L’articolo sintetizza gli argomenti trattati dagli autori nei corsi di alta formazione per Quadri Dirigenti del Mercosur (Mercado Común del Sur) e del SICA (Sistema de Integración de Centro America), affidati e finanziati all’Istituto Italo-Latino Americano (IILA) dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri d’Italia (DGCS/MAE) ed organizzati in collaborazione con la Sapienza – Università di Roma (attraverso il CIRPS) e l’Università degli Studi di Perugia (attraverso il Dottorato in Società della Conoscenza). L’articolo è frutto di un lavoro comune degli autori; i paragrafi vanno comunque attribuiti nel modo che segue: Roberto Cippitani, paragrafi 1, 3, 6, 8; Valentina Colcelli, paragrafi 2, 4, 5, 7.
 
 
 
1. La competenza internazionale dei soggetti infrastatuali nelle fonti sovranazionali
 
La collaborazione tra Paesi si realizza principalmente attraverso i trattati internazionali stipulati tra i governi, o comunque attraverso strumenti di diritto internazionale che abbiano rilevanza nei rapporti intergovernativi.
In una società globale complessa, tendente all’autorganizzazione, definita per questo «networked society» (1), si possono però facilmente osservare fenomeni di cooperazione transnazionale che coinvolgono attori differenti dagli Stati.
Come ha osservato, inoltre, il Libro bianco del Comitato delle regioni sulla governance multilivello (Costruire l’Europa in partenariato, 17 giugno, 2009) «La tendenza constatata verso il decentramento e l’aumento del peso degli attori subnazionali nella comunità internazionale non potranno che portare al loro coinvolgimento nei meccanismi di governance della globalizzazione e favorire così l’emergere di un nuovo multilateralismo.» (par. 1.3). Il coinvolgimento di questi attori deriva dalla interdipendenza economica, ma anche sociale e culturale, demografica.
Come si è osservato «I rappresentanti regionali, ma anche quelli degli enti locali, sono sempre più spesso chiamati ad una rappresentanza politica dei loro territori nell’arena internazionale e non solo nazionale. Regioni ed enti locali passano così da essere istituzioni con funzioni puramente amministrativa ad essere annoverati di diritto come attori della politica internazionale» (2).
Si tratta per lo più di enti territoriali infrastatuali (comuni, regioni) e altri enti pubblici o privati che esercitano missioni pubblicistiche: università e enti pubblici di ricerca, altri soggetti (organizzazioni di categoria, comitati etici).
Questi enti sono considerati soggetti attivi di un’azione internazionale, che assume denominazioni diverse a seconda dei contesti: «paradiplomazia», «cooperazione decentrata» (3), cooperazione transfrontaliera e interregionale, integrazione regionale da parte di attori non statali (4), e così via.
Una tale competenza è riconosciuta a livello internazionale (5) e sovranazionale.
In Europa, in particolare, l’azione transnazionale dei soggetti substatali è particolarmente rilevante, per l’esistenza di un contesto giuridico specifico.
Ciò non solo nell’ambito del Consiglio d’Europa, ma soprattutto nell’ordinamento dell’Unione europea, dove sono stati costituzionalizzati il principio di sussidiarietà e la «politica di coesione», e dove sono stati creati organi di dialogo permanenti con le autorità locali, quali il Comitato delle Regioni (6).
Ma si possono incontrare forme di collaborazione tra soggetti infrastatuali nei processi di costruzione comunitaria meno avanzati, come quelli dell’America Latina, dove sono documentabili interessanti esempi di cooperazione interregionale (7). Come in Europa, queste forme di collaborazione generalmente sono favorite dai processi più ampi di integrazione regionale, come quelli all’interno del Mercosur (Mercado Común del Sur) (8) o del SICA (Sistema de Integración Centroamericana)  (9)
Un particolare ambito in cui sono coinvolte le autorità locali (ma anche altri soggetti) è rappresentato dalla cooperazione transfrontaliera che si esprime attraverso forme di collaborazione tra autorità subnazionali di paesi diversi (10), con riguardo a temi che interessano territori continui, posti sulle linee di confine.
In Europa la cooperazione transfrontaliera si è dapprima realizzata spontaneamente, soprattutto con i gemellaggi dopo la seconda guerra mondiale. In seguito ne è stata riconosciuta la rilevanza dal Consiglio d’Europa negli anni ’80 (Convenzione generale di cooperazione transfrontaliera della collettività o autorità territoriali, detta Convenzione di Madrid del 21 maggio 1980) (11). Successivamente essa ha ricevuto un inquadramento giuridico e un sostegno finanziario dell’Unione europea a partire dagli anni ’90 del secolo scorso (12).
Per la Convenzione di Madrid per «cooperazione transfrontaliera» si intende « ogni comune progetto che miri a rafforzare e a sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività o autorità territoriali dipendenti da due o da più Parti contraenti, nonché la conclusione di accordi e intese utili a tal fine. La cooperazione transfrontaliera sarà esercitata nel quadro delle competenze delle collettività o autorità territoriali, quali sono definite dal diritto interno. » (art. 2, par. 1). La Convenzione fornisce inoltre «Modelli e schemi di accordi, di statuti e di contratti in materia di cooperazione transfrontaliera di collettività o autorità territoriali» (v. art. 3 gli allegati alla Convenzione)
Il Protocollo addizionale alla Convenzione di Madrid (Strasburgo, 9 novembre 1995) riconobbe successivamente « il diritto delle collettività o autorità territoriali sottoposte alla propria giurisdizione (…) di concludere, nei settori di competenze comuni, accordi di cooperazione transfrontaliera con le collettività o autorità territoriali di altri Stati, secondo le procedure previste dai loro statuti, in conformità con la legislazione nazionale e nel rispetto degli impegni internazionali presi dalle Parti» (art. 1).
Il Protocollo addizionale n. 2 del 1998 della stessa Convenzione estende la disciplina della cooperazione transfrontaliera anche a quella «interregionale» e cioè a « qualsiasi concertazione volta ad instaurare rapporti tra collettività o autorità territoriali di due o più Parti contraenti, diversi da quelli di cooperazione transfrontaliera fra collettività confinanti, compresa la conclusione di accordi con le collettività o autorità territoriali di altri Stati.» (art. 1)
 
 
2. L’azione internazionale delle regioni nelle fonti nazionali
 
Passando al livello nazionale, una tale competenza, con riferimento specifico alle Regioni, era riconosciuta in Italia ancor prima della modifica del Titolo V della parte II della Costituzione.
La giurisprudenza della Corte costituzionale (nella sentenza 179/1987 del 20-22 maggio 1987) sottolineava che pur essendo riservato allo Stato il cosiddetto «potere estero» e cioè «il potere di determinare ed attuare gli indirizzi di politica estera, in senso lato, comprensiva anche della materia socio-economica» la legge poteva apportare deroghe. In particolare nella sentenza 179/1987 si richiama l’art. 4, 2° co. d.P.R. n. 616 del 1977 che consente alle Regioni attività all’estero di carattere «promozionale» nelle materie di loro competenza intendendosi queste ultime come «ogni comportamento legato da un rigoroso nesso strumentale con le materie di competenza regionale, ossia qualsiasi comportamento diretto, in tali settori, allo sviluppo economico, sociale e culturale nel territorio dell'ente locale» (par. 6 delle considerazioni in diritto).
Inoltre nella stessa sentenza (par. 7 delle considerazioni in diritto) si afferma che oltre agli accordi promozionali (che sono considerati accordi obbligatori veri e propri) le regioni e gli altri enti territoriali potevano svolgere altre attività «attività di mero rilievo internazionale» e cioè «aventi per oggetto finalità di studio o di informazione (in materie tecniche) oppure la previsione di partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine, l'enunciazione di propositi diretti ad armonizzare unilateralmente le rispettive condotte». Secondo la Corte con dette attività « le regioni, interessate alla realizzazione degli scopi connessi alle materie loro devolute, non pongono in essere veri accordi né assumono diritti ed obblighi tali da impegnare la responsabilità internazionale dello Stato, ma si limitano, come sopra si è accennato, a prevedere lo scambio di informazioni utili ovvero l'approfondimento di conoscenze in materie di comune interesse, oppure, ancora, ad enunciare analoghi intenti ed aspirazioni, proponendosi di favorirne unilateralmente la realizzazione mediante atti propri o, al più, mediante sollecitazione dei competenti organi nazionali».
Tra le deroghe ammesse di accordi veri e propri, la Corte costituzionale inserisce anche quelli per l’attuazione di norme internazionali (v. l’art. 3 e 4 l. 19 novembre 1984 n. 948, relativa alla ratifica della convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera, adottata a Madrid il 21 maggio 1980, nonché recente Carta europea delle autonomie locali, adottata nella Conferenza di Roma del novembre 1984) e quelle conseguenti alla partecipazione dell’Italia all’Unione europea.
La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione (stabilita con legge costituzionale n. 3 del 2001) considera come competenza legislativa concorrente i « rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni» (art. 117, 3° co., Cost.) e, per quanto riguarda le Province autonoma di Trento e Bolzano stabilisce che esse « nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea» (art. 117, 5° co., Cost.). Inoltre il nono comma dell’art. 117 Cost. novellato stabilisce che « nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato ».
Dopo la riforma, la Corte costituzionale attribuisce alle Regioni non più una mera «attività promozionale» ma una competenza, più ampia, in materia di «rapporti internazionali» di rilevanza esclusivamente regionale, distinguendo questi dalla «politica estera» di esclusiva competenza statuale (ai sensi dell’art. 117, 2° co., Cost.) (13).
Pur mantenendo ferma la riserva allo Stato della competenza sulla politica estera e l’ammissibilità di un'attività internazionale delle Regioni «La novità che discende dal mutato quadro normativo è essenzialmente il riconoscimento a livello costituzionale di un “potere estero” delle Regioni, cioè della potestà, nell'ambito delle proprie competenze, di stipulare, oltre ad intese con enti omologhi di altri Stati, anche veri e propri accordi con altri Stati, sia pure nei casi e nelle forme determinati da leggi statali (art. 117, nono comma). Tale potere estero deve peraltro essere coordinato con l'esclusiva competenza statale in tema di politica estera, donde la competenza statale a determinare i “casi” e a disciplinare “le forme” di questa attività regionale, così da salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera nazionale. Le Regioni, nell'esercizio della potestà loro riconosciuta, non operano dunque come “delegate” dello Stato, bensì come soggetti autonomi che interloquiscono direttamente con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coordinamento apprestato dai poteri dello Stato» (Corte cost. sentenza 238/2004 dell’8-19 luglio 2004, par. 6).
Per quanto riguarda gli enti territoriali subregionali (Comuni, Province e Città metropolitane) essi possono «svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite» (art. 6, 7° co., legge 131/2003). Per attività di mero rilievo internazionale si intendono quelle previste nell’art. 2 dPR 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome) che riguardano «a) studio e informazione su problemi vari; scambio di notizie e di esperienze sulla rispettiva disciplina normativa o amministrativa; partecipazione a conferenze, tavole rotonde, seminari; visite di cortesia nell'area europea; rapporti conseguenti ad accordi o forme associative finalizzati alla collaborazione interregionale transfrontaliera; b) visite di cortesia nell'area extraeuropea, gemellaggi, enunciazione di princìpi e di intenti volti alla realizzazione di forme di consultazione e di collaborazione da attuare mediante l'esercizio unilaterale delle proprie competenze; formulazione di proposte e prospettazione di problemi di comune interesse, contatti con le comunità regionali all'estero ai fini della informazione sulle normazioni delle rispettive regioni e della conservazione del patrimonio culturale d’origine.»
La novità introdotta dalla legge 131/2003, rispetto a quanto stabilito dal dPR 31 marzo 1994 è che l’attività di mera rilevanza internazionale viene svolta in modo autonomo e non per delega delle regioni (14).
Rimane fermo, a maggior ragione dopo la riforma, l’immediata operatività delle norme comunitarie in materia di competenze regionali.
È il caso, per esempio, delle competenze regionali in materia di cooperazione transfrontaliera. In questi casi non applicano gli strumenti internazionali, come la Convenzione di Madrid che comunque comporta una competenza dello Stato, ma la specifica disciplina comunitaria che assegna direttamente agli enti territoriali compiti ben precisi (Corte cost., sentenza 258/2004 dell’8 e 22 luglio 2004; cfr. anche la sentenza 112/2010, 10-19 marzo 2010, riguardante la partecipazione della Regione Liguria al Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) Euroregione Alpi Mediterraneo).
Lo stesso discorso vale per la cooperazione transfrontaliera e tutte le altre forme di collaborazione nell’ambito dei programmi comunitari degli altri enti territoriali: anche in questo caso non è necessaria alcuna autorizzazione governativa o regionale (15).
Oggi tutti gli Statuti e le altre fonti delle Regioni fanno riferimento all’azione internazionale e a quella in seno all’Unione Europea (16).
Anche a livello degli altri enti territoriali si può osservare la formalizzazione di questo tipo di competenza. Si assiste anche alla creazione di soggetti strumentali che si occupano di attività internazionali, quali aziende speciali, associazioni, consorzi e società di capitali (17).
Anche in altri Paesi si è osservata una progressiva apertura dell’ordinamento all’azione internazionale degli enti locali.
In particolare, nel Paese che in Europa è più attento al tema della cooperazione, la Francia, viene attribuita esplicitamente una competenza internazionale agli enti locali solo con la legge n. 82-213 del 2 marzo 1982, che prevedeva comunque un accordo preventivo con il Governo centrale (art. 65), con una scelta più restrittiva di quanto stabilito nella Convenzione di Madrid (18).
All’inizio degli anni ’90 del secolo scorso viene precisato il quadro normativo, con l’adozione dell’attuale disciplina giuridica della cooperazione decentrata (19) ed in particolare di quella transfrontaliera (20). La prima viene introdotta dalla legge del 6 febbraio 1992 (v. anche la circolare del 26 maggio 1994). La seconda viene regolata nel successivo Code général des collectivités territoriales (CGCT).
La legge francese definisce la cooperazione decentrata come « l’ensemble des actions de coopération internationales menées par convention dans un but d’intérêt commun par une ou plusieurs collectivités ».
Le «collectivités territoriales » ed il loro raggruppamento «peuvent conclure des conventions avec des collectivités locales étrangères et leurs groupements dans les limites de leurs compétences et dans le respect des engagements internationaux de la France » (v. l’attuale art. L-1115 CGCT, che codifica l’art. 131-I della legge del 1992).
 
 
3. Esempi di strumenti giuridici di diritto privato per la cooperazione
 
I soggetti infrastatuali realizzano la collaborazione transnazionale senza poter ricorrere agli strumenti giuridici di diritto internazionale, generalmente concepiti soltanto per gli Stati (21).
Si ricorre pertanto ad accordi o altri strumenti che sembrano sfuggire dalla logica gius-internazionalistica e collocarsi negli schemi del diritto privato. 
 
A) Accordi di collaborazione.
La tipologia più comune di accordi transnazionali è quella che istituisce forme di collaborazione, in ambiti culturali, ambientali e sociali (la cosiddetta low politics), oppure nel settore economico e tecnologico (middle politics) (22). 
Un esempio divenuto classico sono i gemellaggi tra città e comunità locali, nati in Europa subito dopo il secondo conflitto mondiale (23) e che oggi sono circa diciassettemila. I gemellaggi sono sostenuti dal Consiglio d’Europa e dai programmi dell’Unione Europea.
Un documento del CCRE (Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa) afferma che il gemellaggio « rappresenta un impegno a lungo termine tra i partner e non un accordo a breve termine. Dovrebbe essere sempre in grado di sopravvivere ai cambiamenti politici e alle difficoltà a breve termine di uno dei partner e di fornire sostegno reciproco in caso di bisogno, per esempio una forte inondazione. Ed essendo un impegno a lungo termine, è fondamentale garantire che l'accordo sia riesaminato regolarmente per assicurarsi che risponda alle esigenze presenti e rimanga attuale e dinamico» (http://www.twinning.org/it/page/una-breve-panoramica.html ) (24).
Molteplici esempi sono forniti dalla cooperazione transfrontaliera, che conduce alla realizzazione di reti (25) o comunque altre forme di «alianzas o partenariados territoriales» oppure altri meccanismi giuridici (26).
Nell’Unione Europea questi accordi sono previsti dalle fonti comunitarie e raggiungono particolari gradi di elaborazione. Si pensi alle Euroregioni (27), nate dal raggruppamento di autorità locali appartenenti a Stati diversi (28), oppure ai GECT - Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale, istituiti dal Regolamento 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, nel contesto della riforma della politica regionale per il periodo 2007-2013. I GECT, dotati di personalità giuridica, che attuano programmi di cooperazione territoriale con o senza intervento finanziario dell’Unione europea. Essi devono dotarsi, a tal fine, di propri statuti e regolamenti di funzionamento; avere una autonomia di bilancio e conseguentemente una propria responsabilità finanziaria per le azioni condotte; attuare la cooperazione territoriale in maniera conforme ai principi di sussidiarietà e proporzionalità.
Vi sono poi accordi di soggetti, spesso che hanno una missione di diritto pubblico, che perseguono finalità specifiche. Esempi di collaborazione su temi particolari sono quelli tra università ed enti di istruzione, nonché tra enti di ricerca, che riguardano la scienza e l’istruzione.
In particolare nel settore dell’istruzione e della formazione, gli attuali processi di integrazione (in particolare quelli di Bologna e di Copenaghen) (29), prevedono strumenti che consentono una leggibilità e una comparabilità dei titoli (Diploma Supplement, titoli di studio congiuntamente rilasciati dalle università, ma soprattutto il sistema di trasferimento dei crediti formativi, ECTS, European Credit Transfer System) (30). Questi strumenti sono attuati direttamente dalle università dei diversi paesi attraverso reciproci accordi, senza la necessità di un preventivo riconoscimento statuale (31). Gli accordi che attuano strumenti come l’ECTS o i titoli congiunti possono essere realizzati non solo a livello europeo, ma anche con paesi extra-europei. Programmi specifici dell’Unione (i programmi di cooperazione internazionale come Tempus, Alfa, Erasmus Mundus) danno supporto finanziario a tali accordi internazionali.
Vi sono poi gli accordi su progetti specifici, finanziati o meno da terzi, nell’ambito della ricerca scientifica o di altri settori, quali la cultura, la tutela ambiente, la cooperazione in materia di giustizia civile e penale, e così via. La base giuridica dei programmi comunitari e numerose altre fonti fanno riferimento ad altri contratti che regolano la collaborazione transnazionale tra università, imprese, enti pubblici e altri soggetti per realizzare progetti o iniziative in settori quali la ricerca, l’istruzione e la formazione professionale (32). Tali accordi sono indicati con diverse denominazioni: Consortium Agreement (33), Partnership Agreement, Associazioni temporanee di scopo e altre tipologie di raggruppamenti per partecipare a contratti pubblici (34) e così via.
Altri accordi di collaborazione di rilievo sovranazionale sono previsti tra soggetti privati. Si pensi ai codici di autoregolamentazione, ai quali i testi comunitari fanno spesso riferimento (v. per esempio l’art. 27 dir. 95/46/CE sulla protezione dei dati personali) (35). I codici di condotta costituiscono la tecnica di regolamentazione in settori in cui tutti gli interessi coinvolti sono di rilievo costituzionale e potenzialmente in conflitto (per esempio la libertà di espressione da una parte e la tutela dei minori dall’altra; i valori etici fondamentali e la libertà della ricerca, la privacy e così via). Il legislatore europeo (36), dopo aver fissato le fondamentali regole del gioco, lascia alle categorie interessate il compito di fissare la disciplina di dettaglio (37), evitando interventi censori e poco elastici. Infatti, come è stato detto, in queste materie «la via maestra è rappresentata dal ricorso, tutte le volte che sia possibile, a regole di compatibilità, invece che a regole di prevalenza o di supremazia» (38).
 
B) Costituzione di nuovi soggetti di diritto.
In alcuni casi gli accordi di collaborazione finalizzati all’integrazione conducono alla creazione di nuovi soggetti di diritto nazionale o sovranazionale.
Questa tendenza alla creazione di soggetti di diritto privato si osserva per esempio nella ricerca scientifica, accanto alle tradizionali forme dei trattati o delle organizzazioni intergovernative (del tipo del CERN o dell’ESA), oppure della cooperazione sovranazionale come accade nell’ambito dell’Unione Europea. La ricerca a livello europeo, infatti, viene inoltre svolta da organizzazioni costituite ai sensi della legge nazionale di un paese. Tra queste si segnalano soprattutto l’EMBO (L’Organizzazione europea per la biologia molecolare) (39), associazione costituta ai sensi del codice civile elvetico, e l’ESFR (The European Synchrotron Radiation Facility) , «société civile» di diritto francese costituita tra enti di ricerca (40).
La capacità degli enti intrastatuali di costituire nuovi soggetti di diritto per la cooperazione transnazionale sono stabiliti anche dal legislatore europeo e in molti casi da quello nazionale (41).
Si è visto sopra l’esempio dei GECT nel diritto dell’Unione Europea.
Il diritto dell’Unione europea contempla poi «iniziative tecnologiche congiunte» (Joint Technology Initiatives) (42), costituite nella forma di imprese comuni di diritto comunitario. Le JTI godono della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali di ciascuno degli Stati membri dell’Unione. Esse possono, in particolare, acquistare o alienare beni mobili e immobili e possono stare in giudizio (43). Le clausole che caratterizzano questi strumenti privatistici di integrazione sono fissate dal regolamento che questi istituisce. Lo statuto che li regola è direttamente allegato al Regolamento e definito dalle norme.
Il Protocollo addizionale alla Convenzione di Madrid del 1995 prevede che «Gli accordi di cooperazione transfrontaliera conclusi dalle collettività o autorità territoriali possono dare vita ad un organismo per la cooperazione transfrontaliera dotato o meno di personalità giuridica» (art. 3). La disciplina applicabile sarà quella del Paese in cui l’organismo ha sede e gli altri Stati a cui appartengono gli enti coinvolti si impegnano a riconoscere detti organismi (art. 4).
Il Protocollo n. 3 del 2009 prevede la costituzione delle Euroregioni,persone giuridiche che «have the most extensive legal capacity accorded to legal persons under that State’s national law » (art. 2, par. 2), il che comporta la più ampia capacità di concludere contratti, assumere personale, acquistare beni immobili e così via (art. 2, par. 5).
La personalità giuridica va determinata in ragione della legge nazionale applicabile, scelta dagli enti partecipanti, fatte salve le regole del Protocollo o le altre regole specifiche adottate dagli Stati (art. 2, par. 3).
Generalmente le forme giuridiche utilizzate sono quelle del diritto comune (associazioni, società). Per esempio enti territoriali francesi e italiani (Dipartimenti delle Alpes Maritimes, delle Alpes de Haute Provence, delle Hautes Alpes, dell'Isère, della Savoie e della Haute Savoie, le Province di Imperia, di Cuneo e di Torino e la Regione autonoma Valle d'Aosta) hanno costituto la Associazione transfrontaliera denominata: «C.A.F.I., Associazione della Conferenza delle Alpi Franco-Italiane» costituita come associazione non riconosciuta ai sensi dell’art. 36 ss. c.c.
Vi è, inoltre, nell’attività di gemellaggio un costante ricorso alla struttura di un comitato che, variamente composto, affianca la pubblica amministrazione locale per la gestione dell’accordo di gemellaggio transfrontaliero (44). Il riferimento in questa ipotesi, e nel caso italiano, saranno gli articoli 39 ss. del codice civile. Questo organismo di diritto privato può essere istituito anche con delibere del consiglio dell’amministrazione locale competente (45). Di tali atti istitutivi il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (il CCRE di cui l’AICCRE è la Sezione italiana) offre anche modelli a cui far riferimento (46. Il raggiungimento delle finalità connesse allo sviluppo di un gemellaggio sono invero lo scopo sociale del Comitato che per il resto viene di solito dotato di una struttura organizzativa più stabile di quanto è previsto nel nostro codice civile (47
Lo strumento del comitato è utilizzato per la promozione dei gemellaggi anche in ordinamenti diversi da quello italiano (48. Si tratta anche in questo caso di contratti il cui scopo è quello di istituire una organizzazione la cui finalità sia quella di assistere «its members establish and maintain Sister City relationships and/or Friendship Links and to link together members who have similar goals and values in the pursuit of continually improving Sister City relationships» (49) prevedendo organi e funzionamento.
Alcune legislazioni più attente al fenomeno prevedono strumenti specifici per la cooperazione internazionali degli enti territoriali.
È il caso della Francia in cui è stato disciplinato il Gruppo locale di cooperazione transfrontaliera (GLCT) costituito in base agli artt. 12 ss. dell’Accordo di Karlsruhe (Accord de Karlsruhe sur la coopération transfrontalière entre les collectivités territoriales et organismes publics locaux del 23 gennaio 1996) tra la Francia, la Germania, il Lussemburgo e la Confederazione elvetica.
Recentemente inoltre il legislatore francese nel CGCT ha previsto strumenti quali Grupement d’ intérêt publique (GIP) (50), considerati dal Consiglio di Stato enti giuridici di tipo nuovo e dalla dottrina associazioni pubbliche (51); oppure le Sociétés d'économie mixte locales (SEML) (52).
 
C) Accordi per l’erogazione di servizi.
Gli accordi di cooperazione transnazionale possono essere diversi da quelli di collaborazione. Anche contratti con prestazioni corrispettive, come gli appalti di servizi per assistenza tecnica, possono essere utilizzati per le finalità in parola. In letteratura è documentata, per esempio, la funzione assunta dai programmi di assistenza come Phare (v. regolamento n. 2666/ 2000) nel processo che ha portato all’ingresso nell’Unione europea dei Paesi dell’Europa dell’Est. Tali accordi « sono stipulati, su attività di promozione della Commissione, direttamente fra il Paese candidato ed uno o più Stati membri. Essi hanno ad oggetto l'assistenza tecnica che questi ultimi si impegnano a fornire alle amministrazioni dei Paesi in trattativa per l'adesione in ambiti circoscritti dell’acquis comunitario. Attraverso il loro utilizzo, la Commissione intende favorire la trasposizione e l'implementazione di regole su cui si presume l’expertisedei funzionari delle amministrazioni nazionali degli Stati membri, che sono inviati nei singoli Paesi in missioni a medio-lungo termine. (…)» (53).
Gli accordi per la fornitura di servizi tra enti locali di diversi Paesi costituiscono un fenomeno più ampio, tanto che la Convenzione di Madrid, propone due schemi « di contratto di fornitura o di prestazione di servizi tra collettività locali di frontiera » (schema 2.4 del tipo «di diritto privato») e schema 2.5, de tipo «di diritto pubblico»). Il primo è «un contratto cui possono far ricorso le collettività locali per la vendita, la locazione, un negozio di lavori, la fornitura di beni o di prestazioni, la cessione di diritti di sfruttamento» ad altre collettività. L’altro schema riguarda più specificamente «le concessioni di servizi pubblici o di lavori pubblici (o in ogni modo considerati «pubblici» da uno dei Paesi in causa), l’appalto e le offerte di concorso di un comune ad un altro comune o ad un altro organismo dall’altra parte della frontiera».
 
 
4. Il contenuto degli accordi transnazionali
 
Gli accordi e gli altri strumenti utilizzati nella cooperazione transnazionale sono molto diversi tra di loro, come emerge dalla pur rapida esposizione del paragrafo precedente.
In questa sede quindi non è possibile realizzare un inventario delle clausole utilizzate nei vari strumenti, ma si possono comunque osservare alcune ricorrenze utili all’analisi che si sta conducendo.
In ossequio al principio della libertà di forma dei contratti (enunciato, per es., dall’art. 1325, n. 4, c.c.; art. 1.278 codigo civil (54); art. 1008 code civil  (55)), per questi accordi non è prevista una forma determinata. Nel caso dei gemellaggi, per esempio, la forma può variare da quello di un «giuramento» ad una convenzione scritta articolata, a seconda della volontà delle parti ( cfr. http://www.twinning.org/it/page/il-giuramento-del-gemellaggio.html ). Tuttavia si fa eccezione al principio della libertà della forma, quando la forma specifica è richiesta dalla legge, come è il caso della costituzione di nuovi soggetti di diritto, sia nel diritto nazionale, sia in quello sovranazionale (v., per esempio quanto stabilisce la Convenzione di Madrid per la costituzione delle Euroregioni, v. art. 4 del Protocollo n. 3 del 2009). Visto poi che tali accordi comunque coinvolgono per lo più enti pubblici essi derogano al principio della libertà della forma per effetto del principio di formalità che permea l’azione della pubblica amministrazione. Nell’ordinamento giuridico italiano, ad esempio, è noto che i contratti della P.A. devono essere conclusi, a pena di nullità, in forma scritta, al fine di identificarne con precisione il contenuto e consentire i necessari controlli dell’autorità tutoria (56), rintracciando la ratio della scelta legislativa italiana nell’esigenza di identificare esattamente il contenuto negoziale e rendere possibili i controlli dell’autorità (57).
Negli strumenti in parola sono presenti clausole che individuano le prestazioni delle parti. Si pensi alle clausole che per agevolare la realizzazione della finalità dell’accordo prevedono lo scambio di informazioni, ovvero il diritto di accesso in luoghi per l’esercizio della propria attività nell’ambio di promozione dell’accordo (58). Gli obblighi che incombono sulle parti possono essere solenni e consistere nell’amicizia, nell’ospitalità e nella solidarietà (come nel giuramento per i gemellaggi del CCRE). Ma a secondo del tipo di accordo questi obblighi possono avere ad oggetto specifiche prestazioni: dall’obbligo di far partecipare l’altra parte ad una data iniziativa (59); alla instaurazione di una collaborazione nel settore dei servizi pubblici (60); all’erogazione di sovvenzioni, consulenze e altri tipi di servizi.
Lo schema di accordo 2.5 della Convenzione di Madrid, relativo ai contratti di servizio tra enti locali, propone che il relativo contratto faccia riferimento: «1. al regolamento che fissa le condizioni di istituzione o di funzionamento dell’opera o del servizio considerato (per esempio: orari, tariffe, condizioni d’utilizzazione, ecc.); 2. alle condizioni particolari di realizzazione dell’impresa o della gestione considerata, per esempio: abilitazione e autorizzazione richieste, procedure, ecc.; 3. al capitolo d’oneri dell’impresa o della gestione; 4. ai procedimenti di adattamento del contratto in corso di esecuzione, nascenti dalle esigenze dell’interesse pubblico ed alle compensazioni in danaro che ne devono derivare; 5. alle modalità dei rapporti che derivano dall’impresa o dalla gestione considerate, tra, da una parte, gli utenti dell’opera o del servizio e, dall’altra, il gestore (per esempio: le condizioni di accesso, i canoni, ecc.)».
Negli accordi transnazionali che istituiscono forme di collaborazione, a maggior ragione nel caso di costituzione di nuovi soggetti di diritto, si prevedono poteri e modalità di funzionamento degli organi associativi (61); il fondo sociale, le ipotesi di estinzione nonché le previsioni relative alla devoluzione del fondo in questo caso (62).
Per gli accordi associativi funzionali alla partecipazione ad attività sovvenzionate (dall’Unione Europea, da organismi internazionali o nazionali) si rintracciano poi le soluzioni tecniche previste nei raggruppamenti temporanei: la previsione di un mandato speciale a titolo gratuito conferito al capo-fila; la disciplina delle risorse da fornire; la distribuzione del contributo o corrispettivo tra i partner; il processo decisionale; la disciplina della proprietà industriale; altre disposizioni (63).
Sono regolate le ipotesi di recesso (v. art. l’art. 8 dello schema di accordo 2.4 della Convenzione di Madrid), e il regime della responsabilità (64), nonché la previsione delle sanzioni contrattuali di natura pecuniaria o non pecuniaria (65). Nei casi di accordi di collaborazione generalmente si segue la regola che il recesso o la risoluzione di alcune delle parti non conduce alla fine dell’accordo, a meno che sia diversamente stabilito (cfr., per esempio, l’art. 11 dello schema di accordo di associazione 2.1 della Convenzione di Madrid).
Negli accordi in parola sono previsti spesso strumenti per la soluzione delle controversie, che dovessero sorgere tra le parti (66). Generalmente si richiede l’esperimento di una procedura di conciliazione e, nel caso questa non abbia esito, si preferisce il giudizio arbitrale rispetto al giudice nazionale (v., per esempio, l’art. 7 dello schema di accordo 2.4 della Convenzione di Madrid).
 
 
5. Normativa applicabile
 
Uno degli aspetti più interessanti che emergono dalla indagine sugli accordi di cooperazione transnazionale riguarda il diritto applicabile.
Gli accordi in parola presentano momenti di collegamento con diversi ordinamenti giuridici, non fosse altro per la presenza di parti provenienti da Stati diversi. La questione si presenta però in modo differente da quella della scelta della legge applicabile nel contratto internazionale.
In effetti, come si è visto, gli accordi di cooperazione sono spesso inseriti in un contesto normativo internazionale e sovranazionale, che ne individua una parte delle regole applicabili. Uno degli esempi più complessi a riguardo è quello dei GECT che sono regolati dal diritto dell’Unione Europea, da eventuali accordi tra Stati sulle questioni di vicinato, dalla Convenzione di Madrid e dai Protocolli addizionali, dagli strumenti giuridici specifici che istituiscono il GECT, dalla disciplina che regola il sostegno finanziario (attraverso per esempio i programmi comunitari. (Cfr. Comitato delle Regioni, Il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, cit., p. 2).
Per fare altri esempi: negli accordi per l’attuazione dei programmi comunitari, si applica il diritto comunitario in generale, la specifica base giuridica del programma, un diritto nazionale, il contenuto del particolare accordo; nello statuto delle rete Mercociudades si fa riferimento agli obiettivi e alle politiche del Mercosur; la C.A.F.I. come si è detto è un’associazione non riconosciuta di diritto italiano, ma lo Statuto fa riferimento ad altri accordi tra la Repubblica francese e quella italiana («La C.A.F.I. si costituisce nell'ambito e nei limiti dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese riguardante la cooperazione transfrontaliera tra le collettività stipulato a Roma il 16 novembre 1993» e la Carta di cooperazione sull'intera frontiera franco-italiana del 15 giugno 1998), e al diritto dell’Unione Europea; lo ESFR è una societé civile di diritto francese, ma è disciplinata anche della Convenzione tra i dodici Stati europei da cui provengono gli enti di ricerca soci.
Nella determinazione delle regole applicabili, potrebbero avere un loro rilievo anche fonti non giuridiche in senso stretto, come regole adottate all’interno di associazioni internazionali (per esempio per le Università, la European University Association), documenti di organismi internazionali (come quelli che si occupano di cooperazione transnazionale), raccomandazioni di organismi sovranazionali (come quelle della Commissione europea e del Consiglio d’Europa) e così via. Sono poi documentabili fenomeni di tipizzazione determinati dalla prassi applicativa di decenni (67), come accade per i gemellaggi (68).
Se nei contratti commerciali l’insieme delle prassi costituisce un corpo di regole applicabili all’occorrenza (la cosiddetta lex mercatoria), a maggior ragione sembrano applicabili agli accordi di cooperazione i documenti sopra richiamati, che per lo più provengono da organismi particolarmente qualificati.
Del resto tale prassi appare giuridicamente rilevante non fosse altro perché costituisce usi contrattuali (cfr. art. 8 disp.prel. c.c.) e fornisce vere e proprie clausole d’uso applicabili dal giudice nel caso le parti non vi abbiano derogato esplicitamente (cfr. l’art. 1340 c.c.) (69).
Si pensi ad un accordo interregionale tra due enti territoriali europei, che non riproduca alcune delle clausole proposte nei modelli allegati alla Convenzione di Madrid: il giudice potrebbe correttamente considerare tali clausole d’uso e considerale applicabili al testo firmato.
Dalle osservazioni che precedono si può fare discendere che gli accordi transnazionali, anche quando hanno una forma tipizzata dall’ordinamento giuridico nazionale, comunque sono disciplinati da regole che travalicano il livello del diritto interno.
Il problema che si pone, allora, è come applicare il profilo internazionale-sovranazionale e quello riguardante il diritto nazionale (o meglio i diritti nazionali). Questo rapporto, anche nei casi di integrazione giuridica piuttosto avanzato, come nel caso dell’Unione Europea, non è mai stato facile (70). Ovviamente sarebbe preferibile che tali accordi vengano conclusi nell’ambito di ordinamenti giuridici tra loro armonizzati (71).
In ogni modo, è preferibile la tesi per cui il diritto nazionale va applicato in modo residuale, laddove il diritto sovranazionale o l’accordo medesimo non disciplinino una determinata fattispecie.
Una diversa interpretazione potrebbe condurre a frustrare le finalità di questi accordi.
Il diritto dell’Unione Europea, in particolare, fa discendere la prevalenza del livello sovranazionale su quello interno, dalla «natura comunitaria» di questi accordi.
Ciò è chiaramente espresso a proposito dei GECT: l’art. 2 regolamento 1082/2006 prevede l’applicazione del diritto dello Stato membro ove il Gruppo Europeo ha la sede sociale, solo nel caso di questioni non disciplinate o disciplinate in modo parziale nel regolamento.
La natura comunitaria comporta una specialità del diritto applicabile a questi accordi, come si ricava dalla giurisprudenza relativa ad altri istituti di diritto dell’Unione (72).
Gli stessi principi potrebbero generalizzarsi per tutti gli accordi transnazionali, anche quelli al di fuori del diritto dell’Unione Europea.
 
 
6. Rilevanza giuridica
 
Una questione che si può porre per gli accordi di cooperazione transnazionale è se essi siano giuridicamente vincolanti per le parti.
In effetti, si può cogliere l’impressione che gli accordi in parola, o comunque una buona parte di essi, non creino diritti e obblighi giuridici. Lo si afferma per esempio con riferimento ai gemellaggi (73).
Oppure, come si è detto, lo afferma la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana per distinguere le attività di mera rilevanza internazionale da quelle internazionali veri e propri.
In altri casi si sostiene che molti di questi accordi sarebbero troppo generici per creare vincoli giuridici. Spesso gli accordi in discorso contengono clausole che escludono la loro obbligatorietà. In ogni modo si sottolinea il loro carattere informale e declamatorio che li fa ricondurre alla prassi statale degli accordi di solidarietà e di amicizia. Inoltre si fanno notare le difficoltà pratiche nell’attribuire le conseguenti responsabilità, anche per l’assenza spesso di un quadro giuridico chiaro (74).
Ma non si può certo parlare di irrilevanza giuridica come di una caratteristica generale degli accordi in esame.
Le fonti giuridiche al contrario considerano tali accordi come legalmente vincolanti. Si pensi alle intese tra enti locali (arrangments) e gli accordi tra Stati (agreements) nell’ambito della Convenzione di Madrid (75). La stessa Convenzione di Madrid parla della responsabilità degli enti coinvolti nella cooperazione transfrontaliera e interregionale (art. 1, par. 2, Protocollo addizionale del 1995); tale responsabilità è ribadita nelle convenzioni attuative tra Stati (76). Vi è una indubbia deroga del tradizionale principio per il quale l’operato delle autorità infrastatuale è addebitato agli Stati, quali soggetti del diritto internazionale.
La ricordata giurisprudenza della Corte costituzionale sugli accordi di mera rilevanza internazionale, in realtà non nega che tali accordi abbiano un valore giuridico, ma esclude che creino diritti e obblighi di diritto internazionali, tali da impegnare lo Stato nel suo complesso.
Il Conseil d’État e la giurisprudenza francese in generale sembrano avere dubbi sulla vincolatività di tali accordi (77). Al limite si discute se si tratti di contratti di diritto privato o di «conventions de caractère administratif» (78).
Inoltre gli accordi formulati attraverso i tipi previsti dal diritto sovranazionale o da quello nazionale hanno la vincolatività normalmente prevista per detti tipi. Come ricorda la prassi francese sulla cooperazione decentrata, un gemellaggio, per esempio, può condurre alla costituzione di un ente pubblico o di un’associazione di diritto privato, comunque retti da una normativa cogente.
Questa vincolatività vale ovviamente soprattutto quando l’accordo è direttamente o indirettamente regolato dal diritto comunitario. Il diritto dell’Unione è infatti costruito sull’azionabilità diretta delle situazioni giuridiche che crea in capo ai soggetti di diritto. La tutela effettiva dei diritti rilevanti a livello comunitario deriva dalla possibilità di avvalersene in azioni dinnanzi ai giudici nazionali (79). Sottolinea la Commissione come sia necessario che i singoli e le imprese abbiano accesso a tutti i rimedi giuridici che gli Stati nazionali abbiano previsto, alle stesse condizioni che si applicano nel caso di violazione di norme di diritto interno (80).
Gli accordi transnazionali creano diritti e doveri tra le parti, che sono ovviamente azionabili di fronte ad un giudice nazionale o un arbitro, come anche dimostrano le clausole compromissorie o le clausole penali che in molti casi sono inserite nei testi contrattuali. Ma anche nei casi in cui mancano tali clausole l’azionabilità consegue dal carattere contrattuale degli accordi, e dalla presenza di obbligazioni che da essi derivano.
Riguardo a quei casi in cui gli accordi di cooperazione escludono la loro vincolatività, la stessa dottrina, che parla delle clausole di non giuridicità, fa presente che il giudice che dovesse conoscere l’accordo non è obbligato ad accogliere la qualificazione fornita dalle parti, se ravvisa l’esistenza di effetti giuridici (81).
Come dimostra la giurisprudenza comunitaria riguardante i gentlement agreement, in materie come la concorrenza o la tutela di altri interessi considerati preminenti, anche gli accordi qualificati come non vincolanti possono avere effetti giuridici al di là dell’intenzione delle parti (82).
Anche nel caso in cui si volesse ricondurre alcuni degli accordi in discorso, come i gemellaggi, nell’alveo degli atti di cortesia interistituzionale, la completa irrilevanza giuridica non è sostenibile. In primo luogo perché sono documentabili effetti indiretti, come quelli di legittimare la condotta delle amministrazioni coinvolte. Si considerino per esempio le sentenze riguardanti la legittimità delle spese effettuate dagli enti che pongono in essere gemellaggi o altri accordi di cooperazione internazionale (83).
Ma poi come dimostra la dottrina che si è occupata in generale delle cosiddette «prestazioni cortesi» (84), chi offre tali prestazioni (per motivi affettivi, sociali, etici, familiari, di correttezza) non va esente da responsabilità nel caso in cui disattende le aspettative dell’altra parte, soprattutto quando sono in gioco interessi di particolare rilievo per l’ordinamento giuridico (come la salute, la vita, la dignità) (85).
Gli interessi sottesi agli accordi di cooperazione internazionale sono sicuramente di grande pregio per l’ordinamento, come dimostrano le stesse fonti giuridiche.
In ogni modo va sottolineato che gli accordi in parola non sono posti in essere per motivi di semplice cortesia, ma in base a competenze assegnate dalla legge agli organi coinvolti. Apparirebbe per lo meno singolare che nell’ambito di tali rapporti gli enti pubblici, o comunque i soggetti obbligati a svolgere funzioni pubblicistiche, vadano esenti da responsabilità in caso di non corretto adempimento dei loro compiti (86).
 
 
7. Effetti nei confronti dei terzi
 
Gli strumenti per la cooperazione internazionale di cui si è detto hanno un rilievo giuridico non solo tra le parti, ma anche nei confronti di altri soggetti.
L’effetto in capo ai terzi viene fatto discendere dall’interesse tutelato da questi accordi, che è quello delle comunità interessate. Queste comunità sono infatti beneficiarie delle potenziali «esternalità positive» derivanti dalla collaborazione transnazionale (87).
Il perseguimento di interessi di natura generale è stato osservato con riferimento ad accordi che istituiscono i codici di autodisciplina (88).
Gli accordi tra enti locali hanno effetti, inoltre, sulle relazioni imprenditoriali tra regioni, oppure su associazioni di categoria, di promozione turistica o sportiva, così come su studenti appartenenti a vari livelli del sistema scolastico ed universitario (89).
Gli eventi, piuttosto che le attività connesse agli accordi di cui in narrativa, realizzano benefici sociali per i destinatari diretti ed indiretti (si pensi all’indotto derivante della circolazione degli studenti nei programmi che coinvolgono scuola o Università, da una fiera o da mostra in un gemellaggio), i cui costi sono addossati ai soggetti promotori e pertanto internalizzati negli stessi contratti che realizzano il progetto.
Sul piano dell’allocazione dei diritti, allora, la presenza di accordi tra municipalità, per esempio in tema di gemellaggi, o tra Università, ed in generale soggetti pubblici, implica il riconoscimento di interessi qualificati in capo a cittadini, studenti, imprenditori o appartenenti ad associazioni di varia natura quali potenziali destinatari degli interventi derivanti dagli accordi, se interessati a partecipare direttamente all’azione d’attuazione del patto.
Nel sistema giuridico italiano questi saranno molte volte riconducibili alla nostrana figura dell’interesse legittimo. Si pensi, ad esempio, ad un’impresa che chiede al proprio Comune di partecipare al progetto discendente da un gemellaggio in cui si organizza una fiera di scambio di prodotti tipici. La sua posizione innanzi alla pubblica amministrazione sarà quella di un soggetto che debba attendersi un legittimo esercizio del potere discrezionale della P.A. che valuta le candidature e sceglie i partecipanti (90).
Negli altri ordinamenti europei la posizione dei soggetti giuridici interessati alle attività sarà sempre caratterizzata dalla presenza di interessi qualificati o diritti di singoli o persone giuridiche nei confronti dell’azione della P.A., essendo presenti modalità analoghe di accesso all’attività promosse dalla PA e connesse ad esempio all’attività di gemellaggio (91).
Nel caso in cui, poi, gli accordi siano tra soggetti privati, come associazioni, o fondazioni o quant’altro, la posizione giuridica soggettiva dell’associato o del membro sarà sempre quella di un interesse qualificato alla partecipazione degli aventi derivanti dagli accordi dove la legittimità delle scelte dei soggetti o degli organi attuatori e realizzatori degli stessi discenderà dall’atto costitutivo e dall’accordo stesso, fonti del potere e sugli stessi limiti (92).
In questi casi la giurisprudenza contabile, per esempio, ravvisa la legittimità in «un interesse della popolazione a tale attività ed un vantaggio morale o materiale diretto» (93).
Una conferma del rilievo dell’interesse locale viene dalla giurisprudenza amministrativa francese. Per il Conseil d’État tale interesse serve a circoscrivere le competenze degli enti locali a stipulare accordi di carattere transnazionale, anche nel caso in cui tali competenze non fossero rese esplicite dalla legge dello Stato (94).
L’intervento si deve giustificare per l’esigenza di un interesse pubblico, sia per natura (in opposizione all’interesse privato), sia per la carenza dell’iniziativa privata (95).
Soprattutto l’azione internazionale dell’ente locale deve perseguire un interesse diretto per la popolazione interessata, inteso come interesse reciproco delle comunità coinvolte nell’accordo di cooperazione decentrata (96).
In applicazione di questa giurisprudenza relativa alla determinazione dell’interesse locale, il Conseil d'Etat ha considerato nella sua decisione Villeneuve-d’Asqu del 28 luglio 1995 che il versamento della comunità locale di una borsa a due studenti stranieiri rispondeva ad un interesse comunale, in virtù di un gemellaggio con il comune e diretti all’Université de Lille situata nella Villeneuve-d'Ascq. Intendendo «faciliter l'accueil d'étudiants de haut niveau, spécialistes de certaines techniques avancées», il comune ha per obiettivo «d'encourager le développement ultérieur de projets de coopération associant des instituts de recherche et des entreprises situés tant sur le territoire de la commune de Villeneuve-d'Ascq que sur celui des collectivités dont étaient issus les deux étudiants bénéficiant des bourses».
 
 
8. La funzione degli accordi di cooperazione transnazionale
 
Nei paragrafi precedenti si è osservato come gli accordi di cooperazione transnazionale, possano essere considerati veri e propri rapporti contrattuali (97), sebbene non hanno (o non hanno soltanto) gli scopi tradizionalmente assegnati ai contratti, e cioè quelli di far nascere o trasferire diritti patrimoniali.
Nei contratti di cui si sta parlando lo scambio economico-patrimoniale non costituisce più l’unica ragione per la stipula di contratti, ma vengono in rilievo le finalità poste dalla legge, che fondano la meritevolezza degli interessi perseguiti (art. 1322, 2° co., c.c.) (98). Tali interessi comportano una finalizzazione dei rapporti (99) e incidono sulla interpretazione e applicazione delle norme (100), ma non escludono il carattere contrattuale degli accordi che si stanno studiando.
I contratti dimostrano una grande vitalità nell’adattarsi ad esigenze nuove ed inaspettate (101). Essi sono importanti strumenti di internazionalizzazione dell’economia e delle innovazioni economiche (102).
Ma il contratto svolge oggi numerosi compiti diversi da quelli mercantili: diventa strumento di attuazione delle politiche comunitarie e nazionali in sostituzione del tradizionale provvedimento amministrativo (103); serve per riconoscere titoli e periodi di formazione, per autorizzare un trattamento terapeutico (104), e per altre finalità ancora.
Il contratto, attraverso gli accordi di cui si sta parlando, serve inoltre come strumento di governante (105). La sua apparente neutralità politica e il rilievo giuridico di cui è dotato, ne fanno un potente e flessibile strumento per attuare e promuovere i processi di cooperazione internazionale e, in particolare, quelli di integrazione sovranazionale (106).
Gli accordi di diritto privato sono particolarmente adatti all’integrazione europea, dove la complessità normativa e principi come quello di sussidiarietà consigliano tecniche di governo di soft law (107),chevalorizzano la costruzione dal basso ed le autonomie.
In particolare gli accordi in esame consentono, su basi formalmente paritarie, la partecipazione di attori diversi, impegnati in un processo decisionale aperto e continuo (108), che costituisce un vero e proprio «laboratorio» di integrazione (109), come è stato osservato soprattutto con riferimento agli strumenti giuridici di cooperazione territoriale in Europa (110).
Nell’ambito del contributo che tali accordi danno alla governance dei processi di integrazione, va posta in evidenza soprattutto la loro funzione «normativa».
Con questa affermazione non si vuole tanto riferirsi alla nozione accolta in dottrina di «contratto normativo» con cui le parti creano una disciplina che va tradotta in accordi specifici.
Qui, in maniera più ampia, si vogliono considerare tutte le conseguenze di questi accordi sulla produzione di regole giuridiche.
Che i contratti possano avere un rilievo sulla produzione di norme giuridiche è acquisito nella dottrina che parla di «formazione negoziale del diritto» (111), soprattutto con riferimento ad ordinamenti giuridici settoriali (112), come quelli costituiti da gruppi professionali. Anche in questo caso si possono ricordare gli esempi dei codici di condotta, dei principi contabili stabiliti dagli ordinamenti professionali (113), le decisioni dei comitati etici.
Hanno una funzione normativa, inoltre, gli accordi tra enti territoriali, i quali stabiliscono regole che, oltre che valere per i soggetti e le comunità interessate, possono costituire precedenti di successo e buone pratiche, che potrebbero essere poi generalizzate nelle fonti giuridiche sovranazionali.
I contratti di cui si sta parlando hanno l’innegabile vantaggio di permettere pattiziamente di introdurre, almeno in potenza, norme giuridiche che contribuiscono ad eliminare gli ostacoli per la cooperazione transfrontaliera, ovvero sulla scorta delle esigenze che da questi accordi nascono, ammettere interpretazioni - anche sul piano di quella giudiziaria - tendenti al raggiungimento o al perseguimento degli scopi evidenziati in detti accordi (114).
 
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NOTE
 
 
(1) È una espressione di Immanuel Wallerstein. Tra gli altri studiosi che si sono occupati del tema v. I. Prigogine, The Networked Society, Journal of World-Systems Research, Special Issue: Festchrift for Immanuel Wallerstein – Part II, 2000, VI, 3, pp. 892-898.
(2) R. Coletti, J. L. Rhi-Sausi, Paradiplomazia e politica estera nell’Unione europea, paper preparato per il Seminario «Il Mondo si Globalizza. L’azione internazionale dei governi subnazionali», organizzato da CeSPI, Globus et Locus e dall’IILA, il 25 febbraio 2010, in www.cespi.it . Sul ruolo internazionale delle Regioni v. la Comunicazione della Commissione, «Local Authorities: Actors for Development», COM(2008) 626 def.
(3) Regolamento n. 1659/98 del Consiglio del 17 luglio 1998 relativo alla cooperazione decentralizzata (Questo strumento normativo è sostituito dal regolamento che istituisce lo strumento di finanziamento e cooperazione allo sviluppo dal 1° gennaio 2007); in base all’art. 3 del regolamento sono partner nell’ambito della cooperazione decentrata i poteri pubblici locali (compresi quelli comunali); le organizzazioni non governative; le organizzazioni delle popolazioni autoctone; le associazioni professionali; i gruppi d'iniziativa locali; le cooperative; i sindacati; le organizzazioni rappresentative degli operatori economici e sociali; le organizzazioni locali (comprese le reti) che operano in materia di cooperazione e di integrazione regionali decentrate; le organizzazioni di consumatori; le organizzazioni di donne o di giovani; le organizzazioni d’insegnamento, culturali, di ricerca e scientifiche; le università; le chiese; le associazioni o comunità religiose; i media; qualsiasi associazione non governativa o fondazione indipendente in grado di fornire un contributo allo sviluppo.
(4) Con «integrazione regionale» si possono denominare quei processi che conducono Stati, considerati completamenti sovrani, a mescolarsi, fondersi e combinarsi in modo volontario con altri (solitamente vicini), perdendo gli attributi effettivi della sovranità mentre acquisiscono nuove tecniche per risolvere i conflitti tra loro eventualmente esistenti (E. Haas, The study of regional integration: reflections on the joy and anguish of pre- theorizing)., in International Organization ,Vol. 24, 1970, p. 610.
(5) V. Capitolo 28 del documento «Agenda 21», sottoscritto dai 170 Paesi presenti alla Conferenza su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro del 1992; OECD, Lessons Learned on Donor Support to Decentralisation and Local Governance, 2004, in www.oecd.org
(6) Sul significato di MLG in Europa si veda H._J Blanke,Multilevel Governance - A legal perspective, in Teoria del diritto e dello Stato, 1, 2010, p. 1 ss.
(7) J.L. Rhi-Sausi, N. Oddone, Fronteras y cooperación transfronteriza en América Latina: introducción al Proyecto Fronteras Abiertas, in J.L. Rhi-Sausi, D. Conato, a cura di, Cooperación transfronteriza e Integración en América Latina, Roma, 2009, p. 11 ss. 
(8) Tra gli esempi di collaborazione interregionale nel seno del Mercosur si può citare l’esempio della rete di governi locali denominata «Mercociudades» (www.mercociudades.org ).
(9) Gli accordi di cooperazione transfrontaliera sono nomiati dalle fonti del SICA (por esempio v. l’art. 25, Regolamento interno del Parlacen, che tratta della «Comisión de Desarrollo Municipal y Participación Ciudadana»). La legittimità di accordi di questo genere è poi direttamente affermata dalla Declaración del PARLACEN AP/1-209/2009 del 2009 che riconosce un accordo tra el Departamento de Nueva Segovia y El Paraíso, en Nicaragua y Honduras, che coinvolge 32 municipios dei due paesi.
(10) Cfr. M. Perkmann, Cross Border Regions in Europe. Significance and drivers of regional cross-border cooperation, in European Urban and Regional Studies, n. 10, 2003, pp. 153-171.
(11) Consiglio d’Europa, Practical Guide to Transfrontier Co-operation, 2006
(12) R. Coletti, La experiencia europea como marco general de referenzia, in J.L. Rhi-Sausi, D. Conato, a cura di, Cooperación transfronteriza e Integración en América Latina, cit., p. 33 ss.
(13) Corte cost., sent. 211/2006 del 17maggio 2006 e del 1 giugno 2006, v. par. 2.2 delle considerazioni in diritto.
(14) V. Mauro, La disciplina delle relazioni transnazionali degli enti locali, in Azienditalia, 2005, 7, 1.
(15) V. Mauro, La disciplina delle relazioni transnazionali degli enti locali, cit.
(16) V. per es. il Testo unico per le attività internazionali della Regione Toscana, che stabilisce all’art. 1, 2° co., stabilisce che «nel rispetto degli indirizzi di politica estera dello Stato, la presente legge disciplina le attività di rilievo internazionale ed europeo della Regione in materia di: a) partecipazione al processo normativo comunitario dell’Unione Europea e di attuazione degli obblighi comunitari; b) sottoscrizione di accordi con stati ed intese con enti territoriali interni ad altri stati; c) adesione alle associazioni internazionali di regioni, partecipazione alle reti internazionali, rapporti con gli organismi internazionali, scambi di esperienze e conoscenze con amministrazioni regionali e stati esteri, predisposizione di missioni ed eventi; d) cooperazione internazionale e attività in favore dei toscani all’estero; e) promozione ed internazionalizzazione.»
(17) Un esempio interessante in questo senso è quello del Consiglio comunale di Reggio Emilia che ha deliberato nel 1999 la costituzione di una società, la «Reggio nel mondo Agenzia per la promozione di Reggio Emilia srl», per la diffusione e la promozione della città di Reggio Emilia in Italia e all’estero. La finalità della società è la diffusione e la promozione della città «nell’insieme dei suoi rapporti culturali, sociali ed economici in Italia e all’estero». La società, allora, per il raggiungimento dei propri scopi può collaborare con gli uffici comunali nelle attività di gemellaggio, per la realizzazione di nuovi rapporti finalizzati allo scambio e conoscenze, anche mediante la presentazione di appositi progetti europei;collaborare per realizzare attività di solidarietà e cooperazione internazionale. La stessa può anche stipulare convenzioni, intese e protocolli di collaborazione, compiendo operazioni finanziarie e commerciali che il Comune ritiene necessarie e opportune ed assumere partecipazioni in altre società, consorzi, istituti, associazioni. Sul tema v. G. Ielo, Nasce «Reggio nel mondo srl» del comune di Reggio Emilia, in Azienditalia, Fin. e Trib., 1999, 14, p. 953.
(18) V. la ricostruzione contenuta nel documento del Conseil d’État, Le cadre juridique de l’action extérieure des collectivités locales, adottato il 7 luglio 2005, Paris, 2006, p. 13 ss.
(19) B. Gallet, Les enjeux de la coopération décentralisée, in La revue internationale et stratégique, n° 57, printemps 2005, p. 60 ss. Sugli aspetti legali degli accordi di cooperazione decentrata v. la cicolare del Ministère de l’Interieur e del Ministére des Affaires Étrangerès del 20 aprile 2000, avente ad oggetto La coopération décentralisée des collectivités territoriales françaises et de leurs groupements avec des collectivités territoriales étrangères et leurs groupements.
(20) P. Janin, Le statut et le régime juridique des organismes de coopération transfrontalière en droit français, in Aux coutures de l'Europe. Défis et enjeux juridiques de la coopération transfrontalière, sous la direction de Henri Comte et Nicolas Levrat, L’Harmattan, 2006, p. 251 ss.
(21) La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 si applica ai trattati tra Stati (art. 1), in quanto rappresentati dai Capi di Stato o di Governo, dai Ministri degli Esteri e gli altri rappresentati dello Stato (art. 7, par. 2).
(22) Cfr. Oddone, La Red de Mercociudades: Globalización, integración regional y desarollo local, Valencia, 2008.
(23) A. Vion, L’invention de la tradition des jumelages (1951-1956) : mobilisations pour un droit, in Revue française de science politique, vol. 53, n° 4, agosto 2003, p. 559-582.
(24) Per quanto riguarda leggi regionali riguardanti i gemellaggi v., per esempio, L.R. Piemonte 29 maggio 2009, n. 15, Promozione di gemellaggi tra comunità del Piemonte e comunità di paesi esteri; L.R. Emilia-Romagna del 27 giugno 1997 n. 18 rettificata dalla Delibera di Giunta n. 966 del 30 giugno 2008, Iniziative per la promozione dell’integrazione europea e la collaborazione tra i popoli di tutti i continenti; L.R. Lazio 19 Febbraio 1985, n. 17, Iniziative regionali per la promozione degli scambi socio-culturali bilaterali e multilaterali in favore dei giovani, l'informazione e l'attuazione delle politiche e dei regolamenti comunitari in materie di competenza regionale.
(25) Tra gli esempi M. Piccarozzi, A. Micconi, Esperienze significative di cooperazione decentrata allo sviluppo sostenibile, in La cooperazione dei territori per lo sviluppo e la sostenibilità. Linee di indirizzo, esperienze e proposte per tradurre in azione i principi di sostenibilità nella cooperazione decentrata, a cura di Andrea Stocchiero, 2009, p. 27 ss., in www.cespi.it. V. anche Partenariati territoriali Italia Balcani, Valutazione strategica della cooperazione decentrata sostenuta dall’art. 7 della legge 84/01 - Linea MAE, a cura di Andrea Stocchiero, 2007, su www.cespi.it
(26) J.L. Rhi-Sausi, N. Oddone, Fronteras y cooperación transfronteriza en América Latina: introducción al Proyecto Fronteras Abiertas, cit., p. 26.
(27) Commissione, Macro-regional strategies in the European Union, 2009.
(28) L’Euro regione è una macro-regione e cioè «un’area che include territori di diversi paesi o regioni associati da una o più sfide e caratteristiche comuni (…) geografiche, culturali, economiche o altro» (European Commission, 2009: 1 e 7)
(29) Il documento base del «Processo di Bologna» è una «dichiarazione» sottoscritta a Bologna nel giugno del 1999 da ventinove paesi europei (oggi sono diventati quarantasei). Il «Processo di Bologna» prevede una revisione biennale degli obiettivi e l’individuazione di nuovi impegni, da realizzare in occasione di appositi vertici dei ministri competenti, e la costituzione di gruppi di lavoro. Gli obiettivi del «Processo di Bologna» sono tramutati in testi giuridici nazionali, adottati in applicazione delle particolari regole interne. In un modo similare si realizza il “Processo di Copenaghen”, in materia di formazione professionale, che si basa sulla dichiarazione del 30 novembre 2002.
(30) Per maggiori approfondimenti su tali temi, si rinvia a R. Cippitani, L’Europa della conoscenza (la ricerca e l’educazione al centro della costruzione comunitaria), in Sediari (a cura di), Cultura dell’integrazione europea, Torino, 2005, 81 ss.
(31) Sulla cooperazione europea nel settore dell’istruzione ed il ruolo delle Università si veda G. Chiara, Linee di sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, in Teoria del diritto e dello Stato, 1, 2010, p. 91 ss.
(32) V. per esempio l’art. 8 dell’Atto di indirizzo dell’attività contrattuale in materia di RS&D della Sapienza – Università di Roma (emanato con D.R. n. 385 del 15-9-2006 ), in base al quale «possono essere conclusi accordi di collaborazione scientifica con soggetti terzi operanti in settori disciplinari affini; detti accordi potranno prevedere l’erogazione di borse di studio, premi di laurea e/o contributi».
(33) R. Cippitani, Il Consortium Agreement, R. Cippitani, L. Fulci, I programmi comunitari per la ricerca e l’innovazione, Perugia 2007, p. 247 ss.
(34) La fonte che attualmente regola la materia (direttiva 2004/18/CE e 2004/17/CE; per l’Italia v. il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), infatti, in coerenza con quanto stabilito dalle direttive precedenti, stabilisce che le amministrazioni aggiudicatici stipulano contratti con gli «operatori economici», che sono da intendere «una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato…la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi». (art. 1, par. 8, direttiva 2004/18/CE). Come suggerito dalla definizione appena riportata, pertanto, si coglie la possibilità per gli operatori economici di partecipare agli appalti, attraverso «raggruppamenti». Per l’articolo 4, paragrafo 2, direttiva 2004/18/CE «i raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare offerte o a candidarsi». Le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica, almeno in fase di presentazione dell’offerta. Può essere imposta una data forma giuridica al raggruppamento solo dopo l’aggiudicazione dell’appalto e solo nella misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona esecuzione dell'appalto.
(35) F. Galgano, Lex mercatoria, Bologna 2001, p. 215. Per un inquadramento del tema dei codici di autoregolamentazione si rinvia a S. Stefanelli, Autoregolamentazione e responsabilità, Diritto privato del mercato cit., 271 ss.
(36) Le considerazioni che seguono sono tratte, soprattutto, dalla Comunicazione della Commissione europea «Verso uno spazio europeo della ricerca», COM (2000) 6, 18-1-2000, nonché dalla Comunicazione della Commissione «Verso una visione strategica delle scienze della vita e della biotecnologia: documento di consultazione», COM (2001) 454, 4 settembre 2001. V. anche il documento della Commissione «Science and Society Action Plan» del dicembre 2001.
(37) V. l’art. 16, § 1, lett. e, direttiva 2000/31/CE, con specifico riferimento alla protezione dei minori; la direttiva n. 95/46, 24 ottobre 1995 sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali che, all’art. 27 n. 1, dispone l’obbligo degli Stati di incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta « destinati a contribuire, in funzione delle specificità settoriali, alla corretta applicazione delle norme nazionali di attuazione della direttiva».
(38) Cfr. S. Rodotà, Legiferare in bioetica, Le scienze – Quaderni, a cura di Defanti, Famigli, Mori, Bioetica, n. 88, Milano 1996, p. 86, che si riferisce alla necessità che non si ricorra alla legge come strumento autoritario per imporre un certo valore, delegittimando altri.
(39) L'EMBO è un'organizzazione privata di singoli membri ricercatori, con l’obiettivo di promuovere la biologia molecolare. La Conferenza europea sulla biologia molecolare (European Molecular Biology Conferenze - EMBC), da cui è finanziato, è stata istituita mediante un accordo intergovernativo firmato nel 1969. I contributi all'EMBC sono stabiliti ogni tre anni secondo una scala che fissa il contributo in percentuale di ciascun paese. Le attività svolte comprendono la concessione di borse (fellowship) a breve e lungo termine e l'organizzazione di scambi, corsi e workshop.
(40) Sono soci dello ESRF paesi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Svizzera) e consorzi di paesi (BENESYNC, che rappresenta il Belgio e i Paesi Bassi e NORDSYNC, che rappresenta la Danimarca, la Finlandia, la Norvegia e la Svezia.). I soci versano i contributi per la costituzione e il funzionamento in base a delle percentuali assegnate (per il funzionamento le percentuali sono: Francia, 27,5%; Germania, 25,546; Italia, 15%; Regno Unito, 14%; BENESYNC, 6%; NORDSYNC, Svizzera e Spagna, 4%). L’ESRF mette a disposizione i propri impianti per lo svolgimento dell’attività sperimentale di gruppi di ricerca in collaborazione (Collaborating Research Groups -CRG) costituiti da gruppi o consorzi dei paesi partecipanti.
(41) Sulla capacità di costituire soggetti giuridici che ci occupano di cooperazione trasfrontaliera nel diritto internazionale, europeo e francese, v. D. Dürr, La création des organismes de coopération transfrontalière, in Aux coutures de l'Europe. Défis et enjeux juridiques de la coopération transfrontalière, cit., p. 235 ss.
(42) Sempre secondo l’Allegato I dec. n. 1982/2006 citata: «In un numero molto limitato di casi, la portata dell'obiettivo di RST e l'entità delle risorse necessarie potrebbero giustificare l'istituzione di partnership pubblico/privato a lungo termine che assumano la forma di iniziative tecnologiche congiunte. Queste iniziative, risultanti essenzialmente dal lavoro delle piattaforme tecnologiche europee e concernenti uno o più aspetti specifici della ricerca nel loro settore, assoceranno investimenti del settore privato e finanziamenti pubblici nazionali ed europei, ivi compresi finanziamenti provenienti dal settimo programma quadro e prestiti e garanzie concessi dalla Banca europea per gli investimenti. Ciascuna iniziativa tecnologica congiunta sarà decisa singolarmente a norma dell'articolo 171 del trattato (che prevede anche l'istituzione di imprese comuni) o sulla base delle decisioni concernenti i programmi specifici, a norma dell'articolo 166, paragrafo 3 del trattato».
(43) Si veda art. 3 del Regolamento (CE) n. 74/2008 del consiglio del 20 dicembre 2007 relativo alla costituzione dell’«Impresa comune ARTEMIS» per l’attuazione di una iniziativa tecnologica congiunta in materia di sistemi informatici incorporati; ovvero art. 3 del Regolamento (CE) n. 71/2008 del consiglio del 20 dicembre 2007 che istituisce l’impresa comune Clean Sky. Si veda anche Regolamento (CE) n. 72/2008 del Consiglio del 20 dicembre 2007 relativo alla costituzione dell’impresa comune ENIAC.
(44) Qui gli esempi sono infinti; si riporta solo a titolo meramente indicativo il riferimento al Comitato Gemellaggi Comune di Jesi istituito il 19 maggio 2007; al Comitato per il Gemellaggio del comune di Bernareggio; al Comitato per il Gemellaggio di Santa Teresa di Riva; al Comitato per il Gemellaggio di Comune di Bitonto; al Comitato per il Gemellaggio tra Altare e San Carlos Centro; al Comitato per il Gemellaggio del Comune di Mapello; al Comitato per il Gemellaggio del Comune di Lucca; al Comitato per il gemellaggio tra Castelcucco e Rohr; al Comitato per i gemellaggi Comune di Sacile, etc.
(45) Gli Enti pubblici infatti possono partecipare a comitati che esplichino la loro attività nell’ambito del diritto privato senza la necessità di forme particolari ma solo in base alla manifestazione di volontà dei propri organi e senza la necessità di una formale deliberazione né dell’autorizzazione da parte di organi di controllo, si veda sul punto Cass. 26 novembre 1958, n. 3787, in Foro It., 1958, I, c.1789. Ed invero per la costituzione di un Comitato il codice civile non chiede certo alcuna forma, si veda Cass. 12 giugno 1986, n. 3898, in Nuova Giust. Civ. Comm., 1987, 5, p.7
(46) http://www.aiccre.it/pdf/regolamento_comitato.pdf
(47) Si veda il Modello per la costituzione dei Comitati diffuso dalla Provincia di Mantova nel suo Regolamento per i Gemellaggi, in www.propvinciamantova.it: «art. 3 – Struttura- I componenti del Comitato formano l’Assemblea. L’Assemblea elegge al suo interno la Giunta esecutiva composta da:un presidente un vicepresidente un segretario un tesoriere (….); art. 6 – Attività e funzionamento della Giunta. La Giunta esecutiva si occupa di attuare i programmi decisi dall’Assemblea e approvati dal Consiglio comunale. Il Presidente convoca la Giunta esecutiva ogni qualvolta lo ritenga opportuno o lo richiedano x componenti. Le sedute sono valide se sono presenti almeno x componenti; (…) art. 9 –Disposizioni finanziarie. Il Consiglio comunale provvede ad iscrivere nel bilancio di previsione di ogni anno unapposito stanziamento di spesa destinato alle attività del Comitato, il cui ammontare saràmesso a disposizione dello stesso solo dietro delibera della Giunta comunale.Per raggiungere i propri obiettivi, il Comitato potrà usufruire di tutti i contributi che, a vario titolo, potranno pervenire da parte di Enti e privati, oltreché del ricavato delle attività che lo stesso provvederà ad organizzare e di altre fonti di entrata che di volta in volta si presenteranno».
(48) Solo per qualche esempio si veda Los Angeles-Berlin Sister City Committee; Join Phoenix Sister Cities; Perugia Sister City Committee of Grand Rapids; Madison-Freiburg Sister City Committee; Dayton Sister City Committee; Baltimore-Xiamen Sister City Committee; Kanegasaki Sister City committee; St. Paul-Nagasaki Sister City Committee; Santa Barbara/Puerto Vallarta Sister City Committee, etc.
(49) Si veda art. 2 del Association incorporation Act 1981 Constitution of sister cities Australia incorporated
(50)Definiti dall’art. D1115-1 il cui scopo è « la mise en oeuvre et de la gestion des actions requises par les projets et programmes de coopération interrégionale et transfrontalière intéressant des collectivités locales des Etats membres de l'Union européenne». I GIP sono persone giuridiche regolati dalla loro convenzione di costituzione (art. D1115-2), anche se sono soggetti alla legge francese.
(51) C. Debbasch, Droit administratif, Paris, 2001.
(52) Le SEML sono definite dall’art. L1521-1 «Les communes, les départements, les régions et leurs groupements peuvent, dans le cadre des compétences qui leur sont reconnues par la loi, créer des sociétés d'économie mixte locales qui les associent à une ou plusieurs personnes privées et, éventuellement, à d'autres personnes publiques pour réaliser des opérations d'aménagement, de construction, pour exploiter des services publics à caractère industriel ou commercial, ou pour toute autre activité d'intérêt général ». Come stabilito dall’art. L1522-1, 3° al., « Sous réserve, pour les Etats qui ne sont pas membres de l'Union européenne, de la conclusion d'un accord préalable avec les Etats concernés, des collectivités territoriales étrangères et leurs groupements peuvent participer au capital de sociétés d'économie mixte locales». Quindi al contrario di quello che stabiliva una prima formulazione della legge, la partecipazione degli enti locali non francesi ma comunitari è ammessa senza necessità di un accordo preventivo con lo Stato di appartenza. Rimane l’obbligo dell’accordo preventivo tra Stati per enti locali al di fuori dell’Unione.
(53) L. Segni, Il programma Phare: strumento di integrazione per un'unione europea allargata, inGiornale Dir. Amm., 2001, 7, p. 675.
(54)Si veda per un’analisi del concetto di forma nell’ordinamento spagnolo L. Díez- Pcazo , A. Gullón, Istitutiones deDerecho civil, vo. 1, Madrid, 1998, p.415 ss.
(55) J. Ghestin, La formation du contrat, in J. Ghestin (a cura di), Traitè de Droit civil, Parigi, 1993, p. 332.
(56) Cfr. art. 16 e art.17 RD 18.11.1923, n. 2440 sulla Contabilità generale dello Stato
(57) Cass. 26 febbraio 2002, n. 2832, in Foro.it, 2002, I, p. 2063
(58) Si veda l’art. 3 e 6 della “Dichiarazione congiunta di convenzione di collaborazione fra gli ordini degli avvocati di Bastia e di Livorno”.
(59) V. l’Accordo di collaborazione culturale tra la Città di Torino e la Ville de Lyon del settembre 2007, in cui si specifica che la seconda, Capitale  Europea della Cultura per il 2013, farà partecipare la prima nelle iniziative previste.
(60) V. il «Protocollo d’Intesa» tra la Cittàdi Torino e il Municipiul Bacau (Romania).
(61) V. l’art. 4 dello schema 2.11 « Model agreement on the creation and management of transfrontier parks between private law associations». Cfr. esempi come l’ Associazione gemellaggio del comune di Montefino ed il comune di Aiterhofen costituita nel 26 Maggio 2006 con lo scopo sociale di favorire e sviluppare i contatti fra le due comunità, anche attraverso un coinvolgimento più ampio dei giovani e della scuola; l’Associazione per il gemellaggio Prato – Ebensee, senza scopo di lucro, che basa il proprio impegno sui principi che stanno alla base del patto di gemellaggio stipulato fra Prato e Ebensee il 27 settembre 1987.
(62) Per esempio, cfr. gli artt. 9 ss. regolamento 1082/1986 per i CEGT.
(63) Cfr., per esempio, il documento della Commissione FP7 Consortium Agreement Check-List, su www.cordis.europa.eu; Raccomandazione della Commissione del 10 aprile 2008, «Gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca» (notificata con il numero C(2008) 1329
(64) Negli schemi allegati alla Covenzione di Madrid diverse clausole fanno riferimento alla responsabilità e al risarcimento del danno per le parti. V., per esempio, l’art. 7 dello schema 2.12 Model agreement between local and regional authorities on the development of transfrontier co-operation in civil protection and mutual aid in the event of disasters occuring in frontier areas, oppure l’art. 9 dello schema 2.13 2.13 Model agreement on transnational co-operation between schools and local communities.
(65) Oltre a tutti i documenti sopra citati, v. l’art. 4 dedicato alle «sanciones» dello Statuto di Mercociudades: « Aquellas ciudades que no cumplieron con lo estipulado en los Estatutos de la Red, serán pasibles de las siguientes sanciones: a.- No podrán ejercer la coordinación de Unidades Temáticas ni integrar el Consejo Directivo, aquellas ciudades que no estén al día con sus cuotas anuales; b.- Perderán su derecho a voto en la Asamblea General de la Red, aquellas ciudades que adeuden 2 cuotas anuales consecutivas ; c.- Perderán automáticamente su condición de asociadas, aquellas ciudades que tengan impagas 3 cuotas anuales consecutivas. El consejo de la Red se reservará la facultad de considerar y de resolver casos especiales planteados por las ciudades en relación a las sanciones mencionadas precedentemente ».
(66) Si veda ancora la «Dichiarazione congiunta di convenzione di collaborazione fra gli ordini degli avvocati di Bastia e di Livorno» dove al suo art. 4 nella quale si prevede una forma obbligatoria di conciliazione. Si veda art. 10 del Association incorporation Act 1981 Constitution of sister cities Australia incorporated denominato «Disputes And Mediation» che stabilise che «10.1 The grievance procedure set out in this clause applies to disputes under this Constitution between: (a) a member and another member; or (b) a member and the Organisation 10.2 The parties to the dispute must meet and discuss the matter in dispute, and, if possible, resolve the dispute within 14 days after the dispute comes to the attention of all of the parties. 10.3 If the parties are unable to resolve the dispute at the meeting, or if a party fails to attend that meeting, then the parties must, within 10 days, hold a meeting in the presence of a mediator. 10.4 The mediator must be: (a) a person chosen by agreement between the parties; or (b) in the absence of agreement: (i) in the case of a dispute between a member and another member, a person appointed by the committee of the Organisation; or (ii) in the case of a dispute between a member and the Organisation, a person who is a mediator appointed or employed by a Dispute Settlement Centre. 10.5 A member of the Organisation can be a mediator. 10.6 The mediator cannot be a member who is a party to the dispute. 10.7 The parties to the dispute must, in good faith, attempt to settle the dispute by mediation. 10.8 The mediator, in conducting the mediation, must: (a) give the parties to the mediation process every opportunity to be heard; and (b) allow due consideration by all parties of any written statement submitted by any party; and (c) ensure that natural justice is accorded to the parties to the dispute throughout the mediation process. 10.9 The mediator must not determine the dispute. 10.10 If the mediation process does not result in the dispute being resolved, the parties may seek to resolve the dispute in accordance with the Act otherwise at law».
(67) È il fenomeno dei c.d. contratti tipizzati socialmente che hanno ricevuto con il vaglio positivo della giurisprudenza. Si veda per esempio il caso dell’ATI costituita per partecipare ad una gara di appalto in Cass., 16 febbraio 1963, n. 342, in Foro it., 1963, I, 1990, ed anche Cass., 24 febbraio 1975, n. 681, in Giur. comm., 1976, II, 780, seguita in sede di rinvio da App. Firenze, 13 dicembre 1976 inedita. V. la definizione di tipicità utilizzata dal Betti, per cui «la configurazione per tipi non si opera di necessità mediante qualifiche tecnico-legislative: essa può operarsi anche mediante rinvio a quelle che sono le concezioni dominanti nella coscienza sociale dell’epoca nei vari capi dell’economia, della tecnica e della morale. Codesta appare infatti la via preferibile appena il bisogno di tutela giuridica dell’autonomia privata si faccia sentire in una sfera così ampia da far divenire le denominazioni tradizionali inadeguate ed insufficienti ad esaurire il campo. Allora, al posto della rigida tipicità legislativa imperniata sopra un numero chiuso di denominazioni subentra un’altra tipicità che adempie pur sempre il compito di limitare e indirizzare l’autonomia privata, ma, a paragone di quella, è assai più elastica nella configurazione dei tipi e, in quanto si opera mediante rinvio alle valutazione economiche o etiche della coscienza sociale, si potrebbe chiamare tipicità sociale». E. Betti, Teoria generale dell'interpretazione, Milano, 1955, p. 192, vi veda anche E. Betti, voce Causa del negozio giuridico, in Noviss. Digesto it., Torino, III, 1959, p. 32 ss.
(68) Si veda A. Frignani, M Torsello, Il contratto internazionale, cit., p.114.
(69) Le clausole d’uso sono definite tradizionalmente come «le clausole tipiche di determinati mercati: clausole di determinati rami del commercio, di determinate categorie professionali, di determinati ordinamenti del mercato», A. ASQUINI, Integrazione del contratto con le clausole d’uso, in Scritti in onore di Antonio Scialoja, III, diritto civile, Bologna, 1953, p. 30.
(70) Sulla storia del rapporto tra regioni e Stati nella cooperazione interregionale, v. M. Quevit, La Grande Région et la problématique des rapports «État-Nation et Région» dans l’Union Européenne, in Revue Internationale de Politique Comparée, Vol. 12, n° 2, 2005, p. 207 ss.
(71) È una delle principali conclusioni del documento del Comitato delle Regioni, The Review of Regulation (EC) 1082/2006 on the European Grouping of Territorial Cooperation, del 2010: «The fact that the Regulation allows the Member States to take different decisions in the process of national implementation has led to differences of legal status (public or private law, limited or unlimited liability) so in two neighbouring States the regime may be radically different: Slovenian EGTCs are entities of private law, Italian ones fall under public law; the Czech Republic does not allow EGTCs with limited liability, but Poland rejects unlimited liability; France counts EGTCs as ‘syndicats mixtes’ under French law so in practice all the EGTCs set up with French partners must be established in France. Italian EGTCs do not last indefinitely».
(72) V. per esempio il caso del regolamento (CE) n. 1435/2003 relativo allo statuto della Società di Capitali Europea (SCE). La Corte di Giustizia nella sentenza del 2 maggio 2006, C-436/03, Parlamento / Consiglio, in Racc. 2006, p. I-3733, afferma la natura comunitaria della SCE e l’applicazione solo residuale del diritto nazionale.
(73) V. ancora in http://www.twinning.org/it/page/il-giuramento-del-gemellaggio.html).
(74) P. Ndiaye, La responsabilité des acteures lacaux de la coopération tranfrontalière, in Aux coutures de l'Europe. Défis et enjeux juridiques de la coopération transfrontalière, cit., p. 335 ss.,
(75) V. a tal proposito il paragrafo 23 dell’Explanatory Report per cui gli arangements e gli agreements «involve the establishment of specific legal links».
(76) V., per es. l’art. 5 dell’Accordo Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese riguardante la cooperazione transfrontaliera tra le collettività territoriali stipulato a Roma il 26 novembre 1993 «Le parti contraenti non sono in alcun modo impegnate dalle conseguenze contrattuali degli accordi e delle intese concluse fra le collettività territoriali e dall'applicazione di tali accordi ed intese»
(77) V. l’avis del Conseil d’État del 25 ottobre 1994, n. 356 381, in Rapport public 2004, EDCE, n. 46, p. 379.
(78) Cfr. Tribunal de Conflicts sentenza del 21 marzo 1983, Union des Assurances de Paris, p. 537, in AJDA, 1983, p. 356.
(79) Corte giust., 25 luglio 1991 C-208/90, Emmott / Minister for Social Welfare et Attorney General, Racc.,1991, p. I-4269. I Trattati, infatti, rispetto alle norme aventi diretta applicabilità, nonostante abbiano istituito «un certo numero di azioni dirette che possono eventualmente venire esperite dai singoli innanzi alla Corte di Giustizia, non hanno comunque inteso istituire mezzi di impugnazione dinanzi ai giudici nazionali, onde salvaguardare il diritto comunitario, diversi da quelli già contemplati dal diritto nazionale» (così testualmente Corte giust., 7 luglio 1981 C-158/80, Rewe / Hauptzollamt Kiel, Racc. 1981, 1838). La Commissione prosegue affermando che questa parità di trattamento sul piano interno tra le situazioni giuridiche soggettive di provenienza comunitaria e quelle che trovano origine nelle leggi nazionali «non riguarda solo la dichiarazione definitiva della violazione delle regole della concorrenza, ma si riferisce a tutti gli strumenti giuridici atti a promuovere una tutela giudiziaria efficace». Le situazioni giuridiche soggettive comunitarie rilevanti nei rapporti interindividuali, quindi, trovano i loro strumenti di tutela nei sistemi interni, in una sorta di equiparazione di trattamento con le posizioni giuridiche nazionali. Cosa che non sorprende affatto, dato il rapporto di compenetrazione che sussiste tra le norme comunitarie direttamente applicabili ed il sistema delle fonti nazionali. La giurisprudenza comunitaria stabilisce che compete «all’ordinamento giuridico di ciascun Stato membro designare il giudice competente a risolvere controversie vertenti sui diritti soggettivi, scaturenti dall’ordinamento giuridico comunitario, fermo restando tuttavia che gli Stati membri sono tenuti a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva di detti diritti». V. soprattutto Corte eur. giustizia, 9 luglio 1985, C-179/94, Dillenkofer e.a. / Bundesrepublik Deutschland, Racc.1985, 2317; si veda inoltre Corte giust., 11 dicembre 1973 C-120/73, Lorenz GmbH / Bundesrepublik Deutschland e.a, in Foro it., 1974, IV, 218.
(80) Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell’applicazione degli artt. 85 e 86, T.C.E, Pubblicata in G.U.C.E. C 39, 13 febbraio 1993, 6.
(81) P. Ndiaye, La responsabilité des acteures lacaux de la coopération tranfrontalière, cit., p. 339 s.
(82) Corte Giust., sent. 15 luglio 1970, causa 41/69, Acf Chemiefarma Nv c. Commissione, in Racc.,1970, p. 661; Corte Giust., sent. 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78 a 215/78 e 218/78, Heintz van Landewyck Sarl e altri c. Commissione, in Racc.,1980, p. 3125.
(83) Si riportano alcuni esempi in questo senso: T.A.R. Lombardia Milano, sent. n. 200305751 del 10 dicembre 2003, che considera legittime le deliberazioni della Giunta provinciale che autorizzavano la partecipazione di una delegazione - composta da due amministratori e due funzionari - ad una serie di incontri che si sarebbero tenuti dal 14 al 24 luglio a Manaus, Brasilia e Rio de Janeiro sul tema della salvaguardia della foresta amazzonica. Il viaggio è stato effettuato su formale invito del Sindaco di Manaus (già ospite della Provincia in precedente occasione) anche allo scopo di formalizzare un rapporto di gemellaggio già da tempo avviato. Non va trascurato che il tema dell'incontro atteneva alla salvaguardia am-bientale, e dunque a materia non estranea alle attribuzioni della provincia. In questo contesto si giustificava sia la partecipazione di due amministratori (nella funzione di rappresentanza connessa allo «scambio di visita»), sia la partecipazione di due funzionari. V. anche C. Conti Sicilia Sez. giurisdiz., 16 marzo 1998, n. 80, in Comuni d'Italia, 1998, p. 1698, per cui il finanziamento, da parte di un comune, di spese per la formazione di rapporti di amicizia con comunità straniere (c.d. gemellaggio) può farsi rientrare nelle finalità istituzionali degli enti, se siano sussistenti un interesse della popolazione a tale attività e un vantaggio morale o materiale diretto la cui soddisfazione non sia sentita come estranea alla popolazione stessa. Sulla stessa linea si veda C. Conti Sez. II, 02-06-1997, n. 66, in Riv. Corte Conti, 1997, fasc.5, 115 per cui non costituisce danno erariale, il disposto esborso di denaro per spese di viaggio all'estero promosso dagli amministratori comunali per la valorizzazione dell'immagine del comune rappresentato, essendo del tutto ragionevole l'iniziativa del gemellaggio da parte di un comune quale soggetto a fini generali, purchè essa si palesi adeguata al fine sotto l'aspetto dei mezzi impiegati. Si veda ancora T.A.R. Liguria Sez. II, 19 marzo 1994, n. 138, in Trib. Amm. Reg., 1994, I, p. 1984 per cui l'instaurazione di rapporti di amicizia con comunità locali estere (c.d. gemellaggio) rientra nelle finalità istituzionali degli enti locali, secondo il sistema previsto in via generale dagli art. 92, 145 e 312 t.u. 3 marzo 1934 n. 383, ove sussistano un interesse della popolazione ed un vantaggio morale o materiale diretto, la cui soddisfazione non sia sentita come estranea alla popolazione stessa. In tale ipotesi non è configurabile un danno per l'ente, perseguibile nei confronti degli amministratori che hanno disposto le relative spese. C. Conti Sez. I, 21-10-1992, n. 212, in Riv. Corte Conti, 1992, fasc.5, p. 53
(84) A. Palazzo, Gratuità e attuazione degli interessi, in A. Palazzo, S. Mazzarese (a cura di), I contratti gratuiti, in Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno e E. Gabrielli, Torino, 2008, p. 3 ss., spec. 9 ss.
(85) Più ampiamente v. A. Palazzo, Atti gratuiti e donazioni, Torino, 2000, p. 9 ss.
(86) L’azione degli enti pubblici è permeata infatti dal rispetto del principio sia di legalità che di doverosità. Per rispetto del principio di legalità si intende essenzialmente legalità-indirizzo, rintracciando in quest’ultima «un’obiettiva funzione ordinativa, la funzione di limitare e incanalare l’attività dello Stato nell’interesse dello Stato medesimo» (M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 1976, p. 27), per cui «l’evoluzione dell’amministrazione in senso pluralistico e la conseguente introduzione dei diversi interessi in gioco acuisce e non surroga l’esigenza della legalità come legalità-indirizzo» (F. Cangelli, La dimensione attuale del vincolo teologico nell’attività amministrativa consensuale  , in AA. VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Atti del convegno, Milano 2002, p. 267) il principio di legalità-indirizzo, espressione del collegamento tra amministrazione e popolo per il tramite della volontà popolare, dovrà considerarsi vigente anche per l’attività amministrativa consensuale e più prettamente privatistica (C. Marzuoli, Principio di legalità e attività di diritto privato dell’amministrazione, Milano, 1982,p. 23). Altri, invece, parlano più propriamente di vigenza in tutti i campi di azione della pa del principio di doverosità, dove il punto di partenza è la considerazione della funzionalizzazione dell’attività di diritto privato dell’amministrazione all’interesse pubblico. «Nel linguaggio giuridico della teoria generale il termine usualmente (…) viene richiamato per descrivere la caratteristica comune a certi comportamenti, attivi od omissivi, vale a dire quella di esser dovuti. La doverosità è, quindi, utilizzata per indicare il rapporto sussistente tra una norma dell’ordinamento ed un atto, e precisamente per esprimere tale rapporto in termini di necessitas agendi (od omittendi). Nell’ottica strettamente normativistica il concetto viene, allora, contrapposto a quello di facoltà. (…) Nel diritto amministrativo la doverosità ha iniziato dagli anni 50, a seguito del superamento dell’interpretazione dell’interesse pubblico come interesse della pubblica amministrazione, ad essere menzionata nell’accezione tecnica di preordinazione necessaria dell’azione amministrativa agli interessi pubblici legislativamente determinati. (…) La doverosità, quindi, ha cessato di essere identificata con la mera necessità nell’adozione o nel contenuto del singolo atto, per andare a descrivere l’azione amministrativa nel suo complesso, sul presupposto che l’ordinamento impone alla pa il risultato più che il comportamento ad esso prodromico. Il concetto è, successivamente, passato ad essere menzionato e richiamato come principio del diritto amministrativo e non più, unicamente, come sostantivo riassumente una caratteristica dell’azione della pa» (F. Goggiamani, La doverosità della pubblica amministrazione, Torino, 2005, p. 58 ss. )
(87) L’esternalità è l’effetto dell’azione di un soggetto economico sul benessere di altri soggetti non direttamente coinvolti nel rapporto giuridico da cui discendono gli effetti, quale costo e beneficio aggiuntivo che non venie incluso nella transazione di mercato (J. E. Stiglitz, Principi di Microeconomia, ed. it R. Marchionatti (a cura di), Torino, 1994, p. 452.) Essa è positiva quando gli individui godono di benefici aggiuntivi per i quali non hanno pagato, ovvero sostengono costi supplementari in cui non dovrebbero incorrere nel caso di esternalità negativa.
(88) Come afferma F. Galgano, Lex mercatoria, Bologna, 2001, p. 215, il contratto diventa il principale strumento di innovazione giuridica, sostituendo la legge in molti settori della vita sociale, arrivando alla protezione di interessi non solo commerciali ma anche di carattere generale «quale l’interesse dei consumatori, che i meccanismi di autodisciplina difendono contro gli inganni pubblicitari…Da un contratto fra mezzi di comunicazione di massa nasce il codice di autodisciplina e con questo la giustizia privata del giurì di autodisciplina pubblicitaria»
(89) Si veda proprio dal punto di vista delle esternalità economiche discendenti da questi accordi D. C. Lund, Twinning — A business development model for Russia, in Economic Policy in Transitional Economies, 1995, vol. 5, n. 3, p. 91 ss.
(90) V., per esempio l’istanza predisposta dal Comune di Perugia per la partecipazione all’attività inerente i gemellaggi che prevede, affinchè il Comune possa legittimamente permettere la partecipazione della ditta richiedente, la presenza di una «a. relazione illustrativa dello scambio internazionale con indicazione della relativa data, del numero delle persone coinvolte, del presunto numero dei partecipanti e del luogo di svolgimento da cui emerga il contenuto e l’importanza dell’evento sotto il profilo scientifico, culturale, sociale e della promozione di una cultura internazionale nello spirito di crescita e sviluppo degli scambi internazionali; b. previsione di spesa relativa all’iniziativa che si intende svolgere ed eventuali sostanziali modifiche che comportino una riduzione del preventivo di spesa firmato dal rappresentante legale o rappresentante riconosciuto dell’Ente; c. dichiarazione attestante che per l’iniziativa di cui trattasi è stata inoltrata unica richiesta di contributo al Sindaco, con l’indicazione di altre eventuali sovvenzioni o sponsorizzazioni richieste ad altri enti».
(91) La tradizione giudica tedesca che imposta un rapporto di assoluta correlazione tra tutela giurisdizionale e diritti soggettivi perfetti, farà di queste posizioni diritti soggettivi pubblici, sul presupposto che la tutela giurisdizionale è accordata al singolo ogni volta che il suo interesse è oggetto della considerazione della norma si veda M. Protto, L’effettività della tutela giurisdizionale, Milano, 1997, p. 166: «l’individuazione degli interessi rilevanti nella giurisdizione amministrativa richiede (…) di interpretare la volontà obiettiva del legislatore per stabilire quale sia il fine di tutela della norma violata (Schutznormtheorie o Schuttzzwecklehre))». Nel diritto spagnolo, in ragione del fatto che la costituzione iberica, prevede, nel suo articolo 14 (v Cfr. art. 14 Constituciòn espagnola: «todas las personas tienenderecho a obtene la tutela efectiva de los jueces y tribunales en el ejercicio de sus derechos e intereses legìtimos, sin que en ningùn caso pueda producirse indefensiòn») a fianco al diritto soggettivo la figura del c.d. interesse legittimo, si veda sul punto G. De Enterria, R. Fernandez, Curso de derecho administrativo, II, Madrid, 1993, p. 45: “es curioso que el tecnicismo? ‘interesse legìtimos’ reaparezca solemnente en el articolo 24 de la Constituciòn (transcripciòn, si duda, del art. 24 Constituciòn italiana) (…). La ùnica intenciòn que cabe inferir de su menciòn consituticional es la de que la tutela judicial (ubi ius, ibi remedium) no quede limitada a los derechos subjectivos de corte tradicional ”). In Francia nel diritto amministrativo, il diritto oggettivo nel sistema francese non sembra identificare alcuna situazione giuridica soggettiva in capo al cittadino nei rapporti con la pubblica amministrazione. Sono quindi criteri di natura materiale quelli usati dalla giurisprudenza francese, per selezionare l’accesso alla giustizia amministrativa. Nel sistema inglese l’espressione right è usata in un modo generico indicando ogni sorta di vantaggio legale, comunque rivendicato, privilegio, potere o immunità (Cfr. Hohfeld, Fundamental legal conceptions as applied in judicial reasoning, in Yale law. Journ., 26, 1917, p. 710, il quale ha elaborato una conosciuta indagine sui diversi signifiicati da attribuire ad alcune espressioni giuridiche del sistema inglese). La stessa tutela apprestata alle legittimate expectations attraverso l’application for judicial review, e che oggi affianca i sistemi dei remedies nei giudizi tra privati, è significativa nel senso di una ricostruzione unitaria delle posizioni giuridiche soggettive.
(92) Gli esempi in questo senso possono essere molti, uno di questi è fornito dalla «Dichiarazione congiunta di convenzione di collaborazione fra gli ordini degli avvocati di Bastia e di Livorno» dove al suo art. 8 vi è l’istituzione di una apposita Commissione composta dai membri dei due dipartimenti internazionali dei due Ordini professionali che è incaricata dell’applicazione della convenzione e più in generale della cooperazione tra i due ordini. In questo caso sarà la Commissione che analizzerà le proposte che provengono dagli associati per usufruire dei servizi che vengono istituiti ai sensi del citato accordo, quali ad esempio il soggiorno per la formazione dei avvocati di un Ordine presso l’altro.
(93) C. Conti Sez. riunite, 4 gennaio 1984, n. 359, in Giur. It., 1985, III,1, 123
(94) V., per esempio Conseil d’État, Ass. 6 aprile 1990, Département d’Ille-et-Vilaine a proposito del superamento di limiti nell’attribuzione di sovvenzioni.
(95) Conseil d’État, 30 magio 1930, Chambre syndacale de commerce en détail de Nevers per il quale dei conseils municipaux non erano autorizzati a incaricare alcune imprese diservizi pubblici se non nel caso «en raison des circonstances de temps et de lieu, un intérêt public justifie leur intervention».
(96) Conseil d’État, Ass., 25 ottobre 1957 Commune de Bondy a proprosito di sovvenzioni a sezioni locali di associazioni nazionali.
(97) Si veda più in generale M. Civitarese, Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, 1997,p. 189 per cui il termine accordo rintracciabile nell’art. 11 richiama espressamente la nozione di contratto cui all’art. 1321 cc
(98) G.B. Ferri, Le annotazioni di Filippo Vassalli in margine a taluni progetti del libro delle obbligazioni, Padova, 1990, p. 119 ricorda come «con la formula “interessi meritevoli di tutela”, e dunque con il criterio di meritevolezza, (…), il legislatore, sia pure limitatamente ai contratti atipici, sembrerebbe aver voluto introdurre un criterio nuovo e diverso da quello della liceità e che, anzi, questo, in una qualche misura, fosse destinato ad integrare».
(99)È oggi dato assolutamente pacifico che il contratto sia mezzo per la realizzazione dell’interesse dei cittadini al pari del provvedimento, si veda sul punto l’ampio dibattito: C. Marzuoli, Principio di legalità e attività di diritto privato dell’amministrazione, Milano, 1982,p. 23; F. Ledda, Il problema del contratto nel diritto amministrativo, Padova, 1957, p. 48; A. S. Romano, Attività di diritto privato della Pubblica amministrazione, in Dig. Disc. Pubbl.,Torino, 1989, I, p. 534 ss.; in giurisprudenza Cass. civ. 27 luglio 1982 n. 4322, in Mass. Cass., 1982; Cons. Stato, sez. III, 10 maggio1994, n. 899, in Cons. Stato, 1995, I, p. 1330.
(100) Così F. Cangelli, op.cit.,in Aa.Vv., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Atti del 47° Convegno di Scienza dell'Amministrazione, (Varenna, Villa Monastero 20-22 settembre 2001), Milano 2002, p. 265. Si veda anche M. Pennalisico, L’interpretazione dei contratti della pubblica amministrazione tra conservazione e stabilità degli effetti, in Rass. Dir. civ., n. 2 del 2005, p. 437 - anche se l’autore si riferisce espressamente al piano eremeneutico del contratto che vede parte la PA. - per cui « la tendenziale parificazione tra le posizioni dei contraenti, e dunque, la soggezione della p.a. alle regole del diritto comune non significa completa svalutazione di ogni aspetto e differenza. La presenza di un’amministrazione pubblica come controparte del contratto non (…) si risolve in un dato privo di rilevanza (…)». E’ infatti opinione diffusa che ogni attività della pa, anche quella in cui la stessa agisca strettamentecome soggetto privati, sia strumentale al perseguimento di fini istituzionali, in questo senso G. ROSSI, Gli enti pubblici, in (diretto da ) Santaniello, Trattato di diritto amministrativo, vol.VIII, Padova, 1990, p. 52.
(101) Si veda M. Pennasilico,op. cit. , in Rass. Dir. civ., n. 2 del 2005, p.432 per cui «Gli strumenti (e le relative discipline) offerti dal diritto privato civile, utilizzati sempre più nel settore amministrativo, hanno acquisito ormai la fisionomia di strumenti (e di discipline) di diritto comune, inteso quale patrimonio di esperienza svincolato dalla rigida dicotomia ‘diritto privato- diritto pubblico ’» e pertanto sia in dottrina che in giurisprudenza, quasi pacificamente, si ritiene che «né la peculiare connotazione soggettiva di una delle parti del contratto, né la direzione dell’atto al perseguimento dell’interesse pubblico, (…) [siano] circostanze tali da legittimare l’introduzione di deroghe sostanziali alla disciplina ordinaria dell’interpretazione del contratto”» e più in generale della normativa dei contratti.
(102) Come si è osservato « il diritto dei contratti — fino a tempi recentissimi considerato un corpo di regole stabili, insensibili alle innovazioni che avevano segnato altri ambiti del (….) [diritto privato]— ha preso la strada di una rapida evoluzione e rappresenta anzi, esso stesso, un fattore di forte innovazione del diritto privato » (F. Astone, La classificazione dei nuovi contratti, in P. Cendon (a cura di), I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, Torino, 2004, p. 479 ss.
(103) Il cambiamento investe anche il diritto nazionale. In Italia, v. soprattutto l’art. 11 l. 241/1990 (Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento), soprattutto nell’attuale formulazione. Alle previsioni di cui all’art. 11 cit. va aggiunto il riconoscimento della negoziabilità del potere pubblico degli enti locali sin dalla legge 142/90 dove promosso il ricorso da parte della PA a questa forma di collaborazione, occasionalmente, così come in forma stabile. L’art. 15 della L. 241/90, poi, ha autorizzato al suo ricorso in forma amplia. Oggi, poi, il testo unico sugli enti locali, che ha sostituito la L. 142/90, prevede gli accordi tra amministrazioni al fine di «svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni», disciplinando nel contempo gli accordi di programma che ineriscono alla «definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di Comuni, Province e Regioni, di Amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti». Il ricorso alla negoziazione è stato notevole da parte degli enti e questo ha fatto introdurre con la legge 23 dicembre 1996 n. 662 una serie di varianti allo schema di accordo di programma con funzione essenzialmente di programmazione, anche con il coinvolgimento dei privati Accordi questi richiamati di cui si è sempre riconosciuta la natura privatistica, si veda G. Comporti, Il coordinamento infrastrutturale, Milano, 1996p. 321, il quale riconosce «efficacia (forza vincolante) del contratto al di là delle parti contraenti fino a coinvolgere soggetti terzi” e che oggetto del contratto possono essere “prestazioni consistenti in doveri funzionali o nello svolgimento di potestà pubbliche, le quali normalmente non rientrano in un rapporto obbligatorio»; anche Accordi ed azione amministrativa, Torino, 2001, p. 148, il quale comunque ritiene più problematica la lettura privatistica degli accordi di programma.
(104) V. l’approfondita analisi condotta in A. Sassi, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, Perugia, 2006, 93 ss. V. anche dello stesso Autore, La tutela civile nei contratti con prestazione medica, Permanenze dell’interpretazione civile, a cura di A. Palazzo, A. Sassi, F. Scaglione, Perugia, 2008, 377 ss.
(105) Cfr. la Comunicazione della Commissione, La Governance europea, COM (2001) 428 def./2, 5-8- 2001.
(106) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 21.3.2007, dal titolo «Reti transeuropee: verso un approccio integrato» COM(2007) 135. Si veda Cfr. R. De Bernardis, S. Giovannelli, Innovazione e competitività. Potenziare i circuiti della conoscenza nei distretti italiani, in Quaderni LDE, 2/2008. Specialmente nel campo della ricerca e dell'innovazione si attribuisce alle reti un ruolo di primo piano; nel contesto italiano, v. G. Vettori, Contratto di rete e sviluppo dell'impresa, in Obblig. e contratti, p. 390 e C. Crea, Reti contrattuali e organizzazione dell'attività di impresa, Napoli, 2008. Esistono anche studi economici e sociali in tema di integrazione regionale implementata attraverso l’utilizzo delle forme contrattuali in esame, si veda A. Oelsner, A. Vion, Friends in the region: A comparative study on friendship building in regional integration, in Critical Review of International Social and Political Philosophy, vol 10, n. 2, 2007, pp. 281 ss.; M. Jayne, P. Hubbard, D. Bell, Worlding a city: Twinning and urban theory, in City: analysis of urban trends, culture, theory, policy, action, vol 15, n.1, 2011, pp. 25 ss., in International Politics, Vol. 48, n. 1, 2011 , p. 129 ss.; A. Vion, The Institutionalization of International Friendship
(107) In generale v. Wellens, Borchardt, Soft Law in European Community Law, in European Law Review, 1989, p. 267 ss.
(108) Come si è osservato per la cooperazione territoriale «Per quanto riguarda i contratti multiparti, essi indicano, secondo gli enti regionali e locali, la necessità di un partenariato strutturato in modo da offrire ai finanziatori pubblici (Unione Europea, Stati membri, regioni e città, che intervengono sempre in un determinato territorio) la possibilità di fissare i loro impegni su base pluriennale. Un ampio consenso è stato riscosso dalla sperimentazione, che deve essere accompagnata da concreti incentivi da parte delle istituzioni europee, affinché l'azione dell'U.E. risulti appropriata alle realtà ed alle specificità dei territori.» (par. 2.2).
(109) cfr. Libro bianco del Comitato delle Regioni sulla governance multilivello (2009/c 211/01) , par. 2.3
(110) In particolare, per quanto riguarda il GECT « The EGTC provides a clear and permanent framework for cooperation. As said in the contribution to the Green Paper on Territorial Cohesion, the EGTCs provide platforms for an integrated approach to addressing problems on an appropriate geographical scale. It allows the direct participation of all the actors, which are able to manage the programmes in a more efficient, consistent and coherent way (less resources, joint management, shared responsibility)» (par. 6 The role of the EGTC in the European integration.)
(111) N. Lipari, La formazione negoziale del diritto, in Riv. dir. civ., 1987, I, 307 ss.; G. Alpa, Autodisciplina e codice di condotta, in P. Zatti, Le fonti di autodisciplina, Padova, 1996, p. 3 ss., che sottolinea come «le regole autopoetiche debbono uniformarsi ad una tavola di valori che non si può porre in contrasto con quella che sta alla base dell’ordinamento. Per dirlo con altre parole, la creazione negoziale non può farsi strumento di prevaricazione del più forte sul più debole, né strumento di contrasto con l’ordinamento, né strumento di elusione delle regole dell’ordinamento. Di qui il richiamo al valore della solidarietà, che si affianca a quello della libertà».
(112) G. Zagrebleski, Il diritto mite, Torino, 1992, p. 45 ss.: «oltre che dal pluralismo politico-sociale che si manifesta nella legge del Parlamento, gli ordinamenti attuali risultano poi anche da una molteplicità di fonti che è a sua volta espressione di un pluralismo di ordinamenti “minori”, che vivono all’ombra di quello statale e non sempre accettano pacificamente una posizione di secondo piano … La statualità del diritto, che era una premessa essenziale del positivismo giuridico del secolo scorso, è così messa in discussione e la legge spesso si ritrae per lasciare campi interi a normazioni di origine diversa, provenienti ora da soggetti pubblici locali, conformemente al decentramento politico e giudico che segna la struttura degli Stati moderni, ora dall’autonomia di soggetti sociali collettivi, come i sindacati dei lavoratori, le associazioni degli imprenditori, nonché le associazioni professionali».
(113) Si veda «Dichiarazione congiunta di convenzione di collaborazione fra gli ordini degli avvocati di Bastia e di Livorno».
(114) L’esempio in questa secondo senso può essere rappresentato da alcune pronunce della Commissione tributaria che escludeva dall’obbligo della bolla di accompagnamento il trasferimento di quadri da una città ad altra per essere esposti in una mostra pittorica, in ragione dell’assenza dello scopo di lucro connessa all’interesse esclusivamente culturale e di gemellaggio artistico tra due città. V. Commiss. Trib. II grado Ravenna, 17 aprile 1986, in Dir. e Prat. Trib., 1987, II, p. 478, ed anche Commiss. Trib. II grado Ravenna, 12 maggio 1986, in Il Fisco, 1986, p. 5074.

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