Lo studio riproduce la sezione I dell’VIII Capitolo del ‘Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia’. Il titolo del capitolo è: L’attività normativa nella settima legislatura regionale


SOMMARIO:
1. Un numero di leggi decrescente.
2. I contenuti della legislazione.
3. Alcune differenze per regioni ed aree geografiche.
4. Le competenze esercitate.
5. In conclusione
Note
Tabelle allegate



1. Un numero di leggi decrescente.

Gli anni dal 2001 al 2004 vedono un andamento decrescente della produzione legislativa della regioni a statuto ordinario, passando da un totale di 615 leggi nel 2001 a un totale di 522 leggi nel 2004 (v. tabella n. 1).
Viene così smentita ogni previsione che le riforme – prima il conferimento di nuove funzioni amministrative alle regioni e poi la revisione del Titolo V della Costituzione – avrebbero portato con sé un deciso aumento delle leggi regionale.
Tra i fattori che sono in genere presi in considerazione per spiegare la mancata crescita delle leggi regionali viene spesso enfatizzato quello della difficoltà che avrebbero incontrato le regioni nello sviluppare nuove proprie politiche legislative a causa delle incertezze in ordine alla interpretazione e applicazione del testo rivisto del Titolo V, malgrado sia indubbio che da tale testo risulti ampliato e rinforzato l’insieme delle competenze e lo stesso ruolo delle regioni, che divengono enti tendenzialmente a fini generali – vista in particolare la nuova competenza legislativa residuale – dotati di una potestà legislativa pariordinata a quella statale.
In realtà - se non si può escludere la presenza del fattore “incertezza” appena accennato, riguardante l’individuazione e l’estensione delle materie sia concorrenti che residuali di competenza regionale - vi sono ulteriori elementi che portano a dare peso anche ad altri fattori.
Innanzitutto, si può constatare (v. tabella n.8) che la mancata crescita ed anzi il decremento delle leggi è presente in 4 macrosettori su 5 e in quasi tutte le materie (1), ma che è soprattutto evidente il numero ridotto di leggi prodotte in materie e settori nuovi per le regioni, per i quali fino a poco tempo fa vigeva la competenza statale e nei quali si attendeva uno sviluppo ampio della legislazione regionale. Così si verifica per la materia “industria”, la quale rientra ora nella competenza residuale-generale delle regioni, ma nel periodo 2001-2005 è oggetto (si veda sempre la tabella n. 8) di un numero di leggi molto limitato a confronto con quanto si verifica per la materia dell’agricoltura: 12 leggi contro 174 (e il dato cambia ma non di molto se alle leggi relative all’ “industria” si sommano le 33 leggi relative alla materia del “sostegno all’innovazione per i settori produttivi”).
Al di là del fattore “incertezza” sui confini delle competenze, si può constatare che le regioni hanno insomma legiferato molto di piu’ nelle materie nelle quali la loro esperienza era ampia e consolidata nel tempo. Mentre, invece, occorreranno tempi evidentemente più lunghi perché si avvii un intervento legislativo consistente in materie per le quali non esiste, oppure è ancora limitato, un patrimonio di tradizioni, conoscenze, strumenti e - non da ultimo - di sistemi di relazioni con i soggetti interessati. Peraltro non va dimenticato che sullo scarso numero di leggi regionali sembra pesare anche il permanere, in certe materie, di strumenti di intervento nati e ancora gestiti in parte a livello nazionale, sia pure con un ruolo a volte rilevante delle stesse regioni nei processi decisionali volti alla determinazione degli interventi. Così, ad esempio, molti interventi nel macrosettore “sviluppo economico e attività produttive” passano – in particolare per la concessione ed erogazione di agevolazioni all’industria e al turismo – attraverso i meccanismi della legge n.488 del 1992 e, in generale, attraverso i meccanismi di intervento della programmazione dei fondi strutturali.
In secondo luogo, si può ritenere che tra i fattori che possono spiegare il decremento delle leggi ve ne siano – con un ruolo forse determinante - anche alcuni interni allo stesso modo di produrre le leggi, tenendo conto peraltro che la tendenza al decremento (come emerge dalla tabella n.1) è costante a partire dal 1995 ed è, dunque, precedente non solo alla approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione ma alle stesse riforme del c.d. “federalismo amministrativo” avviate dalla legge n. 59 del 1997: si passa infatti da un totale di 954 leggi nel 1995 a 873 nel 1996, a 823 nel 1997, a 744 leggi nel 1998, a 697 nel 1999, a 686 nel 2000, a 615 nel 2001 (2).
Viene a questo proposito in considerazione, da un lato, la maggiore attenzione da parte regionale al riordino e alla razionalizzazione della legislazione. Ciò ha significato un maggiore impegno – per la verità con variazioni a volte anche notevoli tra le varie regioni (3) - nella elaborazione di leggi di riordino aventi ad oggetto interi settori o parti rilevanti di un settore e, in certi casi, anche piu’ settori insieme; con una tendenza che dunque di per sé ha portato alla diminuzione degli interventi legislativi di tipo microsettoriale ed episodici e, insieme, spesso alla contestuale abrogazione di numerose leggi preesistenti. Accanto alle leggi di riordino e che assumono carattere di disciplina organica e tendenzialmente innovativa rispetto a settori o a determinati interventi, resta comunque una parte - piu’ ridotta ma in ogni caso ampia - di legislazione regionale classificabile come legislazione di “manutenzione” che sembra presentare due aspetti diversi (4): nell’ambito di tale legislazione infatti si colloca in parte una normativa la cui emanazione appare motivata proprio dalla necessità di adeguare nel tempo i contenuti delle leggi di tipo organico, il cui “edificio” resta però stabile; in parte - e il fenomeno appare piu’ evidente in alcune regioni – di nuovo una normativa episodica e frammentata, attraverso la quale a volte si intende pure ricercare un adeguamento alle riforme costituzionali e amministrative, senza tuttavia affrontare una opera di risistemazione organica.
Da un altro lato, va considerato che le leggi finanziarie in piu’ casi sono utilizzate dalle regioni come un contenitore per disciplinare interventi di carattere sostanziale di vario tipo - di “manutenzione” ma anche innovativi - relativi sia a settori sia a profili organizzativi e procedimentali. Il che ha certamente consentito di diminuire la necessità di ricorrere all’adozione di specifiche leggi, con un effetto di contenimento perciò sul numero complessivo delle leggi; anche se, per altro verso, non si è certo contribuito in tal modo alla organicità e chiarezza della legislazione e a renderne agevole la lettura.
Non sembra, invece, che sul decremento del numero delle leggi abbia avuto una incidenza particolarmente rilevante, almeno finora, il potenziamento – prima ad opera della legge costituzionale n. 1 del 1999 e poi del riordino del Titolo V – della potestà regolamentare, la quale in effetti non è stata utilizzata in maniera quantitativamente e sostanzialmente significativa (5).


2. I contenuti della legislazione

Passando a considerare i contenuti della legislazione regionale, si può constatare – v. le tabelle dal n. 2 al n. 6 e la tabella riassuntiva n.7 - che le leggi piu’ numerose nel periodo 2001-2005 sono quelle del macrosettore “servizi alla persona e alla comunità” (per un totale di 587), seguite da quelle relative allo “sviluppo economico e attività produttive” (533), da quelle relative alla “finanza regionale” (506), da quelle relative al “territorio, ambiente e infrastrutture” (445) e, infine, da quelle relative all’ “ordinamento istituzionale” (356).
Guardando poi all’interno dei macrosettori, si può vedere, come risulta dalla tabella n. 8, che in quello dei “servizi alla persona e alla comunità” vi è una netta prevalenza delle leggi sulla “tutela della salute” (167) che comprende in particolare tutti i profili del servizio sanitario (6), seguite da quelle relative ai “servizi sociali e assistenza” (137). Inoltre, mentre appare significativo il numero delle leggi (76) dedicate ai “beni ed attività culturali”, decisamente piu’ limitato appare il numero delle leggi negli altri settori, restando in particolare sotto le dieci unità le materie dell’ “alimentazione” (9 leggi), della “previdenza complementare e integrativa” (6), della “ricerca scientifica e tecnologica” (7). Quanto alla voce “altro”, non ampia anche se non trascurabile (30 leggi), contiene in parte leggi – che spesso sembrano avere piu’ un valore dimostrativo e simbolico che una rilevante portata pratica - con le quali si è voluto dare delle risposte a problemi emergenti nelle comunità e sentiti dall’opinione pubblica: un elemento che dunque contribuisce a segnalare – sia pure per ora con evidenti limiti e tendenzialmente – la vocazione appunto di ente a fini generali della regione (7).
Nel macrosettore, poi, dello “sviluppo economico e attività produttive”, la materia con piu’ ampio numero di leggi ( v. tabella n. 8) è quella dell’agricoltura (176 leggi), seguita dalla “caccia e pesca” (100), dal “turismo” (74), dal “commercio, fiere e mercati” (53), dal “sostegno all’innovazione per i settori produttivi” (33), mentre sono meno numerose le leggi negli altri settori, in particolare nell’ “industria” (12), nell’ “artigianato” (21), nelle “professioni” (21) e nella voce “altro” (16 leggi) che comprende il supporto e l’assistenza allo sviluppo locale, la disciplina della programmazione economica e di quella negoziata. Al rilievo qui già fatto al par.1 in ordine all’evidente maggiore facilità delle regioni a muoversi nei settori di attività piu’ consolidati, va aggiunta una considerazione specifica per il turismo in quanto il dato che riguarda tale materia, certamente non nuova per le regioni, sembrerebbe smentire quel rilievo. Va tenuto conto che in effetti sulla produzione legislativa regionale nel settore del “turismo” (nella tabella peraltro comprensivo dell’agriturismo, come è noto connesso anche all’attività agricola) - che può apparire ridotta e comunque meno ampia anche rispetto alla rilevanza e alle aspettative di sviluppo in genere attribuite a tale settore di attività - potrebbe aver pesato la particolare situazione creatasi con l’approvazione di una legge quadro in materia (l. n. 135 del 2001) avvenuta quasi contemporaneamente alla approvazione della riforma del Titolo V (nella quale il turismo rientra, invece, nel campo della competenza residuale generale delle regioni) (8), il che ha certamente prodotto un certo disorientamento o almeno incertezza sulle prospettive di intervento nella materia.
Nel macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” la voce prevalente per numero di leggi (v. tabella n. 8) è quella della “protezione della natura e dell’ambiente” (148 leggi), seguita dal “territorio e urbanistica” (122) e – a distanza però – dai “trasporti” (69). Va segnalato, dunque, l’impegno delle regioni in materia ambientale che conferma pienamente l’interpretazione data dalla Corte costituzionale alla competenza esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” (art. 117, c. 2 lett. s della Costituzione) volta a limitare tale competenza ai profili unitari e uniformi della materia, confermando perciò lo spazio dell’intervento anche legislativo delle regioni in materia (9).
Quanto al macrosettore dell’”ordinamento istituzionale” è nettamente prevalente (v. tabella n. 8) la legislazione relativa alla disciplina degli organi della regione (171 leggi), seguita da quella degli “enti locali, decentramento, comunità montane” (97). Il macrosettore della “finanza regionale”, vede infine (v. tabella n. 8) decisamente prevalenti le leggi in materia di “bilancio” (431).
Nel complesso risulta con evidenza confermato il carattere della regione come ente di servizi, anche se in maniera altrettanto evidente appare affiancarsi a tale carattere quello di ente impegnato sui temi dello sviluppo economico, il che sembra confermare le tesi che nelle spinte e nelle trasformazioni intervenute a partire dagli anni novanta del secolo scorso hanno visto l’affermarsi di un nuovo tipo di regionalismo legato ad esigenze di rafforzamento delle dimensioni e condizioni territoriali dello sviluppo. Si tratta di una tendenza sicuramente rintracciabile nella produzione legislativa regionale (10), anche se come si è detto risulta predominante l’impegno delle regioni soprattutto nella materia dell’agricoltura ed altre ad essa connesse, mentre ancora limitato appare l’impegno nella materia dell’industria. Da segnalare appare, infine, l’attenzione dedicata dalle regioni ai “beni e attività culturali”, che sembra recepire la crescente considerazione che tale settore sta avendo, oltre che sotto il profilo dei temi della tutela, anche sotto il profilo della valorizzazione, ricevendo anzi - come è noto - un espresso riconoscimento in sede di enumerazione delle competenze regionali concorrenti in occasione della riforma del Titolo V. Anche il tal caso – se la tendenza venisse confermata – si avrebbe un segno di una piu’ decisa caratterizzazione delle regioni come soggetti volti ad organizzare e promuovere le risorse territoriali, economiche, ambientali, culturali e sociali.


3. Alcune differenze per regioni ed aree geografiche

Ciò detto in termini di tendenze generali riferite al complesso delle regioni, va però sottolineato che tali tendenze in sede di analisi dei dati per regioni e per aree geografiche appaiono sì di massima confermate ma con andamenti non omogenei, come risulta evidente dalla tabella n. 7.
Per il macrosettore “ordinamento istituzionale”, con una media di 24 leggi a regione, si va dalle 41 leggi della Toscana alle 8 della Campania. Per il macrosettore “sviluppo economico e attività produttiva”, con una media di 36 leggi a regione, si va dalle 69 leggi della Toscana alle 16 della Campania. Per il macrosettore “territorio ambiente e infrastrutture”, con una media di 30 leggi a regione si va dalle 48 dell’Abruzzo alle 10 della Calabria. Per il macrosettore “servizi alla persona e alla comunità”, con una media di 39 leggi a regione, si va dalle 56 leggi della Toscana alle 28 della Puglia. Per il macrosettore “finanza regionale”, con una media di 34 leggi, si va dalle 56 della Calabria alle 24 della Puglia.
Certamente si tratta di dati che andrebbero valutati alla luce di maggiori approfondimenti sulle singole regioni. Appaiono comunque un indice significativo dell’esistenza di diverse politiche legislative e di gestione istituzionale e finanziaria e, probabilmente, di diverse scelte sostanziali, anche se non necessariamente deve ritenersi che ad un numero piu’ ampio di leggi corrisponda sempre un maggiore e piu’ qualificato impegno.
Differenze di scelte emergono anche analizzando i dati per aree geografiche (o macroregioni), come evidenziati nella tabella n. 7.
In particolare, viene in evidenza innanzitutto come nell’area del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia) le leggi dei macrosettori “servizi alla persona e alla comunità” e “finanza regionale” siano nettamente piu’ numerose (rispettivamente 231 e 232) rispetto alle leggi degli altri macrosettori (175 per lo “sviluppo economico e attività produttive”, 175 per “territorio, ambiente e infrastrutture).
Con tutti i limiti dell’analisi qui condotta e le cautele necessarie, il dato relativo ai “servizi alla persona e alla comunità” appare in ogni caso abbastanza significativo per segnalare un maggiore impegno delle regioni dell’area meridionale volto a dare supporto alle esigenze di vita sociale e civile delle comunità ed a contenere i problemi e disagi esistenti in tali aree. Solo una analisi dettagliata per regione potrebbe poi indicare quanto si sia in presenza di politiche assistenziali o addirittura “simboliche” volte soprattutto a curare l’immagine della classe politica, quanto di interventi sostanziali e effettivamente utili e rilevanti per le comunità interessate.
Il dato, pure significativo, relativo all’ampio numero nell’area del Sud di leggi in ordine alla “finanza regionale”, rispetto agli altri macrosettori e rispetto anche a quanto si verifica nelle altre aree (11), sembra invece segnalare - in presenza di uno sviluppo limitato della legislazione organica e di riordino - la tendenza ad intervenire prevalentemente con decisioni di giunta e in via amministrativa. Potrebbe anche segnalare, però, una maggiore necessità di adottare decisioni finanziarie conseguenti all’attuazione di politiche in partnership con altri soggetti nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali e di altre politiche nazionali per lo sviluppo.
In secondo luogo, si può constatare che il macrosettore “servizi alla persona e alla comunità” è il piu’ ampio in termini di leggi approvate rispetto agli altri macrosettori anche nelle regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria), con un distacco poco significativo però rispetto al macrosettore “sviluppo economico e attività produttive” (183 leggi nel primo caso e 177 nel secondo). Il numero invece piu’ ridotto di leggi (116) nel macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” difficilmente sembra interpretabile come un segno di disinteresse delle regioni del Centro per tale importante settore, mentre potrebbe spiegarsi al contrario con la minore necessità in tali regioni di intervenire in un settore già ampiamente regolato.
In terzo luogo, va sottolineato come il quadro cambia in maniera significativa per le regioni dell’area del Nord (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto), dove il primato del numero di leggi approvate (181) è detenuto dal macrosettore “sviluppo economico e attività produttive” , anche se con un distacco non ampio rispetto al macrosettore “servizi alla persona e alla comunità (173 leggi) e a quello “territorio, ambiente e infrastrutture” (154 leggi), per il quale potrebbero comunque valere le considerazioni appena accennate per le regioni del Centro.


4. Le competenze esercitate

Come già accennato la riforma del Titolo V della Costituzione introduce degli elementi di profonda novità in ordine alle competenze legislative delle regioni, che si riverberano – in sintonia ad altre disposizioni, tra cui quella sulla composizione pluralista della Repubblica (art. 114, c. 1) – sulla stessa natura e immagine della regione. L’introduzione della competenza residuale – dunque generale – delle regioni apre in particolare la via allo sviluppo delle regioni verso la natura di enti a fini generali.
Appare perciò di sicuro interesse il dato ricavabile dalla rilevazione per il periodo 2001-2005 (12) (fino al termine della VII legislatura) relativo al numero di leggi attribuibili alla competenza residuale e alla loro incidenza sul totale delle leggi approvate.
Prima di considerare e valutare i dati disponibili, sembra opportuno tuttavia avanzare alcune cautele.
La prima cautela riguarda il senso stesso del termine “residuale” che , come ormai è chiaro a seguito di un’ampia giurisprudenza della Corte Costituzionale, non vuol dire esclusiva. Specie per alcune materie presumibilmente riconducibili alla competenza residuale è evidente la “vicinanza” se non la sovrapposizione con altre materie di natura concorrente (ad esempio, tra la viabilità e i trasporti regionali – da considerare residuali – e il “governo del territorio” enumerato tra le competenze concorrenti). Inoltre, il carattere residuale della materia non impedisce che questa sia “attraversata” da materie di natura appunto “trasversale” – per usare una terminologia ormai consolidata - che possono anche essere di competenza esclusiva statale (così, ad esempio, avviene nel caso della caccia, della pesca, della agricoltura, “attraversate” dalla materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”; nel caso dell’agricoltura, del commercio, dell’industria, del turismo, dei servizi pubblici locali e altre materie ancora, “attraversate” dalla “tutela della concorrenza”). Ciò ha evidenti ripercussioni sull’ambito di estensione effettivo delle materie di competenza residuale, tanto piu’ che le materie statali “trasversali” sono in realtà concepite come materie di scopo o anche valori, come tali privi di un oggetto precisamente definibile. Anche se in certi casi la Corte costituzionale sembra avere individuato criteri piu’ certi di delimitazione dei confini, ad esempio precisando che la competenza statale ambientale si riferisce a profili necessariamente unitari e uniformi (13), in altri casi - come quello della tutela della concorrenza - la prospettiva di intervento nel campo delle materie regionali di competenza residuale che si lascia aperta, da parte della stessa Corte costituzionale, alla competenza esclusiva statale appare per la verità piuttosto indeterminata (14).
La seconda cautela riguarda la stessa individuazione delle competenze residuali. Infatti, tranne i casi della “istruzione e formazione professionale” e della “polizia amministrativa locale” nei quali sembra esserci una individuazione espressa delle relative competenze residuali (15), per il resto tali competenze sono - possiamo dire per definizione – non nominate e lasciate indefinite, donde anche il carattere generale della competenza residuale stessa. Ora, come è noto, la Corte costituzionale ha in piu’ casi confermato il carattere residuale di certe materie non nominate (16). Ha anche precisato, però, che il fatto che una materia non sia espressamente nominata tra quelle di competenza esclusiva statale o tra quelle di competenza concorrente di per sé non sta a significare che tale materia sia da considerare di natura residuale (17). Il che vuol dire, allora, che l’individuazione delle materie di natura residuale non può avvenire “automaticamente”, sulla base di un riscontro letterale oggettivo volto a verificare che esse non siano nominate. Bensì avverrà in base ad una valutazione complessa, alla quale – secondo la stessa Corte costituzionale – non è estraneo nemmeno un criterio di tipo evolutivo o storico (18).
Peraltro, proprio in occasione della conferma del carattere residuale di una materia – è il caso in particolare della definizione, come la Corte stessa si è espressa, del “nocciolo duro” dell’agricoltura – viene invece in evidenza quanto sia difficile trovare e seguire dei criteri sostanziali che non finiscano per condizionare, nella specie nel senso di un evidente restringimento, il contenuto della materia stessa (19). Occorre dunque sottolineare che anche l’individuazione delle materie di competenza residuale qui di seguito effettuata assume, a maggior ragione, carattere relativo e, si potrebbe dire, convenzionale, essendo basata su elementi che per ora appaiono in genere prevalere nella legislazione e nella giurisprudenza. Si sono classificate, tra l’altro, tra le leggi di competenza residuale - benché il loro titolo di competenza resti in realtà piuttosto incerto (20) - alcune leggi, non numerose, che intendono rispondere ad esigenze sociali e civili emergenti e sono in genere difficilmente riconducibili a materie tradizionali.
La terza cautela riguarda il valore indicativo dei dati qui raccolti. Va tenuto presente infatti che, in certi casi, non sarebbe possibile classificare una determinata legge per intero in un determinato ambito di competenza. Così, ad esempio, una legge in “agricoltura”, materia residuale, può avere alcuni contenuti che ricadono nella materia dell’“alimentazione” o in quella del “governo del territorio” che sono di tipo concorrente. Al contrario, anche in leggi che riguardano materie di tipo concorrente possono essere presenti disposizioni relative a materie residuali. I dati che qui si considerano fanno riferimento, però, a leggi classificate per intero - in base ad un criterio di prevalenza - in una data materia; si tratta perciò di dati sicuramente significativi di tendenze ma da considerare in maniera indicativa.
Ciò detto, partendo dalla tabella n. 8, si può tentare di costruire un elenco di materie di competenza residuale. In particolare, nel macrosettore “ordinamento istituzionale” si possono considerare residuali le materie “organi della regione”, “personale e amministrazione”, “enti locali, decentramento, comunità montane”. Nel macrosettore “sviluppo economico e attività produttive” le materie “artigianato”, “industria”, “commercio, fiere e mercati”, “turismo”, “agricoltura e foreste”, “caccia, pesca e itticultura”, “altro”. Nel macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” le materie “viabilità”, “trasporti”, “usi civici”. Nel macrosettore “servizi alla persona e alla comunità”, le materie “servizi sociali e assistenza”, “formazione professionale”, “altro”.
Sulla base di tale elenco e dei dati sul numero di leggi per materia come risultante dalla tabella n. 8, si può dunque costruire la ulteriore tabella n. 9, dalla quale risulta che complessivamente sono state approvate dalle regioni, su un totale di 2427 leggi, 1043 leggi riconducibili alla potestà residuale, il che sottolinea una sostanziale presenza di tale potestà, anche se decisamente minoritaria rispetto alla potestà concorrente.
Passando alla considerazione dei singoli macrosettori il rapporto tra le due potestà cambia, però, a favore di quella residuale sia in quello dell’ “ordinamento istituzionale” (322 leggi su 356 in totale) che in quello dello “sviluppo economico e attività produttive” (459 leggi di potestà residuale su un totale di 533). Nettamente prevalenti sono invece le leggi di potestà concorrente nel macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” (dove quelle di potestà residuale sono solo 87 su 445) e in quello dei “servizi alla persona e alla comunità” (dove sono riconducibili alla competenza residuale 190 leggi su 587).
Se è possibile dare un significato a tali dati pur con le dovute cautele, da essi sembra potersi ricavare una conferma della scelta volta a rafforzare un ruolo proprio e tendenzialmente generale delle regioni nel campo dello sviluppo economico. Rilevante appare, poi, nel campo dei “servizi alla persona e alla comunità” lo sviluppo della legislazione, anche qui di tipo residuale, in ordine ai “servizi sociali e assistenza”. Mentre l’ampio numero di leggi di competenza residuale nel campo dell’ “ordinamento istituzionale” appare un riflesso del consolidamento della regione come soggetto istituzionale che definisce autonomamente la propria organizzazione istituzionale e amministrativa.

5. In conclusione

L’insieme dei dati raccolti e delle considerazioni svolte – riferiti, va ricordato, alle regioni a statuto ordinario - consente di mettere in luce alcuni elementi di tendenza che appaiono significativi, anche se da ritenere indicativi, essendo doveroso invocare una necessaria cautela in particolare – come si è detto – quando dai dati generali e di insieme si passa a quelli per regione.
Si è visto, innanzitutto, come la produzione legislativa regionale sia andata decrescendo nel tempo e come ciò possa essere considerato soprattutto il risultato di una spinta al riordino della legislazione, anche se non si tratta di processi omogenei per tutte le regioni e non mancano elementi che riportano alla frammentarietà della legislazione. In ogni caso le riforme costituzionali e amministrative non hanno causato una inflazione delle leggi regionali.
In secondo luogo, i dati sui contenuti della legislazione confermano che la regione si configura come un ente di servizi per la comunità regionale, anche se è evidente l’impegno rilevante delle regioni nel campo delle attività produttive e dello sviluppo economico, il che sembra dare ragione alle motivazioni e alle spinte in questa direzione che sono state una componente rilevante delle riforme costituzionali e amministrative volte a rafforzare il regionalismo.
In terzo luogo, i dati raccolti segnalano un diverso peso dell’impegno legislativo nei vari macrosettori tra regioni del Nord, del Centro e del Sud, in particolare mettendo in luce il primato, per numero di leggi prodotte, delle regioni del Sud nel macrosettore dei “servizi alla persona e alla comunità” e delle regioni del Nord nel macrosettore dello “sviluppo economico e attività produttive”. Si tratta di elementi indicativi di tendenze politiche, che mostrano il realizzarsi – almeno nei contenuti delle politiche e delle leggi – di una certa asimmetria, che invece non si è realizzata, come è noto, nelle formule istituzionali.
Da ultimo, va sottolineato che - malgrado perdurino incertezze sui riparti di competenza, come segnala anche la crescita ulteriore del contenzioso tra Stato e regioni (21) – la potestà legislativa residuale si è andata consolidando. Non è un dato trascurabile – per quanto sia da considerare indicativo per le ragioni qui già dette – quello che segnala 1043 leggi di competenza residuale su un totale di 2427 leggi regionali. Si tratta, inoltre, di un elemento da valutare positivamente in quanto - dopo i molti dubbi e poi le incertezze e persino le paure che hanno accompagnato tale innovazione - mostra che tale tipo di competenza si è sviluppata e può contribuire a realizzare uno degli obiettivi fondamentali delle riforme, vale a dire insieme l’“alleggerimento” effettivo dello Stato e il consolidamento delle regioni come enti politici e “comunitari”. La competenza residuale, peraltro, apre nuovi spazi di intervento alle regioni, ora in grado di definire ambiti di azione anche diversi da quelli tradizionali, sperimentando - come in parte sta già avvenendo – nuove aggregazioni di materie.

NOTE

(1) Fa eccezione il macrosettore “servizi alla persona e alla comunità” e, in particolare, la materia “servizi sociali e assistenza”, che vede un numero crescente di leggi: da 22 nel 2001 a 45 nel 2004. L’incremento complessivo del macrosettore è invece meno rilevante, passando da 127 leggi nel 2001 a 138 nel 2004.
(2) V. su tale evoluzione, oltre ai dati, le considerazioni in A.G. ARABIA, Focus sulla produzione normativa nella VII legislatura, in Camera dei Deputati, IV Legislatura, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto sullo stato della legislazione 2004-2005 tra Stato, Regioni e Unione Europea, luglio 2005, p. 105 e ss.
(3) V. A.G. ARABIA, op.cit. e, inoltre, Riordino legislativo e qualità della legislazione: esperienze regionali a confronto, ib., p. 117 e ss.
(4) V. A.G. ARABIA, Focus, cit, p.106 e 107 e le tabelle 2 e 3 dalle quali emerge che, negli anni 2001-2004, su 2214 leggi in totale, 662 leggi (il 29,9%) sono da ritenersi di “manutenzione”, 1089 leggi settoriali nuove (49,2%) e 463 (20,9%) sono infine leggi di tipo finanziario.
(5) V. piu’ ampiamente A.G. ARABIA, Focus, cit. e la Sezione II di questo Capitolo.
(6) In tale materia sono incluse anche le leggi relative alle farmacie, ai cimiteri e alle ceneri dei defunti.
(7) V. su questa tendenza e sulle difficoltà rispetto ai confini con le competenze statali, sui quali è intervenuta in alcuni casi la Corte costituzionale, C. DESIDERI, Lo sviluppo della potestà legislativa regionale, in ISSIRFA-CNR, Secondo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2003), Milano, Giuffrè Editore, 2004, p. 253 e ss.
(8) V. su tale vicenda G. MELONI, L’amministrazione di fronte alle esigenze di governance del settore turistico. Il turismo regionale nei processi di conferimento e riordino, in ISSIRFA-CNR, Regioni e attività produttive, Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, 2003, Milano, Giuffrè Editore, 2004, p. 159 e ss.
(9) La giurisprudenza in questione inaugurata dalle sentenze n. 407 e 536 del 2002 appare costante fino alle recenti pronunce n. 259 e 429 del 2004.
(10) V. in merito anche C. DESIDERI, Lo sviluppo economico locale. Verso una nuova materia regionale?, in ISSIRFA-CNR, Regioni e attività produttive, Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, 2003, cit.
(11) In effetti solo nell’area del Sud le leggi in questo macrosettore rappresentano (v. tabella n. 7) una percentuale piu’ elevata (24,19%) rispetto a quelle di tutti gli altri macrosettori. La situazione cambia nel Centro (dove la percentuale piu’ elevata è quella delle leggi relative ai servizi: 26,07%, rispetto al 18,23% di leggi relative alla finanza regionale) e nel Nord (23,63% di leggi relative allo sviluppo economico, contro il 19,06 di leggi relative alla finanza regionale).
(12) I dati relativi all’anno 2001 comprendono un arco di tempo - prevalente - in cui non era ancora vigente la riforma del Titolo V. Vista la relativa ampiezza del periodo 2001-2005 qui considerato, si è preferito tuttavia far partire la rilevazione dal 2001.
(13) V. la giurisprudenza ricordata alla nota 9.
(14) V. la sentenza n.14 del 2004 dove, nella sua “accezione dinamica”, la tutela della concorrenza “giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato ed a istaurare assetti concorrenziali”, e dove “l’intervento statale si giustifica per la sua rilevanza macroeconomica”.
(15) V. l’art 117, c.2 lett. h che “esclude” la “polizia amministrativa locale” dall’ “ordine pubblico e sicurezza” e l’art.117, c.3 che “esclude” l’ “istruzione e formazione professionale” dall’ “istruzione”.
(16) V. ad esempio le sentenze n. 375 del 2003 e n. 1, 12, 17, 380, 390 del 2004.
(17) V. la sentenza n. 303 sui “lavori pubblici” e la sentenza n.370 sugli “asili nido”, entrambe del 2003.
(18) V. la sentenza n. 370 del 2003 dove si esclude l’attribuzione degli “asili nido” alla competenza residuale regionale per i servizi sociali, in quanto va tenuto conto della “evoluzione della legislazione” che ha assegnato al servizio in questione anche una “funzione educativa e formativa” e una “funzione di tutela del lavoro”.
(19) V. la sentenza n. 375 del 2003 dove il “nocciolo duro” è tradizionalmente individuato nella “produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione”.
(20) Si tratta di alcune leggi classificate nella voce “altro” nell’ambito del macrosettore “servizi alla persona e alla comunità”, che hanno ad oggetto azioni di supporto in tema di sicurezza, per i consumatori, per i giovani, per le famiglie, ecc..
(21) G. CERRACCHIO, Il contenzioso costituzionale, in ISSiRFA-CNR, Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia 2002-2003, Milano, Giuffrè, 2003 e 2004, rispettivamente p. 57 e ss. e p. 99 e ss.. Per la giurisprudenza: L. RONCHETTI, La giurisprudenza costituzionale, Cap. VI, in questo Rapporto; P. CARETTI, La giurisprudenza costituzionale in materia di rapporti tra Stato e regioni, in Camera dei Deputati, IV Legislatura, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto sullo stato della legislazione 2004-2005 tra Stato, Regioni e Unione Europea, luglio 2005 p.245 e ss.


Tabelle allegate

1. Regioni ordinarie: numero delle leggi (1990-2005)
2. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni nel 2001
3. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni nel 2002
4. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni nel 2003
5. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni nel 2004
6. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni nel 2005
7. Classificazione delle leggi per macrosettori di materie e per regioni per il periodo 2001-2005
8. Classificazione delle leggi secondo i macrosettori e secondo il profilo delle materie (Anni 2001-2005)
9. Leggi regionali attribuibili alla potestà legislativa residuale-generale (Anni 2001-2005)

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