Michela MICHETTI, Titolo V e potere sostitutivo statale. Profili ricostruttivi ed applicativi (ottobre 2012)
Sommario:
Nell’ambito del riparto di competenza varato con legge costituzionale n. 3 del 2001 assume un ruolo senz’altro fondamentale per la definizione dell’autonomia regionale e locale il riconoscimento del potere sostitutivo al Governo, la cui disciplina si articola nell’art. 120, secondo comma, Cost. (1). Ad essa si salda poi l’art. 117, quinto comma, Cost., che riconosce allo Stato un potere di sostituzione in caso di inadempimento della Regione nell’attuazione di accordi internazionali e atti comunitari (2).
Come noto, il riconoscimento in Costituzione del potere di sostituzione statale ha rappresentato - fra le altre - una delle più dibattute e rilevanti novità introdotte dalla riforma del 2001 (3), il cui inserimento esprime il tentativo di approdare ad una sistemazione pressoché razionale dell’esistente (4), cui si accompagnano taluni profili di originalità (5).
Tale originalità sembra potersi scorgere proprio con riferimento al riparto di competenza: la norma, infatti, inserendosi nell’ambito dei rapporti fra Stato-Regioni ed Enti locali, rende derogabile l’esercizio delle attribuzioni costituzionali, laddove, nel precedente modello, il medesimo ordine aveva subito, pur in assenza di opportuni meccanismi costituzionali ad hoc, (6) torsioni così incisive tali da spingere il sistema ai limiti della legalità costituzionale (7).
Nell’attuale cornice costituzionale, la portata prescrittiva dell’art. 120 non dovrebbe autorizzare più il ricorso ad una clausola generale, come appunto era l’interesse nazionale (8), ma, individuando tassativamente le ipotesi di sostituzione statale, esso dovrebbe tradursi in uno strumento di presidio per la regola della competenza e, quindi, del riparto stesso, preservando l’ente sostituito da illegittime spoliazioni di potere e da arbitrarie intromissioni nella propria sfera di autonomia. Il che, ovviamente, senza collidere con la necessità di garantire e perseguire, anche al di là del riparto di competenza, istanze unitarie (9), ma la “discrezionalità dell’interprete chiamato a decifrarne il contenuto è stata ridotta” (10).
Lo stesso giudice delle leggi non ha esitato a riconoscere l’esistenza di un legame indissolubile tra l’attribuzione di una competenza e la previsione di un potere sostitutivo governativo che “fa (…) sistema con le norme costituzionali di allocazione delle competenze, assicurando, comunque, nelle ipotesi patologiche, un intervento di organi centrali a tutela di interessi unitari” (11).
È evidente, infatti, che la disciplina del potere sostitutivo incarna una delle molteplici forme e declinazioni dell’interesse nazionale e delle esigenze unitarie insite nel riformato Titolo V (12). Se si analizza nella sua portata letterale, la norma contempla ipotesi (13) che rivestono “un indubbio pregio costituzionale”, in quanto riflettono l’esigenza unitaria dell’ordinamento, che solo lo Stato può soddisfare (14). Quest’ultimo, infatti, nonostante le esigue competenze che l’art. 117, secondo comma, Cost. vi riserva, continua a mantenere indiscutibilmente il ruolo di garante dell’unità della Nazione, sia sul piano sopranazionale che su quello internazionale (15).
Certo, non si nasconde neppure quanto il grado di genericità che connota le clausole di esercizio del potere sostitutivo renda ardua l’esatta definizione dell’intervento statale stesso. Per conseguenza, non è irragionevole immaginare che tali “titoli” possano di fatto sfuggire a congrue valutazioni ex ante e ad altrettante verifiche a posteriori (16), concedendo al Governo un ampio margine di discrezionalità.
All’interno di questa prospettiva assume allora valore deontico anche il richiamo ai quei principi che presiedono all’esercizio del potere sostitutivo statale, che diverrebbe, così, un potere controllabile e, a fortiori, giustiziabile. Come noto, l’ultimo capoverso dell’art. 120, secondo comma, Cost. stabilisce che la “legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.
Il riferimento al principio di sussidiarietà si salda idealmente con l’art. 118 Cost. ed, in particolare, col paradigma della sussidiarietà c.d. verticale, che, come noto, consente all’ente minore “incapace o inadeguato” di essere sussidiato dal livello di governo immediatamente superiore, che, esercitando la funzione attratta, ne acquisisce la titolarità in maniera potenzialmente definitiva (17).
Come messo in luce da una parte della dottrina, la sussidiarietà dovrebbe tradursi in uno strumento di tutela delle prerogative degli enti territoriali (18), cui si coniuga il principio cooperativo che, a sua volta, dovrebbe mirare alla definizione partecipata - fra ente sostituito ed ente sostituto - delle misure sostitutive stesse.
La disciplina costituzionale sul potere sostitutivo non brilla certamente per chiarezza, anzi essa pone un complesso di nodi interpretativi, che la dottrina non ha esitato ad evidenziare (19), prospettando, a sua volta, diverse soluzioni ermeneutiche ad essa riconducibili.
Solo per riferire uno dei molteplici profili del dibattito si è discusso, in particolare, sulla natura degli atti surrogatori adottabili dal Governo e più specificamente se essi siano di carattere amministrativo (20) o anche normativi di rango primario (21). Come si è affermato, già solo l’attribuzione all’Esecutivo del potere sostitutivo dovrebbe deporre in senso negativo circa la configurabilità di una sostituzione normativa (di carattere legislativo) (22). La dottrina maggioritaria ha ritenuto, infatti, che la disposizione costituzionale preveda e disciplini una forma di potere sostitutivo limitato e circoscritto all’ambito amministrativo, esercitabile attraverso provvedimenti amministrativi e nei soli confronti di attività amministrative di Regioni ed Enti locali (23).
Le argomentazioni spese a favore di questa ricostruzione giungerebbero finanche dall’esegesi delle ipotesi al ricorrere delle quali il potere sostitutivo può essere effettivamente esercitato. Così, con riferimento al mancato rispetto di norme e trattati internazionali, nonché della normativa comunitaria, l’art. 120, secondo comma, Cost. darebbe vita ad una sostituzione che opera sul piano amministrativo, laddove su quello legislativo opererebbe l’art. 117, quinto comma, Cost. (24). Un distinguo questo che troverebbe conferma nella disciplina di attuazione posta rispettivamente dalla l. n. 131 del 2003, per quanto riguarda la sostituzione ex art. 120 e dalla l. n. 11 del 2005, per ciò che concerne l’art. 117, quinto comma, Cost.
Più specificamente, l’art. 8, comma 2, della legge La Loggia nel regolare l’attivazione dei poteri sostitutivi con riferimento all’ipotesi “della violazione della normativa comunitaria” prevede l’adozione degli atti e dei provvedimenti di cui al comma 1 (ovvero dei provvedimenti necessari, anche normativi); mentre la Legge Buttiglione contempla espressamente la possibilità di adottare atti sostitutivi (regolamentari e legislativi) (art. 11, comma 8 e art. 16, comma 3) nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome. La legge prevede, inoltre, la possibilità di adottare “provvedimenti anche urgenti … in materie di competenza legislativa o amministrativa delle Regioni”, stabilendo la relativa procedura “ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione” (art. 10). Ciò porterebbe a ritenere che il rinvio posto all’art. 120 Cost. sia riferito ad inadempienze di carattere esecutivo, quindi all’adozione di atti di natura amministrativa o regolamentare, mentre l’art. 117, quinto comma, riguarderebbe non solo ipotesi di sostituzione legislativa, poiché tale disposizione “contempl(a) anche interventi sostitutivi di tipo amministrativo”, in quanto si riferisce espressamente tanto all’attuazione (che implica un’attività normativa) quanto all’esecuzione (che è un’attività amministrativa) degli accordi internazionali e degli atti comunitari (25). Ferma resterebbe, invece, la considerazione relativa alla sola sostituzione amministrativa e regolamentare praticabile tramite l’art. 120, secondo comma, Cost.
Quanto al “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, l’intervento sostitutivo sembrerebbe anche qui riferito alle inadempienze di Regioni ed Enti locali nell’esercizio delle (sole) funzioni amministrative, atteso che il legislatore statale potrebbe intervenire esercitando la propria potestà legislativa in materia di “ordine pubblico e sicurezza” ex art. 117, secondo comma, lett. h) (26) o ancora quella concorrente, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di “protezione civile” (27).
Diversamente, però, si è anche considerata la possibilità per il legislatore regionale di intervenire in materia di ordine pubblico e sicurezza attraverso l’adozione di atti legislativi che, sia pure indirettamente e strumentalmente, concorrano a definire le finalità proprie della materia, incontrando un limite di validità proprio nella competenza esclusiva statale di cui alla lett. h) (28). In questo senso, si leggano alcune affermazioni rese dalla Corte costituzionale proprio in tema di sicurezza dei cittadini e del territorio, secondo le quali il Governo potrebbe attivarsi tramite poteri sostitutivi per situazioni che comportino un “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica” (29).
Con riferimento poi all’incolumità è ben evidente lo stretto collegamento con la competenza concorrente in materia di “protezione civile”, in cui, come noto, lo Stato è tenuto a determinare i principi fondamentali della materia e la Regione a legiferare secondo quei principi. Tale circostanza comporterebbe, in caso di mancata adozione della legislazione regionale di dettaglio, la sostituzione governativa ex art. 120, secondo comma, Cost. (30). In proposito, ci si chiede, tuttavia, se l’intervento legislativo statale non possa diversamente inquadrarsi nell’ambito dell’adozione di atti normativi di dettaglio cedevoli che la Corte, nelle materie di potestà legislativa ripartita, non ha radicalmente bandito dall’orizzonte dei rapporti Stato-Regioni (v. infra § 3.1).
Diverse considerazioni valgono, invece, con riferimento “all’unità giuridica ed economica” che a tratti appare inconciliabile con la previsione dell’attivazione di poteri sostitutivi. Infatti, la locuzione così come mutuata dall’art. 72 comma 2, del Grundgesetz sottintende un’esigenza di uniformità che solo lo Stato è in grado di garantire (31), impedendo che i livelli territoriali sub-statali non compromettano, attraverso inerzie o un uso illegittimo del loro potere, l’esigenza indefettibile di uniformità, coerenza ed unità dell’ordinamento giuridico. Di fronte a simili necessità lo strumento sostitutivo si mostrerebbe incongruo, poiché l’intervento governativo non sarebbe generale, bensì limitato a uno o più enti inadempienti e sarebbe solo temporaneo e provvisorio, incidendo peraltro solo sull’esercizio e non anche sulla titolarità della competenza (32). In questo senso sembrerebbe orientata anche la Consulta che in alcune affermazioni rese nella sentenza n. 198 del 2004 ha escluso la possibilità di utilizzare l’art. 120, secondo comma, Cost., per contrastare norme legislative regionali in grado di mettere in pericolo l’unità giuridica dell’ordinamento (33). Proprio le accennate ragioni porterebbero a ritenere che solo con riferimento a questo presupposto siano immaginabili interventi sostitutivi di carattere legislativo.
Quanto alla “tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, l’evidente sovrapposizione con la competenza legislativa riservata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lett. m) Cost., consentirebbe di ritenere che l’intervento sostitutivo del Governo sia esercitato per garantire che le determinazioni legislative statali siano attuate da Regioni ed Enti locali nell’esercizio delle loro funzioni amministrative (34). Sennonché è stato osservato che il riferimento posto dall’art. 120, secondo comma, non si limiterebbe a garantire “copertura sul versante dell’esecuzione amministrativa alla competenza legislativa statale di cui all’art 117, secondo comma, lett. m) ”, potendo richiedersi anche misure di carattere normativo (35). Inoltre, l’ammissibilità di atti sostitutivi legislativi in questo specifico ambito potrebbe ricollegarsi al particolare modus operandi della materia che, lasciando comunque uno spazio di disciplina al legislatore regionale potrebbe vedere necessaria la sostituzione legislativa nel caso in cui quest’ultimo non si adoperasse per l’esercizio della sua porzione di competenza (36).
Le considerazioni che precedono sembrerebbero confortate dalla circostanza per cui la stessa Corte costituzionale, in un obiter dictum,ha affermato “la disposizione è posta a presidio di fondamentali esigenze di eguaglianza, sicurezza, legalità che il mancato o illegittimo esercizio delle competenze attribuite, nei precedenti artt. 117 e 118, agli enti sub-statali, potrebbe lasciare insoddisfatte o pregiudicare gravemente”. Sicché il richiamo non solo all’art. 118 Cost., ma anche all’art. 117, parrebbe confermare, almeno aprioristicamente, l’esercizio del potere sostitutivo statale in ordine alle funzioni legislative delle Regioni (v. infra) (37).
Tutto ciò non pare, comunque, dirimente per sostenere l’ammissibilità di una sostituzione legislativa da parte del Governo. Alle argomentazioni premesse in apertura di paragrafo, che appaiono difficilmente confutabili, si aggiunga la sola constatazione che la stessa Consulta nell’ambito delle sue pronunce lascia emergere una ricostruzione dei poteri sostitutivi ex art 120, chiaramente proiettata entro la sfera delle competenze amministrative regionali e locali senza, peraltro, operare alcun distinguo rispetto a quelli ordinari che, come noto, si riferiscono al campo amministrativo (38).
Non meno dibattuta è la questione concernente la praticabilità della sostituzione nelle forme del decreto-legge (39).
Come da più parti sostenuto lo strumento della decretazione d’urgenza rappresenterebbe lo strumento più idoneo per eseguire la sostituzione governativa (40). E ciò anche in virtù del fatto che il decreto-legge rappresenterebbe “un istituto di chiusura” (41) dell’ordinamento, essendo, per così dire, uno strumento di sutura del sistema altrimenti ingovernabile in situazioni emergenziali. L’ammissibilità di decreti-legge sostitutivi di atti legislativi regionali troverebbe fondamento nell’art. 120, secondo comma, Cost., che in combinato disposto con l’art. 77 Cost. (42), consentirebbe di derogare all’ordine formale delle competenze costituzionali. In proposito anche la Consulta ha riconosciuto che qualora si volesse “interpretare la surrichiamata disposizione costituzionale come tale da legittimare il potere del Governo di adottare atti con forza di legge in sostituzione di leggi regionali”, ciò potrebbe avvenire solo tramite “l’esercizio in via temporanea” dei poteri di cui all’art. 77 Cost. (43).
Sennonché l’idea della sostituzione tramite decreto-legge è apparsa ad altri del tutto inconferente con la disciplina surrogatoria posta dal legislatore ordinario con l. n. 131 del 2003, la quale si scontrerebbe con lo schema di decretazione d’urgenza delineato dalla Costituzione. Infatti, l’art. 8 della legge La Loggia detta nel caso di sostituzione per inadempimento (e preventiva): a) la previsione della messa in mora per l’ente sostituendo; b) la fissazione di un termine entro il quale provvedere; e c) l’audizione dell’organo interessato. Elementi questi che appaiono tutti incompatibili con il provvedimento previsto dall’art. 77 Cost. che si giustifica, come noto, sul presupposto dell’indifferibilità dell’intervento governativo (44). La difficoltà ad immaginare la praticabilità della sostituzione governativa con decreto-legge potrebbe essere superata, come si è sostenuto, svincolando dagli aggravi procedurali sopra descritti l’adozione in via sostitutiva del decreto-legge, purché siano contemplati adeguati momenti partecipativi. Così si è ritenuto che “ad esempio si potrebbe esigere la partecipazione del Presidente della Giunta regionale interessata al provvedimento alla riunione del Consiglio dei Ministri nella quale si adotti l’atto sostitutivo. Tale garanzia, infatti, assicurerebbe il rispetto del principio di leale collaborazione” (45).
In proposito, si osserva come la (mera) partecipazione del Presidente della Giunta regionale non soddisfi appieno il rispetto del principio cooperativo, che nella sua più stretta accezione implica - o quanto meno dovrebbe implicare - moduli e meccanismi concertativi procedimentalizzati soprattutto se, come nel caso di specie, l’intervento sostitutivo del Governo incide, sia pure provvisoriamente, sull’esercizio della competenza regionale e locale. A rigore, infatti, il rispetto del principio collaborativo dovrebbe implicare un coinvolgimento dell’ente sostituito che conduca ad una paritaria co-decisione dell’atto da assumere e non sembra che ciò trovi adeguata espressione nella sola partecipazione del Presidente della Regione. Tali considerazioni troverebbero conforto anche nella giurisprudenza costituzionale, che in tema di potere sostitutivo sembra fornire indicazioni ben precise e rigorose sul rispetto del principio cooperativo (v. infra § 2)
Non a caso anche la dottrina più attenta ha evidenziato l’assenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nell’esercizio dei poteri sostitutivi, non solo per la mancanza di una opportuna sede di raccordo istituzionale tra centro e periferia, ma anche per non aver esteso, il legislatore di revisione costituzionale, “il debole surrogato del Senato federale ovvero la c.d. bicameralina contemplata nell’art. 11 della l.c. n. 3 del 2001” all’art. 120, secondo comma, Cost. (46). Di qui è di immediata intuizione la constatazione che l’esercizio di poteri sostitutivi in assenza di opportune modalità di coinvolgimento degli enti sostituiti implica irrimediabilmente un’alterazione dei rapporti Stato-Regioni e, quindi, del principio autonomistico.
In realtà l’ipotesi di decreti-legge sostitutivi diverrebbe una soluzione fisiologica dell’ordinamento, là dove la necessità di ottemperare ad eventuali inerzie regionali da cui scaturiscano situazioni emergenziali può essere soddisfatta solo dal Governo, non essendo tale strumento nella disponibilità di altri organi come ci ricorda l’insegnamento di Carlo Esposito (47). Ad ogni modo, sarebbe da precisare che il Parlamento chiamato a convertire l’atto provvisorio del Governo non potrebbe apportare emendamenti al decreto, essendo (tale conversione) strumentalmente preordinata alla stabilizzazione degli effetti prodotti dall’atto. Ciò comporterebbe la possibilità per la Regione di esercitare la propria potestà legislativa, disponendo anche diversamente rispetto al decreto governativo.
Meno convincenti appaiono quelle soluzioni che prospettano un’interpretazione dell’art. 120 quale norma integratrice dell’assetto costituzionale delle fonti, introducendo una categoria di fonti atipiche. O ancora come norma che, derogando al suddetto assetto, preveda la possibilità per il Governo di adottare atti con forza di legge ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dagli artt. 76 e 77 della Costituzione (48). Entrambe le ipotesi sembrerebbero incontrare almeno un’obiezione atteso che l’art. 120, secondo comma, non può affatto considerarsi una norma sulla produzione normativa (49); né pare immaginabile considerare l’ammissibilità di atti ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla Costituzione all’art. 77 Cost. (50).
Ulteriori considerazioni possono svolgersi con riguardo alla possibilità per il Governo di sostituirsi alle Regioni ed Enti locali in via normativa. In proposito, la disciplina attuativa dell’art. 120 Cost. contenuta nell’art. 8 della legge n. 131 del 2003 ha risolto in parte la questione statuendo che, il Governo “adotta i provvedimenti necessari, anche normativi,…” (51), fugando ogni dubbio circa la praticabilità di una sostituzione normativa (52). Cosicché, eventuali inadempimenti riferibili a competenze normative regionali potrebbero essere soddisfatti dal Governo proprio tramite l’adozione di atti normativi e, nella specie, di atti regolamentari (53).
L’idea di una sostituzione in via regolamentare poggerebbe, peraltro, sull’idea che l’art. 120, secondo comma, Cost., contemplando una deroga implicita all’art. 117, sesto comma Cost., renda possibile l’esercizio di poteri sostitutivi tramite regolamento, consentendo al Governo di esercitare provvisoriamente il potere normativo secondario formalmente attribuito dalla Costituzione ad altri enti (54).
Una lettura questa che suscita qualche perplessità almeno con riferimento all’ipotesi in cui l’adozione dell’atto regolamentare (sostitutivo) andrebbe ad occupare uno spazio proprio della disciplina legislativa regionale, alterando così i tradizionali principi che regolano il rapporto fra fonti (55). E quand’anche si volesse leggere nell’art. 8 della citata legge un riferimento alla fonte regolamentare governativa in sostituzione di regolamenti regionali o locali (dando luogo così ad una sostituzione normativa e non anche legislativa) vi si opporrebbe la riserva di competenza normativa secondaria contenuta nell’art. 117, comma 6, Cost., che, come noto, distribuisce la potestà regolamentare tra i diversi livelli di governo, stabilendo che essa spetti “allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni” e “alle regioni in ogni altra materia”.
Ora una interpretazione piana e sistematica della prescrizione costituzionale sembrerebbe indicare la volontà di attribuire allo Stato (e per esso al Governo) (56), alle regioni e agli enti locali la titolarità piena della funzione normativa secondaria, riproponendo uno schema di riparto solo in parte corrispondente a quello utilizzato per la distribuzione della funzione legislativa. Ed invero, il sesto comma dell’art. 117, Cost., circoscrivendo il potere regolamentare statale alle sole materie di competenza esclusiva indicherebbe, come si è rilevato in dottrina, “la volontà di non riprodurre, per le fonti secondarie, la scelta operata istituendo una potestà (in quel caso legislativa) concorrente”; la norma enucleerebbe, infatti, un “principio di titolarità esclusiva delle potestà regolamentari”, attribuendo integralmente a ciascun livello di governo e, soltanto a ciascuno di esso, il relativo potere regolamentare (57).
Pertanto, permettere l’adozione di atti regolamentari sostitutivi significa consentire interventi in ambiti che la Costituzione affida alla potestà normativa secondaria della Regione e, ciò, significa, come detto sopra, operare una deroga al riparto costituzionale delle competenze che richiederebbe, semmai, un aggancio più saldo di quello offerto dalla succinta formulazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (58).
Ulteriori indicazioni sulla portata dell’art. 120, comma 2, Cost. sono offerte dalla giurisprudenza costituzionale, che, a partire dalla sentenza n. 43 del 2004 (59), ne ha tentato una lettura sistematica, definendo le coordinate essenziali e precisando, preliminarmente, che i poteri sostitutivi rappresentano l’insieme dei poteri “che comportano la sostituzione di organi di un ente a quelli di un altro, ordinariamente competente, nel compimento di atti, ovvero la nomina da parte dei primi di organi straordinari dell’ente “sostituito” per il compimento degli atti stessi” (60). L’esercizio di tali poteri, come afferma la Corte, produce l’effetto di incidere e limitare l’autonomia dell’ente sostituito, per cui è necessario che trovino un “fondamento esplicito o implicito nelle norme o nei principi costituzionali che tale autonomia prevedono e disciplinano” (61).
Nella prospettiva del giudice costituzionale, la disposizione rappresenterebbe poi, un’ipotesi di sostituzione straordinaria ed aggiuntiva, che “(lascerebbe) impregiudicata l’ammissibilità e la disciplina di altri casi di interventi sostitutivi, configurabili dalla legislazione di settore, statale o regionale (…)” (62). In questo modo, il giudice delle leggi collega il carattere straordinario ed aggiuntivo degli interventi sostitutivi governativi a “emergenze istituzionali di particolare gravità che comportano rischi di compressione relativi ad interessi essenziali della Repubblica” (63); rinsaldando, attraverso un simile ragionamento, la passata “tradizione legislativa che ammetteva pacificamente interventi sostitutivi nei confronti degli enti locali, ad opera di organi regionali” (64), definibili ora come ordinari.
La Corte chiarisce perciò che la legge regionale, nel disciplinare le funzioni amministrative degli enti locali può prevedere anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali (65). In questo snodo, la sentenza ripropone, in un’ottica continuista, il modello sostitutivo ante riforma, atteso che ammette un potere di sostituzione regionale nei confronti degli enti locali (66), disancorando la disciplina di quest’ultimo dalla materia della lett. p) del comma 2, dell’art. 117 Cost., e, quindi, in definitiva dalla competenza del legislatore statale (67).
Attraverso i suoi passaggi argomentativi, la Consulta effettua un’opera ricognitiva della sua pregressa giurisprudenza per definire condizioni e limiti per il legittimo esercizio di tali poteri (68) e valorizza, nell’ambito delle garanzie procedurali, il richiamo al principio di leale collaborazione, il quale dovrà assicurare all’ente sostituito la possibilità di interloquire con l’ente sostituto, al fine di evitare la sostituzione stessa attraverso un autonomo adempimento (69).
A questa prima sistemazione sono succedute diverse pronunce con cui la Corte, consolidando, in buona sostanza, l’orientamento già delineato con la sentenza n. 43 (70), ha ulteriormente specificato forme e contenuti della sostituzione stessa. In particolare, con riferimento alla titolarità del potere sostitutivo, la Corte ha escluso che il difensore civico regionale (e il commissario ad acta di sua nomina) possa essere designato quale intestatario dell’esercizio di tale potere, poiché “i poteri sostitutivi in ambito regionale sono in ogni caso da ascrivere, per lo spostamento eccezionale di competenze che determinano e per l’incidenza diretta su enti politicamente rappresentativi, ad organi di governo della Regione e non già ad apparati amministrativi (71). La giurisprudenza costituzionale ha sottolineato, peraltro, che “la disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 120 Cost. non può essere interpretata come implicitamente legittimante il conferimento di poteri di tipo legislativo ad un soggetto che sia stato nominato Commissario del Governo” (72), escludendo così la possibilità di devolvere al commissario ad acta (nella persona del Presidente della Regione) poteri normativi, posto che l’organo naturalmente a ciò deputato è il solo organo rappresentativo della Regione ovvero il Consiglio.
Diversamente, però, nellasentenza n. 2 del 2010 la Corte ha ritenuto illegittima la scelta di riservare esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle «disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili», pur quando esse presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, risolvendosi in un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad acta, e, dunque, in una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (73).
Interessanti puntualizzazioni sono sopraggiunte dalla Corte anche rispetto a quelle garanzie procedimentali cui si accennava sopra, le quali devono assistere l’attivazione dei poteri sostitutivi. Così nella sentenza n. 383 del 2005 viene esclusa la possibilità di ricorrere all’applicazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. per le ipotesi di attrazione in sussidiarietà (74), poiché in tali casi “prevedere l’esercizio del potere sostitutivo statale per il caso di mancato raggiungimento dell’intesa equivarrebbe a degradare sin dall’inizio il carattere “forte” dell’intesa e ad attribuire una posizione di debolezza all’ente territoriale (75). Per questo, la Corte ha ritenuto illegittime quelle disposizioni che affidano al Governo un potere di sostituzione proprio in virtù del mancato raggiungimento dell’intesa, che, a ben vedere, non concreta alcuna delle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 120 comma 2, Cost. (76). In proposito, la Consulta sempre nella sentenza n. 383 ha affermato che, “mentre è legittima la previsione di meccanismi procedimentali volti a superare la situazione di mancato conseguimento dell’intesa, tanto non può dirsi a proposito dell’introduzione, generalizzata e indifferenziata, del ricorso all’esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato, per di più, in evidente assenza delle ipotesi legittimanti, di cui all’art. 120 Cost.: ciò equivarrebbe, infatti, a negare quella parità di posizione tra livello statale e regionale, che invece deve costituire il criterio di riferimento nei casi di chiamata in sussidiarietà”.
Il richiamo alla leale collaborazione rappresenta - in questo quadro - una costante che, come più volte sottolineato dalla stessa Corte, deve tradursi nell’attivazione di procedimenti “partecipati”, nel quale l’ente sostituendo è messo nelle condizioni di adempiere, al fine di scongiurare la sostituzione stessa. È noto, infatti, che l’esercizio del potere sostitutivo non possa aver luogo esclusivamente sulla base della semplice constatazione dell’inerzia o dell’inadempienza dell’ente sostituito (77): esso postula necessariamente l’attivazione di meccanismi collaborativi. Infatti, come si è precisato, la mancata o insufficiente previsione di meccanismi collaborativi non dispensa il titolare del potere sostitutivo dal rispetto di taluni adempimenti procedurali minimi, finalizzati a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione (78). Ciò, tuttavia, non è dirimente - secondo la Corte - ai fini della declaratoria di illegittimità costituzionale. Infatti, il principio di leale cooperazione, pur nel silenzio del legislatore, implica che le applicazioni concrete che della medesima disposizione si facciano non possano comunque prescindere da un avviso, rivolto all’ente sostituendo, contenente una diffida ad adempiere entro un congruo termine, solo trascorso il quale l’intervento sostitutivo può essere espletato.
Questo complesso di indicazioni, aiuta a definire in parte il fenomeno sostitutivo governativo, il quale appare intanto scomponibile in un potere ordinario ed uno straordinario ex art. 120. Quest’ultimo si collocherebbe - sempre nell’ottica del giudice della legittimità - all’interno di una più generale prospettiva sistemica, il cui baricentro ruota attorno all’intreccio dei rapporti Stato-Regioni (ed Enti locali), secondo una logica improntata al principio di sussidiarietà, che, nella sua accezione dinamica, consente di derogare al riparto delle attribuzioni costituzionali per perseguire determinati interessi unitari (79).
Ciononostante, e pur individuando nello strumento sostitutivo uno dei possibili meccanismi derogatori dell’ordine formale delle competenze, non pare possa condividersi l’affermazione secondo cui l’art. 120 assuma il ruolo di “norma di chiusura” del sistema di distribuzione delle competenze (80). Non va dimenticato, infatti, che il potere sostitutivo trova espressione in atti precari, senza incidere sulla titolarità delle competenze, ma solo dell’esercizio di stesse (81).
Quest’ultima considerazione, tuttavia, non mette in dubbio l’esistenza di un legame sistematico che l’art. 120, secondo comma, Cost. stringe con le norme sul riparto di competenza (82), un legame che appare funzionale a che le fondamentali esigenze di carattere unitario ivi contemplate siano salvaguardate e soddisfatte proprio attraverso la possibilità di attivare una competenza statale derogatoria del riparto stesso (83). In questa prospettiva, la clausola sostitutiva evidenzia un duplice profilo, rappresentando, per un verso, uno strumento di unificazione, preordinato a superare e a stemperare le rigidità di un sistema ancorato a enumerazioni di competenze; per altro, si traduce in un potenziale meccanismo di flessibilità per il riparto formale di competenza.
In proposito non sembra inutile sottolineare come l’elemento sistematico appaia dirimente per escludere che l’art. 120, secondo comma, Cost. incarni (accanto ed oltre all’art. 117 Cost.) una norma sul riparto (preventivo) di competenza tra Stato e Regioni (84), alla stregua della konkurrierende Gesetzgebung tedesca, con la quale ha in comune solo alcuni elementi nominali.
Ed infatti, sebbene l’art. 120 secondo comma, ricalchi in parte l’art. 72, comma 2 del Grundgesetz, di fatto le due disposizioni non presentano alcun reale legame, anzi disciplinano fattispecie fra loro diverse come diversi sono gli effetti che ad esse si ricollegano. Come noto, infatti, la competenza in concorrenza prevista dalla Costituzione tedesca si fonda sul riconoscimento in capo ai Länder della potestà legislativa da esercitarsi quando il Bund sia rimasto inerte e quindi abbia omesso di attivare la clausola di necessità (Bedürfnisklausel), che autorizza la Federazione a legiferare “se e nella misura in cui la creazione di omogenee condizioni di vita nel territorio federale o la tutela dell’unità giuridica o economica nell’interesse dello Stato nel suo complesso, rendano necessaria una disciplina legislativa federale” (85).
Pertanto, al di là del frammento di norma ripreso e calato poi tra le righe dell’art. 120, secondo comma, Cost., la norma costituzionale tedesca attribuisce tanto al Bund, quanto ai Länder una competenza esclusiva ed alternativa da esercitarsi al ricorrere di determinati presupposti, i quali autorizzano l’uno o l’altro livello di governo ad esercitare competenze di cui sono titolari. In questo caso, perciò, l’intervento del livello federale, che non può considerarsi espressione di un potere sostitutivo tout court, inerisce ad attribuzioni di cui lo stesso è titolare secondo quanto riservato dalla stessa Costituzione (86).
Intesa in questi termini, la konkurrierende Gesetzgebung recide ogni presunto parallelismo con il potere sostitutivo, di cui all’art. 120, comma 2 Cost., il quale rappresenta invece un’ipotesi di sostituzione non già meramente descrittiva, bensì effettiva, legittimando, appunto, l’ente sostituto all’esercizio temporaneo di una competenza dell’ente sostituito.
In questa sua veste, la sostituzione sortirebbe i suoi effetti sul concreto esercizio (e non già sulla titolarità) delle competenze attraverso l’adozione di atti da parte del primo per ovviare all’inerzia o alla condotta illegittima del secondo (87). Per conseguenza, l’atto adottato in sostituzione sarebbe espressione di un potere condizionato (88), esercitato solo provvisoriamente e da parte di un soggetto incompetente.
La stessa Corte, ricollegando l’attivazione del potere sostitutivo all’inerzia della Regione, ha affermato che tale presupposto “legittima la sostituzione statale nell’esercizio di una competenza che è e resta propria dell’ente sostituito” (89). A ciò si legherebbe, quindi, il suo carattere provvisorio e, al tempo stesso, straordinario, sicché lo Stato (rectius: il Governo) si troverebbe ad esercitare eccezionalmente una competenza regionale e/o locale.
In tal modo, sia pure temporaneamente e in pendenza dell’esercizio del potere sostitutivo statale, si verrebbe a determinare la cessazione del potere d’intervento regionale (90), da cui però non deriva per lo Stato un titolo di esclusiva competenza ad intervenire, ben potendo la Regione decidere di attivarsi.
Come esattamente dice la Corte, infatti, dopo l’avvio del procedimento di sostituzione, ma prima che il sostituente abbia posto in essere alcuna significativa attività strumentale alla realizzazione del provvedimento sostitutivo, nulla impedisce al sostituito di esercitare le competenze sue proprie, così come nulla impedirebbe, una volta che la sostituzione fosse stata adottata, di modificare (se possibile) in tutto o in parte il provvedimento risultante dalla sostituzione (91). Se così fosse, l’esercizio di attività legislativa da parte della Regione “lungi dal comportare la cessazione del potere sostitutivo statale” sarebbe sottoposto al vaglio della Consulta al fine di verificare se questo sia stato realmente limitato o svuotato nei suoi contenuti (92). Si verrebbe così a profilare un esercizio concorrente (e non alternativo) di competenza (93), potendo la Regione concorrere appunto con lo Stato al perseguimento delle finalità prescritte (94).
Vi sarebbe poi un ulteriore elemento da considerare e che appare determinante per l’effettiva comprensione delle dinamiche sottese all’esercizio del potere sostitutivo e alle sue possibili implicazioni sul riparto di competenza. Questo ulteriore elemento si aggancerebbe all’interpretazione più o meno estensiva che il giudice costituzionale avanza relativamente a taluni titoli competenziali dello Stato. Si pensi ad esempio alla competenza esclusiva di cui alla lett. m), che, peraltro, rappresenta una delle condizioni di attivazione del meccanismo sostitutivo. In proposito appaiono emblematiche le decisioni della Corte sulla c.d. social card (95) e sul c.d. piano casa (96), attraverso cui la Consulta, fornendo un’interpretazione piuttosto ampia dei c.d. “livelli essenziali delle prestazioni”, ha ridefinito la competenza regionale in materia di servizi sociali. Ed infatti, l’affermazione per cui “la ratio di tale titolo di competenza e l’esigenza di tutela dei diritti primari (…) consentono di ritenere che esso può rappresentare la base giuridica anche della previsione e della diretta erogazione di una determinata provvidenza”, così da garantire non solo i “livelli essenziali delle prestazioni”, ma anche i livelli irrinunciabili di “dignità della persona umana” (97), lascia immediatamente percepire come l’estensione del titolo di competenza statale si traduca in una corrispondente espansione del potere sostitutivo ex art. 120, secondo comma, Cost.
A queste più generali considerazioni se ne accompagna poi una più puntuale, concernente la possibilità di prevedere e di attivare poteri sostitutivi in materie di competenza legislativa regionale. Una simile ipotesi ci riporta alla questione già sopra accennata circa la tipologia della sostituzione statale nei confronti delle Regioni. In particolare, s’è detto che tale sostituzione riguarderebbe unicamente inerzie amministrative regionali, attivabile con strumenti normativi di carattere amministrativo. Una lettura questa confortata dal tenore letterale dell’art. 120, secondo comma, Cost., che non lascerebbe apprezzabili margini di spazio per un tipo di intervento diverso. Del resto, la previsione di poteri sostitutivi amministrativi versus inerzie e/o inadempienze legislative regionali mal si concilierebbe, al di là dei casi di doverosità, con il carattere squisitamente discrezionale e politico dell’autonomia legislativa regionale stricto sensu. Del resto, è la stessa Corte che nel dettare le condizioni della sostituzione ha più volte precisato che essa può essere contemplata solo per attività obbligatorie e, dunque, prive di discrezionalità nell’an.
Cosicché nelle materie di competenza concorrente e residuale l’attivazione di poteri sostitutivi ex art. 120, secondo comma, Cost. dovrebbe rimanere, in via di principio, inibita (98).
Diversamente, pur a voler ipotizzare una simile evenienza, dovrebbe specificarsi che, con riferimento alla potestà legislativa residuale, la sostituzione sarebbe possibile soltanto nel caso in cui sia rintracciabile in capo alla Regione un obbligo giuridico o politico di provvedere con legge in una materia di sua competenza (99). Potrebbe darsi il caso, infatti, che il legislatore statale preveda come dovuta una determinata attività legislativa regionale, la cui mancata attuazione potrebbe legittimare l’intervento in sostituzione del Governo con atto amministrativo e/o regolamentare. Qui è di tutta evidenza la difficoltà ad ammettere che un atto di rango secondario o amministrativo possa sostituirsi legittimamente alla fonte primaria regionale. Come noto, la Corte costituzionale in materia di adempimenti comunitari ha avallato la possibilità per il regolamento di sostituirsi alla legge regionale (100). In proposito, singolare appare l‘ipotesi di sostituzione introdotta con il d.l. n. 297 del 2006 (101), con il quale il legislatore statale, facendo ricorso all’art. 120, secondo comma, Cost., ha disposto la sospensione dell’applicazione di una legge regionale (102), in attuazione di un’ordinanza del giudice comunitario, con cui si invitava l’Italia ad adottare i provvedimenti necessari per sospendere l’applicazione della legge ligure n. 26 del 2006, che aveva introdotto deroghe all’attività venatoria, contrastanti con la normativa comunitaria (103). Attraverso l’adozione del suddetto decreto-legge, il Governo ha dato vita ad un intervento legislativo in sostituzione di una competenza legislativa regionale, facendo leva sul “mancato rispetto della normativa comunitaria” ai sensi dell’art.120, comma 2, Cost. (104). In casi come questi, la legittimità dell’intervento sostitutivo governativo dovrebbe riconoscersi a condizione che sussistano quelle circostanze di imprevedibilità e straordinarietà che giustificano l’adozione del decreto-legge.
Al di là di questa particolare vicenda sostitutiva è da dire che, nella prassi, il ricorso all’art. 120, secondo comma, Cost. da parte del Governo è stato piuttosto infrequente, registrandosi un solo altro caso rappresentato dal D.L. n. 251 del 16 agosto 2006, peraltro, decaduto in seguito alla mancata conversione da parte del Parlamento (105).
Ulteriori considerazioni riguarderebbero l’eventualità di una sostituzione in materie di potestà legislativa concorrente, sebbene in questo caso sia da considerare la diversa questione relativa alla sussistenza o meno di un obbligo per le Regioni di esercitare i relativi poteri legislativi a seguito dell’emanazione di leggi- quadro statali. Come noto, nel vigore del previgente assetto la giurisprudenza costituzionale aveva previsto la possibilità per il legislatore statale di intervenire in tali ambiti non solo con norme di principio, ma anche con norme di dettaglio, destinate quest’ultime a trovare applicazione in caso di inerzia del legislatore regionale e sino a quando questi non avesse provveduto ad adottare la relativa disciplina della materia (106). Sennonché, nel nuovo quadro di riferimento ed anche alla luce di alcune primissime affermazioni rese dalla Consulta (107) si è dubitato della perdurante ammissibilità dello strumento della disciplina statale suppletiva.
In verità, l’orientamento giurisprudenziale immediatamente successivo alla decisione n. 282 del 2002 è apparso, invece, di segno contrario, poiché si è affermato che “la disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo determina una temporanea compressione della competenza legislativa regionale che deve ritenersi non irragionevole, finalizzata com’è ad assicurare l’immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e non possono essere esposte al rischio di ineffettività” (108). Tuttavia, al di là di simili affermazioni, non v’è ancora né in dottrina né in giurisprudenza univocità di vedute circa il tema dell’ammissibilità delle leggi statali cedevoli, le quali, seppure fossero consentite, non rientrerebbero nell’esercizio dei poteri ex art. 120, secondo comma, Cost. anche e solo per il fatto che tale disposizione, come si è detto, non ammette la sostituzione governativa per il caso di inerzia legislativa.
Il discorso, in realtà, andrebbe poi ulteriormente verificato alla luce della prassi applicativa. Emblematico appare, infatti, il caso sul c.d. condono edilizio straordinario, in cui la Corte, ravvisando un’ipotesi di competenza concorrente, ha legittimato una sostituzione legislativa statale per inerzia regionale, richiamando la necessità di salvaguardare l’unità giuridica dello Stato. Secondo il giudice delle leggi, il condono edilizio straordinario “presuppone un’accentuata integrazione fra il legislatore statale ed i legislatori regionali”, cosicché “l’adozione della legislazione da parte delle regioni appare non solo opportuna, ma doverosa e da esercitare entro il termine determinato dal legislatore nazionale” (109).
Altrettanto significativa appare la sentenza n. 361 del 2010, concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’edilizia (c.d. piano casa), in cui la Consulta oltre ad aver chiarito che gli atti dei Commissari ad acta consistono in una “mera parvenza di legge”, essendo privi “dei necessari requisiti previsti dalla Costituzione per poter essere (ritenuti atti legislativi)” e, quindi, insuscettibili di “determinare effetti di alcun genere”, ha soggiunto – come già ricordato – che, qualora si volesse ravvisare nell’art. 120, secondo comma, Cost. un’ipotesi di sostituzione legislativa nei confronti delle Regioni, consentendo una deroga, eccezionale e temporanea, del riparto di competenza, legislativa, questa potrebbe svolgersi tramite l’esercizio temporaneo dell’art. 77 Cost.
Quanto alla prima affermazione, la prassi applicativa sembrerebbe confermare un diverso dato, come dimostrano alcuni atti adottati dai Presidenti delle Regioni in qualità di commissari ad acta. Ad esempio, si segnala il decreto del Presidente della Regione Molise con cui si dispone il riparto provvisorio del fondo sanitario regionale di parte corrente per l’anno 2011 e si definiscono i relativi livelli di spesa (110). O ancora il Decreto del Presidente della Giunta regionale della Regione Calabria, in qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario, concernente l’istituzione e la nomina del Segretariato del Commissario ad acta e dei sub commissari, che incide la materia di competenza residuale regionale relativa all’organizzazione degli uffici della Regione.
Quanto alla seconda affermazione, essa autorizzerebbe il Governo ad adottare decreti-legge in materie affidate alla competenza legislativa delle Regioni, i quali dovrebbero caratterizzarsi per la loro temporaneità ovvero per l’impossibilità di stabilizzarne gli effetti attraverso la conversione in legge da parte del Parlamento, che tradurrebbe quella deroga temporanea, in una stabile e definitiva deroga al riparto di competenza (111).
Appare infine senz’altro rilevante per quanto qui ci occupa dare conto del procedimento sostitutivo previsto dal D. Lgs. del 6 settembre n. 149 del 2011, concernente i “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, il quale introduce un’ipotesi di sostituzione in caso di “grave dissesto finanziario” riferito al disavanzo sanitario. In tal caso, il decreto prevede che, qualora le cause del dissesto siano riconducibili alla diretta responsabilità del Presidente della Giunta regionale, questo possa essere rimosso (112) dall’incarico e nominato commissario ad acta (113). Più specificamente, l’art. 2, comma 1 del decreto lega la fattispecie di “grave dissesto finanziario” a tre condizioni: a) inadempienza del Presidente della Giunta regionale, in qualità di Commissario ad acta, rispetto all’obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi o anche temporali derivanti dal piano stesso; b) mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro con conseguente perdurare del disavanzo sanitario; c) adozione per due esercizi consecutivi di un ulteriore incremento dell’aliquota dell’addizionale IRPEF. Tutto ciò comporta quale prima conseguenza sanzionatoria lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta ai sensi dell’art. 126 Cost. (art. 2, comma 2). La normativa di settore, che trova sistemazione nella l. n. 191 del 2009 (art. 2, comma 84) cui si salda il comma 4-bis dell’art. 2 del suddetto decreto prevede che il Governo - qualora la Regione versi nelle situazioni tipizzate alle lettere a) e b) - nomini ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost. un commissario ad acta che sostituisce il Presidente della Regione (art. 2, commi 79 e 83 l. n. 191/2009).
Come può notarsi, il decreto prevede un’ipotesi di doppio commissariamento e/o di controllo sostitutivo ex art. 120 Cost., che in questa sede opera come strumento volto a tutelare l’unità economica del Paese ed, in particolare, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (114), scongiurando la compromissione di interessi fondamentali posti a presidio di esigenze di uguaglianza e di legalità che la mancata attivazione da parte di un livello di governo locale potrebbe pregiudicare. Quanto messo a punto dal decreto premi e sanzioni solleva, fra le altre, una perplessità: sembra infatti discutibile la scelta di nominare commissario ad acta lo stesso Presidente della Regione. Questa figura ancipite del Presidente-Commissario mal si concilia con la fisiologica esigenza di affidare ad un organo “tecnico” piuttosto che ad uno “politico”, responsabile della situazione di dissesto stessa, la funzione commissariale (115).
Fuori dalla specificità delle singole fattispecie il quadro complessivamente tracciato mostra uno spaccato, in cui i termini della sostituzione non appaiono ancora compiutamente definiti. La stessa Corte costituzionale ha avuto pochissime occasioni di occuparsi dell’art. 120, secondo comma, Cost., chiarendo taluni profili problematici e lasciandone in ombra molti altri. Ciononostante, appare senz’altro possibile ritenere che in nessun caso la sostituzione possa comportare un’alterazione di autonomia dell’ente sostituito oltre quanto disposto dalla Costituzione.
__________________________________
__________________________________
(1) La norma costituzionale prevede che “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”. Sulle diverse e possibili forme di sostituzione statale nei confronti delle Regioni v. C Mainardis, Poteri sostitutivi statali e autonomia amministrativa regionale, Milano 2007, 1 ss.; spec. 63-65.
(2) In riferimento all’art. 117, comma 5, Cost. e alla sua relazione con l’art. 120 comma 2, Cost. si v. con approccio critico, C. Mainardis, I poteri sostituivi statali: una riforma costituzionale con (poche) luci e ( molte) ombre, in Le Regioni, n. 6/2001, 1357; C. Pinelli, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro it., 2001, V, 200; F. Pizzetti, I nuovi elementi unificanti del sistema italiano:il posto della costituzione e delle leggi costituzionali ed il ruolo dei vincoli comunitari e degli obblighi internazionali dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in Il nuovo Titolo V della parte II della Costituzione. Primi problemi della sua attuazione, Milano, 2002, 190 ss. Sulla vocazione derogatoria della norma rispetto al riparto di competenza si v. P. Zuddas, L’influenza del diritto dell’Unione europea sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, Padova, 2010, spec. 233 ss..
(3) Sul dibattito dottrinale immediatamente sviluppatosi attorno all’interpretazione dell’art.120, comma 2 Cost. si v. ex plurimis A. D’Atena, Poteri sostitutivi e Konkurrierende Gesetzgebung, in www.associazionedeicostituzionalisti.it2003; Id., Il principio unitario nel sistema dei rapporti tra Stato e regioni e in Scritti in onore di Livio Paladin, Napoli 2004; G. Falcon, Il nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2001, 12; S. Mangiameli, Corte costituzionale e riforma del Titolo v della Costituzione, in AA.VV., Lo Stato e le autonomie. Le regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione, a cura di E. Rozo Acuña, Torino, 2003, 31; A. Anzon, Un passo indietro verso il regionalismo duale, in Il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, Milano, 2002, 235; Id., I poteri delle regioni dopo la riforma costituzionale. Il nuovo regime e il modello originario a confronto, Torino, 2002; C. Mainardis, I poteri sostitutivi statali, cit., 1422, P. Caretti, Rapporti tra Stato e Regioni: funzione di indirizzo e coordinamento e potere sostitutivo, in Regioni, 2002, 1327; G. M. Salerno, La disciplina dei poteri sostitutivi fra semplificazione e complessità ordinamentale, in www.federalismi.it, 2002; G. Veronesi, Il regime dei poteri sostitutivi alla luce del nuovo art. 120, comma 2, Cost., in Le istituzioni del federalismo, 2002, 733; L. Cuocolo, Gli interessi nazionali tra declino della funzione di indirizzo e coordinamento e potere sostitutivo del Governo, in Quad. reg., 2002, 423 ss.; C. Pinelli, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l'ordinamento internazionale e con l'ordinamento comunitario, in Foro It., 2001, V, 194 ss.; G. Marazzita, I poteri sostitutivi tra emergency clause e assetto dinamico delle competenze, in Le istituzioni del federalismo, 2005, 819.
(4) Come noto, la Costituzione del 1948, prima della riforma del 2001, non conteneva alcun espresso riferimento al potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni. Ciò nonostante, il legislatore ordinario aveva introdotto diverse ipotesi di sostituzione statale definite e sistemate poi, attraverso la graduale e progressiva opera conformatrice della Corte costituzionale. I casi di sostituzione allora previsti, in verità, avevano ad oggetto in particolare l’attività amministrativa delle Regioni; mentre la sostituzione legislativa riguardava soltanto le ipotesi dell’attuazione degli obblighi internazionali e comunitari, nonché quel particolare intervento sostitutivo che si realizzava attraverso l’adozione da parte dello Stato delle c.d. norme di dettaglio cedevoli nelle materie di competenza concorrente (sul punto si v. la sent. n. 214 del 1985 con nota di M. Pedetta, L’“inerzia” delle regioni e l’intervento dello Stato con norme di dettaglio nelle materie di competenza regionale, in Giur. Cost., 1988, II, 87 ss.). In ambito amministrativo, il potere sostitutivo dello Stato mirava a garantire la cura degli interessi unitari minacciati dall’inerzia amministrativa regionale attraverso l’adozione di diversi strumenti. Da una parte, il legislatore statale aveva proceduto al “ritaglio”delle funzioni amministrative in favore del centro; dall’altra, invece, introducendo istituti quali la funzione di indirizzo e coordinamento e la sostituzione statale nei confronti di inerzie amministrative regionali. Questo atteggiamento aveva dato vita ad un acceso e vivace dibattito dottrinale che, nel denunciare l’insufficienza dello strumento legislativo utilizzato per alterare surrettiziamente il principio della esclusività delle attribuzioni amministrative, auspicava l’introduzione di una previsione che autorizzasse una deroga espressa al sistema delle competenze (così A. D’Atena, voce Funzione – Funzioni amministrative delle regioni, III, in Enc. Giur., vol. XIV, Roma, 1989,6). All’interno di questo panorama, il contributo della Corte costituzionale è stato notevole, in quanto ad essa è spettato il compito di sviscerare dalle previsioni legislative i presupposti sostanziali e i requisiti procedurali per l’esercizio dei poteri sostitutivi. In merito, si ricorda la pronuncia n. 177 del 1988 (con nota di C. Mezzanotte, Interesse nazionale e scrutinio stretto, in Giur. cost., 1988, 631 ss.), in cui la Corte fissa i contenuti della sostituzione e ne determina le modalità procedurali, approdando ad una visione sempre più integrata e, perciò, meno duale del sistema delle competenze (Sul punto si v. S. Bartole, La Corte costituzionale e la ricerca di un contemperamento fra supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni, in Le regioni, 1988, n. 3, 565 ss.). Questa impostazione ha rappresentato un punto fermo nell’attuazione della sostituzione sino all’introduzione, nell’art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1998, di una disciplina generale del potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni e degli enti locali in riferimento alle funzioni amministrative ad essi conferite. La disposizione, oltre a precisare dal punto di vista soggettivo, i destinatari della sostituzione e cioè, le regioni e gli enti locali, definisce l’oggetto dell’intervento statale, lasciandolo coincidere con “le funzioni e compiti spettanti alle regioni e agli enti locali”. In aggiunta, la norma stabilisce i presupposti sostanziali ai fini dell’attivazione dei poteri sostitutivi che sono rappresentati da una accertata inattività, cui consegua inadempimento agli obblighi comunitari o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali; mentre per ciò che attiene ai requisiti procedurali questi sono tipizzati e possono essere così esemplificati: a) accertamento dell’inattività regionale; b) assegnazione di un congruo termine per provvedere; c) coinvolgimento del soggetto inadempiente; d) nomina da parte del Consiglio dei ministri di un commissario che provvede in via sostitutiva. L’art. 5, comma 3, prevede e disciplina, infine, le ipotesi di sostituzione statale “in casi di assoluta urgenza”, in cui il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente.
(7) Simili constatazioni potrebbero valere anche con riferimento alle deroghe, che la prassi applicativa post riforma ha reso operanti sul novellato riparto di competenza Sul punto si v. G. Fontana, I poteri sostitutivi nella Repubblica delle autonomia, in www.issirfa-spoglio.cnr.it, 2005, il quale mette in evidenza come “(i) percorsi seguiti dalla Corte costituzionale per far valere dette istanze, pur nel tentativo di non pretermettere del tutto la rafforzata autonomia regionale (…) hanno finito, di fatto, per svuotare progressivamente l’autonomia legislativa regionale essendosi concretizzati nella dilatazione dell’ambito applicativo delle materie c.d. trasversali, nella versione c.d. ascendente e consensuale del principio di sussidiarietà applicato all’ambito legislativo regionale, nonché in alcune declinazioni del principio di leale collaborazione particolarmente concessive nei confronti degli interventi del legislatore statale negli ambiti di autonomia legislativa regionale (…)”
(8) … tanto più che la Corte ha precisato che “Nel nuovo Titolo V l’equazione elementare interesse nazionale = competenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva l’erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, è divenuta priva di ogni valore deontico, giacché l’interesse nazionale non costituisce più un limite, né di legittimità, né di merito, alla competenza legislativa regionale” (p.to 2.2 del Considerato in diritto).
(10) Così A. Cerri, Istituzioni di diritto pubblico, Milano, II ed., 2002, 100; G. Marazzita, I poteri sostitutivi, tra emergency clause e assetto dinamico delle competenze, in, Le istituzioni del federalismo, n. 5-2005, 844, per il quale ”la novità testuale produce il positivo effetto di contenere l’arbitrio e l’eventuale abuso da parte dello Stato”.
(12) Come affermerà la Corte nella sentenza n. 43 del 2004 “La nuova norma deriva palesemente dalla preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare, anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto costituzionale delle attribuzioni amministrative, taluni interessi essenziali – il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, la salvaguardia dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato (cfr. infatti l’articolo 117, quinto comma, ultimo inciso, della Costituzione, per gli obblighi internazionali e comunitari; l’articolo 117, secondo comma, lettere h e m, rispettivamente per l’ordine e la sicurezza pubblica e per i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali). Quanto all’“unità giuridica” e all’“unità economica”, quale che ne sia il significato (che qui non occorre indagare), si tratta all’evidenza del richiamo ad interessi “naturalmente” facenti capo allo Stato, come ultimo responsabile del mantenimento della unità e indivisibilità della Repubblica garantita dall’articolo 5 della Costituzione. La Costituzione ha voluto dunque che, a prescindere dal riparto delle competenze amministrative, come attuato dalle leggi statali e regionali nelle diverse materie, fosse sempre possibile un intervento sostitutivo del Governo per garantire tali interessi essenziali”.
(14) Così F. Giuffrè, Note minime sui poteri sostitutivi e unità della Repubblica alla luce della recente legge 131 del 2003 (c.d. legge “La Loggia”), in www.unife.it/forumcostituzionale.it. Come è stato affermato in dottrina le fattispecie previste nell’art. 120, secondo comma, Cost. rappresenterebbero “una tipizzazione tassativa ed esaustiva delle ipotesi di interesse nazionale” così G. Fontana, I poteri sostitutivi, cit., 13; oppure “concrete declinazioni della clausola generale dell’interesse nazionale” C. Mainardis, I poteri sostitutivi statali, cit., 1383. Ritiene, inoltre, tale la tassatività delle ipotesi contemplate dall’art. 120, comma 2, Cost. E. Gianfrancesco, L’abolizione dei controlli sugli atti amministrativi e la scomparsa del Commissario del Governo, in T. Groppi, M. Olivetti (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Torino, 2001, 185 ss.
(15) Di qui la convinzione che “la tutela delle insopprimibili esigenze unitarie e degli interessi infrazionabili … potessero trovare un valido supporto proprio nei poteri sostitutivi, ritenuti capaci di introdurre elementi di flessibilità e di mobilità e, comunque, di garanzia degli interessi unitari in un assetto delle competenze, alquanto, disarticolato ed irrigidito rispetto al precedente quadro costituzionale”, così riferisce G. Fontana, I poteri sostitutivi, cit. 2.
(16) Come avverte E. Gianfrancesco, Il potere sostitutivo, cit., 185, “i concetti summenzionati (di tutela dell’unità giuridica ed economica) non hanno una consistenza oggettivamente pre-definibile….”. Mentre “la nozione di unità giuridica od economica si presenta, invece, strutturalmente elastica e flessibile e, tendenzialmente restia ad essere verificata dall’esterno, in specie dal giudice costituzionale in sede di contenzioso costituzionale” Ed ancora l’indeterminatezza delle nozioni utilizzate concederebbe al Governo un ampio margine di discrezionalità.
(17) Sul punto una parte della dottrina ha messo in evidenza come l’attrazione per sussidiarietà di una funzione amministrativa non possa mai essere irreversibile “neppure quando la traslazione di competenza operi in favore dell’ente territoriale apicale”. Ciò pone una questione esattamente speculare all’avocazione della funzione verso l’alto, che attiene alla possibilità di valutare la riallocazione della funzione medesima al livello sussidiato; operando la c.d. retroversione della sussidiarietà qualora, venuti meno i presupposti legittimanti l’intervento sussidiario, si debba far ridiscendere “verso il livello di azione più adeguato funzioni un tempo legittimamente unificate in sede nazionale”, invertendo, così, il moto della sussidiarietà. V. G. Scaccia, Sussidiarietà istituzionale e poteri statali di unificazione normativa, Napoli, 2009, 106, 109 ss.
(18) Sull’esplicito richiamo al principio di sussidiarietà nell’art. 120, comma 2, Cost. è stato affermato che esso “dovrebbe impedire, se correttamente interpretato, che l’esercizio dei poteri sostitutivi si traduca in un centralismo di ritorno”. Così A. Moscarini, Competenza e sussidiarietà nel sistema delle fonti, Padova, 2003, 278. E. Gianfrancesco, Il potere sostitutivo, cit., ha ritenuto che il richiamo contenuto nell’art. 120, comma 2, Cost., al principio di sussidiarietà, debba implicare che la legge ivi prevista preveda “tutte le volte in cui ciò sia possibile, la previsione di interventi sostitutivi del livello territoriale di governo immediatamente superiore a quello rimasto inerte e, solo nel caso di inattività anche di questo, del livello ulteriore, prevedendo l’intervento del Governo come ipotesi di chiusura del sistema, oltre, che, (…) di cura degli interessi infrazionabili ed urgenti”.
(20) La tesi che limita la possibilità di un intervento sostitutivo governativo alla sola funzione amministrativa è stata sostenuta da C. Mainardis I poteri sostitutivi statali, cit., 1387 ss.; G. U. Rescigno, Attuazione regionale delle direttive comunitarie e potere sostitutivo dello Stato, in Le Regioni, 2002, 735, nota 10; S. Mangiameli, La riforma del regionalismo italiano, cit., 150-151; A. Anzon, I poteri delle Regioni. Lo sviluppo attuale del secondo regionalismo, Torino, 2008, 162-163; R. Tosi, La legge costituzionale n. 3 del 2001: note sparse in tema di potestà legislativa e amministrativa, in Le Regioni, 2001, 1241; F. Pizzetti, L'evoluzione del sistema italiano fra "prove tecniche di governance" e nuovi elementi unificanti. Le interconnessioni con la riforma dell'Unione europea, in Le Regioni, 2002, 691; A. Corpaci, Revisione del Titolo V della Parte seconda della Costituzione e sistema amministrativo, in Le Regioni, 2001, 1323; P. Veronesi, Il regime dei poteri sostitutivi, cit., 742-743.
(21) In questo senso si sono espressi ex plurimus M. Luciani, Le nuove competenze legislative delle regioni a statuto ordinario. Prime osservazioni sui principali nodi problematici della l. Cost. n. 3 del 2001, relazione al Convegno "Il nuovo Titolo V della Costituzione. Lo Stato delle autonomie", in www.associazionedeicostituzionalisti.it; E. Gianfrancesco, Il potere sostitutivo in T. Groppi, M. Olivetti, “La repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V”, Torino, 2003, 2° ediz., 237- 239; C. Pinelli, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale, cit., 194 ss.; G.M. Salerno, La disciplina legislativa dei poteri sostitutivi, cit., www.federalismi.it; F. Giuffrè, Note minime su poteri sostitutivi e unità della Repubblica alla luce della recente legge 131 del 2003 (cd. Legge "La Loggia"), cit.; P. Caretti, L'assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e regionale, alla luce del nuovo titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in Le Regioni, 2001, 1229; Id., Principio di sussidiarietà e funzione legislativa, in Quaderni regionali, 2002, 451.
(23) F. Giuffrè, Note minime, cit.; G. Scaccia, Il potere, cit., il quale avverte che “l’attribuzione al Governo di un potere normativo primario in via sostitutiva suona infatti come una stabile autorizzazione a derogare agli elenchi dell’art. 117 della Costituzione. Alla disciplina del riparto delle competenze viene infatti a sovrapporsi, fino a privarla di effettività, la clausola di esercizio del potere sostitutivo legislativo, che consente al Governo di occupare ambiti affidati alla potestà concorrente o residuale regionale ogni qual volta sia possibile invocare una delle indeterminate esigenze (…) indicate nell’art. 120, secondo comma”.
(24) Secondo F. Pizzetti, L’evoluzione del sistema italiano, cit., 653 ss. non è un mero caso che la disposizione testé menzionata sia collocata proprio all’interno della norma costituzionale concernente il riparto della funzione legislativa tra Stato e regioni. Così altrettanto significativa è apparsa la circostanza per cui l’art. 117, comma V non si riferisca al “Governo” come invece espressamente fa l’art. 120 Cost. Ed inoltre, quanto ai destinatari dell’intervento sostitutivo quelli menzionati nell’art. 117, comma V, sono titolari di potestà legislative, mentre tra quelli menzionati nell’art. 120 vi sono le autonomie locali che, come noto, non sono titolari di tale competenza.
(28) Cfr. A, Musumeci, Sicurezza e ordinamento regionale. Una analisi comparata della legislazione regionale in www.astrid-online.it, 4.
(31) Sul significato da attribuire a questa locuzione la Corte costituzionale italiana si è limitata ad affermare che “quanto all’unità giuridica e all’unità economica, quale che ne sia il significato (che qui non occorre indagare), si tratta all’evidenza del richiamo ad interessi naturalmente facenti capo allo Stato, come ultimo responsabile del mantenimento dell’unità e della indivisibilità della Repubblica garantita dall’articolo 5 della Costituzione” (sent. n. 43 del 2004). Più puntualmente, invece, la giurisprudenza costituzionale tedesca ha affermato che essa «riguarda immediatamente presupposti istituzionali dello Stato federale e solo indirettamente le condizioni di vita dei cittadini»; per cui se ne desume che la finalità di tutelare l’unità giuridica o economica, così come la invocazione della necessità di tutelare un interesse complessivo dello Stato, non autorizzano il legislatore federale ad intervenire solo sulla base del generico obiettivo di migliorare le condizioni di vita. Inoltre, una differenziata disciplina giuridica dei cittadini è conseguenza naturale della struttura federale. La legge fondamentale – osserva la Corte tedesca – ammette diversi ordinamenti giuridici negli Stati membri e limita in tal modo anche l’appello all’art. 3 GG» (vale a dire al principio di eguaglianza) (cfr. BVerfGE 10, 354, 371; 12, 139, 143). Un interesse complessivo dello Stato ad una regolazione legislativa di livello federale non può pertanto fondarsi solo sul fatto che sussista una differenza di disciplina nei Länder. Per poter motivare un intervento federale la presenza di differenziate discipline legislative o «la circostanza che i Länder non disciplinino una materia che richiede una regolazione, devono minacciare il bene, rispondente a un interesse complessivo dello Stato, dell’unità giuridica, intesa questa come conservazione e mantenimento di una funzionale comunità di diritto. Pertanto, una differenziata disciplina legislativa a livello dei Länder giustifica una legge federale a tutela dell’unità giuridica solo quando la frammentazione giuridica non possa essere tollerata, nell’interesse sia del Bund, sia dei Länder. Quanto infine alla tutela dell’unità economica, essa, più specificamente, “risponde all’interesse complessivo dello Stato, quando concerne la preservazione della capacità funzionale dello spazio economico della repubblica federale attraverso una disciplina unitaria del Bund, quando dunque discipline differenziate a livello territoriale o il mancato intervento dei Länder porti con sé considerevoli svantaggi per il sistema economico complessivo” (cfr. BVerfGE 106, 62, 146ss.)
(34) Nella sentenza n. 6 del 2004, la Corte costituzionale ha affermato che i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali rilevano quale presupposto per l’attivazione dei poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 120, comma 2, Cost. quando lo Stato abbia previamente esercitato la propria potestà legislativa di tipo esclusivo.
(39) Oltre agli Autori già citati in nota 36 si v. ancora G.U. Rescigno, Note per la ricostruzione di un nuovo sistema delle fonti, in Dir. pubbl., 2002, 816-817, il quale osserva come la possibilità di ricorrere al decreto –legge porterebbe ad ipotizzare che i requisiti dell’art. 120 si aggiungano a quelli dell’art. 77 Cost. con l’ulteriore conseguenza di una doppia provvisorietà del decreto legge così approvato, legata per un verso alla legge di conversione del Parlamento, e, per altro, all’esercizio da parte della Regione della competenza legislativa. Si segnala, inoltre, come simile prospettiva si sia inverata nella prassi applicativa attraverso l’adozione da parte del Governo del d.l. n. 251 del 16 agosto 2006, Disposizioni urgenti per assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica in GU n. 191 del 18-8-2006 decaduto poi, per mancata conversione da parte del Parlamento. Sul punto si v. C.B. Calini, Il D.L. 16 agosto 2006, n. 251:un primo “tentativo” di intervento sostitutivo a seguito della legge 5 giugno 2003, n. 131, in www.giustamm.it
(40) Così E. Gianfrancesco, Il potere sostitutivo, cit., 186, per il quale l’intervento tramite decreto-legge ovvierebbe anche all’anomala estromissione del Parlamento dal meccanismo sostitutivo, che potrebbe recuperare un suo ruolo tramite la conversione dell’atto governativo. Si v. ancora A. D’Atena, Diritto regionale, Torino, 2010, 312 spec. 318.
(41) Si v. ancora A. D’Atena, Diritto regionale, cit., 318. Secondo l’Autore il decreto-legge sarebbe “pur utilizzabile per la sostituzione in via legislativa dello Stato alle Regioni ” senza necessità di un restyling poiché ritiene quanto meno dubbio “che l’art. 120 abbia abilitato il legislatore ordinario a regolare il procedimento di formazione di un atto con forza di legge la cui disciplina è interamente costituzionalizzata”.
(44) Analogamente è stata ritenuta di difficile praticabilità anche l’ipotesi della delegazione legislativa, poiché come rileva G. Scaccia, Il potere di sostituzione, cit., 896, difetterebbero “alcuni dei presupposti costituzionali e precisamente: la definizione dei principi (e criteri direttivi), che è preclusa allo Stato nelle materie di potestà residuale delle regioni (se non nell’esercizio di competenze funzionali) e l’oggetto, che non potrebbe essere così generico da abbracciare, indefinitamente, tutte le materie in cui la Costituzione conferisce una competenza legislativa alle Regioni.
(46) È quanto avverte lo stesso A. D’Atena, Poteri sostitutivi e konkurrierende Gesetzgebung, in www.forumcostituzionale.it. Sull’art. 11 della l. n 3 del 2001 sia consentito rinviare a M. Michetti, Parlamento e regioni: l'inattuazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali in composizione integrata in La riforma dei regolamenti parlamentari al banco di prova della XVI legislatura, (a cura di) E. Gianfrancesco e N. Lupo, Roma 2009, 177ss.
(47) I decreti–legge delle regioni in Giur. cost., 1959, 780 ss., ora anche in Scritti giuridici scelti, IV. Note di giurisprudenza, Napoli 1999, 49, ss., (50), il quale osserva che l’estensione del potere di decretazione d’urgenza in favore di organi regionali “sarebbe arbitraria in quanto l’art. 77 attribuendo al Governo (… ) di prendere provvedimenti contingenti, straordinari ed urgenti rispetto a situazioni straordinarie ed urgenti che si verifichino in qualunque parte del territorio dello Stato, ha implicitamente stabilito a chi spetta di prendere provvedimenti urgenti pure se necessità ed urgenza si verifichi nel territorio di una singola regione”. Perplessità sull’adozione di decreti-leggi da parte della Regione affaccia M. Siclari, Davvero necessaria la previsione di decreti legge regionali? in www.rivistaaic.it. (2002).
(51) L’art. 8 della legge 18 ottobre 2003, n. 131 (cd. La Loggia) al primo comma stabilisce che: “il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento”. Il quarto comma prevede che “nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame”. Mentre secondo il capoverso successivo “i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite”.
(52) Tra i commenti sulla portata della disposizione legislativa in esame si v. G. Scaccia, Il potere di sostituzione in via normativa nella legge n. 131 del 2003, in Le Regioni, n.4/2004, 883 ss.; V. Cerulli Irelli, in F. Bassanini (a cura di) Legge La Loggia. Commento alla legge 5 giugno 2003, n. 131, di attuazione del Titolo V della Costituzione, Rimini, 2003, 172 ss, il quale prospetta la possibilità per il Governo di ricorrere alle ordinanze contingibili ed urgenti; A. Loiodice, Osservazioni al disegno di legge per l'adeguamento alla legge costituzionale n. 3/2001. Vincoli internazionali e poteri sostitutivi, in www.federalismi.it; A. Ruggeri, Note minime, "a prima lettura", a margine del disegno di legge La Loggia, in www.federalismi.it.
(55) Si v. in proposito le considerazioni di G. Scaccia, Il potere, cit., 894, per il quale “l’attribuzione di una potestà regolamentare ‘sostitutiva’ al Governo contravviene infatti alla rigida regola di riparto posta nell’art. 117, sesto comma, della Costituzione poiché consente allo Stato di intervenire in ambiti affidati alla potestà legislativa concorrente e residuale e perciò riservati dalla Costituzione al regolamento regionale. Quand’anche lo si voglia limitare al piano regolamentare, dunque, il potere sostitutivo previsto dall’art. 8 introduce una deroga alla disciplina costituzionale delle competenze che per potersi considerare legittima richiederebbe un fondamento più saldo di quello offerto dalla poco perspicua formulazione dell’art. 120 della Costituzionale”. Secondo R. Dickmann, Osservazioni in tema di sussidiarietà e poteri sostitutivi dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001 e la legislazione di attuazione, in Giur. cost., 2003, 505 l’impossibilità di esercitare il potere sostitutivo in via regolamentare discenderebbe anche dalla impossibilità di conciliare la necessità obiettiva e contingente di intervenire in via sostitutiva con l’esigenza di una previa legge di riferimento per l’esercizio del potere regolamentare che assuma quanto meno la forma della legge di cui all’art. 120, comma 2, ult. periodo, Cost.
(56) Nel senso che la disposizione costituisca un fondamento costituzionale esplicito della potestà regolamentare del governo, oltre che delle regioni e delle altre autonomie locali si cfr. N. Lupo, La potestà regolamentare regionale (art. 117, 6° comma), in La Repubblica delle autonomie: Regioni ed enti locali nel nuovo titolo 5, a cura di T. Groppi, M. Olivetti, Torino 2001, 101 (103).
(57) Così G. Guzzetta, Problemi ricostruttivi e profili problematici della potestà regolamentare dopo la riforma del Titolo V, in Le Istituzioni del federalismo, 2001, 1123 (1129); secondo l’A. “In base ad esso, cioè, per ciascun settore materiale la funzione normativa secondaria viene assegnata integralmente ad un solo ente, cosicché … deve escludersi l’ammissibilità di regolamenti, imputabili ad enti diversi sullo stesso oggetto”.
(59) La sentenza 27 gennaio 2004 n. 43 rigetta la questione di legittimità costituzionale proposta dallo Stato contro alcune disposizioni della legge veneta n. 33 del novembre 2002 in tema di sostituzione di organi comunali ad opera della Regione. Le norme parametro evocate nel ricorso sono gli artt. 114, cpv., 117 e 120, cpv. della Costituzione. Tra i vari commenti alla sentenza si v. R. Dickman, La Corte riconosce la legittimità dei poteri sostitutivi regionali (osservazioni a Corte cost., 27 gennaio 2004, n, 43), in www.federalismi.it, 2004, 4; G. Fontana, I poteri sostitutivi regionali nella giurisprudenza costituzionale tra presupposti sostanziali e garanzie procedurali, in Urban. app., 2004, 7, 777 ss.; Id., I poteri sostitutivi delle Regioni tra inevitabili forzature ed evitabili incoerenze, in Giur. cost., 2004, I, 609 ss.; F. Merloni, Una definitiva conferma della legittimità dei poteri sostitutivi regionali (commento alla sentenza n. 43 del 2004, in Le Regioni, 2004, 4, 1074 ss.; G. Marazzita, I poteri sostitutivi, cit., 819 ss..
(63) … e distingue, in due categorie, gli interessi essenziali che la norma tende a salvaguardare. Gli interessi “che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato”: gli obblighi internazionali e comunitari ex art. 117, comma 5, Cost. ma anche l’ordine e la sicurezza pubblica e i livelli essenziali ex art. 117, comma 2, lettere h) e m); e gli “interessi “naturalmente” facenti capo allo Stato come ultimo responsabile del mantenimento dell’unità e indivisibilità della Repubblica” in base all’art. 5 della Costituzione: ovvero l’unità giuridica e l’unità economica. Secondo la Corte, il potere sostitutivo è una norma che “fa sistema” con le norme sul riparto di competenza e con i principi che lo governano (sussidiarietà, leale collaborazione etc.), “assicurando, comunque, nelle ipotesi patologiche, un intervento di organi centrali a tutela di interessi unitari”. Cfr. sent. n. 236 del 2004; 371 del 2008.
(65) Tuttavia, poiché tali interventi sostitutivi costituiscono una eccezione, la loro legittimità è subordinata al rispetto di condizioni e limiti elaborati dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 43/2004, 69/2004, 70/2004, 71/2004, 72/2004, 73/2004, 112/2004, 140/2004, 172/2004, 173/2004, 227/2004, 167/2005).
(66) Cfr. sent. n. 249 del 2009 e prima sent. n. 383 del 2005, in cui la Corte ribadisce che l’art. 120, comma 2, Cost. consentirebbe alla legge regionale, nelle materie di propria competenza, l’esercizio di poteri sostitutivi in capo a organi regionali, in caso di inerzia o di inadempimento da parte dell’ente locale ordinariamente competente. A tale eventualità si lega tuttavia la necessità che la legge regionale rispetti “alcuni principi connessi essenzialmente all’esigenza di salvaguardare, pur nello svolgimento di procedure di sostituzione, il valore costituzionale dell’autonomia degli enti locali”. Sul punto si v. anche sent. n. 397 del 2006, in cui si ribadisce che le garanzie appena ricordate valgono solo nei confronti di enti la cui autonomia trovi in Costituzione una precisa garanzia, ai sensi dell’art. 118 Cost. Diversamente, deve affermarsi per quegli enti privi di detta autonomia come ad esempio le Comunità montane. Ciò detto, non esclude che l’attivazione di poteri sostitutivi nei confronti di detti enti debba rispettare le “regole procedimentali eventualmente predeterminate di volta in volta dal legislatore, nonché al principio generale del giusto procedimento, che impone di per sé la garanzia del contraddittorio a tutela degli enti nei cui confronti il potere è esercitato”. Inoltre, sembra di rilievo la pronuncia n. 249 del 2009, con cui è stata dichiarata l’illegittimità della previsione, contenuta nel Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 52 del 2006) in materia di rifiuti, in cui era contemplata un’ipotesi di sostituzione attivabile direttamente dallo Stato in caso di inerzia degli enti locali in riferimento a materie di competenza regionale.
Per un esempio tratto dalla giurisprudenza amministrativa si v. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, sentt. n. 545 e n. 550 del 2011, in cui nel decidere il ricorso promosso dalla Regione Sicilia avverso un Comune per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, concernente l’esercizio del potere sostitutivo da parte dell’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque ( A.R.R.A) ai sensi della legge regionale n. 19 del 2005 si legge che un simile intervento non determina alcuna lesione dell’autonomia dell’ente comune in quanto, da un lato, è funzionale ad assicurare una sostituzione per salvaguardare primari interessi unitari della collettività nel caso in cui occorra compiere atti obbligatori e/o necessari per una simile finalità e, dall’altro risulta coerente con i principi costituzionali in materia, così come chiariti dalla giurisprudenza costituzionale.
(67) Infatti, la Corte si affretta a precisare che “è da escludere … che da questa norma costituzionale si possa far discendere una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina dell’esercizio di detti ulteriori poteri sostitutivi”, essendo la legge di cui è parola l’art. 120, comma 2, Cost., quella relativa all’esercizio di poteri straordinari di sostituzione del Governo a norma dello stesso art. 120, comma 2, Cost.
(68) P.to 4 Considerato in diritto: “Poiché però, come si è detto, tali interventi sostitutivi costituiscono una eccezione rispetto al normale svolgimento di attribuzioni dei Comuni definite dalla legge, sulla base di criteri oggi assistiti da garanzia costituzionale, debbono valere nei confronti di essi condizioni e limiti non diversi (essendo fondati sulla medesima ragione costituzionale) da quelli elaborati nella ricordata giurisprudenza di questa Corte in relazione ai poteri sostitutivi dello Stato nei confronti delle Regioni. In primo luogo, le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi debbono essere previste e disciplinate dalla legge (cfr. sentenza n. 338 del 1989), che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali. In secondo luogo, la sostituzione può prevedersi esclusivamente per il compimento di atti o di attività “prive di discrezionalità nell’an (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)” (sentenza n. 177 del 1988), la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi unitari alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo: e ciò affinché essa non contraddica l’attribuzione della funzione amministrativa all’ente locale sostituito. Il potere sostitutivo deve essere poi esercitato da un organo di governo della Regione o sulla base di una decisione di questo (cfr. sentenze n. 460 del 1989, n. 342 del 1994, n. 313 del 2003): ciò che è necessario stante l’attitudine dell’intervento ad incidere sull’autonomia, costituzionalmente rilevante, dell’ente sostituito. La legge deve, infine, apprestare congrue garanzie procedimentali per l’esercizio del potere sostitutivo, in conformità al principio di leale collaborazione (cfr. ancora sentenza n. 177 del 1988), non a caso espressamente richiamato anche dall’articolo 120, secondo comma, ultimo periodo, della Costituzione a proposito del potere sostitutivo “straordinario” del Governo, ma operante più in generale nei rapporti fra enti dotati di autonomia costituzionalmente garantita. Dovrà dunque prevedersi un procedimento nel quale l’ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l’autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento (cfr. sentenze n. 153 del 1986, n. 416 del 1995; ordinanza n. 53 del 2003)”.
(70) In merito possono riferirsi le decisioni nn. 69, 70, 71, 72, 73 74 e 76 del 2004 applicative della sent. n. 43. In particolare, con la sent. n. 69 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3 della legge n. 2/2003 della Regione Puglia per l’omessa definizione della tipologia di sostituzione, dell’organo regionale competente e della relativa procedura; le sentt. nn. 70, 71, 72, 73 e 76 sono nel senso della infondatezza delle questioni; mentre le sentt. nn. 74 e 75 sono di inammissibilità della questione.
(71) Cfr. sent. n.69, 112 e 140 del 2004, nonché la sent. n. 173 del 200, in cui si ribadisce che “il difensore civico non può essere titolare di potestà sostitutive perché, in nessun modo, è assimilabile ad un organo di governo della Regione”. Ed ancora si v. sent. n. 167 del 2005, in cui si afferma che il difensore civico non può considerarsi organo di governo della regione, in quanto titolare soltanto di funzioni connesse alla tutela della legalità e della regolarità dell’azione amministrativa.
(72) E si aggiunge “anche volendosi interpretare la surrichiamata disposizione costituzionale come tale da legittimare il potere del Governo di adottare atti con forza di legge in sostituzione di leggiregionali, e quindi eccezionalmente derogando al riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni, tramite l’esercizio in via temporanea dei propri poteri di cui all’art. 77 Cost., resta evidente il divieto costituzionale di affidare ad un diverso organo gli eccezionali poteri di natura legislativa del Consiglio dei Ministri o – tanto più – di incaricarlo addirittura di adottare una legge regionale, che è invece un potere proprio del solo organo rappresentativo della Regione”. Cfr. sent. n. 361 del 2010.
(74) Per la Corte il secondo comma dell’art. 120 Cost. “non può essere applicato ad ipotesi … nelle quali l’ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l’esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarietà al livello statale in materie di competenza legislativa regionale (…)”. Diversamente nel caso in cui le regioni fra loro non dovessero raggiungere l’intesa sarebbe legittimo l’intervento statale in sostituzione.
(76) Cfr. sent. n. 165 del 2011 su cui si consentito rinviare a M. Michetti, La Corte censura il potere sostitutivo statale in materia di “interventi urgenti ed indifferibili” nel settore energetico, in www.rivistaic.it 4/2011.
(77) In proposito vale la pena rammentare che con sent. n. 227 del 2004, la Corte chiarisce che l’“inadempienza” a fronte della quale possono attivarsi i poteri sostitutivi deve essere intesa come avente riguardo alla violazione di quelle norme che, nel prescrivere il compimento di determinati atti o attività (eventualmente fissando termini per l’adempimento), si pongono a tutela di quegli interessi unitari alla cui salvaguardia l’intervento sostitutivo è chiamato. L’“inerzia”, poi, deve essere riscontrabile non per qualsiasi fattispecie liberamente apprezzabile, bensì soltanto allorché si riverberi – a seguito di inattività o di violazione dei termini, delle forme o dei contenuti degli atti prescritti – in una violazione di norme poste a tutela degli interessi unitari alla cui salvaguardia l’intervento sostitutivo è chiamato.
(78) La Corte ha precisato che l’esercizio del potere sostitutivo implica, in ogni caso, il rispetto delle garanzie procedimentali improntate al principio di leale collaborazione (cfr. anche le sentenze nn. 227, 43 del 2004; n. 313 del 2003 e n. 367 del 2007). In questa sua veste, la collaborazione assume una connotazione formale poiché impone che, nel procedimento che precede e legittima il ricorso ai poteri sostitutivi, le parti adottino comportamenti corretti e collaborativi così da pervenire alla sostituzione solo come extrema ratio. Cfr. G. Marazzita, I poteri sostitutivi, cit., 849.
(79) Il principio di sussidiarietà costituisce il criterio che deve presiedere e presidiare l’esercizio del potere sostitutivo e, più in generale, la distribuzione della competenza secondo una logica definita bidirezionale. Come si è osservato, se per un verso “la regola sussidiaria non richiede … di verificare l’aderenza formale dell’azione a un predefinito modello legale, ma apprezza piuttosto la capacità concreta di realizzare un obiettivo e risponde, quindi, a una logica funzionale”. per altro verso, “nella sussidiarietà … la devoluzione di competenze resta affidata a un giudizio, storicamente mutevole, di adeguatezza dell’ente destinatario dell’attribuzione … di congruenza rispetto al fatto” G. Scaccia, Sussidiarietà istituzionale e poteri statali di unificazione normativa, Napoli, 2009, 47 ss. Cosicché i due profili quello della dimensione degli interessi e quello dell’idoneità o adeguatezza dell’ente sembrerebbero convivere indissolubilmente senza possibilità di essere dissociati o al più considerati alternativamente, in modo che a seconda delle situazioni il giudizio di idoneità possa convertirsi in un giudizio sull’interesse, assurgendo la logica funzionalistica a parametro di allocazione delle competenze.
(80) Così G. Marazzita, I poteri sostitutivi, cit., 819. C. Mainardis, Poteri sostitutivi, cit., 194, per il quale una simile lettura risulterebbero poco convincente, poiché “la norma non sarebbe affatto destinata a ‘chiudere’ la distribuzione delle competenze ma, al contrario, si limiterebbe ad aggiungere ulteriori e diverse clausole di esclusiva competenza statale al lungo elenco dettato dal secondo comma dell’art. 117 Cost.”
(81) In senso analogo C. Mainardis, Poteri sostitutivi, cit., 194, per il quale una simile lettura risulterebbero poco convincente, poiché “la norma non sarebbe affatto destinata a ‘chiudere’ la distribuzione delle competenze ma, al contrario, si limiterebbe ad aggiungere ulteriori e diverse clausole di esclusiva competenza statale al lungo elenco dettato dal secondo comma dell’art. 117 Cost.”.
(82) Ciò è quanto si evince dalla sentenza n. 236 del 2004, in cui si afferma testualmente che …”La disposizione è posta a presidio di fondamentali esigenze di eguaglianza, sicurezza, legalità che il mancato o l'illegittimo esercizio delle competenze attribuite, nei precedenti artt. 117 e 118, agli enti sub-statali, potrebbe lasciare insoddisfatte o pregiudicare gravemente. Si evidenzia insomma, con tratti di assoluta chiarezza - si pensi alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che forma oggetto della competenza legislativa di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m) -, un legame indissolubile fra il conferimento di una attribuzione e la previsione di un intervento sostitutivo diretto a garantire che la finalità cui essa è preordinata non sacrifichi l'unità e la coerenza dell'ordinamento. La previsione del potere sostitutivo fa dunque sistema con le norme costituzionali di allocazione delle competenze, assicurando comunque, nelle ipotesi patologiche, un intervento di organi centrali a tutela di interessi unitari”. P.to 4.1 del Considerato in diritto. V. anche sent. n. 383 del 2005.
(83) Sul punto si v. le considerazioni critiche di A. D’Atena, Poteri sostitutivi, cit., e in senso analogo G. Scaccia, La sostituzione, cit., secondo il quale la possibilità di attivare una competenza legislativa derogatoria della riserva di competenza a favore delle Regioni è affidata a Governo e non, come in Germania, alle Assemblee rappresentative.
(85) Per un inquadramento generale sulla Konkurrierende Gesetzgebung si v. S. Öter, Art.72, in H. von Mangoldt-F. Klein – C. Stark (Hrsg.), Das Bonner Grundgesetz. Kommentar, München, 1999; T. D. Würtenberger: Art. 72 II GG: eine berechenbare Kompetenzausübungsregel?. Baden-Baden 2005. Sulla riforma del federalismo in Germania ed in riferimento alla modifica dell’art. 72, comma 2 GG. si v. C. Degenhart, Die Neuordnung der Gesetzgebungskompetenzen durch die Föderalismusreform, in Neue Zeitschrift für Verwaltungsrecht 2006, 1209 ss.; J. Ipsen, Die Kompetenzverteilung zwischen Bund und Ländern nach der Föderalismusnovelle, in NJ W, 2006, 2801 ss; O. Klein –K. Schneider, Art. 72 GG n.F. In Kompetenzgefüge der Föderalismusreform, in DVBl, 2006, 1549; J. Luther, La riforma del federalismo in Germania all’esame del Parlamento italiano, in www.issirfa-spoglio.cnr.it (giugno 2006); A. Gragnani, Il nuovo progetto di riforma del federalismo tedesco, in www.issirfa.it
(87) A voler stabilire un parallelismo con l’ordinamento tedesco, il potere sostitutivo ex art. 120, secondo comma, Cost., ritroverebbe un suo omologo nell’art. 37 del Grundgesetz ove è previsto che “(s)e un Land non adempie agli obblighi federali che lo vincolano secondo la presente Legge fondamentale o un'altra legge federale, il Governo federale, avuto il consenso del Bundesrat, può adottare i provvedimenti necessari ad obbligare coattivamente il Land ad assolvere i suoi doveri. Per far valere l'azione coattiva, il Governo federale, o il suo incaricato, ha il diritto di inviare direttive a tutti i Lander ed alle loro autorità”. Un altro esempio lo possiamo ritrovare nella Costituzione spagnola all’art. 155 che dispone “se una Comunidad Autònoma non adempisse le obbligazioni che la Costituzione o altre leggi le impongono, o agisse in maniera gravemente pregiudizievole per gli interessi generali della Spagna, il Governo, previa intimazione al Presidente della Comunidad Autònoma e, nel caso in cui l’inottemperanza perduri, con l'approvazione della maggioranza assoluta del senato, potrà adottare le misure necessarie per obbligare la Comunidad Autònoma all'adempimento forzato di dette obbligazioni o per la protezione del menzionato interesse generale. Per l'attuazione delle misure previste al numero precedente, il governo potrà dare istruzioni a tutte le autorità delle Comunides Autonomas”.
(89) Così Corte cost. sent. n. 303 del 2003 « Occorre [qui] tenere ben distinte le funzioni amministrative che lo Stato, per ragioni di sussidiarietà e adeguatezza, può assumere e al tempo stesso organizzare e regolare con legge, dalle funzioni che spettano alle Regioni e per le quali lo Stato, non ricorrendo i presupposti per la loro assunzione in sussidiarietà, eserciti poteri in via sostitutiva. Nel primo caso, quando si applichi il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., quelle stesse esigenze unitarie che giustificano l’attrazione della funzione amministrativa per sussidiarietà consentono di conservare in capo allo Stato poteri acceleratori da esercitare nei confronti degli organi della Regione che restino inerti. In breve, la già avvenuta assunzione di una funzione amministrativa in via sussidiaria legittima l’intervento sollecitatorio diretto a vincere l’inerzia regionale. Nella fattispecie di cui all’art. 120 Cost., invece, l’inerzia della Regione è il presupposto che legittima la sostituzione statale nell’esercizio di una competenza che è e resta propria dell’ente sostituito”.
(91) In proposito si v. le sentt. nn. 419 del 1995 e 153 del 1986; ord. n. 53 del 2003; più di recente sent. n. 227 del 2004. Ad esempio nel caso affrontato nell’ord. n. 53 del 2003 la Corte ha chiarito che “dopo l'avvio del procedimento di sostituzione, ma prima che lo Stato abbia posto in essere alcuna significativa attività strumentale alla realizzazione del piano, nulla impedisce alla Regione di esercitare le competenze sue proprie, così come nulla le impedirebbe, una volta che il piano fosse adottato in via sostitutiva, modificarlo in tutto o in parte”.
(93) In merito appaiono significative alcune decisioni del giudice amministrativo. Così il TAR Veneto, sezione I, con la sentenza 04.11.2005 n. 3847 in relazione alla sussistenza del potere in capo all’Amministrazione di provvedere anche dopo il sorgere del potere sostitutivo coincidente con la comunicazione della nomina del commissario ad acta ha affermato che “il potere non può che essere unico e che una volta attribuito al commissario, l’amministrazione surrogata non può più esercitare tale attribuzione sino a quando non cessino le funzioni del commissario ad acta e questi non abbia, in tale veste, già esercitato la funzione sostitutiva”. La sentenza chiarisce che il rapporto che lega il commissario ad acta con l’Ente pubblico surrogato è di carattere interorganico, per cui il primo agisce come organo straordinario del secondo, non essendo concepibile che operino contemporaneamente con le medesime attribuzioni gli organi ordinari e straordinari della stessa Amministrazione. In senso analogo si era espresso il Consiglio di Stato, sez. IV, con decisione del 26 gennaio 1998, n. 71; lo stesso Consiglio di Stato, sez. V, in data 6 ottobre 1999, n. 1332 ed il T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, il 4 giugno 1999, n. 280).Va detto, però, che l’indirizzo giurisprudenziale in merito non è apparso così univoco poiché si è sostenuto che anche dopo la nomina del commissario ad acta il potere dell’Amministrazione di provvedere non sarebbe consumato, configurandosi piuttosto un fenomeno di concorrente attribuzione del potere (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 14 agosto 2002, n. 3580; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 26 giugno 2002, n. 5887; T.A.R. Veneto, sez. II, 24 marzo 2005, n. 1213).
(94) Diversamente si arriverebbe a configurare in capo allo Stato un potere di sostituzione talmente ampio tale da atteggiarsi come vera e propria competenza alternativa in via d’urgenza con ripercussioni devastanti sull’autonomia regionale e locale. Come osserva C. Mainardis, I poteri sostitutivi statali, cit., 199-200 s., ciò non sarebbe del tutto da escludersi, né estraneo alla prassi applicativa, dei poteri sostitutivi. Sarebbe opportuno però “costruirne uno statuto in grado di bilanciare adeguatamente la tutela degli interessi unitari in gioco (…) con una accettabile limitazione della autonomia regionale”.
(98) Non appare che ciò possa essere revocato in dubbio dalla circostanza per cui sul piano legislativo si riscontrano casi che legittimano il ricorso alla sostituzione in via normativa. Basti pensare alla previsione contenuta nella legge finanziaria del 2005, che disciplina il ricorso al commissariamento, “secondo la procedura prevista dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003, per le Regioni che, avendo sottoscritto con lo Stato specifici accordi sulla base di piani di rientro dai disavanzi sanitari, non rispettano i tetti di spesa e non assumono l e iniziative anche di organizzazione e di riqualificazione del servizio sanitario regionale necessarie per perseguire l’equilibrio economico e garantire al contempo i livelli essenziali delle prestazioni”.
(102) L’art. 4. Misure conseguenti a pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee così dispone: In esecuzione dell’ordinanza del Presidente della Corte di giustizia delle Comunità europee 19 dicembre 2006, in causa C-503/06, è sospesa l’applicazione della legge della regione Liguria 31 ottobre 2006, n. 36.
(103) Con ordinanza del 19 dicembre 2006, il Presidente della Corte di Giustizia accoglieva un ricorso della Commissione delle Comunità europee, imponendo all’Italia di sospendere l’applicazione della legge della Regione Liguria del 31 ottobre 2006, n. 36. Tale legge, autorizzando la caccia agli storni sino al 31 gennaio 2007, si poneva in contrasto con l’art. 9 della Direttiva 79/409/CEE. Il Governo italiano dando seguito all’ordinanza sospendeva l’applicazione della suddetta legge con d.l. n. 297 del 2006.
(104) La modalità dell’intervento giustifica più di una perplessità e non solo perché in un caso analogo la Corte costituzionale ha ritenuto si trattasse di sostituzione amministrativa dello Stato nei confronti delle Regioni per mancata attuazione della normativa comunitaria ex art. 120, secondo comma, Cost. cfr. sent. n. 240 del 2004.
(105) C. B. Calini, Il D.L. 16 agosto 2006, n. 251: un primo “tentativo” di intervento sostitutivo a seguito della legge 5 giugno 2003, n. 131, cit., 11; P. Bilancia, Obblighi comunitari sulla caccia: un decreto legge prevede un intervento sostitutivo urgente e l’abrogazione di leggi regionali in contrasto, in www.federalismi.it, 2006, 17.
(111) In merito si v. le sentt. nn. 255 e 256 del 2004 in cui si è stabilito che di quei decreti legge potrà essere predisposta solo la sanatoria degli effetti prodotti. Sul punto M. Belletti, Necessità e temporaneità irrompono nel riparto di competenza Stato-Regioni sotto forma di continuità e sostanziale ultrattività, nota a sentenze nn. 255 e 256 del 2004, in Le Regioni, n. 1-2 del 2005, 239 ss.
(113) In particolare è previsto che qualora la Regione versi in stato di disavanzo è tenuta a presentare un piano di rientro concernente le misure di riequilibrio dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nonché le misure atte a garantire il parteggio di bilancio. In tale evenienza la Regione è chiamata a stipulare con il Consiglio dei ministri della salute e dell’economia un apposito Accordo di riorganizzazione del sistema sanitario regionale. Qualora tale Accordo non sia presentato o i suoi contenuti non siano condivisi, il Consiglio dei ministri, nomina il Presidente della Regione quale Commissario ad acta per la predisposizione del piano di rientro.
(115) Così altrettanto dubbia appare la previsione di sanzionare la condotta del Presidente-Commissario tramite scioglimento del Consiglio regionale nonché rimozione, incandidabilità ed ineleggibilità del primo. Soprattutto con riferimento alle ipotesi di ineleggibilità, la Costituzione stabilisce che queste siano individuate dalla legge in modo tassativo come del resto sembra ricordare anche la stessa Corte costituzionale nella decisione n. 25 del 2008, in cui si ribadisce che l’art. 51 della Cost. assicura il diritto di elettorato passivo senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadini, per cui le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari e per motivi ragionevoli ed adeguati.