2. La riforma del procedimento legislativo

3. Il ruolo del Senato e la coerenza con le finalità enunciate

4. Osservazioni minime per una “ri-calibratura” del modello di bicameralismo

Nota


 
1. Premessa. Il processo di revisione della Costituzione italiana, ormai pluriennale, è prossimo ad una tappa significativa.
Al dibattito avviato all’inizio della Legislatura è seguito un ulteriore tentativo di riforma della Seconda Parte della Costituzione.
Dopo l’incertezza iniziale, l’evolvere degli equilibri politici ha consentito una maggiore coesione nell’ambito del Parlamento che ha favorito la conclusione della prima fase dell’esame del disegno di legge di revisione costituzionale.
La Camera dei deputati, non senza forzature, ha recentemente concluso l’esame del disegno di legge già approvato dal Senato.
Il testo che si è delineato nel corso dell’esame parlamentare presenta diversi elementi di novità che, in caso di approvazione definitiva, modificherebbero radicalmente l’ordinamento costituzionale italiano.
Il modello delineato dal legislatore costituzionale riprende diversi elementi da tempo evidenziati da autorevoli studiosi del diritto costituzionale italiano, tra cui il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei parlamentari, la razionalizzazione del riparto di competenze tra Stato e Regioni.
Tuttavia, a prima lettura, si intravedono importanti contraddizioni tra i fini dichiarati e gli strumenti individuati per realizzarli.
La più evidente contraddizione è riferita al ruolo del Senato, cui è espressamente affidata la funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali, di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l’Unione europea, nonché la funzione di valutazione delle politiche pubbliche.
Il Senato si configura, quindi, come Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, con funzioni di controllo sull’operato della Camera dei deputati e del Governo, chiamata soprattutto ad assicurare il bilanciamento tra le esigenze di unità e quelle di differenziazione anche al fine di contenere il rischio di un aggravio del contenzioso costituzionale con riferimento al riparto di poteri tra Stato e Regioni.
Come meglio si dirà oltre, i modesti poteri (effettivi) a esso attribuiti ne condizionano però il ruolo, sotto diversi profili.
Ad esempio, rispetto alla fondamentale funzione di raccordo tra Stato e sistema delle autonomie, come previsto nei consolidati sistemi federali europei, appare chiaramente inadeguato il coinvolgimento del Senato nel procedimento legislativo.
È ben noto che il più efficace antidoto a una contrapposizione tra il centralismo della legislazione statale e una permanente conflittualità da parte regionale è l'esistenza di un procedimento legislativo in grado di equilibrare le due esigenze e di favorire la condivisione delle decisioni. Lo strumento privilegiato per assicurare un simile procedimento è la partecipazione di un organo rappresentativo delle istituzioni regionali.
Il testo approvato dalla Camera, pur ampliando i casi per cui si prevede che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere, mantiene ancora una partecipazione del Senato al processo decisionale con mere funzioni consultive; ne consegue la necessità di un intervento di miglioramento per realizzare le condizioni per un effettivo confronto in sede legislativa tra lo Stato e il sistema delle autonomie, almeno con riferimento ai casi in cui è facilmente prevedibile un incrocio di competenze statali e regionali. Il tutto senza compromettere la semplificazione del processo decisionale che resta un obiettivo assolutamente condiviso e urgente, atteso anche per favorire la ripresa dell’economia.
Considerata la reale possibilità di approvazione della riforma costituzionale, divenuta ormai indifferibile per la semplificazione del processo decisionale e per favorire il dinamismo delle istituzioni nazionali nel nuovo contesto europeo ed internazionale, appare doveroso condividere alcune valutazioni tecniche a prima lettura del testo approvato dalla Camera dei deputati.
In questa sede si intende offrire un contributo all’approfondimento del testo, anche in vista del riesame parlamentare; in particolare, si intende approfondire il tema della riforma del procedimento legislativo mediante la simulazione del funzionamento del modello e degli effetti della compressione dei tempi a disposizione per la conclusione dell’esame dei disegni di legge governativi.
Si tratta di un tema che appare centrale per la verifica della tenuta del modello delineato dal Parlamento.
L’auspicio è che la navetta in prima lettura sia intesa secondo la sua funzione, ovvero come strumento di verifica per l’eventuale miglioramento del testo (anche sotto il profilo del drafting, decisamente migliorabile), al fine di varare riforme il più possibile definitive ed efficaci che possano concorrere a spingere la ripresa dell’economia italiana.
Trattandosi di una modifica incisiva della Carta costituzionale, molto attesa, sarebbe infatti davvero grave sacrificare l’efficacia delle riforme a miopi esigenze di comunicazione politica che, invero, sembrano prevalere sin dall’inizio del dibattito istituzionale.
 
2. La riforma del procedimento legislativo. Conseguentemente al superamento del bicameralismo perfetto, pensato in sede di Assemblea costituente per soddisfare esigenze di garanzia democratica molto avvertite nella fase iniziale dell’esperienza repubblicana e ormai ridondante, si è reso necessario prevedere nuove regole per l’esercizio del potere legislativo.
Nel testo in discussione i poteri di Camera e Senato sono differenziati a seconda degli ambiti materiali oggetto dei disegni di legge: ad eccezione di una serie di materie per cui si continua a prevedere un coinvolgimento paritario di Camera e Senato, e delle leggi di bilancio per cui sono previste regole specifiche, tutti gli altri disegni di legge sono approvati dalla sola Camera dei deputati fatta salva la possibilità di un esame facoltativo del Senato, non vincolante per l’approvazione finale.
Le categorie di leggi per cui è mantenuto il procedimento legislativo bicamerale sono espressamente individuate dal primo comma dell’articolo 70 del testo proposto; a quelle già individuate nel testo licenziato dal Senato, sono state aggiunte diverse categorie di leggi per cui si prevedeva prima solo una diversa maggioranza per l’approvazione finale, in caso di proposte di modifica da parte del Senato.
L’ampliamento delle materie affidate alla competenza paritaria di Camera e Senato è particolarmente importante per l’efficacia del nuovo modello delineato dal testo in discussione: come già evidenziato dai primi commentatori della riforma in esame, oltre a realizzare un’auspicata semplificazione procedurale, consente infatti un confronto con il sistema delle autonomie proprio su alcune delle materie per cui appare più alto il rischio di un possibile successivo contenzioso costituzionale.
Tutte le categorie di leggi diverse da quelle di cui all’articolo 70 comma 1 della Costituzione sono invece approvate dalla sola Camera dei deputati; alla Camera spetta, infatti, sia l’esame del testo, sia la deliberazione finale in caso di modifiche proposte dal Senato.
L’esame da parte del Senato dei disegni di legge diversi da quelli riferiti alle materie per cui si mantiene il procedimento bicamerale è meramente eventuale, e deve comunque essere concluso entro quaranta giorni dalla trasmissione.
Più precisamente, si prevede che dopo l’approvazione della Camera dei deputati i testi dei disegni di legge siano trasmessi immediatamente al Senato, che entro dieci giorni può disporre di esaminarli su richiesta di un terzo dei suoi componenti; nei successivi trenta giorni, può proporre proposte di modifiche su cui la Camera si pronuncia in via definitiva.
In caso di decorso del termine di trenta giorni, ovvero in caso di mancata richiesta di esame, la legge potrà essere promulgata.
Rileva sottolineare che le modifiche proposte dal Senato possono essere superate a maggioranza semplice dalla Camera, con la sola eccezione delle leggi che intervengono in materie non riservate alla competenza esclusiva dello Stato, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale (art. 117, comma 4 Cost.); per tale categoria di leggi, qualora il Senato approvi le proposte di modifica a maggioranza assoluta, la Camera dei deputati potrà non conformarsi a esse solamente pronunciandosi a maggioranza assoluta.
Ne derivano diverse procedure differenziate, a seconda dell’oggetto di ciascun disegno di legge (procedimento bicamerale, monocamerale aggravato, monocamerale semplice, cui si aggiunge poi il procedimento monocamerale “a data fissa”); la definizione dei criteri per la sicura individuazione del procedimento legislativo da applicare al singolo caso, necessaria anche tenendo conto della concreta possibilità di disegni di legge a contenuto “misto”, non è affidata alla Costituzione, ma è rinviata ai regolamenti parlamentari chiamati a dare attuazione alle nuove regole, in caso di approvazione del ddl di revisione della Costituzione.
 
3. Il ruolo del Senato e la coerenza con le finalità enunciate. Il filo rosso della riorganizzazione del sistema parlamentare è individuabile nella scelta di affidare al Senato la funzione di istituzione rappresentativa delle istituzioni territoriali, coerentemente ad una diffusa convinzione maturata sia a livello istituzionale, come dimostrano i precedenti tentativi di riforma, sia nell’ambito del confronto davanti all’opinione pubblica.
Si tratta di una scelta attesa da tempo per assicurare la piena attuazione dell’articolo 5 della Costituzione italiana, mediante un equilibrato rapporto di collaborazione tra Stato e Regioni nell’esercizio della funzione “politica”, il cui momento più alto è l’esercizio del potere legislativo.
Tuttavia, sebbene l’impostazione del bicameralismo differenziato sembri apprezzabile (fatti salvi i problemi già evidenziati in dottrina con riferimento alla composizione ed elezione del Senato), il modello delineato dal legislatore costituente appare troppo condizionato dall’applicazione concreta: le ragioni del condizionamento appaiono rinvenibili da una parte nei modesti poteri effettivamente attribuiti al Senato, dall’altra nell’incidenza delle maggioranze che si delineeranno anche tenendo conto delle leggi elettorali attualmente in discussione.
In altre parole il ruolo attribuito al Senato, già sottolineato nella relazione di accompagnamento al ddl come uno dei suoi elementi caratterizzanti, sembra neutralizzato dai poteri a esso poi effettivamente attributi, in particolare con riferimento al coinvolgimento nell’esercizio del potere legislativo.
Il coinvolgimento del Senato, infatti, è eventuale e, comunque, privo di efficacia vincolante; appare quindi inadeguato ad assicurare il bilanciamento tra esigenze di unità e differenziazione, necessario per la piena realizzazione della formula politica istituzionalizzata di cui all’articolo 5 della Costituzione.
In tal senso si osservi quanto segue.
Il testo licenziato dalla Camera dei deputati, proprio cogliendo lo squilibrio tra il ruolo affidato al Senato e i poteri ad esso attributi, come già detto, ha opportunamente ampliato le categorie di leggi per cui si prevede il procedimento legislativo bicamerale; ne consegue un evidente rafforzamento del ruolo del Senato.
Restano tuttavia diversi elementi di squilibrio che necessitano di correzione per l’efficace funzionamento del modello.
Sotto un primo profilo, si rileva la mancanza di adeguati strumenti di raccordo per l’esercizio del potere legislativo nelle materie dove è più alto il rischio di “incroci” di competenze tra Stato e Regioni (es. governo del territorio, tutela dell’ambiente, tutela e valorizzazione dei beni culturali, turismo, che rappresentano il terreno naturale di confronto tra esigenze di unitarietà e di differenziazione tenendo conto delle specificità territoriali).
Sotto un secondo profilo, con riferimento alle categorie di leggi diverse da quelle bicamerali, i tempi stretti a disposizione del Senato per l’esame dei disegni di legge approvati dalla Camera appaiono insufficienti per assicurarne un efficace coinvolgimento nel processo decisionale.
In definitiva, si ha la sensazione di un tentativo di neutralizzazione del Senato, con conseguente grave pregiudizio della proclamata logica di raccordo con il sistema delle autonomie che dovrebbe caratterizzarne la funzione.
Con riferimento al primo profilo, sebbene si debba prendere atto dell’ampliamento delle categorie di leggi per cui si mantiene il bicameralismo perfetto, rileva sottolineare che i limitati poteri riconosciuti al Senato con riferimento alle altre categorie di leggi non consentono un utile contributo per ridurre la potenziale conflittualità con il sistema delle autonomie.
Il mero ruolo consultivo non consente di svolgere la funzione di raccordo assicurata nei sistemi regionali e federali dalle Camere rappresentative delle autonomie, solitamente in grado di condizionare le determinazioni governative e parlamentari.
Viene meno, pertanto, la possibilità di svolgere un ruolo effettivamente rilevante nella legislazione e nell’elaborazione delle politiche pubbliche nelle materie di interesse delle autonomie, in contrasto con la nuova configurazione costituzionale del Senato.
Con riferimento invece al secondo profilo, chiaramente, non si intende discutere l’opportunità di favorire la conclusione dell’esame parlamentare in tempi brevi, ma evidenziare che il termine indicato, già apparso in precedenti tentativi di riforma del bicameralismo (si veda ad esempio il caso della c.d. “Bozza Violante”), appare irragionevole anche tenendo conto della composizione del Senato.
I senatori sono eletti fra i componenti dei Consigli regionali e delle Province autonome (cui si aggiunge un sindaco per ciascuno dei rispettivi territori); considerato che continueranno a svolgere le funzioni loro proprie nelle istituzioni di provenienza il contributo ai lavori del Senato sarà limitato a quanto possibile, salva la scelta in via di prassi di prevedere un impegno a tempo pieno con possibili ricadute sulla funzionalità degli organi regionali e locali.
Ne deriva l’evidente insufficienza del tempo a disposizione per prendere posizione su disegni di legge che non di rado presentano un elevato livello di complessità.
L’opportunità di intervenire sul punto appare ancora più evidente se si considera il dimezzamento dei termini previsto dall’articolo 12 del testo in discussione (art. 72 Cost.) con riferimento ai disegni di legge indicati dal governo come essenziali per l’attuazione del proprio programma d’azione; in tali casi, il termine a disposizione del Senato per disporre l’esame del disegno di legge si riduce a 5 giorni (peraltro la richiesta deve provenire da un terzo dei componenti), mentre quello per deliberare le modifiche a 15 giorni.
Non diversamente accade con riferimento ai disegni di legge di conversione dei decreti legge, per cui pure si prevedono tempi inadeguati.
L’eccessiva compressione del ruolo del Senato compromette in maniera significativa la funzione di coordinamento e di raccordo con il sistema delle autonomie che si dichiara di volergli attribuire, con conseguente discordanza tra il modello dichiarato e quello che deriverebbe dall’applicazione delle nuove regole costituzionali.
 
4. Osservazioni minime per una “ri-calibratura” del modello di bicameralismo. Il ruolo della Costituzione, come patto fondamentale tra tutti i componenti della comunità nazionale, impone di mettervi mano con la consapevolezza che si tratta dell’asse di base dell’ordinamento.
Uno sbilanciamento dovuto a un errore della progettazione potrebbe avere effetti imprevedibili su tutta la struttura.
Occorrerebbe quindi intervenire sin da subito per ri-calibrare il modello di bicameralismo, mediante un ponderato rafforzamento del ruolo del Senato al fine di realizzare compiutamente l’obiettivo di farne una efficace sede di raccordo politico tra Stato e autonomie.
Occorre altresì rispristinare i “contrappesi” al potere accentrato nelle mani della Camera dei deputati e del Governo. Infatti, il modello delineato dal testo in discussione, se letto unitamente al testo di legge elettorale in corso di discussione, sembra esporre al rischio di monopolio dell’azione di indirizzo politico nelle mani della maggioranza della Camera dei deputati, del suo Governo e del Presidente del Consiglio / leader della maggioranza; e, cosa ancora più rischiosa, sembra esporre al rischio di irrilevanza le forze di opposizione, rispetto alle forze di maggioranza.
A tal fine, perciò, sembra necessario intervenire sia con riferimento ai poteri del Senato nelle materie di maggiore interesse delle regioni, sia con riferimento ai tempi a disposizione del Senato per la partecipazione al procedimento legislativo.
Con riferimento ai poteri del Senato sembra necessario prevedere maggioranze qualificate alla Camera per superare eventuali proposte modificative del Senato con riferimento ai disegni di legge di potenziale maggiore interesse regionale.
Si tratta, anzitutto, di prendere in esame i casi di cui all’articolo 117 comma 4 della Costituzione, che prevede la possibilità per la legge statale di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato; poi, di considerare almeno i disegni di legge in materia di governo del territorio (già considerati dal testo licenziato dal Senato), di valorizzazione dell’ambiente, di tutela della salute, di valorizzazione dei beni culturali, che sono tra quelle in cui più frequente è l’esercizio della potestà legislativa regionale.
In tali casi, sembrerebbe opportuno modificare il testo in discussione eliminando il riferimento alla maggioranza assoluta attualmente prevista per la proposta di modifiche da parte del Senato con riferimento ai disegni di legge di cui all’articolo 117 comma 4 e prevedendo la maggioranza assoluta per il superamento delle proposte di modifica da parte della Camera dei deputati (invero, sarebbe preferibile una maggioranza qualificata per evitare possibili condizionamenti del modello costituzionale per effetto delle leggi elettorali).
Con riferimento ai tempi a disposizione del Senato per la partecipazione al procedimento legislativo occorrerebbe quantomeno allungare il tempo massimo per la proposta di modifiche ai disegni di legge approvati dalle Camere, o quantomeno introdurre la possibilità di proroga su richiesta motivata proveniente da almeno un terzo dei componenti del Senato stesso; come correttivo che possa comunque consentire al Governo di disporre, in tempi certi, degli atti del Parlamento su questioni urgenti, si potrebbe mantenere un procedimento di urgenza con contingentamento dei tempi a disposizione del Senato nella misura di almeno trenta giorni. Allo stesso modo, occorrerebbe, altresì intervenire sui tempi a disposizione del Senato per proporre modifiche ai disegni di legge di conversione di decreti legge.
Tali modifiche, senza incidere sugli obiettivi fondamentali di “snellimento” del sistema istituzionale, dichiarati dal Governo sin dalla presentazione del ddl di revisione costituzionale, sembrano utili ad assicurare un più incisivo contributo del Senato, come sede di composizione delle esigenze unitarie ed autonomistiche, e un miglioramento del funzionamento del sistema di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni: favorirebbero insomma un processo decisionale dinamico, basato sul principio di collaborazione tra Stato e Regioni.
Richiedono tuttavia la disponibilità ad accettare tutti i rischi di nuovi passaggi parlamentari cui farebbe il paio la responsabilità delle forze politiche di contribuire ad un lavoro considerato unanimemente indifferibile per concorrere a creare nuove basi per lo sviluppo del Paese.
Sarebbe un peccato imperdonabile sacrificare lo slancio riformista – e, ancor più, vanificare lo sforzo sin qui compiuto – per un tornaconto politico, che sarebbe comunque maggiore se si riuscisse invece a presentare alla comunità nazionale una proposta di revisione della Costituzione equilibrata e condivisa dalle principali forze politiche, che tenga conto appieno del dibattito istituzionale e dei contributi della dottrina.
 
Antonino Iacoviello (19 marzo 2015)


Nota

In corso di pubblicazione nel fascicolo 3/2014, Sezione Note Essenziali, della Rivista giuridica on-line dell’ISSiRFA “Italian Papers on Federalism”   
(http://italianpapersonfederalism.issirfa.cnr.it/homepage.html).

 

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