – come si è detto - che tali leggi non siano in certi casi innovative per l’oggetto considerato, l’impianto normativo e le soluzioni delineate. In particolare si tratta di leggi che rientrano nei campi del governo del territorio (39), della tutela ambientale (40), della protezione della natura (41), della protezione civile (42), dell’edilizia (43), delle infrastrutture (44), delle acque e dei servizi idrici (45), della tutela e gestione del demanio marittimo (46), degli usi civici (47).
Particolare contenuto presentano la legge regionale n.3/2005 della Calabria, che prevede interventi di manutenzione degli immobili confiscati alla criminalità mafiosa, e la legge n. 5/2005 del Lazio sul “Riutilizzo e fruizione sociale dei beni confiscati alla criminalità mafiosa” (48).
Infine, per quanto riguarda il macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità”, si conferma da un lato quanto visto anche negli altri casi in ordine alla presenza di relativamente poche ma significative leggi di riordino organico riferite a interi settori/materie o loro parti rilevanti. In particolare si tratta della l.r. n.9/2005 del Molise “Riordino del Servizio sanitario regionale”, delle l.l.r.r. n.40 e 41/2005 della Toscana rispettivamente “Disciplina del Servizio sanitario regionale” e “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”, della l.r. n.19/2005 della Toscana che disciplina il sistema regionale dei beni culturali, della l.r. n.23/2005 della Sardegna che disciplina il “sistema integrato dei servizi alla persona” e della l.r. n.20/2005 della Sardegna sulla promozione dell’occupazione, la sicurezza e qualità del lavoro, della l.r. 7/2005 del Trentino sul nuovo ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, delle l.l.r.r. n. 1/2005 del Lazio, n.1/2005 dell’Umbria, n.11/2005 della Val d’Aosta e della l.p. n.8/2005 della Provincia di Trento sulla polizia locale, della l.p. n.14/2005 della Provincia di Trento sul riordino del sistema della ricerca e della innovazione.
Per il resto numerose sono le leggi che hanno ad oggetto subsettori ed aspetti parziali nella materia della tutela della salute (49) ed in quella dell’assistenza, nella quale si può peraltro constatare la presenza di più leggi che appaiono superare i confini delle materie tradizionali se non muovere verso una vera e propria reinvenzione di certe materie. In particolare, appaiono spesso forme di intervento che non prevedono sistemi di istituzioni chiamate ad erogare prestazioni e rivolgono l’attenzione, invece, direttamente ai modi di organizzazione e di svolgimento della vita delle persone. E’ questo il caso delle leggi sui tempi della città (50), sulle condizioni ed i “diritti” dell’infanzia (51) e dei giovani (52), sulla famiglia (53), sul sostegno all’adozione di minori (54), sull’esclusione sociale (55), sulle donne maltrattate (56), sulle condizioni carcerarie (57), sulle condizioni morali e psicologiche nei luoghi di lavoro e il mobbyng (58), sulla sicurezza (59).
Altre leggi riguardano il lavoro (60), l’istruzione (61), il volontariato e il servizio civile (62). Tocca, trasversalmente, varie materie e più macrosettori, infine, la normativa sulla tutela dei consumatori e degli utenti (63).
Di contenuto particolare sono le leggi sul trattamento e il benessere degli animali (64), sulla istituzione della giornata regionale della donazione del midollo osseo (65).
Nel campo dei beni e delle attività culturali ha il carattere di ampia legge di riordino, in particolare della materia dei beni culturali, la l.r. n.19/2005 della Toscana. Per il resto, vi sono leggi di subsettore e per aspetti parziali, anche qui con sviluppi che in certi casi sembrano andare oltre le materie e impostazioni tradizionali. Si trovano – oltre a leggi sui consorzi e sui distretti culturali (66) – leggi sui dialetti (67), sui cori e sulle bande musicali locali (68), sull’istituzione della “giornata” della regione (69) e sugli anniversari (70), sulla tutela e valorizzazione dei tratturi e della “civiltà della transumanza” (71), attraverso le quali si intendono valorizzare aspetti delle culture locali. E’ volta, invece, a promuovere la “cultura contemporanea” la l.r. n.33/2005 della Toscana.
Nella legislazione del 2005, inoltre, continua a manifestarsi la tendenza all’individuazione di tipi di “beni culturali” al di là di quelli previsti dai criteri nazionali di classificazione (72): si pensi alle leggi sui mulini storici (73), sui musei e sulle raccolte locali (74), sui borghi (75).
Particolare appare, poi, il caso della l.r. n.17/2005 del Piemonte sulla diffusione dell’esercizio cinematografico che – toccando una materia che ha dato luogo a dubbi interpretativi sotto il profilo del titolo di competenza – si preoccupa di definire espressamente l’appartenenza dell’intervento disciplinato alla materia delle attività culturali.
Infine, per la materia dell’ordinamento delle comunicazioni, le leggi disciplinano il comitato delle comunicazioni (76), l’istallazione, la localizzazione e l’esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di radiotelecomunicazione (77).
 
6.  Per concludere
 
L’analisi delle leggi nell’anno 2005 conferma le tendenze già rilevate – con riferimento all’arco di tempo della settima legislatura regionale – nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo.
Innanzitutto resta confermata la tendenza al decremento del numero di leggi prodotte, accompagnato dalla presenza – in modo ampio anche nel 2005 – di leggi di riordino di settori/materie o subsettori, nelle quali in più casi alla innovazione introdotta dal riordino si aggiunge quella dei contenuti delle materie. Si tratta, inoltre, di leggi che ormai non hanno più il carattere solo di sostegno ed incentivazione magari in attuazione di leggi statali, ma – in tutti i macrosettori – di leggi con le quali le regioni organizzano e regolano settori o subsettori.
Nel complesso tutto ciò appare segno di vitalità degli enti regionali e sembra suggerire un effetto positivo delle riforme amministrative e costituzionali, che hanno spinto le regioni a ridefinire, appunto con processi di riordino e di innovazione normativa, il loro ruolo e i loro campi di attività.
In secondo luogo l’analisi dei contenuti delle leggi conferma la figura della regione come ente di servizi per la collettività, ma anche di soggetto con un impegno importante nel campo delle attività produttive e dello sviluppo economico, anche se ciò avviene – almeno in termini di produzione legislativa - soprattutto per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ed in misura minore, molto ridotta nel caso dell’industria ed artigianato, per le altre materie. Possono pesare in proposito difficoltà ad avviare interventi in settori di nuova competenza, difficoltà nell’interpretare il riparto delle materie e soprattutto limiti e incertezze del quadro di rapporti tra Stato e regioni.
In terzo luogo risulta confermato il peso rilevante acquisito dalla potestà legislativa residuale, il cui esercizio è anzi decisamente prevalente – rispetto alla potestà concorrente – nel macrosettore dello “sviluppo economico e attività produttive” e in quello dell’ “ordinamento istituzionale”. Significativo appare, però, anche l’esercizio della potestà residuale – nell’ambito del macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità” dove in generale è minoritaria – nel campo dei “servizi sociali e assistenza”. Qui, peraltro, emerge con evidenza la presenza di numerose leggi che rivedono il senso e il modo stessi di concepire l’attività di servizio ed assistenza: non più in effetti in termini di creazione di strutture chiamate ad erogare prestazioni ma di intervento e supporto diretto nella vita delle persone, al fine di migliorarne la qualità.
Sembrano così dispiegarsi concretamente le potenzialità insite nella natura della potestà residuale, sia sotto il profilo della capacità di consentire la ridefinizione del contenuto delle materie che sotto il profilo del suo carattere di potestà generale, volta a rispondere alle esigenze emergenti dalla collettività.
La tendenza delle regioni ad operare come enti a finalità generali - sensibili alle nuove esigenze e problemi delle collettività e capaci almeno in parte di dare direttamente delle risposte in termini politici e normativi – emerge peraltro, oltre che nel campo appena considerato, anche in altri settori e macrosettori di produzione legislativa. Si pensi, ad esempio, all’attenzione per il volontariato ed a quella per il benessere degli animali, alle discipline delle “nuove” professioni, alla tutela dei “nuovi” beni culturali e delle culture locali, alla stessa ampia considerazione dei temi ambientali e alla loro integrazione nelle altre politiche, innanzitutto in quelle territoriali.
Ci si può chiedere allora se le regioni stiano ripercorrendo un cammino simile a quello intrapreso a suo tempo, più di un secolo fa, dai comuni, quando - anticipando lo Stato e esplicando il loro ruolo di enti generali - iniziarono a sviluppare istituti e interventi volti a dare soluzioni rispondenti ad esigenze nuove, che appunto emergevano dalle comunità locali.
Sarà importante dunque verificare se le tendenze in corso troveranno conferma nel prosieguo della legislatura regionale, ma anche naturalmente quali comportamenti – rispetto a tali tendenze – adotteranno gli altri soggetti dell’ordinamento, in primo luogo lo Stato.
In proposito – rinviando per un’analisi più puntuale agli specifici capitoli del Rapporto (78) – va qui ricordata l’esistenza ormai da anni di un notevole contenzioso tra Stato e regioni che ha riguardato anche varie leggi regionali del 2005. Tale contenzioso tocca soprattutto alcune materie e alcuni interventi per i quali evidentemente appare più difficile stabilire precisi confini di competenze. In particolare, per le materie del macrosettore dello “sviluppo economico e attività produttive” viene in discussione il confine tra le competenze regionali, anche di potestà residuale, e le competenze statali sulla tutela della concorrenza e sull’ordinamento civile, l’ampiezza effettiva inoltre della competenza regionale in ordine all’energia; per il macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità”, il confine della materia del lavoro (in particolare per il mobbing), della ricerca connessa alla tutela della salute, della competenza regionale sulla comunicazione. Significativo appare il contenzioso - nel macrosettore del “territorio, ambiente e infrastrutture” – sulle nuove leggi regionali in materia di governo del territorio, che finisce per toccare l’aspetto più innovativo delle leggi, consistente nel tentativo di mettere in opera una pianificazione integrata territoriale, ambientale e paesaggistica.
Su vari aspetti di tale contenzioso è peraltro già intervenuta la Corte costituzionale la quale, con riferimento alle leggi regionali del 2005, tra le varie decisioni : mostra di non voler dare seguito a richiami di tipo generico alla tutela della concorrenza e all’ordinamento civile al fine di limitare la competenza regionale (79); ha ulteriormente messo a punto la propria giurisprudenza in materia ambientale precisando i confini dell’iniziativa regionale (80); ha ribadito la certezza dei confini di alcune materie di competenza statale come l’ “ordine pubblico e la sicurezza pubblica” (81); ha riconosciuto la legittimità delle leggi regionali che prevedono azioni di prevenzione e contrasto del mobbing (82); ha ribadito i principi statali in materia di ordinamento delle comunicazioni (83). La Corte è, inoltre, già intervenuta in merito ai ricorsi relativi alle leggi regionali sul governo del territorio censurandone alcune disposizioni (84), ma considerando “il principio di fondo” del sistema regionale – volto a superare la separatezza tra pianificazione territoriale e paesaggistica - “condivisibile” (85).
 


NOTE SEZIONE I
 
(1)     V. A.G. Arabia e C.Desideri, L’attività normativa nella settima legislatura regionale, in ISSiRFA-CNR, Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia, Milano, Giuffrè, 2005, in particolare, p. 479 e ss.
(2)     Tale era il numero complessivo delle leggi regionali secondo il Rapporto 2003 sullo stato della legislazione della Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, in particolare, tabella 1, p. 418.
(3)     Non è qui conteggiato il Molise dove le elezioni si sono svolte nel 2006. La tabella n.1 riporta invece il numero complessivo delle leggi prodotte dal Molise nel 2005.
(4)     V. A.G. Arabia e C.Desideri,  L’attività normativa, op. .cit., p. 481.
(5)     Come segnalato nel capitolo Alcuni aspetti della legislazione regionale in materia di finanza e contabilità, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 200& sullo stato della legislazione tra Stato, regioni e Unione europea, si verifica tuttavia nelle finanziarie per il 2006 un decremento rilevante del numero dei commi. Restano comunque in tali leggi contenuti di tipo sostanziale, con la previsione di vari tipi di interventi.
(6)     V. Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2003, cit., in particolare, tabella 2c, p. 426. In tale rilevazione non viene utilizzata la categorie delle leggi di manutenzione ma solo quella delle leggi provvedimento, evidentemente comprensiva anche del primo tipo di leggi.
(7)     Dalle 22 leggi segnalate nel Rapporto 2003 citato alla nota precedente, si passa alle 13 del 2005 (v. tabella 2).
(8)     V. A.G. Arabia e C. Desideri, Gli orientamenti e le novità della normativa regionale sulle attività produttive, in ISSiRFA-CNR, Regioni e attività produttive, Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, 1998-2004: un bilancio, Milano, Giuffrè, 2006, p. 8 e ss.
(9)     In proporzione alle regioni ordinarie, si registra ad esempio un più limitato numero di leggi per la protezione della natura e dell’ambiente ed invece un più ampio numero di leggi per il turismo ed un più ampio numero di leggi per gli enti locali e il decentramento.
(10)   V. A.G.Arabia e C.Desideri, L’attività normativa, op. cit., p. 488 e ss. Va tenuto conto che una stessa legge può contenere l’esercizio di competenze residuali e di competenze concorrenti e che, per la classificazione delle leggi, si è qui scelto di adottare il criterio della prevalenza.
(11)   Possono considerarsi, ad esempio, leggi provvedimento quelle che decidono interventi puntuali come la partecipazione della regione a fondazioni, centri, società (v.: l.r. n.15/2005 della Basilicata, l.r. n.18/2005 dell’Emilia Romagna, l.r. n.2/2005 della Sicilia, l.r. n.24 e l.r. n.33/2005 della Valle d’Aosta).
(12)   L.r. n.13/2005 del Piemonte in tema di semplificazione e disciplina dell’AIR
(13)   L.r. n.1/2005 della Calabria; l.r. n.2/2005 del Lazio; l.r. n.7/2005 della Sicilia.
(14)   L.p. n.11/2005 della Provincia di Bolzano; l.r. n.9/2005 della Sardegna.
(15)   L.r. n.2/2005 dell’Umbria; l.r. n.27/2005 dell’Abruzzo; l.r. n.20/2005 della Valle d’Aosta che istituisce la figura del segretario generale della regione.
(16)   L.r. 19/2005 del Friuli Venezia Giulia.
(17)   L.r. n.7/2005 del Piemonte.
(18)   L.r. n.4/2005 della Sardegna.
(19)   L.r. n.8/2005 del Piemonte; l.p. n.7/2005 della Provincia di Trento e l.r. n.1/2005 della Sardegna sulla istituzione e disciplina del Consiglio delle autonomie locali; l.r. n.13/2005 della Sardegna.
(20)   L.r. n.29/2005 del Molise; l.p. n.4/2005 della Provincia di Trento
(21)   L.r. n.6/2005 della Sicilia.
(22)   L.r. n.16/2005 dell’Abruzzo sulle associazioni di allevatori e il miglioramento genetico; l.r. n.34/2005 dell’Abruzzo sulla pesca; l.r. n.6/2005 della Liguria sulla disciplina fitosanitaria; l.r. n.7/2005 delle Marche per la promozione della cooperazione per lo sviluppo rurale; l.l.r.r. n. 8, n.10, n.24, n.41 e n.42/2005 del Molise rispettivamente sulle vegetazioni infestanti, la raccolta e commercializzazione dei tartufi, la cooperazione, la bonifica.
(23)   L.r. n. 18/2005 dell’Abruzzo.
(24)   L.r. n.38/2005 del Molise.
(25)   L.r. n.15/2005 dell’Abruzzo.
(26)   L.r. n. 17/2005 della Basilicata.
(27)   L.r. n.50/2005 del Molise.
(28)   L.L.r.r. n.7 e n.66/2005 della Toscana, rispettivamente sulla pesca nelle acque interne e sulla pesca marittima e acquacultura; l.r. n.14/2005 dell’Umbria sulla pesca e l’acquacultura.
(29)   L.r. n.29/2005 della Valle d’Aosta sulla coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali e biologiche
(30)   L.r. n.10/2005 dell’Abruzzo sulla razionalizzazione e ammodernamento della rete di carburanti; l.r. n.4/2005 del Lazio sul sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica; l.r. n.30/2005 delle Marche sulla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; l.r. n.18/2005 della Toscana e l.p. n.9/2005 della Provincia di Bolzano sul sistema fieristico; l.r. n.37/2005 della Toscana di sostegno alla diffusione del commercio equo e solidale; l.r. n.5/2005 della Sardegna che prevede un “piano regionale per le grandi strutture di vendita”.
(31)   L.r. n.15/2005 del Piemonte sulla riqualificazione delle aree industriali.
(32)   L.r. n.2/2005 della Valle d’Aosta sul sostegno agli ostelli della gioventù.
(33)   L.r. n.39/2005 della Toscana per il profilo del risparmio energetico; l.r. n.23/2005 della Valle d’Aosta sugli impianti di fonti rinnovabili destinati alla produzione di energia e di vettori energetici.
(34)   L.r. n.12/2005 della Provincia di Bolzano sulla qualità dei prodotti alimentari e l’adozione del marchio di qualità.
(35)   L.r. n.23/2005 della Basilicata sulla costituzione e disciplina del comitato consultivo regionale per la valorizzazione di ordini, collegi e associazioni professionali.
(36)   L.r. n.28/2005 delle Marche che istituisce il registro.
(37)   Rispettivamente le leggi n.1 e n.2/2005 del Veneto.
(38)   L.r. n.11/2005 dell’Emilia Romagna, che istituisce la figura di operatore professionale “naturopata del benessere”; l.r. n.18/2005 della Campania sulla professione di “musicoterapeuta”; l.r. n.2/2005 della Toscana sulle “discipline del benessere e bionaturali”; l.r. n.3/2005 del Veneto sulla terapia del sorriso e sulla pet therapy; l.r. n.2/2005 della Lombardia sulle “discipline bio-naturali”. Tale legge – ad esempio - precisa che si tratta di “pratiche che non hanno il carattere di prestazioni sanitarie”, istituisce un registro degli operatori e un registro degli enti di formazione, crea un apposito comitato tecnico scientifico di supporto all’amministrazione regionale, prevede intese interregionali per il riconoscimento reciproco di percorsi formativi. Va ricordata comunque la giurisprudenza recente della Corte costituzionale che ha dichiarato già l’illegittimità costituzionale della l.r. n.8/2004 della Liguria e della l.r. n.13/2004 del Piemonte, rispettivamente con le sentenze n. 40 del 2006 e n.424 del 2005, sulla base del principio che è riservata allo Stato l’individuazione delle figure professionali con i relativi profili ed ordinamenti didattici, e l’istituzione di nuovi albi.
(39)   L.r. n.30/2005 del Friuli Venezia Giulia sul piano territoriale regionale.
(40)   L.r. n.12/2005 dell’Abruzzo, l.r. n.15/2005 della Puglia, l.r. n.4/2005 della Sicilia e l.r. n.20/2005 dell’Umbria, tutte sull’inquinamento luminoso e il risparmio energetico; l.r. n.14/2005 del Lazio sulla prevenzione e salvaguardia da rischio di gas radon; l.r. n.9/2005 della Lombardia e l.r. n.10/2005 della Campania sul servizio volontario di vigilanza ecologica; l.r. n.11/2005 delle Marche sulla promozione dei sistemi di qualità ambientale; l.r. n.1/2005 delle Marche sul riutilizzo, riciclo e recupero dei rifiuti; l.r. n.22/2005 del Molise sui rifiuti radioattivi; l.r. n.35/2005 della Toscana per la costituzione di un Laboratorio di modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile; l.r. n.22/2005 della Sardegna che adotta un piano regionale di bonifica ambientale per i pericoli derivanti dall’amianto.
(41)   L.r. n.13/2005 della Basilicata sulla protezione dei boschi dagli incendi; l.r. n.48/2005 del Molise sulla tutela degli alberi monumentali.
(42)   L.r. n.1/2005 dell’Emilia Romagna.
(43)   L.r. n.23/2005 del Friuli Venezia Giulia e l.r. n.23/2005 del Molise sull’edilizia sostenibile, la “ecoqualità” nell’edilizia e la bioedilizia; l.r. n.36/2005 delle Marche di riordino delle politiche abitative; l.r. n.16/2005 delle Marche sulla riqualificazione urbana.
(44)   L.r. 30/2005 della Toscana sull’espropriazione per pubblica utilità.
(45)   L.r. n.13/2005 del Friuli Venezia Giulia che organizza il servizio idrico integrato e individua gli ambiti territoriali ottimali; l.p. n.7/2005 della Provincia di Bolzano sulle acque pubbliche e gli impianti idroelettrici
(46)   L.r. n.17/2005 della Calabria.
(47)   L.p. n.6/2005 della Provincia di Trento sull’amministrazione dei beni di uso civico.
(48)   Mentre la prima legge contiene essenzialmente interventi di manutenzione dei beni, quella della regione Lazio indica espressamente la loro attribuzione a soggetti pubblici e ad associazioni per la realizzazione di finalità di tipo sociale.
(49)   L.r. n.2/2005 della Calabria; l.l.r.r. n.24 e n.25/2005 della Toscana rispettivamente sulla “promozione della salute e della sicurezza negli ambienti domestici” e sulla tutela dai danni derivati dal fumo; l.r. n.17/2005 dell’Umbria che costituisce una società per la gestione integrata di funzioni tecnico-amministrative in materia di sanità pubblica; l.r. 26/2005 del Veneto sull’istituzione dell’Istituto Oncologico Veneto.
(50)   L.r. n.40/2005 dell’Abruzzo. La legge contiene “politiche regionali per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi delle città”, promuove i “diritti di cittadinanza”, definisce il ruolo e i compiti della regione e dei comuni, prevede i “piani territoriali degli orari” a livello comunale e sovracomunale, prevede contributi della regione ai comuni
(51)   L.r. n.10/2005 della Basilicata che prevede anche progetti per la “città dei bambini e delle bambine” con indirizzi per gli strumenti urbanistici e iniziative specifiche dei comuni; l.r. n.9/2005 dell’Emilia Romagna sul garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza chiamato ad intervenire a “tutela degli interessi diffusi” e a “tutela degli interessi e diritti individuali”; l.r. n.30/2005 dell’Umbria.
(52)   L.r. n.20/2005 dell’Abruzzo che introduce il prestito di onore per gli studenti universitari.
(53)   L.r. n.1/2005 del Trentino
(54)   L.r. n.16/2005 del Molise.
(55)   L.r. n. 3/2005 della Basilicata che prevede tra l’altro “interventi di inserimento” e “contratti di inserimento”.
(56)   L.r. n.11/2005 della Campania, che prevede la creazione di apposite case
(57)   L.r. n.8/2005 della Lombardia; l.r. n.64/2005 della Toscana in particolare per il profilo del diritto alla salute.
(58)   L.r. n.7/2005 del Friuli Venezia Giulia; l.r. n.18/2005 dell’Umbria.
(59)   L.r.. n.11/2005 della Valle d’Aosta.
(60)   L.r. n.17/2005 dell’Emilia Romagna sulla promozione dell’occupazione, la qualità e la sicurezza del lavoro; l.r. n.18/2005 del Friuli Venezia Giulia; l.l.r.r. n. 9 e n.13/2005 dell’Umbria rispettivamente sulla cooperazione sociale e sulle fattorie didattiche; l.r. n.4/2005 della Valle d’Aosta sull’anticipazione del trattamento di cassa integrazione; l.r. n.17/2005 del Veneto sulla cooperazione.
(61)   L.r. n.4/2005 della Campania sull’accesso all’istruzione; l.r. n.12/2005 del Friuli Venezia Giulia sulla promozione dell’istruzione universitaria; l.r. n.31/2005 del Molise sul “diritto allo studio nelle scuole non statali”.
(62)   L.r. n.12/2005 dell’Emilia Romagna; l.r. n.15/2005 delle Marche; l.r. n.16/2005 della Valle d’Aosta.
(63)   L..r. n.43/2005 del Molise.
(64)   L.r. n.5/2005 dell’Emilia Romagna; l.r. n.9/2005 del Molise che istituisce anche l’anagrafe canina; l.r. n.24/2005 della Toscana sulla salute e sicurezza degli animali domestici.
(65)   L.r. n.46/2005 del Molise che istituisce la giornata in memoria di una determinata persona.
(66)   L.L.r.r. n.19 e n.22/2005 dell’Abruzzo.
(67)   L.r. n.12/2005 del Lazio che ne prevede la tutela e la valorizzazione.
(68)   L.r. n.10/2005 della Lombardia.
(69)   L.r. n.26/2005 delle Marche.
(70)   L.r. n.8/2005 della Valle d’Aosta sul sessantesimo anniversario della Liberazione e della autonomia.
(71)   L.r. n.19/2005 del Molise.
(72)   Come è noto, la regione Lazio con legge n.31/2001 aveva previsto forme di tutela per le botteghe “storiche” e la Corte costituzionale ha respinto il ricorso del governo contro tale legge
(73)   L.r. n.12 /2005 dell’Umbria.
(74)   L.r. n.12/2005 della Campania.
(75)   L.r. n.30/2005 della Valle d’Aosta.
(76)   L.p. n.19/2005 della Provincia di Trento.
(77)   L.r. n.25/2005 della Valle d’Aosta.
(78)   V. G. Cerracchio, Profili “quantitativi” del contenzioso costituzionale, in questo Volume; L. Ronchetti e N. Viceconte, La giurisprudenza costituzionale, in questo Volume.
(79)   V. la sentenza n.138/2006 relativa alla l.r. n.11/2005 delle Marche e la sentenza n.248/2006 relativa alla l.r. n.39/2005 della Toscana.
(80)   V. la sentenza n.347/2006 relativa alla l.r. n.22/2005 del Molise. La Corte – come aveva già fatto per leggi regionali simili precedenti – decide l’illegittimità di tale legge per violazione della competenza statale in materia ambientale, avendo “il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi…una dimensione nazionale”, il che impedisce che sia risolto dal legislatore regionale in base al “criterio della c.d. autosufficienza regionale”. Viene in proposito in considerazione anche la violazione dell’art.120, comma 1 della Costituzione che vieta alle regioni di adottare misure dirette ad ostacolare la circolazione di cose e persone tra le regioni.
(81)   V. la sentenza n.396/2006 relativa alla l.r. n.13/2005 della Sardegna.
(82)   V. le sentenze n.238 e n.239 del 2006 relative rispettivamente alla l.r. n.18/2005 dell’Umbria e alla l.r. n.7/2005 del Friuli Venezia Giulia. Tali leggi vengono infatti ritenute diverse dalla legge del Lazio a suo tempo dichiarata illegittima dalla Corte (sentenza n. 359/2003) in quanto intendeva formulare una definizione del mobbing con valenza generale, disciplinando così aspetti rientranti in competenze dello Stato.
(83)   V. la sentenza 265/2006 relativa alla l.r. n.8/2005 del Veneto. La sentenza ribadisce la necessaria unicità del procedimento per l’autorizzazione all’istallazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per esigenze di celerità e della sua necessaria uniformità anche ai fini del rispetto delle regole della concorrenza (v. anche la sentenza n.336/2005).
(84)   In particolare – v. la sentenza n.182/2006 relativa alla legge n. 1/2005 della Toscana - per non aver previsto all’art.32, comma 3 l’intesa con il Ministero contemplata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio per la modificazione degli effetti (sul regime dei beni paesaggistici) di provvedimenti di vincolo e di dichiarazione di interesse pubblico; ed inoltre per aver previsto – all’art.34, comma 3 - che sia il piano strutturale comunale (invece del piano paesaggistico regionale) a modulare il regime autorizzatorio tra le varie aree, violando così il “modello rigidamente gerarchico” del Codice.
(85)   V. in tal senso la sentenza n.182/2006 dove si chiarisce anche che l’ “elemento critico” della normativa regionale censurata è, invece, nel non aver tenuto conto del fatto che “è l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica che è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale”. Nella sentenza n.129/2006, relativa alla l.r. n.12/2005 della Lombardia, la Corte ha inoltre giudicato non fondata la questione posta dal governo in ordine all’art. 19, comma 2, lett.b, numero 2 della legge regionale che prevedeva l’assorbimento tra i contenuti del piano territoriale regionale degli indirizzi per il riassetto del territorio “ai fini della prevenzione dei rischi geologici e idrogeologici e della loro mitigazione”.

 
Sezione II – La produzione regolamentare
 
1.  I regolamenti regionali tra nuovi e vecchi statuti
 
Gli organi competenti, i profili procedimentali e di contenuto della fonte secondaria - dopo l’acceso e, ormai, noto dibattito in ordine alla titolarità del potere regolamentare (1) - trovano, ora, la giusta disciplina nei nuovi statuti delle regioni ordinarie (2).
Nelle carte statutarie vigenti è prevalsa l’attribuzione alla giunta del potere regolamentare, in modo esclusivo solo nel caso della regione Puglia, con una serie di bilanciamenti – diretti a riconsiderare il consiglio - negli altri casi. In molti statuti, infatti, l’assemblea (è il caso della regione Emilia-Romagna) o le commissioni consiliari competenti per materia (nei casi delle regioni Liguria, Puglia, Toscana e Umbria) sono chiamate ad esprimere un parere obbligatorio sullo schema di regolamento. Gli statuti delle regioni elencate prevedono, poi, un’identica procedura, quanto all’obbligatorietà del parere, al termine perentorio di trenta giorni per emetterlo ed alla possibilità per l’esecutivo di emanare l’atto a seguito di inerzia della commissione consiliare. Inoltre, lo statuto dell’Emilia-Romagna, nei casi indicati dalla legge, prevede anche il parere dell’organo di garanzia statutaria, mentre lo statuto del Lazio lo richiede nel caso di regolamenti di delegificazione. Infine, lo statuto della regione Puglia disciplina la possibilità per la giunta di avvalersi anche del parere del Consiglio di Stato.
In alcuni statuti l’attribuzione della potestà regolamentare si basa – oltre che sullo statuto – sull’intermediazione della legge regionale. In tal senso si sono mossi, in generale, lo statuto del Lazio e del Piemonte mentre negli statuti delle regioni Calabria, Puglia e Umbria la potestà regolamentare rimane sottoposta al potere del legislatore – che fissa le norme generali della materia - solo nel caso di adozione di regolamenti di delegificazione.
Mantengono il potere regolamentare in capo al consiglio le carte statutarie delle regioni Abruzzo e Marche. In particolare, lo statuto di quest’ultima regione disciplina la possibilità di delega alla giunta attraverso l’intermediazione della legge regionale.
In tutti gli statuti che attribuiscono la competenza alla giunta è previsto, poi, l’esercizio del potere del consiglio nei casi di regolamenti “delegati” dallo Stato nelle materie di competenza legislativa esclusiva di quest’ultimo.
L’attività regolamentare delle regioni – almeno di buona parte di quelle ordinarie - è, dunque, fortemente caratterizzata dalle nuove disposizioni statutarie che forse, già per alcune di esse, hanno incominciato ad incidere sull’incremento della fonte. Naturalmente tale tendenza è maggiormente presente nelle regioni che hanno attribuito la funzione regolamentare alla giunta mentre, ad esempio, nel caso di (ri)attribuzione al consiglio della regione Marche, sembra essersi “ripristinata” la prassi di un ridotto esercizio della funzione regolamentare – diffusa in tutte le regioni ordinarie nel precedente regime costituzionale – originata appunto dalla concentrazione nell’assemblea regionale di tutti i poteri normativi. 
Anche in alcune regioni, ancora prive del nuovo statuto (ad esempio, Lombardia), il ritorno al consiglio della funzione non ne ha arrestato l’esercizio e, “riscoperta” la fonte, si continua ad utilizzarla in modo più significativo rispetto al passato. Questo sicuramente perché la rivalutazione del regolamento non è dovuta solo alle riforme costituzionali e alle riforme statutarie, ma ad un processo di semplificazione e di snellimento dell’attività normativa avviata da anni in alcune regioni e legata, in primo luogo, alle riforme amministrative.     
Il quadro che emerge dalla prassi è riportato nella tabella 1. In alcune regioni (Calabria e Lazio) la presenza di soli regolamenti di giunta si spiega col fatto che in esse la fase statutaria si è conclusa nel 2004. Il regolamento del consiglio del Lazio che appare in tabella è il n. 1/2005 con il quale l’assemblea legislativa ha provveduto a ratificare - a seguito della sentenza n. 313/2003 della Corte costituzionale e ai sensi dell’art. 20, co. 15, della l.r. n. 2/2004 - i regolamenti regionali adottati dalla giunta. Nelle regioni che hanno visto l’entrata in vigore del nuovo statuto nel corso del 2005 (Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Toscana e Umbria), la funzione regolamentare viene esercitata dalle giunte a partire da quella data ad eccezione della regione Piemonte che, come già sottolineato nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo (3), ha emanato regolamenti di giunta a partire dall’equivoco originato dalla riforma costituzionale del 1999 e ha continuato a farlo anche dopo la sentenza n. 313 della Corte costituzionale.
I regolamenti di consiglio indicati in tabella – per le regioni Emilia-Romagna, Toscana e Umbria - sono anteriori alla conclusione della fase statutaria.
Solo in una regione ordinaria (Marche) sono presenti regolamenti emanati dall’assemblea legislativa, conformemente alla scelta operata nella nuova carta statutaria. I regolamenti sono, altresì, di consiglio in quelle regioni (Lombardia e Veneto) dove sono ancora vigenti gli statuti originari. Merita di essere segnalata la particolarità della regione Basilicata dove si registrano regolamenti di entrambi gli organi. Come si ricava già da altra indagine (4) la regione sembra non aver subito influenze dalla situazione determinata, in primo luogo, dall’errata interpretazione della legge costituzionale n. 1/1999 e, in secondo luogo, dagli effetti della già richiamata sentenza n. 313 della Corte costituzionale. A voler trovare una spiegazione al fenomeno, si potrebbe supporre che la prassi della “condivisione” del potere sia stata favorita dalle disposizioni dell’art. 11 dello statuto vigente (quello del 1971): queste, attribuendo al consiglio (oltre naturalmente alla funzione legislativa) la funzione di approvazione di piani e programmi, avrebbero implicitamente consentito che tutto ciò che non fosse approvazione di piani e programmi - e che avesse quindi natura di “atto amministrativo” attuativo-esecutivo - potesse essere emanato dalla giunta (5). Anche nel caso della regione Molise è presente, accanto ai regolamenti di consiglio, un regolamento di giunta (6). Ma ciò appare comprensibile visto che si tratta di un regolamento abrogativo di altro regolamento dell’esecutivoemanatoin precedenza quando, equivocando – come del resto tutte le regioni ordinarie - la riforma costituzionale del 1999, anche la regione Molise aveva optato per l’immediata attribuzione della funzione regolamentare alla giunta regionale.
 
2.  Alcuni dati
 
Come si ricava sempre dalla tabella 1, nel 2005 le regioni nel loro insieme (ordinarie e speciali) hanno emanato 364 regolamenti di cui 114 emanati dalle regioni ordinarie e 250 dalle regioni speciali e dalle province autonome. Se si confrontano i dati dell’anno di riferimento con quelli dell’anno precedente (262 regolamenti emanati (7)) si registra una crescita di 102 unità.
Contribuiscono naturalmente a tale notevole incremento i dati della regione Friuli Venezia Giulia e delle due province autonome che contano rispettivamente 132, 84 e 21 regolamenti (v. tabella 1). Se si confrontano, infatti, i dati contenuti in altra indagine (8), sono sempre le regioni richiamate a fare la parte del leone. Così, ad esempio, nel 2003, su 378 regolamenti, 88 sono del Friuli Venezia Giulia, 96 della provincia autonoma di Bolzano e 41 della provincia autonoma di Trento.
Ritornando al 2005 e isolando i dati delle regioni speciali, è possibile confrontare i dati dell’anno in esame anche suddivisi per legislatura (v. tabella 1) con quelli degli anni 2001-2004 contenuti nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo (9). Dall’incremento costante degli anni 2001-2002-2003 con rispettivamente 94, 108 e 152 regolamenti, si passa al decremento del 2004 con 93 regolamenti per arrivare a registrare un nuovo, anche se lieve, aumento nel 2005 con 114 regolamenti.
Questo in termini assoluti. Non mancano, infatti, eccezioni significative come, ad esempio, i casi delle regioni Lazio e Puglia che, conclusa la fase statutaria, sembrano riscoprire notevolmente la fonte secondaria. Il caso più rilevante, però, è quello della regione Lazio che a fronte dei 4 regolamenti del 2001 e i 3 del 2002-2003-2004, emana, nel 2005, ben 19 regolamenti (18 di giunta e uno di consiglio di ratifica dei regolamenti di giunta emanati fino al 2003, di cui 12 nella VII e 7 nell’VIII legislatura). La regione Puglia con 27 regolamenti (23 nella VII e 4 nell’VIII legislatura) conferma, invece, una tendenza che già si era manifestata negli anni precedenti. A partire dal 2001, infatti, si registrano incrementi quasi costanti: 11 regolamenti nel 2001, 10 nel 2002, 17 nel 2003 e 14 nel 2004 (10).
Il dato è ancora più interessante se si pensa che all’incremento dei regolamenti corrisponde anche un numero di leggi inferiori allo standard regionale (11). Partendo dalla regione Lazio, dalle 41 leggi del 2001 si arriva, infatti, alle 19 leggi del 2005, di cui però 15 emanate nella VII e 4 nell’VIII legislatura. E la stessa situazione è presente nella regione Puglia: dalle 37 leggi del 2001 si passa alle 20 leggi del 2005 (6 emanate nella VII e 14 nell’VIII legislatura).
In questi dati, però - almeno con riferimento al 2005 - non si può immediatamente leggere uno spostamento dall’utilizzo della legge a quello del regolamento. In entrambe le regioni, infatti, è vero che la produzione legislativa è inferiore alla produzione regolamentare, ma probabilmente questo potrebbe essere spiegato – v. in proposito anche la parte sulla legislazione e in termini assoluti per tutte le regioni - con le fisiologiche difficoltà di avvio della nuova legislatura. Questa considerazione, però, potrebbe maggiormente valere nel caso della regione Lazio, che promulga 15 leggi nella VII e 4 nell’VIII legislatura; mentre non potrebbe valere nel caso della regione Puglia che, invece, emana 6 leggi nella VII e 14 nell’VIII legislatura. Tutto ciò a riprova ulteriore dell’impossibilità di affermare, rispetto ad un arco di tempo limitato (solo il 2005 appunto), la considerazione sopra evidenziata.
Altro dato di rilievo è quello della regione Toscana che, a partire dal 2001, mostra di utilizzare la fonte regolamentare con incrementi costanti fino ad arrivare alle 18 unità del 2005. Le regioni Umbria e Calabria, invece, dopo l’arresto della funzione regolamentare del 2004, ritornano nel 2005 ad utilizzare la fonte secondaria emanando, rispettivamente, 8 e 7 regolamenti. Anche nelle regioni Lombardia, Piemonte e Trentino-Alto Adige il dato si attesta sulle 8 unità. Nelle altre regioni, infine, il dato numerico risulta essere poco significativo. Come si ricava sempre dalla tabella 1, il ricorso alla fonte regolamentare appare essere ancora molto limitato sia in alcune regioni ordinarie sia in alcune regioni speciali. Si passa, infatti, dai 5 regolamenti della regione Basilicata, ai 4 regolamenti della regione Molise, ai 3 regolamenti delle regioni Campania, Emilia-Romagna e Sicilia fino ad arrivare ai 2 regolamenti delle regioni Liguria e Valle d’Aosta e all’unico regolamento delle regioni Marche e Veneto. Nessun regolamento è stato adottato, infine, dalle regioni Abruzzo e Sardegna.
 
3. I regolamenti per macrosettori e per materie
 
I dati relativi alla classificazione dei regolamenti secondo i macrosettori e le materie mettono in luce (v. tabella 4) che, su 362 regolamenti classificati, 113 hanno ad oggetto i “servizi alla persona e alla comunità”, 111 lo “sviluppo economico e le attività produttive, 76 il “territorio, l’ambiente e le infrastrutture”, 49 l’”ordinamento istituzionale” e 13 la “finanza regionale”. Per il profilo qui considerato (e per il dato concernente tanto le regioni ordinarie quanto le speciali) è possibile operare un confronto diretto con i dati risultanti dal Primo Rapporto sullo stato del regionalismo del 2002 e dal Rapporto 2003 sullo stato della legislazione della Camera dei deputati.
Secondo entrambi i Rapporti risultano emanati un numero maggiore di atti nei macrosettori dello sviluppo economico e dei servizi, questa volta, però, con la prevalenza del primo sul secondo dei settori indicati. Nel Primo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo (12), su un totale di 286 regolamenti prevalgono, infatti, i regolamenti riguardanti lo “sviluppo economico e le attività produttive” (102 regolamenti), seguiti da quelli relativi ai “servizi alla persona e alla comunità” (74 regolamenti), da quelli inerenti al “territorio, ambiente e infrastrutture” (55 regolamenti), da quelli riguardanti il settore dell’”ordinamento istituzionale” (46 regolamenti) e, infine, da quelli ascrivibili alla “finanza regionale” (9 regolamenti).
La medesima situazione emerge dai dati contenuti nel Rapporto 2003 sullo stato della legislazione (13). Accanto ai 118 regolamenti del macrosettore dello “sviluppo economico e attività produttive” ed ai 117 regolamenti relativi al macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità”, si rinvengono i 67 regolamenti del macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” a cui si aggiungono i 64 regolamenti relativi all’”ordinamento istituzionale” e i 12 regolamenti della “finanza regionale”.  
La tendenza della regione – già sottolineata nella Sezione I sulla legislazione - a configurarsi come un soggetto di rilievo tanto per lo sviluppo economico quanto per il profilo dei servizi alla persona e alla comunità risulta ulteriormente rafforzata dai dati sui regolamenti. D’altra parte, trattandosi di regolamenti di attuazione e di esecuzione, la presenza di un maggior numero di leggi regionali comporta anche un incremento di regolamenti nei medesimi settori di intervento.
Alcuni elementi significativi della tendenza appena richiamata e, probabilmente, in fase di ulteriore consolidamento, si possono ricavare anche con riguardo alle materie comprese nei macrosettori (v. tabella 4). Sotto questo profilo, con particolare riguardo al settore dello “sviluppo economico e attività produttive”, emerge con evidenza che la maggior parte dei regolamenti emanati dalle regioni (ordinarie e speciali) riguardano la materia dell’agricoltura e dello sviluppo rurale e della pesca che insieme totalizzano 44 regolamenti, seguito dall’industria con 16 regolamenti, dal commercio, fiere e mercati con 15 regolamenti e dal turismo con 14 regolamenti. Con riguardo, invece, al settore dei “servizi alla persona e alla comunità” si nota la presenza di un numero significativo di regolamenti nel campo dei servizi sociali (29 regolamenti), seguiti da quelli riguardanti la tutela della salute (19 regolamenti) e da quelli, in pari numero, classificati nelle materie dell’istruzione scolastica e del lavoro (18 regolamenti). Con attenzione, poi, al macrosettore del “territorio, ambiente e infrastrutture”, fa la parte del leone la protezione della natura e dell’ambiente con 23 regolamenti, seguita dalla materia territorio e urbanistica con 20 regolamenti. Infine, nel macrosettore dell’”ordinamento istituzionale” il numero più ampio di regolamenti si rinviene nella materia relativa al personale e all’amministrazione con ben 35 regolamenti.
Se si confrontano i dati del 2005 con quelli dei Rapporti sulla legislazione per il 2002 (che si riferisce, però, ad un arco temporale di un anno e mezzo) e per il 2003 della Camera dei deputati (14), le tendenze qui evidenziate appaiono, almeno per alcune materie confermate, anche se con alcune oscillazioni. Le regioni, infatti, nel settore dello “sviluppo economico e attività produttive” emanano più regolamenti nelle materie dell’agricoltura e foreste (43 regolamenti nel periodo considerato dal Rapporto 2002 e 28 nel 2003) e nel settore dei “servizi alla persona e alla comunità” adottano un numero ampio di regolamenti nei servizi sociali (50 e 22). Nel settore “territorio, ambiente e infrastrutture” è, poi, sempre la materia protezione della natura e dell’ambiente ad essere al primo posto con 22 regolamenti in entrambi i periodi di rilevazione e, infine, nel macrosettore dell’”ordinamento istituzionale” è sempre la materia personale e amministrazione che fa la parte del leone, rispettivamente con 60 e 40 regolamenti.
 In assoluto, nelle due rilevazioni richiamate e in quella relativa al 2005, il dato relativo alla materia del personale e dell’amministrazione è, dunque, quello maggiormente significativo. Rispetto a tale materia appare, allora, confermata - almeno per alcune regioni – l’influenza dell’ampio processo di delegificazione che ha interessato interi ambiti di normativa e ha rimesso al regolamento la definizione della maggior parte delle disposizioni di dettaglio. Come si è già evidenziato nel Rapporto 2003 sullo stato della legislazione (15), alcune regioni (esempio Molise e provincia di Trento) hanno messo in luce che per taluni aspetti riguardanti, ad esempio, la materia del reclutamento del personale regionale si assisteva, già da alcuni anni, alla riduzione del numero delle leggi e al costante aumento del numero dei regolamenti “sostitutivi” della precedente disciplina contenuta in norme primarie.
Le medesime tendenze suindicate risultano confermate anche considerando i dati riferiti esclusivamente alle regioni ordinarie, sia rispetto al profilo dei macrosettori che a quello delle materie. Nel 2005 (v. tabella 2), infatti, 33 regolamenti sono ascrivibili al settore di intervento dello “sviluppo economico e attività produttive”, 31 ai “servizi alla persona e alla comunità”, 26 al “territorio, ambiente e infrastrutture”, 18 all’”ordinamento istituzionale” e 4 alla “finanza regionale”. Nel primo dei settori indicati, poi, è sempre la materia agricoltura e foreste a registrare il maggior numero di atti (11), mentre negli altri macrosettori 8 regolamenti sono relativi alla tutela della salute e 7 ai servizi sociali, 11 al territorio e all’urbanistica e, sempre con un numero elevato rispetto a tutte le altre materie, 13 sono riferibili alla materia personale e amministrazione.
Confrontando i dati e le classificazioni contenuti nel Terzo Rapporto sullo stato del regionalismo (16), si può constatare che dal 2001 al 2004 – sempre con riferimento alle regioni ordinarie - dopo la materia personale e amministrazione, che fa la parte del leone con ben 57 regolamenti emanati, sono sempre alcune materie dei macrosettori “sviluppo economico e attività produttive” e “servizi alla persona e alla comunità” – che complessivamente contano 147 e 102 regolamenti - a registrare un cospicuo numero di atti. Nel primo dei macrosettori indicati, infatti, 43 regolamenti sono relativi alla materia agricoltura e foreste e 33 sono inerenti al commercio; nel secondo settore di intervento 29 regolamenti riguardano la tutela della salute e 21 regolamenti sono ascrivibili ai servizi sociali. Infine, non sono trascurabili i dati relativi ad alcune materie del “macrosettore territorio, ambiente e infrastrutture” che, a fronte dei complessivi 98 regolamenti, registra 22 regolamenti concernenti la protezione della natura e 20 regolamenti inerenti al territorio e all’urbanistica.
 
4.  La tipologia dei regolamenti
 
All’analisi dei dati sviluppata nei paragrafi precedenti segue, ora, un breve esame della tipologia degli atti regolamentari emanati nell’anno di riferimento.
Innanzitutto, in quasi tutte le regioni è presente un numero cospicuo di regolamenti di manutenzione, vale a dire di regolamenti di modifica e/o di integrazione di precedenti atti, alcune volte emanati nel corso dell’anno (17) o in un arco di tempo relativamente recente (18), altre volte risalenti anche a molti anni prima (19). In alcuni casi riguardano proroghe di termini già previsti in altri regolamenti (20). Gli interventi di manutenzione sono maggiormente diffusi nelle regioni ordinarie che, rispetto al passato, hanno incominciato già da alcuni anni a ricorrere alla fonte secondaria e in quegli ordinamenti speciali che, come già evidenziato, da sempre utilizzano i regolamenti in modo costante. Ad esempio, in Toscana su 18 regolamenti 8 sono di manutenzione e in Piemonte su 8 regolamenti emanati la metà interviene a modificare precedenti atti. Lo stesso vale per la provincia autonoma di Trento che su 21 regolamenti ne ha emanato 10 di manutenzione e così per quella di Bolzano che su 84 atti 24 sono di modifica o integrazione. Infine, anche nella regione Friuli Venezia Giulia su 132 regolamenti 32 apportano modifiche a regolamenti vigenti.
Accanto a questi regolamenti – di dimensioni ridotte in termini di articoli e commi – non mancano però regolamenti attuativi di leggi di riordino organico di materie o submaterie, che si caratterizzano, pertanto, anche per essere articolati in un notevole numero di disposizioni. Per citare solo qualche esempio, la regione Basilicata ha emanato, nel 2005, un corposo regolamento - in termini di articoli e allegati - attuativo di numerose disposizioni della legge regionale sull’agriturismo e il turismo rurale (21), la regione Lazio un regolamento di attuazione della legge regionale di disciplina organica in materia di cave e torbiere (22), la regione Toscana un regolamento di attuazione della legge regionale per il governo del territorio (23), la regione Umbria un regolamento di attuazione della legge regionale che detta norme in materia di spettacolo (24) e la regione Friuli Venezia Giulia un regolamento in attuazione della legge regionale sull’accoglienza e l’integrazione degli immigrati (25).
In alcuni casi sono sempre le leggi di riordino a prevedere, per una serie di aspetti, il rinvio a numerose attuazioni regolamentari. Per indicare solo qualche esempio - ed escludendo i regolamenti di manutenzione che pure intervengono a modificare regolamenti emanati in precedenza sempre in attuazione delle medesime leggi organiche - la regione Friuli Venezia Giulia ha emanato, nel 2005, ben cinque regolamenti in attuazione della legge regionale in materia di occupazione, tutela e qualità del lavoro (26) e tre regolamenti in attuazione della legge regionale in materia di professioni (27), la regione Toscana tre regolamenti attuativi della legge regionale per il trasporto locale (28) e la regione Umbria due regolamenti di attuazione di numerosi articoli della legge regionale in materia di edilizia residenziale pubblica (29).
Oltre che di leggi organiche, i regolamenti sono spesso attuativi di disposizioni contenute in altri tipi di leggi come, ad esempio, quelle finanziarie. Soprattutto in quegli ordinamenti che utilizzano la finanziaria come una legge contenitore - è significativo il caso delle finanziarie “pesanti” emanate dalla regione Friuli Venezia Giulia - inserendo in essa numerose disposizioni autonome di rilievo in diversi settori di competenza regionale, si rinvengono numerosi rinvii ad una successiva attuazione in sede regolamentare. Per restare solo nell’anno di riferimento, la regione richiamata ha emanato ben 12 nuovi regolamenti in attuazione di disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2005 (l.r. n. 1), riguardanti varie materie di intervento regionale. Più in particolare, 3 regolamenti riguardano la materia dei servizi sociali (30), un regolamento è inerente, rispettivamente, alle materie agricoltura (31), trasporti (32), industria (33), commercio (34), pesca (35), territorio e urbanistica (36), protezione della natura (37), istruzione scolastica (edilizia scolastica) (38) e protezione civile (39). 
In alcuni casi si rinvengono regolamenti contenenti normativa tecnica. Per indicare solo qualche esempio, rientrano in tale categoria il regolamento Lazio n. 8/2005 che detta, appunto, prescrizioni tecniche di emissione degli impianti in attuazione della l.r. n. 23/2000 relativa alla riduzione e alla prevenzione dell’inquinamento luminoso e il regolamento Marche n. 1/2005 che, in attuazione della l.r. n. 47/1997, contiene norme sui requisiti tecnici, igienico sanitari e di sicurezza degli impianti e delle attrezzature per le attività motorie ricreative.
Quanto ai regolamenti “vincolati” da fonti comunitarie, rimane confermata la scarsità di tali atti già messa in luce nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo (40). Per citare solo qualche esempio, è tale il regolamento Lazio n. 7/2005 dettato in attuazione del regolamento CE n. 1493/1999 e relativo all’adozione del piano regionale del regime di sostegno comunitario alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti.
Quanto, invece, ai casi di attuazione di leggi statali - molto numerosi in alcune regioni fino alla modifica del Titolo V – sono ora presenti sporadici esempi, soprattutto nel caso di leggi emanate prima della riforma costituzionale. Rientra in tale categoria la d.g.r. Basilicata n. 1092/2005, regolamento attuativo dell’art. 1 della legge n. 62/2000 che detta norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione e il regolamento Piemonte n. 2/2005 di disciplina per l’autorizzazione alla deroga alle distanze legali lungo le ferrovie in concessione ex art. 60 del d.p.r. n. 753/1980. Anche nelle regioni speciali è molto limitato il ricorso a tale tipologia di atti. Ad esempio, nella regione Friuli Venezia Giulia su 132 regolamenti solo 4 sono attuativi di normativa statale (41).  
Oltre ai casi di regolamenti attuativi di norme primarie statali si registrano anche casi di attuazione di normazione secondaria e/o di accordi o convenzioni. Il regolamento Toscana n. 52/2005 che reca requisiti e modalità per il riconoscimento degli stabilimenti idonei all’elaborazione del mosto di uve, è stato emanato ai sensi del decreto ministeriale 30 luglio 2003, relativo alle modalità di applicazione del regolamento CE n. 1622/2000, istitutivo di un codice di condotta comunitario delle pratiche e dei trattamenti enologici. La regione Puglia, invece, ha emanato il regolamento n. 14/2005 in applicazione di quanto stabilito in sede di Conferenza Stato-regioni il 22 febbraio 2001 e in conformità ai contenuti degli artt. 1-13 del decreto 18 febbraio 2000 del Ministero della Sanità di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, inerente la figura, il profilo professionale ed il relativo ordinamento didattico dell'operatore socio sanitario. Infine, anche nella provincia autonoma di Trento sono da segnalare due regolamenti, rispettivamente, in materia di requisiti minimi e di criteri per il riconoscimento dei laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari ai fini dell’autocontrollo e in materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’erogazione delle prestazioni veterinarie da parte di strutture pubbliche e private che - oltre all’attuazione di normativa statale e provinciale - sono emanati in attuazione di accordi Stato-regioni  (42). 
 
5.  Per concludere
 
Dall’insieme dei dati raccolti e dalle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti emergono alcune tendenze significative.
Innanzitutto il 2005 è segnato dall’entrata in vigore di sei nuovi statuti che, uniti ai tre del 2004, hanno “definitivamente” disegnato – almeno in nove regioni ordinarie - assetti nuovi in ordine a competenze, procedimenti e contenuti della fonte secondaria. 
In secondo luogo, i regolamenti regionali – coerentemente alle disposizioni statutarie - seguono l’andamento delle leggi e, di volta in volta, sono di attuazione, di esecuzione e – ma in modo limitato - veri e propri regolamenti di delegificazione che necessitano, proprio per essere tali, dell’intermediazione di una legge regionale. Al di là dei casi della regione Puglia che emana 20 leggi contro 27 regolamenti e del Lazio con 19 leggi e altrettanti regolamenti, le fonti secondarie non sembrano essere alternative a quelle primarie e - come evidenziato anche nella sezione sulla legislazione - il graduale calo delle leggi in quasi tutte le regioni, sostanzialmente confermato anche nell’anno di riferimento, non appare tanto imputabile ad un maggior utilizzo dei regolamenti quanto, in massima parte, alle difficoltà di attuazione della riforma costituzionale e alla prassi, sempre più diffusa, di ricorrere a leggi di riordino settoriale in luogo di una serie di leggine, come accadeva spesso in passato e in modo marcato in alcuni ordinamenti regionali.   
In terzo luogo, l’utilizzo del regolamento non è uniforme sul territorio nazionale. Vi sono regioni che fanno ricorso alla fonte in modo episodico e marginale, altre in modo marcato e costante da anni. Il dato significativo per il 2005 è, come si è visto, quello di due regioni ordinarie, Puglia e Lazio, che registrano rispettivamente 27 e 19 regolamenti. Poi, oltre al caso della regione Toscana - con 18 regolamenti emanati che, però confermano la tendenza, già evidenziata nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo, del ricorso costante alla fonte secondaria già da alcuni anni - nelle altre regioni ordinarie e nelle regioni speciali di Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta la produzione regolamentare continua a mantenersi bassa e, in alcune, in modo ancora più rilevante (v. nel dettaglio tabella 1). Ad esempio la regione Emilia-Romagna - dove dal 1971 al dicembre 2005 sono stati emanati complessivamente 76 regolamenti e nel corso degli anni ne sono stati abrogati espressamente 41 - registra a dicembre 2005 solo 35 regolamenti vigenti, dato non molto distante dai 27 emanati dalla regione Puglia nel corso di un solo anno. E’ vero, però, che nella regione richiamata si assiste da tempo a quel processo di “delegificazione”, inteso però in senso ampio, per cui le leggi regionali – principalmente leggi di riordino settoriale - talvolta rinviano numerosi aspetti di disciplina della materia a successivi atti non legislativi in misura maggiore di giunta (delibere e atti con cui l’esecutivo definisce criteri e modalità per la concessione di contributi, sovvenzioni, ausili o per l’individuazione di soggetti beneficiari) o, coerentemente con la ripartizione di competenze prevista nello statuto, dell’assemblea (atti di approvazione di piani, indirizzi e programmi e direttive) o più genericamente della regione (accordi e intese). Non a caso, per il 2005, il maggior numero di rinvii (49 tra atti di giunta, atti d’assemblea, atti della regione) si trova nella l.r. n. 17 che disciplina in modo organico la promozione dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro (43).
Probabilmente per altre regioni valgono ancora le considerazioni fatte nel Secondo (44) e nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo (45),vale a dire il frequente ricorso ad atti a contenuto generale – alcune volte anche irreperibili perché non pubblicati - diffusi tanto in alcune regioni speciali quanto in alcune regioni ordinarie. Come si legge, ad esempio, nel Rapporto 2005 sullo stato della legislazione della regione Lombardia “restano esclusi dai conteggi” riguardanti i regolamenti “ gli altri numerosi provvedimenti di giunta e di consiglio che, pur non avendo formalmente il nomen juris di regolamenti, ne assumono per ragioni sostanziali e di contenuto le caratteristiche” (46).
Sostanzialmente confermato, come si ricava anche da altre rilevazioni relative ad anni precedenti (47), il ricorso massiccio a regolamenti di attuazione o di esecuzione di leggi regionali e provinciali da parte appunto della regione Friuli Venezia Giulia (132 regolamenti) e delle due province autonome di Bolzano (84 regolamenti) e di Trento (21 regolamenti) anche se, proprio nel 2005, nella provincia da ultimo richiamata, il gruppo di lavoro sulla razionalizzazione normativa (48), costituito in consiglio provinciale - oltre alla ridefinizione delle leggi finanziarie, alla cancellazione della legge di adeguamento e all’avvio dell’opera di “pulitura” di numerose leggi desuete (49) – ha avviato un’indagine conoscitiva per raccogliere osservazioni e proposte in ordine alla delegificazione e alla potestà regolamentare. Il processo di semplificazione avviato dalla provincia, secondo il gruppo di lavoro, dovrà riguardare anche la fonte secondaria che, comunque non dovrebbe “eccedere nel dettaglio” – né nel numero e nelle dimensioni – “perché sarebbe inutile semplificare per legge e complicare i regolamenti”.

Tabelle della Sezione II
 


NOTE SEZIONE II
 
(1)           Il dibattito -originato in particolare dalla legge costituzionale n. 1/1999 - è proseguito fino al 2003, anno in cui la Corte costituzionale, con la sentenza n. 313, interviene a bloccare la prassi basata su una non chiara e riconoscibile interpretazione della disciplina costituzionale in ordine all’attribuzione della funzione regolamentare. La Corte, nella decisione richiamata, indica lo statuto regionale come l’unica fonte possibile per intervenire sulla titolarità, sulle forme e sui contenuti della fonte secondaria; esclude, quindi, l’immediata e automatica attribuzione della funzione alla giunta a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale indicata e “ripristina”, infine, la competenza del consiglio regionale disciplinata negli statuti originari. 
(2)           In particolare si tratta delle regioni: Abruzzo (statuto 2006), Calabria (l.r. n. 25/2004), Emilia-Romagna (l.r. n. 13/2005), Lazio (l. statutaria n. 1/2004), Liguria (l. statutaria n. 1/2005), Marche (l. statutaria n. 1/2005), Piemonte (l.r. n. 1/2005), Puglia (l.r. n. 7/2004), Toscana (statuto 2005) e Umbria (l.r. n. 21/2005).
(3)           A.G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa nella settima legislatura regionale, in ISSiRFA-CNR, Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia, Milano, Giuffrè, 2005, in particolare, pp. 502-503.
(4)           Focus sulla produzione normativa nella VII legislatura regionale, p. 105 ss. e, in particolare, tabella 4, p. 116, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto sullo stato della legislazione 2004-2005 tra Stato, Regioni e Unione europea, Roma, 2005.
(5)           Ad esempio, v., per l’anno in esame, le seguenti deliberazioni della giunta regionale: d.g.r. n. 1092/2005, regolamento attuativo dell’art. 1, co. 9 della legge n. 62/2000 - Norme per la parità scolastica a disposizione sul diritto allo studio e all’istruzione”; d.g.r. n. 1753/ 2005, regolamento sull’agriturismo attuativo della l.r. n. 17/2005 - Agriturismo e turismo rurale; d.g.r. n. 2695/2005, “Tributo speciale per il deposito di rifiuti in discarica – regolamento di attuazione, costituzione e riparto del fondo incentivante – legge n. 549/1995 e l.r. n. 6/2001, come modificata dalla l.r. n. 28/2003. Le tre deliberazioni – che recano però nel titolo la parola “regolamento” - hanno, infatti, forma di atto amministrativo ma sostanza di atto normativo a fini generali.   
(6)           Si tratta del r.r. n. 4/2005 che ha abrogato il r.r.n. 2/2001.  
(7)           Il totale si ottiene sommando ai 93 regolamenti emanati dalle regioni ordinarie (il dato è riportato da A.G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa, op. cit., in particolare, tabella 1, p. 512) quelli delle regioni speciali (89 Friuli Venezia Giulia, 51 provincia autonoma di Bolzano,19 provincia autonoma di Trento, 8 Trentino-Alto Adige, 1 Sicilia e 1 Valle d’Aosta). 
(8)           V., ad esempio, tabella 3, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2003 sullo stato della legislazione, p. 431. 
(9)           Cfr. A.G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa, op. cit., tabella 1, p. 512.
(10)        Op. ult. cit.
(11)        V., per gli anni di seguito indicati nel testo, op. ult. cit., tabella 1, p. 494 e tabella 1 della Sezione I sulla produzione legislativa.
(12)        V. L. Ronchetti, Focus sui regolamenti regionali, in ISSiRFA-CNR, Primo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2002), Milano, Giuffrè, 2003, in particolare tabella 2, p. 157.
(13)        V. tabella 4c, p. 435.
(14)        V., in particolare, tabella 4d a p. 379 per il Rapporto 2002 e tabella 4d a p. 436 per il Rapporto 2003.
(15)        Riordino normativo e qualità della legislazione, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2003 sullo stato della legislazione, p. 276. 
(16)        A. G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa, op. cit., in particolare tabella 8, p. 516. Ai dati richiamati nella tabella citata sono stati sottratti i regolamenti emanati nei primi tre mesi del 2005 (considerati nella rilevazione del presente Rapporto).
(17)        V., ad esempio, il d.p.r. Friuli Venezia Giulia n. 435/2005, recante modifiche al regolamento per la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione ed erogazione dei finanziamenti alle associazioni, cooperative sociali di tipo B e fondazioni ONLUS operanti nel territorio regionale, per il parco mezzi utilizzati ai fini della mobilità di soggetti diversamente abili, emanato con d.p.r. n. 0220/2005; il r.r. Lombardia n. 4/2005, di integrazione al regolamento n. 1 dello stesso anno e relativo alle procedure di esproprio delle aree da bonificare. 
(18)        V., ad esempio, il r.r. Umbria n. 6/2005, di modifica e integrazione al regolamento n. 1 del 19 giugno del 2001, di attuazione della disciplina delle strade del vino; il r.r. Lazio n. 12/2005, di modifica al r.r. n. 2/2002 relativo al finanziamento dei sistemi produttivi locali, dei distretti industriali e delle aree di investimento; il d.p.g.r. Toscana n. 53/2005, di modifica al d.p.g.r. n. 42/2004 e dettato in attuazione della l.r. n. 19/2004 in materia di razionalizzazione del carburante e di ammodernamento del sistema di distribuzione.
(19)        V., ad esempio, il d.p.r. Friuli Venezia Giulia n. 431/2005, di modifica al regolamento di esecuzione della disciplina del commercio fisso e ambulante, approvato con d.p.r. n. 02277/1977.
(20)        V., ad esempio, il d.p.g.r. Piemonte n. 3/2005 che proroga i termini già previsti da un regolamento del 2004 (n. 6), concernente la disciplina del demanio della navigazione interna piemontese e sempre della stessa regione il d.p.g.r. n. 8/2005 che fissa una nuova proroga dei termini già fissati da un regolamento del 2003 (n. 9), concernente la disciplina della preparazione e somministrazione di alimenti e bevande, relativamente all’attività di bar, piccola ristorazione e ristorazione tradizionale.
(21)        Si tratta della d.g.r. n. 1753/2005 approvata in attuazione della l.r. n. 17/2005.
(22)        Si tratta del r.r. n. 5/2005 dettato in attuazione della l.r. n. 17/2005.
(23)        Si tratta del d.p.g.r. n. 62/2005 di attuazione della l.r. n. 1/2005.
(24)        Si tratta del r.r. n. 4/2005 attuativo della l.r. n. 17/2004.
(25)        Si tratta del d.p.r. n. 0123/2005 previsto da una disposizione della l.r. n. 5/2005.
(26)        Si tratta dei regolamenti: d.p.r. n. 391/, relativo al sostegno all’esercizio da parte delle province delle funzioni e dei compiti trasferiti in materia di lavoro; d.p.r. n. 392/2005, riguardante la realizzazione di interventi nell’ambito della cultura della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro; d.p.r. n. 415/2005 relativo all’apprendistato professionalizzante; d.p.r. n. 419/2005, concernente la concessione dei contributi finalizzati alla stabilizzazione occupazionale; d.p.r. n. 420/2005, dettato per la disciplina dei criteri e delle modalità di concessione alle province di un contributo per la realizzazione di azioni di coordinamento degli interventi attuativi dei piani di gestione delle situazioni di grave difficoltà occupazionale. I regolamenti indicati sono attuativi di singole disposizioni della l.r. n. 18/2005.   
(27)        Si tratta dei regolamenti: d.p.r. n. 0168/2005, riguardante la concessione di finanziamenti per l’aggiornamento professionale da parte dei professionisti; d.p.r. n. 0169/2005, dettato per la concessione ai professionisti di incentivi per l’avvio di forme associate o societarie tra soggetti che esercitino la medesima o diverse professioni; d.p.r. n. 0170/2005, concernente le misure, i criteri e le modalità per la concessione di finanziamenti atti a consentire l’acquisizione della certificazione di qualità delle procedure e delle prestazioni da parte dei professionisti. I regolamenti sono emanati in attuazione di singole disposizioni della l.r. n. 13/2004.
(28)        Si tratta dei regolamenti: d.p.g.r. n. 8/2005, d.p.g.r. n. 9/2005 e d.p.g.r. n. 29/2005 emanati in attuazione di tre diverse disposizioni della l.r. n. 42/1998.
(29)        Si tratta dei r.r. nn. 1 e 2/2005 emanati in attuazione della l.r. n. 23/2003.
(30)        D.p.r. n. 0220/2005, regolamento per la definizione dei criteri e delle modalità per le concessioni ed erogazione dei finanziamenti alle associazioni, cooperative sociali di tipo B e fondazioni ONLUS operanti nel territorio regionale, per il rinnovo del parco mezzi ai fini della mobilità di soggetti diversamente abili; d.p.r. n. 0292/2005, regolamento per il sostegno e lo sviluppo delle forme associative giovanili e la presenza attiva dei giovani nella società; d.p.r. n. 359/2005, regolamento per la concessione di contributi agli enti ausiliari che gestiscono comunità terapeutiche di accoglienza per tossicodipendenti.   
(31)        D.p.r. n. 0134/2005, regolamento recante criteri e modalità per la concessione dei contributi per lo sviluppo delle colture pregiate.
(32)        D.p.r. n. 360/2005, regolamento per la concessione a favore di disabili fisici di contributi per l’acquisto e l’adattamento di autoveicoli per il trasporto personale e per il conseguimento dell’abilitazione alla guida.
(33)        D.p.r. n. 0224/2005, regolamento per concessione di un finanziamento straordinario per l'integrazione dei fondi rischi dei Consorzi garanzia fidi Artigianato e Industria di Udine da destinare a favore delle imprese con sede nei comuni compresi nel Distretto industriale della sedia.
(34)        D.p.r. n. 0260/2005, regolamento per la concessione di finanziamenti alle Camere di commercio per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese.
(35)        D.p.r. n. 087/2005, regolamento di disciplina della composizione e funzionamento delle Commissioni consultive locali per la pesca e l’acquacoltura dei Compartimenti marittimi di Trieste e Monfalcone.
(36)        D.p.r. n. 0187/2005, regolamento recante i criteri e le modalità per la concessione ed erogazione dei contributi per gli interventi di miglioramento ed adeguamento impiantistico degli alloggi a carattere definitivo ricevuti in donazione dai Comuni terremotati.
(37)        D.p.r. n. 381/2005, regolamento per la concessione di contributi per iniziative finalizzate all'ottenimento della certificazione ambientale secondo le procedure previste dalla norma UNI EN ISO 14001 o della registrazione ambientale secondo le procedure previste dal Regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (EMAS).
(38)        D.p.r. n. 0230/2005, regolamento recante criteri e modalità per la concessione e l’erogazione dei contributi per la realizzazione di lavori di nuova costruzione, recupero e ampliamento di edifici da destinare a scuole materne.
(39)        D.p.r. n. 0118/2005, regolamento di esecuzione in materia di interventi urgenti a favore di privati danneggiati dagli eventi alluvionali del 29 agosto 2003.
(40)        V. A.G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa, op. cit., in particolare, p. 506 e nota 6.
(41)        Si tratta dei regolamenti: d.p.r. n. 354/2005, recante le modalità di riconoscimento delle organizzazioni dei produttori in applicazione del d.lgs. n. 102/2005; d.p.r. n. 0161/2005, concernente i criteri e le modalità per la concessione dei contributi una tantum a favore dei comuni e dei soggetti che effettuano la gestione dei rifiuti urbani nelle forme di cui al d.lgs. n. 267/2000; d.p.r. n. 0286/2005 relativo alle procedure per l’esonero parziale degli obblighi occupazionali, di cui all’art. 5 della legge n. 68/1999; d.p.r. n. 0304/2005, dettato per la gestione delle risorse attribuite dal ministero del lavoro alla regione per il finanziamento di attività utili a favorire la riallocazione dei dirigenti d’azienda il cui rapporto di lavoro sia cessato, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 266/1997.    
(42)        Più in particolare si tratta dei regolamenti: d.p.p. n. 1-31/Leg/2005, dettato in attuazione dell’art. 3 bis del d.lgs. n. 155/1997 e dell’accordo Stato-regioni del 17 giugno 2004 tra il ministro della salute, le regioni e le province autonome di Bolzano e di Trento; d.p.p. n. 11-41/Leg/2005, dettato in attuazione dell’accordo Stato-regioni del 26 novembre 2003 tra il ministro della salute, le regioni e le province autonome e dell’art. 11 della l.p. n. 13/2004.
(43)        Quarto Rapporto sulla legislazione regionale (dal 16 maggio 2005 al 31 dicembre2005-VIII legislatura), p. 55 e ss. in www.parlamentiregionali.it>attività istituzionale>relazioni istituzionali>rapporti regionali sullostatodella legislazione.
(44)        L. Ronchetti, I regolamenti regionali, in ISSiRFA-CNR, Secondo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2003), Milano, Giuffrè, 2004, in particolare, p. 278.
(45)        A.G. Arabia e C. Desideri, L’attività normativa, op. cit., in particolare, p. 511.
(46)        Rapporto 2005 sullo stato della legislazione e sul rendimento istituzionale del consiglio regionale (aprile 2005-dicembre 2005), p. 31, in www.parlamentiregionali.it>attività istituzionali>relazioni istituzionali>rapporti regionali sullostato della legislazione.
(47)        Cfr. Rapporti sulla legislazione 2002 e 2003 della Camera dei deputati e, in particolare, la tabella 3 a p. 374 per il Rapporto 2002 e la tabella 3 a p. 431 per il Rapporto 2003.
(48)        Per un’analisi dettagliata dell’attività del gruppo di lavoro, v. il Supplemento n. 3 a “Documenti 284”, Periodico di documentazione e informazione sull’attività del consiglio della provincia di Trento, in www.consiglio.provincia.tn.it>periodici e newsletter>consiglio provinciale documenti.
(49)        Opera già avvenuta in sede di legge finanziaria. Gli allegati D ed E alla l.p. n. 20 (finanziaria 2005) indicano le leggi provinciali abrogate espressamente (72 totalmente, 16 parzialmente e 8 leggi della regione già recepite nell’ordinamento provinciale). 

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