Sommario:
 
 
1. Premessa
La Corte costituzionale è tornata nuovamente ad occuparsi della prorogatio dei Consigli regionali con la sent. 68/2010 (1). Tale decisione offre lo spunto per alcune considerazioni sulla portata del principio di armonia con la Costituzione, sollevando altresì serie perplessità su alcune scelte delle Regioni in materia di prorogatio. Di tali questioni ci si occuperà nelle pagine che seguono.
 
2. La prorogatio dei Consigli regionali prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione
I Consigli regionali hanno una durata determinata dalla legge statale in cinque anni (2), salvo i casi di scioglimento anticipato. Prima della riforma del Titolo V, la normativa statale si occupava anche di definire le modalità di transizione tra il Consiglio regionale in scadenza e quello da eleggere, prevedendo che i Consigli regionali esercitassero le loro funzioni sino «al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione» (3). La l. 108/1968, dunque, analogamente a quanto era previsto per i Consigli comunali e provinciali (4), stabiliva sia la durata del Consiglio regionale sia il principio di discontinuità di tale organo, non prevedendone la prorogatio dei poteri, salvo che in talune situazioni (5).
Tale previsione normativa, tuttavia, è stata interpretata dalla Corte costituzionale in modo da garantire ai Consigli regionali di operare anche nei quarantacinque giorni antecedenti alle nuove elezioni regionali. La Consulta, infatti, ha chiarito che il co. 2, art. 3, l. 108/1968, deve essere interpretato in armonia con il co. 1 dello stesso articolo, trovando un punto di equilibrio tra il principio di rappresentatività (che «comporta che nessuna assemblea rappresentativa ha il potere di vincolare quelle successive alle decisioni da essa prese nell’ambito di procedimenti legislativi che non si siano perfezionati con la definitiva approvazione consiliare della legge») e quello di continuità funzionale dell’organo («che esclude che il depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino a comportare una indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso») (6). Secondo la Corte, dunque, poiché i Consigli regionali durano in carica cinque anni, essi devono esercitare le loro funzioni per tale periodo ma, mentre sino al quarantaseiesimo giorno antecedente alle elezioni possono esercitare tutte le funzioni loro spettanti, negli ultimi quarantacinque giorni della legislatura regionale «essi dispongono di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensità di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (7). In questo modo, la Consulta non ha esteso formalmente l’istituto della prorogatio ai Consigli regionali, ma – in pratica – ha previsto che il funzionamento di tali organi sia analogo a quello delle Assemblee parlamentari, quantomeno in relazione ai limiti che essi subiscono nella fase di transizione da una legislatura all’altra. Come si è già accennato (8), peraltro, la l. 142/1990 aveva già superato il principio di discontinuità dei Consigli provinciali e comunali, prevedendone la prorogatio per gli atti urgenti e improrogabili.
 
3. La prorogatio dopo la riforma del Titolo V: il contesto normativo e la giurisprudenza costituzionale
La l. cost. 1/1999 ha modificato l’art. 123 Cost., attribuendo agli statuti regionali il compito di determinare, in armonia con la Costituzione, «la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» della Regione, ferma restando la competenza della legge statale nel determinare la durata degli organi elettivi della Regione, ai sensi dell’art. 122, co. 1, Cost. (9). La Corte costituzionale ha svolto un’opera di delimitazione della nozione di forma di governo regionale (10) – introdotta per la prima volta in Costituzione –, rimettendo, per quanto interessa in questa sede, allo statuto regionale il compito di dettare le regole procedurali inerenti allo scioglimento del Consiglio regionale e alla transizione tra la vecchia e la nuova legislatura regionale, compresa la prorogatio degli organi regionali (11). Secondo la Consulta, infatti, la disciplina della prorogatio degli organi elettivi regionali è parte della disciplina della forma di governo regionale, sicché rientra nella competenza degli statuti regionali, da esercitarsi «in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione» (12). La Corte aggiunge, altresì, che lo statuto non potrà prevedere la prorogatio degli organi regionali in caso di scioglimento o rimozione sanzionatori ex art. 126, co. 1, Cost., perché, in tale ipotesi, sarebbe inopportuno mantenere in carica per il periodo di prorogatio quegli organi regionali responsabili di gravi atti contrari alla Costituzione, alla legge o pericolosi per la sicurezza nazionale (13).
È opportuno aggiungere che, laddove le Regioni non abbiano ancora esercitato le proprie competenze normative in materia, deve ritenersi ancora vigente la l. 108/1968, art. 3, co. 2 (14) – come interpretata dalla Consulta –, considerato che l’art. 5, l. cost. 1/1999 «detta direttamente la disciplina della elezione del Presidente regionale, stabilendo che essa sia contestuale al rinnovo del Consiglio e che si effettui “con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali”, così indirettamente in qualche misura “irrigidite” in via transitoria» (15).
A parte deve considerarsi l’ipotesi di nuove elezioni regionali conseguenti all’annullamento delle elezioni precedenti da parte della magistratura (16), poiché in tale eventualità non ci si troverebbe dinanzi ad una fattispecie di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, bensì al «venir meno ex tunc (...) dello stesso titolo di investitura dell’organo elettivo» (17). Anche in tale caso la competenza a definire le funzioni degli organi regionali sino alla nuova elezione è rimessa allo statuto regionale, ma con i limiti ulteriori derivanti «dalla competenza statale esclusiva in materia giurisdizionale», stabilita dall’art. 117, co. 2, lett. l, Cost. (18).
Tale giurisprudenza è stata confermata e ulteriormente precisata dalla Corte costituzionale nella citata sent. 68/2010, che riguarda la legittimità costituzionale di due leggi della Regione Abruzzo approvate dopo le dimissioni del Presidente della Regione e l’indizione delle nuove elezioni regionali (19).
Dopo aver ricostruito il quadro normativo vigente anteriormente alla riforma del Titolo V e richiamato la propria giurisprudenza sulla l. 108/1968, art. 3, co. 2, la Consulta si è soffermata sulla disposizione che disciplina la prorogatio degli organi della Regione, l’art. 86, co. 3, st. Abruzzo. La Corte osserva che la disposizione statutaria si limita a prevedere l’istituto della prorogatio per il periodo successivo all’indizione delle elezioni, senza indicare alcuna limitazione dei poteri degli organi di governo della Regione nel corso di tale periodo (20). La portata generica di tale previsione, tuttavia, non può essere intesa, come sembra supporre la difesa della Regione Abruzzo, come facoltizzante gli organi regionali ad operare senza alcuna limitazione di poteri durante il regime di prorogatio. Secondo la Consulta, infatti, l’istituto della prorogatio non può che essere ricostruito facendo riferimento alla costante prassi parlamentare in materia, nonché alla nettissima diversità che esiste – a livello nazionale – tra la prorogatio prevista dall’art. 61, co. 2, Cost. e la proroga ex art. 60, co. 2, Cost. Ne deriva che l’istituto ha la funzione di operare un bilanciamento tra il principio di rappresentatività e quello di continuità funzionale, consentendo al Consiglio regionale di esercitare talune sue funzioni anche durante il periodo che precede le nuove elezioni, al fine di far fronte a speciali contingenze, ma senza che l’esercizio di tali funzioni possa garantire al Consiglio uscente di operare una sorta di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori (21). La limitazione dei poteri degli organi di governo in regime di prorogatio, dunque, appare ai giudici della Corte come “connaturale” all’istituto, sì da configurarsi come espressione di quella “armonia con la Costituzione” alla quale lo statuto deve attenersi nel definire la forma di governo regionale. La Corte, dunque, ritiene che la generica previsione contenuta nello statuto regionale abruzzese debba essere interpretata – in armonia con la Costituzione – «come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali» (22), perché, in caso contrario, l’assenza di tali limiti urterebbe con la stessa ratio dell’istituto (23). La Corte si premura anche di aggiungere che l’ampiezza della previsione statutaria potrebbe essere delimitata da un’apposita legge regionale di attuazione «o anche semplicemente rilevare nei lavori consiliari o dallo specifico contenuto delle leggi adottate» (24).
 
4. La prorogatio e l’armonia con la Costituzione
La giurisprudenza costituzionale in tema di prorogatio dei Consigli regionali e, in particolare, la sent. 68/2010 offrono degli spunti ricostruttivi di indubbio interesse in relazione alla forma di governo regionale ma sollevano anche alcune perplessità sulla disciplina regionale dell’istituto.
Innanzitutto, occorre sottolineare che la Corte costituzionale risolve il giudizio dinanzi a sé ricorrendo nuovamente al concetto di armonia con la Costituzione previsto dall’art. 123, co. 1, Cost. (25). La Consulta, infatti, opera un’ulteriore definizione della forma di governo regionale, chiarendo la portata della prorogatio del Consiglio regionale. Come ribadito nella sent. 68/2010, questo istituto rientra nella forma di governo regionale e, come tale, deve essere disciplinato dallo statuto regionale. I margini di tale disciplina, tuttavia, appaiono piuttosto limitati. La prorogatio, infatti, deve essere considerata come la permanenza in carica dell’organo regionale in scadenza con una limitazione delle proprie funzioni ai soli atti di necessità o di urgenza, indipendentemente dal fatto che la disciplina statutaria preveda tale limitazione. Ciò viene desunto dal concreto atteggiarsi della prorogatio delle Camere, nonché dalla distinzione tra proroga e prorogatio previste dagli artt. 60 e 61 Cost. per le Assemblee parlamentari. Il ricorso alla disciplina nazionale di tali istituti al fine di determinare l’ambito di autonomia statutaria regionale in materia di forma di governo induce ad alcune osservazioni.
In primo luogo, occorre considerare che la Corte costituzionale pare prendere posizione sulla estensione dei poteri che possono essere esercitati dalle Camere in regime di prorogatio. In dottrina l’estensione di tali poteri è stata oggetto di numerosi studi che – fermo restando il limite di cui all’art. 85, co. 3, Cost. – sulla questione ipotizzano soluzioni differenti. Sebbene non sia possibile affrontare in questa sede tale articolata questione, appare comunque necessario – in estrema sintesi – accennare alle varie posizioni assunte dalla dottrina: mantenimento della pienezza dei poteri delle Camere (26); esercizio dei soli poteri riconducibili alla (tutt’altro che inequivoca formula della) ordinaria amministrazione (27); esercizio della normale amministrazione costituzionale e della funzione legislativa solo qualora questa abbia i caratteri dell’urgenza e dell’indifferibilità (28); possibilità di esercizio dei poteri solo in casi di necessità e urgenza (29); impossibilità di compiere atti riconducibili all’attività di indirizzo politico (30);necessità di considerare l’influenza reciproca dei poteri del Governo e di quelli del Parlamento entrambi in regime di prorogatio (31); infine, divisione in due fasi del periodo di prorogatio – e della conseguente limitazione dei poteri delle Camere – sulla scorta del momento in cui si svolgono le nuove elezioni (32). La Consulta, però, non dà conto di tale dibattito nella sentenza, affermando che la stessa natura dell’istituto della prorogatio a livello nazionale comporta la limitazione dei poteri delle Assemblee legislative agli «atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili», «come confermato dalla costante prassi parlamentare in tal senso (al di là di sue circoscritte e marginali eccezioni)» (33). Anche questa affermazione della Consulta solleva qualche perplessità ove si consideri che la prassi parlamentare non appare affatto così lineare né del tutto omogenea tra i due rami del Parlamento (34). Tuttavia, con la sua decisione la Corte aderisce alla tesi secondo la quale sarebbe possibile per le Camere esercitare solo le attività di straordinaria amministrazione, collegando tale presa di posizione anche alla propria giurisprudenza in materia di prorogatio delle Assemblee legislative delle Regioni.
La Consulta, peraltro, nella sentenza sembra soffermarsi anche sulla natura della prorogatio. A tal riguardo, in dottrina si è dibattuto se la prorogatio rappresenti solo una delle espressioni possibili del principio di continuità funzionale degli organi, oppure costituisca essa stessa un principio generale del diritto, unica manifestazione del principio generale dell’ordinamento di continuità funzionale degli organi costituzionali, applicabile anche al di fuori di una espressa previsione normativa (35). La Consulta, affermando che gli indicati limiti ai poteri delle Assemblee legislative in regime di prorogatio sono immanenti o connaturali all’istituto e devono ritenersi operanti per i Consigli regionali anche laddove non espressamente previsti dagli statuti regionali (e, considerato l’iter argomentativo seguito, si potrebbe aggiungere: non previsti nemmeno dalla Costituzione per le Camere), sembra propendere per la valutazione della prorogatio alla stregua di un principio generale (36), contribuendo, così, a precisare anche la natura e il ruolo della c.d. armonia con la Costituzione. Infatti, quando la Corte costituzionale definisce l’istituto della prorogatio regionale sulla scorta delle disposizioni costituzionali e della prassi parlamentare, indipendentemente dal tenore letterale delle previsioni statutarie, come se fosse espressione di un principio generale dell’ordinamento, essa pare offrire un’apertura alla possibilità di interpretare il principio della armonia con la Costituzione non in termini di uniformità, ovvero come volto a garantire che il modello organizzativo prescelto dal legislatore statutario si ispiri, «per quanto la diversità di situazioni lo possa consentire, al modello organizzativo dettato dalla costituzione per lo stato persona» (37), bensì come «l’equivalente funzionale della clausola di omogeneità prevista negli Stati federali per regolare il rapporto fra diritto costituzionale federale e diritto costituzionale degli Stati membri» (38). In altri termini, l’armonia, così interpretata, dovrebbe comportare che talune scelte organizzative fissate in Costituzione per l’apparato statale debbano estendersi anche alle Regioni «per la portata generale del principio in esse implicito» (39). Una lettura, questa, che appare forse più coerente con l’assetto organizzativo delle Regioni all’indomani della riforma del Titolo V, considerate le rilevanti differenze strutturali tra la forma di governo statale e quella regionale basata sull’elezione diretta del Presidente della Giunta (40).
Anche a non voler accedere a tale lettura delle argomentazioni utilizzate dalla Corte nella sent. 68/2010, merita ugualmente di essere evidenziato il parallelismo che essa sembra operare tra Parlamento e Consigli regionali. La Corte costituzionale, infatti, nella sua giurisprudenza ha recisamente escluso la possibilità di assimilare i due organi da un punto di vista terminologico a causa del diverso «valore deontico» degli artt. 55 e 121 Cost. (41), che si concretizza in una ulteriore espressione di quella armonia con la Costituzione capace di delimitare le opzioni regionali in tema di forma di governo regionale anche da un punto di vista lessicale (42). Nonostante ciò, la Consulta afferma di estendere i principî che regolano il funzionamento delle Camere – desumibili sia dalle disposizioni costituzionali sia dalla prassi parlamentare – alle Assemblee legislative regionali, operando, così, una netta differenziazione tra i due organi dal punto di vista terminologico, ma anche una loro assimilazione dal punto di vista funzionale (43).
Sembra di non potersi escludere, peraltro, una differente lettura della decisione della Consulta. Infatti, nonostante le motivazioni utilizzate nella sent. 68/2010, la definizione del regime di prorogatio dei Consigli regionali potrebbe non essere influenzato da quello delle Assemblee parlamentari, bensì da quello delle Assemblee rappresentative degli enti locali. Sebbene la Corte affermi espressamente di estendere ai Consigli regionali gli stessi principî in tema di prorogatio delle Camere desumibili dalla prassi, si è già osservato che i limiti all’attività delle Camere non sono affatto delineati in maniera chiara e indiscussa come la Consulta pare ritenere facendo riferimento all’assunzione dei soli atti “necessari ed urgenti”. Probabilmente non a caso, tale espressione, piuttosto che il regime di prorogatio delle Camere, sembra richiamare quello dei Consigli provinciali e comunali, i quali sono tenuti – per legge dello Stato – ad adottare, nel periodo di prorogatio, i soli atti “urgenti e improrogabili” (44). La giurisprudenza della Corte costituzionale, dunque, avallerebbe un percorso parallelo delle Assemblee di Regioni ed enti locali: inizialmente, il principio di discontinuità dei Consigli regionali previsto dalla l. 108/1968 riprendeva quanto previsto per i Consigli provinciali e comunali dal d.p.r. 570/1960; in seguito alla previsione della prorogatio per le Assemblee degli enti locali ad opera della l. 142/1990, la Corte costituzionale aveva reinterpretato la l. 108/1968, estendendo anche ai Consigli regionali il regime di prorogatio; infine, la sent. 68/2010 definisce il regime di prorogatio dei Consigli regionali in maniera analoga a quello disciplinato dal d.lgs. 267/2000 per gli enti locali (45).
Ipotizzare che il regime di funzionamento delle Assemblee regionali si ispiri a quello delle Assemblee degli enti locali, peraltro, appare più coerente con la giurisprudenza della Corte costituzionale sulla denominazione delle Assemblee regionali. Infatti, poiché il nomen Parlamento non può essere esteso ai Consigli regionali per motivazioni prettamente letterali, bensì perché il Parlamento è la «sede della rappresentanza politica nazionale» e «la peculiare forza connotativa della parola», connessa alla sua funzione, «rifiuta un suo impiego all’interno di ordinamenti regionali» (46), se ne potrebbe dedurre che anche le regole di funzionamento del Parlamento possano essere differenti da quelle dei Consigli degli “altri” enti territoriali. La conseguenza ultima di tale argomentazione sarebbe la conferma della natura regionale della Repubblica, con il riconoscimento di un ruolo peculiare dello Stato e dei suoi organi di governo da un alto, mentre dall’altro si assisterebbe alla assimilazione degli altri livelli territoriali di governo, che parrebbe concretizzare quella “pari dignità” tra Regioni ed enti locali che traspare dalla riforma del Titolo V (47).
è forse superfluo osservare, infine, che ipotizzare un parallelismo tra il funzionamento degli organi di vertice della Regione e quello degli organi di vertice degli enti locali appaia maggiormente coerente anche con la forma di governo di tali enti, considerato che la forma di governo regionale basata sull’elezione diretta del Presidente della Giunta, suggerita in Costituzione e confermata da tutti gli statuti regionali approvati dopo la riforma del Titolo V, richiama le soluzioni organizzative adottate nel 1993 per gli enti locali (48).
 
5. La prorogatio nelle diverse discipline regionali
La prorogatio degli organi di governo della Regione, sebbene con disposizioni di diverso tenore, è prevista da tutti i nuovi statuti ordinari. Un primo gruppo di statuti prevede la prorogatio degli organi di governo della Regione senza indicare quali poteri questi possano esercitare: gli st. di Abruzzo (49), Calabria (50) e Toscana (51) prevedono genericamente la prorogatio di Esecutivo e Consiglio, mentre lo st. Liguria (52) fa un generico riferimento alla prorogatio del solo Consiglio regionale. Un secondo gruppo di statuti prevede le stesse limitazioni di poteri sia per la Giunta sia per il Consiglio regionale: lo st. Campania (53) dispone la prorogatio degli organi di governo della Regione solo per l’ordinaria amministrazione; gli st. di Lombardia (54) ed Emilia-Romagna (55) dispongono la prorogatio degli organi regionali per gli atti urgenti e improrogabili e per l’ordinaria amministrazione; lo st. emiliano, inoltre, rimette alla Consulta di garanzia statutaria il compito di «prende[re] atto degli eventi che causano l’anticipata cessazione dalla carica degli organi elettivi e dichiara[re] la modalità di amministrazione ordinaria della Regione fino all’elezione dei nuovi organi elettivi, secondo le norme dello Statuto» (56). La maggior parte degli statuti, infine, disciplina la prorogatio distinguendo la posizione della Giunta da quella del Consiglio: lo st. Lazio(57) prevede la prorogatio del solo Esecutivo regionale per l’ordinaria amministrazione, aggiungendo che i consiglieri restano in carica fino all’insediamento del nuovo Consiglio regionale (58); lo st. Marche (59) dispone la prorogatio della Giunta per l’ordinaria amministrazione e quella del Consiglio limitatamente agli atti indifferibili e urgenti «a partire dal quarantacinquesimo giorno antecedente alla data delle elezioni conseguenti alla scadenza naturale della legislatura», con un implicito richiamo della l. 108/1968; lo st. Piemonte (60) prevede genericamente la prorogatio del Consiglio, mentre quella della Giunta è limitata all’ordinaria amministrazione nei casi di approvazione della mozione di sfiducia; secondo lo st. Puglia (61) il Consiglio e l’Esecutivo rimangono in carica fino all’elezione dei nuovi organi, specificando per la sola Giunta che le relative funzioni sono limitate all’ordinaria amministrazione; lo st. Umbria (62), infine, prevede la prorogatio dell’Esecutivo per l’ordinaria amministrazione e del Consiglio per gli «adempimenti improrogabili per legge o derivanti da situazioni di forza maggiore conseguenti ad eventi naturali».
Per quanto attiene alle Autonomie speciali, dopo la riforma del Titolo V si può considerare, innanzitutto, la l. reg. Friuli-Venezia Giulia 17/2007, che, all’art. 2, prevede la prorogatio dei poteri degli organi di vertice dell’ordinamento regionale per l’ordinaria amministrazione. La l. reg. Valle d’Aosta 21/2007, art. 8, co. 4, e art. 9, invece, dispone la prorogatio dei poteri dell’Esecutivo regionale per l’ordinaria amministrazione e quella del Consiglio regionale solo per gli atti indifferibili e urgenti. Infine, l’articolata disciplina della l. prov. Trento 2/2003, nelle ipotesi in cui si dia luogo a nuove elezioni, prevede la prorogatio dei poteri del Consiglio provinciale, della Giunta provinciale e del suo Presidente (in talune ipotesi sostituito dal vicepresidente, dall’assessore più anziano o da un nuovo Presidente eletto dal Consiglio provinciale tra i propri componenti) per l’ordinaria amministrazione (63).
 
5.1. Segue: dubbi e criticità nel regime regionale della prorogatio
Ripercorrendo la giurisprudenza costituzionale in tema di prorogatio, si è osservato come la Consulta abbia chiarito che la disciplina dell’istituto rientri nella competenza dello statuto regionale mentre, nelle Regioni che non si sono ancora dotate di un nuovo statuto, continui ad applicarsi la l. 108/1968, art. 3, co. 2. Resta da chiedersi, allora, cosa accadrebbe in quelle Regioni che, pur avendo approvato un nuovo statuto, non dovessero prevedere affatto la prorogatio del Consiglio regionale (64). A fronte di tale silenzio, si potrebbe forse ritenere ancora applicabile in tali Regioni la normativa statale. Tuttavia, sulla scorta della sent. 68/2010, la soluzione preferibile appare un’altra. Alla luce della giurisprudenza costituzionale, infatti, occorre ritenere che il Consiglio regionale, dal momento dell’indizione delle nuove elezioni regionali, debba considerarsi in regime di prorogatio, con la conseguente limitazione delle sue funzioni agli atti necessari e urgenti, pure in assenza di una espressa previsione statutaria in merito. Considerando alcuni casi concreti, i nuovi statuti pugliese e laziale si limitano a prevedere – rispettivamente – che il Consiglio regionale rimanga in carica fino alla data di proclamazione degli eletti (65) e che i consiglieri regionali restino in carica fino all’insediamento del nuovo Consiglio regionale (66). Queste disposizioni statutarie, che non fanno alcun riferimento al regime di prorogatio del Consiglio regionale ma che appaiono volte a garantire il principio di continuità funzionale dell’organo, non possono che essere interpretate presupponendo che, dalla data di indizione delle elezioni, i poteri del Consiglio siano limitati conformemente al regime “connaturale” alla prorogatio, così da contemperare il principio di continuità con quello di rappresentatività.
Peraltro, sebbene la Consulta rimetta allo statuto regionale il compito di disciplinare la prorogatio, non bisogna dimenticare che la materia elettorale rientra nella competenza della legge regionale, nei limiti della disciplina di principio statale, con la conseguenza che la legge elettorale può incidere quantomeno sulla durata della prorogatio. Infatti, poiché il Consiglio regionale scaduto rimane in carica sino all’insediamento o alla proclamazione dei consiglieri neoeletti e la tempistica di tali atti è scandita dal procedimento elettorale, la legge elettorale regionale, dettando la disciplina del procedimento elettorale, può determinare conseguentemente la durata del regime di prorogatio (67).
Un’ulteriore osservazione appare opportuna. Come si è visto, gli statuti regionali contengono disposizioni in materia di prorogatio degli organi di governo della Regione di vario tenore, probabilmente anche a causa delle differenti tesi elaborate dalla dottrina sul punto. Il tentativo di differenziazione così operato dalle Regioni, tuttavia, viene reso privo di effetti dalla Corte costituzionale, poiché, sulla scorta della sua giurisprudenza, tali disposizioni devono essere tutte interpretate in maniera “uniforme” in virtù della clausola dell’armonia con la Costituzione.
Alcune delle disposizioni statutarie in materia, però, suscitano delle perplessità. La Corte costituzionale, infatti, ha chiarito che la prorogatio degli organi elettivi regionali non può essere prevista dallo statuto nelle ipotesi di scioglimento o rimozione sanzionatori ai sensi dell’art. 126, co. 1, Cost., «non potendosi supporre che resti nella disponibilità della Regione disporre la proroga dei poteri di organi sciolti o dimessi a seguito di gravi illeciti, o la cui permanenza in carica rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale» (68). In proposito, non sembrano porre particolari problemi quegli statuti regionali che prevedono la prorogatio in maniera generica o in «ogni caso di scioglimento del Consiglio regionale» (69), poiché disposizioni di tale tenore possono essere interpretate – conformemente alla giurisprudenza costituzionale – come non comprensive dei casi di intervento sanzionatorio statale. Diverso è il caso degli statuti regionali che prevedono espressamente, in occasione della rimozione del Presidente della Giunta, la prorogatio dell’Esecutivo regionale con la semplice sostituzione del Presidente con il vicepresidente (70). Tali disposizioni statutarie, infatti, appaiono in contrasto con la Costituzione, salvo che non si voglia aderire alla tesi secondo la quale il riferimento alla rimozione contenuto nell’art. 126, co. 3, Cost. ipotizzi una forma di rimozione interna alla Regione, diversa da quella ex art. 126, co. 1, Cost. La ripetizione dell’ipotesi di rimozione nei due commi dell’art. 126 Cost., infatti, si presta a due differenti interpretazioni. Da un lato, si potrebbe sostenere che tale ripetizione serva semplicemente a chiarire che alla eventuale rimozione del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, attuata con decreto motivato del Presidente della Repubblica, consegua lo scioglimento del Consiglio regionale, in applicazione del principio aut simul stabunt aut simul cadent (71). Dall’altro, si potrebbe ipotizzare che la rimozione di cui al co. 3, art. 126 Cost. rappresenti «una sorta di norma in bianco, che lo statuto regionale potrebbe riempire liberamente di significato», ma che produrrebbe comunque lo scioglimento automatico del Consiglio regionale (72). Qualora si aderisse a quest’ultima ipotesi ricostruttiva, la rimozione ex art. 126, co. 3, Cost., configurerebbe una ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale determinato da una scelta interna alla Regione, le cui conseguenze, (anche) in relazione alla prorogatio, potrebbero essere disciplinate dallo statuto; nell’altra ipotesi, invece, lo scioglimento conseguirebbe ad una decisione dello Stato, che sarebbe l’unico competente a determinare le conseguenze del suo intervento. Nello specifico, però, occorre considerare che, anche qualora si aderisse alla tesi che distingue tra le ipotesi previste nei due commi dell’art. 126 Cost., gli statuti regionali che prevedono la prorogatio dell’Esecutivo regionale anche in caso di rimozione, non fanno alcun riferimento ad ipotesi di rimozione “endoregionale” del Presidente della Giunta, così da accreditare la convinzione che – trattandosi di previsioni statutarie riferite ad ipotesi di intervento sanzionatorio statale – siano incostituzionali, poiché la disciplina del periodo di transizione tra lo scioglimento o la rimozione ex art. 126, co. 1, Cost. e l’insediamento dei nuovi organi regionali è rimessa alla competenza dello Stato (73).
Da quanto appena considerato deriva un’ultima osservazione. Le disposizioni alle quali si è fatto riferimento non sono state soggette al vaglio della Corte costituzionale, perché gli statuti di Lazio e Puglia non sono stati impugnati dal Governo, mentre l’impugnazione dello statuto umbro non ha riguardato tali disposizioni. Ciò non può esimere dal sottolineare come il procedimento di approvazione degli statuti ordinari evidenzi chiari elementi di criticità laddove rimette al Governo il compito di esercitare il controllo sui nuovi statuti regionali con la politicizzazione e la casualità dei ricorsi che ne conseguono, mentre sarebbe opportuno prevedere adeguate forme di collaborazione tra Parlamento e Consigli regionali nella fase di elaborazione dei testi statutari, garantendo altresì un effettivo coinvolgimento delle popolazioni interessate (74).
 
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Note
 
(1) Su questa sent. si v. D. Piccione, I «limiti immanenti» della prorogatio dei poteri dei Consigli regionali e la (in)certezza della prassi parlamentare, in Giurisprudenza costituzionale, 2010, n. 1, pp. 791 ss., E. Di Salvatore, Il Consiglio regionale abruzzese in regime di prorogatio, ivi, pp. 794 ss., G. Ferraiuolo, La corte costituzionale torna sul tema della prorogatio degli organi politici regionali. Considerazioni a margine della sent. n. 68 del 2010, in www.forumcostituzionale.it, e D. Baldazzi, L’annullamento di leggi regionali adottate in regime di prorogatio: un coerente approdo della giurisprudenza costituzionale, in www.forumcostituzionale.it, 24-3-2010, pp. 1 ss.
(2) Cfr., l. 108/1968, art. 3, co. 1, e, ora, l. 165/2004, art. 5, ai sensi del quale «[i]l quinquennio decorre per ciascun Consiglio dalla data di elezione». Su tale ultima legge si v. A. Sterpa, La legge quadro statale nelle materie di cui all’art. 122 Cost. e la fase statutaria delle Regioni, in www.federalismi.it, 1-7-2004, pp. 1 ss., C. Tucciarelli, L’insostenibile leggerezza della legge (statale). Note a margine della legge 2 luglio 2004, n. 165, in Comuni d’Italia, 2004, n. 10, pp. 42 ss., B. Caravita di Toritto (a cura di), La legge quadro n. 165 del 2004 sulle elezioni regionali, Milano, 2005, nonché il Commento di M. Olivetti, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, n. 1, pp. 12 ss.
(3) Così l. 108/1968, art. 3, co. 2.
(4) Cfr. d.p.r. 570/1960, art. 8. Ora, il d.lgs. 267/2000, art. 38, co. 5, dispone che i Consigli comunali e provinciali durino «in carica sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili», così come previsto già dalla l. 142/1990, art. 31, co. 3. Si tratterebbe di una modifica introdotta «per esigenze di continuità di funzionamento», come osserva F. Staderini, Diritto degli enti locali, 12ª ed., Padova, 2009, p. 155.
È necessario ricordare che l’applicazione della prorogatio agli organi delle Autonomie speciali è derivata dalla l. cost. 1/1972, come chiarito da T. Martines, Il Consiglio regionale, nuova ed., Milano, 1981, pp. 80-81; al riguardo, però, si v. i dubbi di L. Paladin, La «prorogatio» dei Consigli regionali in forza di una circolare dell’Ufficio Regioni, in Le Regioni, 1975, p. 595, nt. 1.
(5) È il caso, ad esempio, degli adempimenti del Consiglio regionale imposti da norme costituzionali, dell’approvazione del bilancio o delle deroghe contenute in leggi statali. Si v., al riguardo, la circolare dell’Ufficio Regioni-Presidenza del Consiglio del 14-4-1975 (Cessazione delle funzioni da parte dei consigli regionali in vista del loro rinnovo per compiuto quinquennio), pubblicata in Le Regioni, 1975, pp. 597 ss., con nota di L. Paladin, La «prorogatio», cit., pp. 594 ss., nonché A. Marzanati, Sulla durata dei Consigli regionali nelle Regioni ordinarie, in Amministrare, 1975, n. 3, pp. 345 ss., T. Martines, Il Consiglio, cit., pp. 80 ss., F. Cuocolo, Consiglio regionale, in Enciclopedia giuridica, vol. VIII, Roma, 1988, p. 6, e B.E.G. Fuoco, La cessazione anticipata delle funzioni consiliari, durante il periodo elettorale, nelle Regioni a Statuto ordinario, in Le istituzioni del federalismo, 2005, n. 2, pp. 308 ss.
(6) Così Corte cost., sent. 515/1995, pt. 3 Cons. dir. Su tale sentenza si v. i commenti di E. Gianfrancesco, Legge regionale approvata a fine legislatura e sindacabilità dei motivi posti a fondamento del suo rinvio, in Giurisprudenza costituzionale, 1996, pp. 2683 ss., e G. Falcon, Uno pseudo-rinvio di una vera legge regionale, in Le Regioni, 1996, pp. 537 ss.
(7) Così Corte cost., sent. 468/1991, pt. 4 Cons. dir., sulla quale si v. R. Orrù, Questioni intorno al «repêchage» delle delibere legislative regionali rinviate e non riapprovate prima del termine della legislatura, in Giurisprudenza costituzionale, 1992, pp. 2298 ss., N. Zanon, Consiglio «nuovo» fa «nuova» la legge? Intorno alla discontinuità dei Consigli regionali ed al principio costituzionale di rappresentatività, in Giurisprudenza italiana, 1992, pt. I, sez. I, col. 617 ss., A.A. Romano, Continuità del Consiglio regionale e rinvio statale delle leggi nel quadro dei nuovi orientamenti della Corte in materia di prorogatio, in Le Regioni, 1992, pp. 1360 ss., e R.G. Rodio, Legge “nuova” e assemblea “nuova” nel rinvio governativo della legge regionale: i più recenti orientamenti della Corte, ivi, pp. 1369 ss.
(8) Cfr. supra, nt. 4.
(9) Anch’esso novellato dalla l. cost. 1/1999.
(10) Si pensi, in particolare, alle sentt. 2, 372, 378 e 379/2004, 12/2006.
(11) In questo senso Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir. Tale decisione era stata anticipata, in dottrina, da M. Olivetti, Nuovi statuti e forma di governo delle Regioni, Bologna, 2002, pp. 292-294, partendo dalla premessa che «è dalla generalità delle funzioni legislative attribuite alle Regioni che va oggi desunta l’esigenza che i Consigli siano strutturati come organi continui»; nello stesso senso F. Angelini, I Consigli regionali nei nuovi statuti: composizione, status di consigliere, attribuzioni e regole di funzionamento, autonomia, in R. Bifulco (a cura di), Gli statuti di seconda generazione, Torino, 2006, p. 106, nt. 43.
(12) Così, ancora, Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir.
(13) Cfr., ancora, Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir.
(14) In questo senso la più volte citata Corte cost., sent. 196/2003, pt. 12 Cons. dir.
(15) Così ancora Corte cost., sent. 196/2003, pt. 4 Cons. dir.; appare utile un rinvio anche alla sent. 45/2011, pt. 4.1 ss. Cons. dir.
(16) Ipotesi concretizzatesi in occasione delle elezioni del 2000 in Molise e in Abruzzo. Su tali vicende si v. T.A.R. Molise, sent. 58/2001, confermata da Cons. Stato, sez. V, sent. 3112/2002, e T.A.R. Abruzzo, sent. 7/2002, riformata da Cons. Stato, sez. V, sent. 2333/2002, che non ha confermato l’annullamento delle elezioni, bensì quello dell’atto di proclamazione degli eletti. Si rinvia, altresì, a S. Mezzacapo, Le irregolarità nell’autentica delle liste rendono necessaria la rinnovazione del voto, in Guida al diritto, 2001, n. 28, pp. 96 ss., M. Olivetti, Ignorata l’efficacia sanante del giudizio popolare, ivi, pp. 101-102, E. Canitano, Alcune considerazioni sull’annullamento delle elezioni in Molise, in Nomos, 2001, n. 3, pp. 133 ss., G. Tarli Barbieri, L’annullamento delle elezioni regionali in Molise ed in Abruzzo, in Le Regioni, 2002, n. 1, pp. 284 ss., M. Giannuzzi, Brevi riflessioni in margine alla sentenza n. 2333/02 del Consiglio di Stato – V Sez., www.associazionedeicosituzionalisti.it.
(17) Così Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir.
(18) Così ancora Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir. Prevedono tale ipotesi: st. Abruzzo, art. 86, co. 2, e st. Emilia-Romagna, art. 48, nonché, per le Regioni a statuto speciale, l. reg. Friuli-Venezia Giulia 17/2007, art. 2, co. 3, e l. reg. Valle d’Aosta 21/2007, art. 8, co. 3 e 4. Si v. anche l’art. 32, co. 2, del nuovo st. Molise, approvato in seconda deliberazione il 22-2-2011 e pubblicato, a fini notiziali, sul B.U.R. Molise del 2-3-2011.
(19) Il Presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, a causa delle vicende giudiziarie che lo vedevano coinvolto, aveva presentato le sue dimissioni il 17-7-2008; il 13-8-2008 il vicepresidente della Regione aveva indetto le nuove elezioni, tenutesi nel dicembre successivo. Le due leggi regionali impugnate erano state approvate, rispettivamente, il 30-9-2008 (l. reg. Abruzzo 14/2008) e il 7-11-2008 (l. reg. Abruzzo 17/2008), e riguardavano temi di diversa natura: ambiente, finanza, personale regionale, energia. Si v., al riguardo, A. Sterpa, Le elezioni regionali anticipate in Abruzzo: verso un”bipolarismo differenziato”?, in www.federalismi.it, 17-12-2008, pp. 1 ss.
(20) Una limitazione, in realtà, sarebbe contenuta nell’art. 14, co. 2, st. Abruzzo, laddove si prevede: «Nei sei mesi antecedenti la scadenza della legislatura, il Consiglio non può adottare né modificare leggi in materia elettorale e sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità alla carica di consigliere». Tale limitazione sembra riferita alle sole ipotesi di scadenza naturale della legislatura regionale e non anche a quelle di scioglimento anticipato; tuttavia, anticipando ciò che si dirà nel prosieguo del testo, alla luce della giurisprudenza costituzionale, la limitazione dei poteri del Consiglio regionale in regime di prorogatio non dovrebbe consentire interventi nelle materie indicate dall’art. 14, co. 2, st. Abruzzo neanche in caso di scioglimento anticipato.
(21) Cfr. Corte cost., sent. 68/2010, pt. 4.3 Cons. dir.
(22) L’espressione è contenuta in Corte cost., sent. 68/2010, pt. 4.3 Cons. dir.
(23) Così Corte cost., sent. 68/2010, pt. 4.4 Cons. dir.
(24) Così Corte cost., sent. 68/2010, pt. 4.3 Cons. dir.
(25) Sull’utilizzo di tale concetto nella giurisprudenza costituzionale si v. Corte cost., sentt. 304 e 306/2002, 196 e 313/2003, 2/2004. Per un quadro di sintesi delle diverse opinioni espresse in dottrina in merito al significato di armonia con la Costituzione si rinvia a B. Caravita di Toritto, L’autonomia statutaria, in Le Regioni, 2004, n. 2/3, p. 321. Si v. anche le osservazioni di F. Cuocolo, La nuova potestà statutaria regionale, in Quaderni costituzionali, 2003, n. 2, in part. pp. 306 ss.
(26) P. Giocoli Nacci, Prorogatio del Parlamento, mandato parlamentare e prerogative dei parlamentari, in Rassegna di diritto pubblico, 1964, n. 3, pp. 747 ss., e G. Balladore Pallieri, Diritto costituzionale, 2ª ed., Milano, 1976, p. 236.
(27) C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, tomo I, 10ª ed., Padova, 1991, p. 508.
(28) T. Martines, Diritto costituzionale, 8ª ed., Milano, 1994, in part. p. 316; si v. anche P. Carnevale, La prorogatio delle Camere quale limite all’esercizio della funzione legislativa, in Scritti in memoria di Livio Paladin, vol. I, Napoli, 2004, pp. 467 ss.
(29) Cfr., ad es., G. Guarino, Durata delle Camere e prerogative parlamentari, in Foro italiano, 1954, pp. 51 ss., L. Elia, Durata della «prorogatio» delle Camere e prerogative parlamentari, in Foro padano, 1954, pp. 109 ss., Id., Amministrazione ordinaria degli organi costituzionali, in Enciclopedia del diritto, vol. II, Milano, 1954, pp. 219 ss., Id., La continuità nel funzionamento degli organi costituzionali, Milano, 1958, ora in Studi di diritto costituzionale (1958-1966), Milano, 2005, in part. pp. 63 ss., S. Traversa, Proroga e prorogatio delle Camere, Roma, 1983, e Id., Artt. 60-61, in G. Branca (diretto da), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 2002, pp. 157 ss., F.S. Marini, Il principio di continuità degli organi costituzionali, Milano, 1997, pp. 91 ss., e, problematicamente, L. Paladin, Diritto costituzionale, 3ª ed., Padova, 1998, in part. p. 307.
(30) Al riguardo, seppure con accenti significativamente diversi, si v. A.A. Romano, La prorogatio negli organi costituzionali, Milano, 1967, Id., Proroga e prorogatio, in Enciclopedia giuridica, vol. XXV, Roma, 1991, pp. 1 ss., M. Mazziotti di Celso, Parlamento (funzioni), in Enciclopedia del diritto, vol. XXXI, Milano, 1981, p. 774, e A. Manzella, Il parlamento, 3ª ed., Bologna, 2003, pp. 161-166.
(31) G. D’Orazio, Considerazioni critiche sulla prorogatio nell’organizzazione costituzionale italiana, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1980, pp. 817 ss., Id., Prorogatio (diritto costituzionale), in Enciclopedia del diritto, vol. XXXVII, Milano, 1988, pp. 428 ss.
(32) Al riguardo si v. A. Pisaneschi, Prorogatio delle Camere ed equilibrio tra i poteri, Torino, 1993, passim.
(33) Così Corte cost., sent. 68/2010, pt. 4.3 Cons. dir.
(34) Sulla prassi seguita dalle Camere in merito ai poteri in regime di prorogatio si v. le ricostruzioni di M. Magrini, Art. 61, in Commentario breve Paladin-Cridafulli, 2ª ed., a cura di S. Bartole, R. Bin, Padova, 2008, pp. 577-578, A. Sperti, Art. 61, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. II, Torino, 2006, pp. 1194 ss., S. Traversa, Artt. 60-61, cit., pp. 217 ss., nonché M.L. Mazzoni-Honorati, Diritto parlamentare, Torino, 2001, pp. 76 ss., F.S. Marini, Il principio, cit., pp. 131 ss., e A. Pisaneschi, L’attività delle Camere in prorogatio successivamente allo scioglimento della IX legislatura, in Diritto e società, 1987, in part. pp. 480 ss.
Sulla prorogatio appare utile rinviare anche a F. Bassanini, Gli effetti della fine della legislatura sui procedimenti legislativi pendenti, Milano, 1968, G.M. Salerno, Art. 61, in L. Paladin, V. Crisafulli (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, pp. 377 ss., G. Marchetti, Proroga e prorogatio delle Camere, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, vol. V, Milano, 2006, pp. 4663 ss.
(35) Si v., al riguardo, A.A. Romano, Proroga e prorogatio, cit., pp. 2-3; cfr. anche A. Manzella, Il parlamento, cit., pp. 164-165.
(36) Al riguardo, appare interessante considerare che, prima della riforma del Titolo V, F.S. Marini, Il principio, cit., pp. 88-89, osservasse: «Dalla complessa e varia disciplina introdotta a tutela della continuità degli organi regionali, può dedursi (...) che la prorogatio non rappresenta nel nostro ordinamento un principio immanente, ma che, al contrario, la sua applicazione deve ricondursi a mere scelte di politica legislativa».
(37) Così F. Sorrentino, Lo statuto regionale nel sistema delle fonti, in Giurisprudenza costituzionale, 1975, p. 441. Una ricostruzione, questa, criticata da A. D’Atena, Forma e contenuto degli statuti regionali ordinari, in Diritto e società, 1984, p. 251, già prima della riforma del Titolo V, perché, «in questo modo, l’autonomia statutaria si ridurrebbe a ben poca cosa».
(38) Così M. Olivetti, Lo «spirito della Costituzione»: un concetto giuridicamente inutile, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, p. 40; si v. anche Id., Nuovi statuti, cit., in part. pp. 170 ss. Una lettura analoga è proposta anche da S. Mangiameli, La nuova potestà statutaria delle Regioni davanti alla Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, p. 2361.
(39) M. Olivetti, Lo «spirito della Costituzione», cit., pp. 39-40.
(40) In questo senso già M. Olivetti, Lo «spirito della Costituzione», cit., p. 39. Secondo A. Sterpa, Le dimissioni del Presidente della Regione Lazio a dieci anni da una riforma incompleta, in www.federalismi.it, 6-1-2010, p. 22, «[n]on c’è dubbio che la disciplina (espressa, solo espressa potendo essere) della prorogatio non possa non essere influenzata dalla forma di governo e quella regionale, con elezione diretta del Presidente, ben differisce da quella nazionale; così appare non facile estendere tout court le considerazioni valide per gli organi di indirizzo politico centrali dalle realtà autonome regionali».
(41) Così Corte cost., sent. 106/2002, pt. 5 Cons. dir.
(42) In questo senso la già citata Corte cost., sent. 306/2002, pt. 4 Cons. dir. Si v., anche Corte cost., sent. 365/2007, pt. 5 ss. Cons. dir.
(43) Appare opportuno un rinvio a S. Bartole, La «posizione» rispettiva dei Consigli regionali e delle Camere nella giurisprudenza costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1968, pp. 2565 ss., in cui si fa riferimento anche alla prorogatio come elemento di differenziazione tra le Assemblee parlamentari e quelle regionali.
(44) Cfr. supra, nt. 4.
(45) Cfr. supra, par. 2 e nt. 4.
(46) Cfr. Corte cost., sent. 106/2002, pt. 4 Cons. dir.
(47) Si v., al riguardo, M. Olivetti, Lo Stato policentrico delle autonomie, in T. Groppi, M. Olivetti (a cura di), La Repubblica delle autonomie, 2ª ed., Torino, 2003, pp. 39 ss., in part. pp. 44-45.
(48) Il riferimento è alla l. 81/1993.
(49) Art. 86, co. 3.
(50) Art. 18, co. 2, e art. 33, co. 7.
(51) Art. 7, co. 1, art. 33, co. 1, 7 e 8, e art. 36, co. 1.
(52) Cfr. l’art. 25, recante la rubrica “Proroga dei poteri dell’Assemblea Legislativa”.
(53) Art. 46, co. 7 e 8.
(54) Art. 30, che reca la rubrica “Proroga delle funzioni”.
(55) Art. 27, co. 7, e art. 48.
(56) Così l’art. 69, co. 1, lett. a.
(57) Art. 45, co. 6.
(58) Art. 28, co. 1.
(59) Art. 10, co. 6, e art. 29. In senso analogo dispone anche il nuovo st. Molise, artt. 32 e 36, co. 4.
(60) Art. 20, co. 2, e art. 52, co. 3.
(61) Art. 24, co. 5, e art. 41, co. 7 e 8.
(62) Art. 44, co. 4, art. 64, co. 1, art. 71, co. 2. Appare opportuno rinviare anche alla risoluzione del Consiglio regionale umbro del 26 gennaio 2010 in tema di prorogatio, sulla quale si v. J. Rosi, La prorogatio dei poteri nella risoluzione del Consiglio regionale dell’Umbria, in www.forumcostituzionale.it.
(63) La disciplina, piuttosto complessa a causa delle diverse ipotesi di cessazione anticipata delle funzioni degli organi di governo della Provincia, è dettata dagli artt. 5 ss.
(64) Sebbene la disciplina di tale istituto «si configur[i] alla stregua di un vero e proprio contenuto necessario dello statuto», come osserva B. Caravita di Toritto, L’autonomia, cit., p. 338.
(65) Così st. Puglia, art. 24, co. 5.
(66) Così st. Lazio, art. 28, co. 1.
(67) Si v., in proposito, le osservazioni di G. Ferraiuolo, Vicepresidente della Giunta, prorogatio e forma di governo regionale, in www.federalismi.it, 20-1-2010, pp. 11 ss.
(68) Così Corte cost., sent. 196/2003, pt. 13 Cons. dir., richiamata dalla sent. 68/2010, pt. 4.1 Cons. dir., in fine.
(69) Così st. Puglia, art. 24, co. 5.
(70) Cfr. st. Lazio, art. 45, co. 6; st. Puglia, art. 41, co. 8; st. Umbria, art. 64, co. 1. Altri statuti, invece, escludono espressamente la prorogatio degli organi regionali in caso di rimozione del Presidente della Giunta: st. Lombardia, art. 30, co. 1; st. Marche, art. 29, co. 5; st. Toscana, art. 33, co. 8; st. Abruzzo, art. 86. Quest’ultimo statuto, inoltre, in caso di rimozione o scioglimento ai sensi dell’art. 126, co. 1, Cost., rinvia al relativo decreto del Presidente della Repubblica per l’amministrazione “straordinaria” della Regione (una previsione che A. D’Atena, Diritto regionale, Torino, 2010, p. 311, nt. 6, considera da censurare). Dubbio appare anche il nuovo st. Molise, che, mentre nel co. 4, art. 36, esclude la prorogatio degli organi regionali nei casi previsti dall’art. 126, co. 1, Cost., al co. 5 dello stesso articolo prevede che – anche in caso di rimozione del Presidente della Giunta – le relative funzioni siano esercitate del vicepresidente. Su tali profili si v. le perplessità di T. Martines, A. Ruggeri, C. Salazar, Lineamenti di diritto regionale, 8ª ed., Milano, p. 333, e B. Caravita di Toritto, L’autonomia, cit., p. 340, nonché G. Caporali, I poteri di controllo-intervento (la dissoluzione ab-extra) sugli organi di governo delle Regioni, in A. Ferrara, G.M. Salerno (a cura di), Le nuove specialità nella riforma dell’ordinamento regionale, Milano, 2003, p. 190, e, sia consentito, D. Coduti, Scioglimento del Consiglio regionale, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Agg.****, Torino, 2010, pp. 535 ss.
(71) Cfr. C. Padula, Art. 126, in S. Bartole, R. Bin (a cura di), Commentario breve alla Costituzione Paladin-Crisafulli, 2ª ed., Padova, 2008, pp. 1127-1128.
(72) Così M. Olivetti, Nuovi statuti, cit., pp. 332-333, nonché C. De Fiores, Art. 126, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. III, Torino, 2006, p. 2499. Si v. anche C. Fusaro, Le forme di governo regionali, in M. Carli, C. Fusaro, Art. 121, 122, 123, 126 Supplemento, in G. Branca (diretto da), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 2002, pp. 95-96, e V. Boncinelli, Brevi note in tema di limiti e condizionamenti alla forma di governo regionale, in P. Caretti (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2005, Torino, 2006, pp. 98-99, che ipotizzano la possibilità di prevedere una forma di recall del Presidente della Giunta; tale ipotesi, peraltro, è criticata da N. Viceconte, La forma di governo nelle regioni ad autonomia ordinaria, Napoli, 2010, p. 75.
(73) La riforma dell’art. 126 Cost., pone peraltro il dubbio sulla disciplina statale di riferimento. Il testo previgente della disposizione costituzionale, infatti, faceva riferimento alla nomina di una «Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio» da nominare con il decreto di scioglimento, ma tale previsione non è contenuta nel testo vigente della citata disposizione costituzionale. Occorre chiedersi, dunque, se sia ancora possibile fare riferimento alla disciplina legislativa anteriore alla riforma costituzionale, dettata dalla l. 62/1953, art. 53 (come ipotizzano P. Caretti, G. Tarli Barbieri, Diritto regionale, 2ª ed., Torino, 2009, p. 184; contra A. D’Atena, Diritto, cit., p. 311), oppure se, in attesa di una nuova disciplina statale in materia, si debbano ipotizzare altre soluzioni. Secondo M. Carli, L’autonomia statutaria, in M. Carli, C. Fusaro, Art. 121, cit., p. 225, sarebbe possibile consentire la prorogatio degli organi regionali con poteri limitati, salvo che, nei casi di violazioni particolarmente gravi, sia opportuna l’immediata e totale cessazione delle loro funzioni; in tali ipotesi, secondo l’A., il Presidente della Repubblica potrebbe nominare una commissione che si sostituisca agli organi regionali; nello stesso senso anche P. Cavaleri, Diritto regionale, 5ª ed., Padova, 2009, p. 276. Secondo M. Mazziotti di Celso, G.M. Salerno, Manuale di diritto costituzionale, 3ª ed., Padova, 2005, pp. 471-472, dalla cancellazione della commissione prevista dal vecchio testo dell’art. 126 Cost. dovrebbe conseguire la prorogatio degli organi regionali; si tratterebbe, però, di una soluzione ritenuta paradossale dagli stessi Autori.
(74) Sia consentito, a tal riguardo, un rinvio a quanto già osservato in D. Coduti, Incompatibilità “interne” e limiti al numero di mandati del Presidente della Giunta: la forma di governo regionale tra giurisprudenza costituzionale e (“casuali”) ricorsi governativi, in Nuove Autonomie, 2005, n. 6, pp. 987-988.

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