Appendice - aggiornata al novembre 2004 - all'intervento alla tavola rotonda su “La riforma della riforma”, svoltasi nel quadro del Convegno-ISSiRFA dal titolo “Regionalismo in bilico, tra attuazione e riforma della riforma” (Camera dei Deputati, Sala del Cenacolo, 30.6.2004)

SOMMARIO
1. Premessa
2. Il limite dell'interesse nazionale
3. Il limite dell'unità giuridica ed economica
4. Le materie
5. Il bicameralismo
6. Segue: Il correttivo introdotto dalla Camera


1. Premessa
Rispetto al testo approvato in prima lettura dal Senato la Camera dei deputati ha ulteriormente rafforzato il limite degli interessi nazionali e previsto inoltre lo spostamento di importanti materie dalla competenza concorrente delle Regioni alla competenza esclusiva dello Stato.

2. Il limite dell'interesse nazionale
Per quanto riguarda il primo punto è stata introdotta l’utilizzazione del limite dell’interesse nazionale (e dei limiti analoghi ma altrimenti denominati) in funzione preventiva e l’utilizzazione del medesimo limite in funzione repressiva .
Per quanto riguarda questo ultimo punto trovo convincente la soluzione individuata dall’art. 45 laddove prevede l’interesse nazionale come limite successivo, quindi da attivare in via eccezionale, sulla base di una chiara assunzione di responsabilità degli organi centrali di governo. La proposta è del Governo ma deve essere accolta dal Parlamento in seduta comune con maggioranza assoluta mentre al Capo dello Stato viene affidata una funzione non politica (come nel precedente testo del Senato) ma di controllo costituzionale. In tal modo si evita opportunamente che la individuazione di tale limite sia affidata alla sola maggioranza di governo e sia invece espressione dell’intera comunità. Sotto questo profilo tale norma può essere considerata un perfezionamento (peraltro suggerito dal sottoscritto fin dal 1972) dell’art. 127 del testo del 1948, incautamente abrogato dalla riforma del 2001. La mancata attivazione di tale controllo negli anni decorsi è dovuta - per l’azione congiunta di Corte costituzionale, Parlamento e governo – alla progressiva trasposizione di tale limite di merito in un presupposto di legittimità, ma ove i rapporti fra Stato e Regione dovessero essere ricondotti a un binario più corretto tale controllo potrebbe svolgere una utile, anche se eccezionale, funzione.

3. Il limite dell'unità giuridica ed economica
Passando ai limiti di carattere preventivo il testo della Camera ha introdotto nell’art. 120 (art. 41 del testo) il limite dell’”unità giuridica ed economica” (assieme agli altri limiti previsti in detto articolo: livelli essenziali per i diritti civili e sociali, sicurezza, incolumità) come presupposto per l’attivazione di una legislazione nazionale, praticamente in ogni materia di competenza regionale. E’ questo l’unico significato che può darsi alla sostituzione del termine “Governo”” con il termine “Stato” e all’ aggiunta dell’esplicito richiamo alle “funzioni attribuite dagli articoli 117 e 118”.
Sebbene la competenza nelle materie regionali venga definita “esclusiva” al pari di quella statale (e che la Corte invece tendeva a definire solo “residuale”) questo non esclude dunque la possibilità di interventi statali in funzione non della tutela di proprie competenze settoriali ma in funzione dei valori unitari. E’ un limite, del resto, utilizzato di fatto dalla giurisprudenza della Corte successiva alla riforma del 2001 e fin qui individuato dalla dottrina più attenta attraverso una lettura espansiva delle cosi dette “materie trasversali.
Si tratta di formula analoga a quella prevista nell’art. 72 della Costituzione tedesca (in realtà più nella vecchia formula che in quella rivista nel 1994) e sotto questo profilo compatibile con un assetto federale dello Stato, ma si tratta di formula che - anche per il fatto di non avere una collocazione autonoma e di giustapporsi con gli altri poteri sostitutivi previsti nell’art. 120 - potrebbe costituire la base per giustificare qualunque intervento del legislatore statale e qualunque politica di tipo centralista. Soltanto la partecipazione delle Regioni (come dei Länder in Germania attraverso il Bundestrat) alla legislazione nazionale può consentire che tale pericolo venga ridimensionato. Si rinvia sul punto pertanto a quanto dirò sul Senato federale e sulla conferenza Stato-Regioni.

4. Le materie
Per quanto riguarda le materie trovo positiva la riconduzione allo Stato delle materie “grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza“; “produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia”e “ordinamento della comunicazione”, che solo una mal riuscita operazione di “taglia e cuci” sul testo della Commissione D’Alema aveva trasportato in capo alla competenza regionale.
Trovo altresì positivo che si siano poste le basi per politiche nazionali nei settori della sanità attraverso la lettera m bis) “norme generali sulla tutela della salute; sicurezza e qualità alimentari” e lettera o) “sicurezza del lavoro” e che la “polizia locale “ sia stata ricondotta alla “polizia amministrativa regionale e locale”.
Trovo invece poco consono con i poteri di governo del territorio che spettano alle Regioni – indispensabili in un’Italia così variegata – fare ulteriormente avanzare la legislazione statale e regredire quella regionale per ciò che riguarda le città metropolitane (per la cui istituzione vengono solo “sentite” le Regioni: v.art.49 che modifica l’art. 133 ) e per quanto riguarda le forme associative dei piccoli comuni e di quelli situati nelle zone montane (art. 118 modificato dall’art.40 ultimo comma).
Ciò premesso, preoccupa un turbinio di competenze fra loro intrecciate che può determinare non poche incertezze nei rapporti fra il legislatore statale e regionale. Come conciliare ad esempio la competenza statale nella distribuzione nazionale dell’energia con la competenza regionale in materia di “produzione trasporto e distribuzione dell’energia”? La produzione eccedentaria delle imprese a dimensione regionale da immettere nella rete nazionale verrà regolata dallo Stato o dalla Regione? Come distinguere il commercio estero di competenza concorrente regionale con la “promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale” di competenza statale? Lo stesso potrebbe dirsi per altre materie statali che si intersecano con quelle regionali ( “comunicazione di interesse regionale”; ”ordinamento sportivo regionale” distinto da quello “nazionale” ecc,).
Anche qui ritorna il tema delle sedi di raccordo fra Stato e Regioni. Le materie sono difficilmente definibili e delimitabili (lo si trae dall’esperienza di tutti gli stati federali) quel che conta è il modo come si organizza l’esercizio del potere legislativo centrale.

5. Il bicameralismo
Per i motivi prima indicati è dunque essenziale che le Regioni siano presenti all’interno del Parlamento. La soluzione ideale sarebbe stata , a mio avviso, quella tipo Bundesrat.
Ho trovato tuttavia una buona soluzione di compromesso la contestuale elezione fra Consigli regionali e Senato federale, resa ancora più marcata nel testo della Camera (anche se le norme transitorie si affidano per tale contestualità ai tempi lunghi o ad eventi non fisiologici, quale il possibile ricorso anticipato alle urne per la Camera dei deputati).
Si può ritenere che l’elezione contestuale possa portare ad elezione di un Senato i cui componenti siano più attenti agli interessi delle comunità regionali che alle politiche nazionali di governo. Ma rimane del tutto non risolto il problema dei rapporti con l’ente-regione, certamente non risolto dalla presenza nel Senato federale, con incerta collocazione dei due rappresentanti regionali .
La “costituzionalizzazione “della Conferenze Stato-Regioni, introdotta nel testo della Camera, sottolinea tale estraneità e può portare i Presidenti delle Regioni e il Governo ad affrontare in questa sede i problemi di coordinamento anche legislativo escludendo il Senato federale.
Due correzioni mi paiono indispensabili al riguardo: assicurare la presenza dei Presidenti delle Regioni nel Senato federale e limitare le competenze della Conferenza al coordinamento amministrativo evitando il generico riferimento ad “accordi ed intese”.
Ma soprattutto il testo della Camera non dà una risposta a un tema che ritengo decisivo come ho detto in altra occasione. Temo che al pesante e anomalo bicameralismo italiano la riforma sostituisca un’inedita anomalia , vale a dire un pesante ed inevitabile conflitto di competenza fra le due Camere, che si verrebbe ad aggiungere ai conflitti fra Stato e Regioni. La distinzione fra leggi la cui competenza alla approvazione definitiva è della assemblea nazionale e leggi la cui competenza all’approvazione definitiva è della Camera federale non trova riscontro (o trova riscontri assai limitati) in altri Paesi, neanche in quelli a federalismo spinto.
Semplificando al massimo questo è lo schema seguito in altri Paesi: entrambe le Camere hanno competenza su tutte le leggi, secondo uno schema a “bicameralismo imperfetto”, salva la parola definitiva alla Camera che assicura la rappresentanza politica nazionale. Alla Camera di estrazione regionale vengono riconosciuti poteri di proposta (se investita per prima nel procedimento) o di invito al riesame e di emendamento se investita in seconda battuta. Viene talvolta riconosciuto alla Camera regionale la possibilità di ritardare per qualche mese l’approvazione definitiva del progetto ovvero , in qualche limitato caso, di alzare il quorum necessario per l’approvazione definitiva o comunque di costringere a un tentativo di conciliazione ma sempre la parola definitiva è della assemblea che ha la rappresentanza politica nazionale.
Sulla base del testo approvato dal Senato, ma che la Camera non ha più di tanto intaccato, una ricerca operata dal servizio studi della Camera dei deputati, , prendendo a campione le leggi approvate nel corso del 2003 , dimostra chiaramente, peraltro, che lo schema di ripartizione della competenze fra Camera e Senato non avrebbe consentito di individuare di chi è la competenza in un gran numero di provvedimenti legislativi. Delle 93 leggi approvate (al netto delle leggi di ratifica e le 3 leggi di manovra) solo 54 sono di attribuzione certa (42 di esse da assegnare al procedimento monocamerale a prevalenza Camera, 9 a favore del procedimento monocamerale a prevalenza del Senato e 3 al procedimento bicamerale perfetto); le altre 39 leggi restano di incerta attribuzione, fra cui leggi rilevanti quali la legge Biagi sul mercato del lavoro, la legge La Loggia sull’attuazione del Titolo V, la legge sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi,la delega fiscale, la legge sul sistema scolastico.
Ai conflitti fra Stato e Regioni si aggiungerebbero quelli,ancora più devastanti, fra Camera e Senato. Difficilmente i due Presidenti delle camere e il comitato paritetico previsto nel testo riuscirebbero a dirimere i conflitti, che, anche se esorcizzati con il riferimento a decisioni “non sindacabili”, inevitabilmente finirebbero sui tavoli della Corte costituzionale ( anche in via indiretta , su iniziativa delle Regioni o dei cittadini colpiti da leggi ritenute approvate sulla base di una definizione delle materie non ritenuta corretta ).
Avremo una Camera quindi che non rappresenta adeguatamente le Regioni ma che per di più rischia di indebolire fortemente la funzione nazionale di governo. Per due motivi: a) perché eletto in un periodo non coincidente con la elezione della Camera politica (e con un sistema elettorale inevitabilmente diverso), il Senato potrebbe avere una composizione politica diversa rispetto a quella della Camera e b) perchè in ogni caso non sarebbe legato da un rapporto fiduciario con il governo e per di più non soggetto a possibile scioglimento anticipato .
Nonostante l’assenza di una maggioranza politica il Senato federale sarebbe chiamato ad occuparsi in via definitiva dei disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali relativi a materie di competenza concorrente regionale,vale a dire di politica industriale, di politiche sociali, di commercio estero e via discorrendo,vale a dire di tutte le materie per le quali è prevista una competenza concorrente fra Stato e Regione (che rimangono notevoli nonostante una potatura operata nel testo della Camera). La Camera dei deputati – dove si esprime la dialettica fra maggioranza ed opposizione – potrebbe limitarsi, in materie così rilevanti, a proporre emendamenti ma deciderebbe definitivamente da solo il Senato.
Per altre materie è stato previsto un procedimento a “bicameralismo paritario”. In alcuni casi tale procedimento consente al Senato di svolgere un’importante funzione di garanzia (leggi elettorali ,nazionali, regionali o locali;funzioni fondamentali dei Comuni; disciplina delle competenze esterne delle Regioni, internazionali o comunitarie) o di coordinamento (la disciplina introdotta dal testo della Camera nell’art. 118 nella materia dei beni culturali, delle reti di comunicazione e trasporto, della ricerca scientifica). In altri casi, in particolare per la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”o per le leggi che regolano i poteri sostitutivi dello Stato (compresi quelli a tutela dell’unita giuridica ed economica o della sicurezza e incolumità pubblica) si interferisce nell’esercizio di una delicata funzione di governo che non può essere sottratta al circuito Corpo elettorale-Camera dei deputati-Governo.
Troverei in ogni caso corretto – senza con ciò dare vita ad inedito “Senato delle garanzie” – che il procedimento bicamerale “perfetto” sia mantenuto, oltre che per le materie costituzionali, anche per le leggi,“materialmente costituzionali”, nella parte destinata ad incidere direttamente su essenziali diritti di libertà (la libertà di comunicazione politica ad esempio) che invece il testo della Camera ha cassato (anche se la formula utilizzata nel testo del Senato era alquanto generica).
In nessun Paese a regime federale – lo ribadisco in questa sede – sono attribuiti alla seconda Camera poteri di condizionamento della funzione di governo paragonabili a quelli costruiti per il Senato italiano. Mi limito ad un esempio: nella Germania federale il Bundesrat ha solo il potere di emendare progetti, ferma restando – dopo un tentativo di conciliazione attraverso una apposita commissione mista - l’ultima parola alla Camera politica, vale a dire al Bundestag (tranne limitati poteri del Bundesrat per la ripartizione di alcuni tributi fra centro e periferia). Senza dire che una apposita commissione di studio tedesca ha proposto in questi mesi di ridurre gli attuali poteri del Bundesrat proprio per l’azione di intralcio da esso svolto alla realizzazione del programma di governo, senza la contestuale assunzione di una responsabilità di fronte alla pubblica opinione.
Si aggiunga a quanto detto che il Senato dovrà occuparsi in via definitiva di “armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” e inoltre – sia pure stavolta in via paritaria con la Camera – sarebbe chiamato a dire una parola decisiva sulla “perequazione delle risorse finanziarie” e sull’attuazione dell’art. 119 Cost. Basti pensare alle tormentate vicende delle leggi finanziarie per rendere evidente l’impossibilità di distinguere fra loro tali materie e l’importanza che esse assumono per la politica dei governi (ad esempio: le norme sul divieto di indebitamento degli enti locali per spese correnti , previste dalle ultime leggi finanziarie, sarebbero norme di competenza del Senato in quanto di armonizzazione dei bilanci ovvero di competenza bicamerale, perché di attuazione dell’art. .119 Cost.?).

6. Segue: Il correttivo introdotto dalla Camera
La Camera si è resa conto del problema ed ha cercato di attenuare i poteri di competenza esclusiva del Senato: il Presidente del Consiglio – come previsto nel testo della Camera, all’art. 14 comma quarto – può appellarsi al Presidente della Repubblica qualora il Senato abbia approvato o rifiutato norme “essenziali per l’attuazione del programma”di governo chiedendo “l’autorizzazione“ a promuovere una nuova deliberazione del Senato federale ed eventualmente chiedere una decisione definitiva alla Camera, che decide a maggioranza assoluta. E’ una soluzione che potrebbe essere interessante ma andrebbe tolta la intermediazione del Capo dello Stato perché costringe il Capo dello Stato a un ruolo politico innaturale, non consono alla funzione neutrale di garanzia che questo testo – nonostante la Camera abbia cassato la opportuna norma del divieto di rielezione – complessivamente riconferma (e che anzi opportunamente rafforza attraverso i poteri di nomina di importanti organi di garanzia, dalla nomina del Vicepresidente del CSM ai Presidenti delle Autorità indipendenti). Solo con una valutazione squisitamente politica si può discriminare fra ciò che essenziale per il programma di governo e ciò che non lo è .

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