Aida Giulia ARABIA, La produzione regolamentare nella settima legislatura regionale (Novembre 2005)
Lo studio riproduce la sezione II dell’VIII Capitolo del ‘Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia’. Il titolo del capitolo è: L’attività normativa nella settima legislatura regionale
SOMMARIO:
1. Introduzione.
2. La riscoperta del regolamento: dati e contenuti.
3. La convalida dei regolamenti di giunta.
4. I regolamenti regionali nei nuovi statuti.
5. Considerazioni conclusive
Note
Tabelle allegate
1. Introduzione
Quando le funzioni legislativa e regolamentare erano attribuite entrambe al consiglio regionale, la seconda delle funzioni richiamate veniva scarsamente esercitata. Il fenomeno - come autorevolmente sostenuto - si spiegava, in parte, per l’indifferenza sulla scelta dello strumento legislativo o regolamentare data la competenza del medesimo organo e date - almeno in alcune regioni - anche le medesime procedure di formazione dei due tipi di atti; in parte, per essere già la legislazione regionale relegata a fonte sostanzialmente regolamentare, data l’incidenza della legislazione statale “di principio” troppo esaustiva e dettagliata nella disciplina della materia.
Alle leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001 si deve la riscoperta dei regolamenti, non quella sopravalutazione tanto temuta dalla dottrina ma, sicuramente, un maggior utilizzo della fonte rispetto al passato. L’incremento dei regolamenti risulta, però, diversificato nelle singole regioni e questo si spiega per una pluralità di fattori. In primo luogo, per la diversa forza politica dei singoli governi regionali. In secondo luogo, per la rilevanza degli apparati amministrativi delle giunte che giocano un ruolo decisivo nella fase di formazione dei regolamenti. Infine, per una certa “abitudine” della giunta (del presidente ma anche degli assessori), più accentuata in alcune regioni, a ricorrere da sempre a fonti anomale (in luogo dei regolamenti) che forse ha facilitato gli esecutivi - legittimati, come si dirà in seguito, dalla prima interpretazione della riforma – nel ricorso alla fonte regolamentare.
La prima delle leggi costituzionali richiamate sottrae al consiglio il privilegio del potere regolamentare, senza peraltro attribuirlo espressamente alla giunta e qualifica come “emanazione” e non più come “promulgazione” la potestà del presidente della giunta su tali atti. La seconda limita la sfera di competenza materiale dello Stato ed estende notevolmente quella regionale. Più in particolare, in base all’art. 117, sesto comma, Cost., il governo può emanare fonti secondarie solo nelle materie di propria competenza esclusiva, mentre alle regioni è attribuita, oltre alla competenza sulle materie cd. residuali, anche quella sulle materie concorrenti. Inoltre, la stessa norma prevede anche l’ipotesi di regolamenti delegati dallo Stato su materie di esclusiva competenza legislativa di quest’ultimo.
A seguito delle accennate riforme costituzionali prende, comunque, corpo la tesi dell’immediata titolarità del potere regolamentare alla giunta (1). Così per parte della dottrina e della giurisprudenza amministrativa, nonché per il dipartimento per gli affari regionali e per alcune commissioni statali di controllo sugli atti amministrativi delle regioni. In un primo momento gli indirizzi della Corte costituzionale sembravano lasciare spazio a differenti valutazioni circa l’attribuzione del potere regolamentare, compresa quella favorevole all’immediata competenza dell’esecutivo regionale (ordinanza n. 87 del 2001). Solo nel 2003 - superando le differenti opinioni dottrinali e bloccando una prassi che ormai andava estendendosi negli ordinamenti regionali – la Corte “risolve” definitivamente la questione. Con la sentenza n. 313, infatti, rimette al legislatore statutario la scelta organizzativa circa la titolarità del potere regolamentare. In attesa dei “nuovi” statuti, per i giudici della Consulta, vale ancora la distribuzione delle competenze normative stabilita nei testi ancora vigenti i quali, riproducendo, attuando e specificando il testo originario dell’art. 121 Cost., attribuivano la competenza all’approvazione dei regolamenti al consiglio. Gli effetti della sentenza sono evidenti dai dati riportati nella tabella 1.
Nel 2004, il consiglio si riappropria della potestà regolamentare (2). Ne consegue, nella maggior parte delle regioni, il blocco dell’esercizio del potere da parte delle giunte e solo in alcuni casi il ricorso, in modo limitato, alla fonte regolamentare. Tre regioni, non sembrano rinunciare all’utilizzo della fonte e, alcune in modo più marcato, hanno continuato a far ricorso a regolamenti, sia pur di consiglio. Si tratta delle regioni Toscana (16), Marche (13) e Lombardia (10). Solo in Piemonte la funzione non è ritornata al consiglio, mentre in Basilicata e Molise, questo avviene nel corso dell’anno. Dalla tabella 1, infatti, si può constatare la presenza in queste due ultime regioni sia di regolamenti di giunta che di consiglio. Il numero, sia pur esiguo di regolamenti dell’esecutivo, porta a pensare che debba trattarsi di atti adottati prima della sentenza e pubblicati successivamente, sicuramente in osservanza di leggi regionali anteriori alla decisione della Corte che ne prevedevano l’emanazione. Diverso è il caso della regione Piemonte che, nel corso del 2004, ha emanato ben 16 regolamenti di giunta. La sentenza del Tar sui buoni scuola (3) ha, probabilmente, giocato un ruolo decisivo in tal senso. Richiesto, infatti, tra gli altri atti, anche l’annullamento del regolamento di giunta n. 11/R del 1 agosto 2003, di attuazione della l.r. n. 10 del 2003, inerente al contributo regionale alla libera scelta educativa per l’anno 2003-2004, i giudici amministrativi salvano il regolamento richiamato sulla base di una norma (art. 39, co. 4) del vecchio statuto piemontese che “consente al legislatore regionale di affidare alla giunta “ogni altra attribuzione” che non sia già prevista in via generale, dalla Costituzione”. Tale disposizione è, secondo il Tar, perfettamente conforme al nuovo testo dell’art. 121, comma 2, ed anche all’art. 123 della Carta, atteso che nessuna di tali norme contiene alcuna “riserva di regolamento” a favore del consiglio, mentre la giurisprudenza costituzionale richiamata dai ricorrenti “non assume alcuna rilevanza nel caso di specie, riguardando l’opposta situazione in cui lo statuto regionale non contenga una norma di tenore analogo al citato art. 39, comma 4, dello statuto piemontese”. In altre parole la clausola residuale che tutto ciò che non è espressamente attribuito al consiglio può essere esercitato dalla giunta, ha “permesso” l’emanazione di regolamenti da parte dell’esecutivo piemontese anche dopo l’arresto generalizzato dell’esercizio della funzione nelle altre regioni.
2. La riscoperta del regolamento: dati e contenuti
Fino alla sentenza n. 313 del 2003 anche le regioni hanno interpretato l’art. 121 Cost. a favore dell’immediata attribuzione alle giunte della potestà regolamentare. In conseguenza di ciò è avvenuta, rispetto al passato e come sopra già evidenziato, una rivalutazione della fonte in esame. I regolamenti dell’esecutivo, infatti, incominciano ad aumentare come dato complessivo, in modo più marcato negli anni 2001, 2002 e 2003. Ammontano, rispettivamente, a 94, 108 e 152, con regioni che registrano un aumento costante (tabella 1). Ad esempio in Lombardia si passa dai 9 del 2001 ai 14 del 2002, fino ad arrivare ai 23 del 2003. Il cambiamento di rotta è notevole se si pensa che in 15 anni (1971-1986) la stessa regione aveva fatto ricorso alle fonti secondarie solo 39 volte. E le medesime conclusioni valgono per il Piemonte che in 26 anni (1972-1999) ha emanato 124 regolamenti e nel periodo 2000-2004 ben 71! Accanto alla Lombardia e al Piemonte, comunque, anche altre regioni ordinarie hanno rivalutato la fonte in esame che, nel 2003, in alcuni casi (Umbria, Liguria, Toscana, Puglia, Basilicata e Campania) è stata utilizzata dalle 12 alle 19 volte.
I dati relativi al numero dei regolamenti adottati nei tre anni indicati, mettono in evidenza che il 13,3% (2001), il 16,1% (2002) e il 22,8% (2003) della produzione normativa complessiva (leggi e regolamenti) delle regioni ordinarie è avvenuta ad opera di regolamenti in maniera crescente: a fronte di 615 leggi, nel 2001 sono stati emanati, infatti, 94 regolamenti, così nel 2002 (563 leggi e 108 regolamenti) e nel 2003 (514 leggi e 152 regolamenti) (4).
Passando, poi, più propriamente a considerare i contenuti dei regolamenti emanati nel periodo 2001-2005 – v. le tabelle dal n. 2 al n. 6 e la tabella riassuntiva n. 7 - risultano più numerosi quelli relativi allo “sviluppo economico e attività produttive” (157), seguiti da quelli relativi al macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” (114), dal settore “servizi alla persona e alla comunità” (113), dal settore “ordinamento istituzionale” (90) e, infine, da quello relativo alla “finanza regionale” (22). Questo naturalmente in termini assoluti. Se si scende al livello delle singole regioni, nello sviluppo economico, Puglia, Toscana e Lombardia hanno emanato più regolamenti, rispettivamente, 29, 23 e 22; nel settore del territorio, il Piemonte, la Lombardia e la Basilicata con 25, 19 e 17 regolamenti; nel settore dei servizi, il Piemonte e la Puglia, entrambe con 19 regolamenti; nel settore dell’ordinamento istituzionale la Puglia con 14 regolamenti, il Lazio e il Molise con 10 regolamenti. Non sono rilevanti i dati per regione in materia di finanza regionale, dato il totale già molto esiguo. Guardando, poi, all’interno dei macrosettori, appare maggiormente significativa – come si ricava dalla tabella 8 - la prevalenza di alcune materie. In particolare, nel settore dello sviluppo economico, fa la parte del leone la materia agricoltura e foreste con 44 regolamenti, seguita dal commercio, con 35 regolamenti, dalla caccia con 29 regolamenti e dal turismo con 23 regolamenti. Nel settore territorio e ambiente, sono vicini i regolamenti in materia di territorio e urbanistica (27) e quelli relativi alla protezione della natura (25), seguiti da quelli in materia di risorse idriche (16), trasporti (14), opere pubbliche e protezione civile (entrambe con 13 regolamenti). Nel settore dei servizi alla persona, è nettamente prevalente la tutela della salute con 31 regolamenti, seguita dai servizi sociali con 23 regolamenti. Nel settore dell’ordinamento istituzionale predomina la materia personale e amministrazione con 61 regolamenti, mentre nel settore della finanza regionale sono superiori i regolamenti in materia di contabilità (12). I dati relativi alla prevalenza di alcune materie nei primi tre macrosettori sono pienamente coincidenti con quelli evidenziati nella sezione dedicata alla legislazione. Si discostano i dati delle materie comprese nel settore ordinamento istituzionale e, in particolare, quelle relative al personale e all’amministrazione, non solo per una netta prevalenza rispetto alle altre materie, ma soprattutto per essere quasi il doppio delle leggi (61 regolamenti e 38 leggi). Sicuramente questi risultati evidenziano l’attuazione di quel processo di delegificazione di interi ambiti di normativa fatto proprio, da alcune regioni, negli ultimi anni. Infine, altre discordanze con la legislazione si evidenziano disaggregando i dati per macroregioni (tabella 8). Mentre, in termini assoluti, si evidenzia, nell’area del Sud, un maggior utilizzo delle fonti (959 leggi e 193 regolamenti), se si passa all’esame dei macrosettori risultano più numerosi, nell’ordine, i regolamenti relativi allo “sviluppo economico e attività produttive” al Sud e al Centro, rispettivamente con 64 e 45 regolamenti, mentre nell’area del Nord predominano quelli inerenti al “territorio, ambiente e infrastrutture” (54 regolamenti).
Naturalmente il dato quantitativo non deve essere letto in termini assoluti. In numerosi casi, infatti, si tratta di regolamenti di modifica e/o di integrazione di precedenti atti e spesso si tratta di regolamenti dal contenuto microsettoriale e da dimensioni ridotte anche in termini di articoli e commi (5). Nella maggior parte dei casi, poi, l’esercizio della potestà regolamentare ha comportato prevalentemente l’adozione di regolamenti di esecuzione e di attuazione di leggi regionali e in alcuni casi di singole disposizioni. Altre volte i regolamenti sono attuativi di disposizioni legislative e regolamentari statali, molto numerosi prima della modifica del Titolo V ma presenti anche dopo il 2001, soprattutto in attuazione di leggi anteriori alla riforma costituzionale. Pochi regolamenti sono “vincolati” da disposizioni comunitarie (6).
In alcuni casi questi atti, limitandosi ad indicare solo la competenza della giunta, regolano, pur in assenza di una determinazione legislativa di principi e criteri direttivi, in modo esaustivo interi ambiti materiali. Vi sono anche esempi anche di regolamenti indipendenti sganciati, cioè, da qualsivoglia previsione legislativa: si tratta, però, di una produzione regolamentare intesa a disciplinare procedimenti amministrativi piuttosto che a colmare carenze normative. Questi atti, per citare solo qualche esempio riferito alla regione Molise che, insieme alle regioni Marche e Umbria, risulta aver fatto ricorso a tale tipologia di regolamenti (7), contengono disposizioni strumentali all’attuazione di misure di programmazione di attività formative, fissano termini per la conclusione di procedimenti sanzionatori, prevedono modalità di cessione di elaborati cartografici prodotti dalla regione, disciplinano le modalità di emanazione di bandi regionali (8) o fissano le modalità dei controlli relativi all’agevolazione fiscale per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli (9).
3. La convalida dei regolamenti di giunta
Il 2004 è l’anno dell’adeguamento degli ordinamenti regionali alla decisione della Corte costituzionale. Il problema, infatti, era quello di “sanare” i regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003, a rigore tutti illegittimi.
Parte della dottrina aveva in proposito ipotizzato la necessità dell’elaborazione di una norma statutaria per sanare gli atti di giunta emanati nel periodo di vigenza dell’equivoco se non addirittura di anticiparla rispetto all’approvazione degli statuti.
Le regioni hanno, in modi e tempi differenti, fornito una soluzione al problema.
Una prima risposta arriva dalla regione Puglia che preliminarmente approva una mozione (19 dicembre 2003) intesa ad impedire alla giunta l’approvazione di regolamenti in contrasto con lo statuto e successivamente, con l’art. 35 della finanziaria (l.r. n.1 del 2004), provvede a sanare (approvandole) solo due deliberazioni di giunta, rispettivamente, concernenti il piano sanitario regionale e il piano di riordino della rete ospedaliera.
Segue, poi, l’iniziativa della regione Liguria che, nel gennaio 2004, emana un regolamento (n. 1) di adeguamento dell’ordinamento regionale agli effetti della sentenza n. 313 della Corte costituzionale. Il consiglio regionale con l’atto in oggetto convalida, infatti, tutti i regolamenti (20) emanati dalla giunta dal 2001 al 2003.
La regione Marche con l.r. n. 1 del 2004 ha apportato modificazioni alle leggi regionali, approvate dal 2000 al 2003, contenenti disposizioni attributive del potere regolamentare alla giunta. Ha previsto, poi, nella norma transitoria, che i regolamenti già emanati restino in vigore fino a che non siano fatti propri dal consiglio regionale con propria delibera.
La regione Lazio, oltre ad aver operato un primo adeguamento della normativa regionale agli effetti della sentenza n. 313 nella legge finanziaria (n. 2 del 2004), modificando, all’art. 20, una serie di norme di leggi regionali contenenti rinvii espliciti a regolamenti dell’esecutivo, con due successivi regolamenti del consiglio (n. 1 del 2004 e 1 del 2005) ha provveduto a ratificare i 10 regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003.
La regione Emilia-Romagna dedica una disposizione (art. 55) nell’ambito della legge di riforma del sistema amministrativo regionale e locale (l.r. n. 6 del 2004) alla convalida dei regolamenti impropriamente emanati dalla giunta sulla base della legge costituzionale n. 1 del 1999.
Anche la regione Lombardia sceglie la medesima strada della regione Marche emanando una legge ad hoc di modifica di leggi regionali in materia di potestà regolamentare. Infatti, con l.r. n. 12 del 2004 opera, nell’art. 1, la sostituzione delle disposizioni di legge che avevano attribuito tale potestà all’esecutivo e, nella norma finale, salvaguarda l’efficacia dei regolamenti precedentemente approvati dalla giunta medesima. E lo stesso è da dire per la regione Veneto che è intervenuta con l.r. n. 23 del 2004 a modificare 9 leggi regionali - eliminando il riferimento all’esercizio della potestà regolamentare da parte della giunta - e a convalidare 10 regolamenti.
La regione Campania risolve il problema nel 2005. Con il regolamento n. 3, infatti, è intervenuta a convalidare – forse per eccesso di zelo - 82 delibere di giunta, alcune emanate con decreto del presidente, a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale più volte richiamata. Il regolamento sostituisce la deliberazione consiliare di approvazione dei singoli regolamenti.
Infine, anche la regione Piemonte, nonostante la legittimazione ad emanare regolamenti di giunta, individuata dal Tar nella sentenza richiamata nell’introduzione, ha affrontato il problema della convalida dei regolamenti nella II norma transitoria del nuovo statuto, dove espressamente si fanno salvi gli effetti dei regolamenti emanati dalla giunta nel periodo decorrente dall’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1999 fino all’entrata in vigore della carta statutaria.
4. I regolamenti regionali nei nuovi statuti
La titolarità della potestà regolamentare è, ora, disciplinata nelle nuove carte statutarie (10). Nella maggioranza dei casi esse “riabilitano” la giunta; solo in sporadici casi “ripristinano” le attribuzioni del consiglio. Dei nove statuti entrati in vigore (11), infatti, solo quello della regione Marche si è mosso verso quest’ultima direzione (12) , anche se ha previsto la possibilità di delega alla giunta. Gli altri statuti attribuiscono il potere all’organo esecutivo, sia pure con qualche “temperamento”.
Tra gli statuti che assegnano il potere regolamentare all’esecutivo regionale, quelli delle regioni Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana e Umbria, conservano in capo all’organo consiliare l’esercizio della potestà regolamentare delegata dallo Stato nelle materie di propria competenza legislativa esclusiva.
Sul piano procedimentale, nei casi delle regioni Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana e Umbria, è prevista l’approvazione della giunta previo parere obbligatorio della commissione consiliare competente. E’ vero che trattandosi di parere obbligatorio e non vincolante, la giunta potrebbe disattendere i rilievi della commissione ma, in ipotesi siffatta, ne “soffrirebbero” i legami politici con il legislativo. Nel caso delle regioni Emilia-Romagna e Lazio è previsto il parere dell’organo di garanzia statutaria, mentre in Emilia è richiesto il parere, sempre obbligatorio, dell’assemblea legislativa. Nel caso, poi, della regione Puglia, lo statuto prevede che nell’esercizio della potestà regolamentare, la giunta possa avvalersi anche del parere del Consiglio di Stato.
In alcuni statuti, poi, l’attribuzione della potestà regolamentare, oltre che sullo statuto si basa sull’intermediazione della legge regionale. In tal senso si sono mossi in via generale i legislatori del Piemonte e del Lazio, aderendo ad una interpretazione forte del principio di legalità che vuole, di volta in volta, l’autorizzazione, con legge, dell’esercizio del potere regolamentare. In altri statuti, invece, la potestà resta sottoposta al potere del legislatore regionale solo nel caso di regolamenti di delegificazione. Così, ad esempio, oltre che naturalmente nei due statuti richiamati che la prevedono in via generale, anche negli statuti delle regioni Calabria, Puglia e Umbria.
In materia, poi, di competenza degli enti locali, gli statuti della Toscana e dell’Emilia-Romagna prevedono la cedevolezza dei regolamenti regionali la cui applicazione permane, appunto, fino all’entrata in vigore dei regolamenti degli enti locali. Naturalmente questo vale anche per le regioni che non lo hanno previsto in statuto, dati i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sui quali si regge il nuovo impianto costituzionale e, in particolare, il nuovo assetto delle competenze.
5. Considerazioni conclusive
L’analisi svolta in precedenza ha messo in luce una situazione fondata su un equivoco. Le regioni, infatti, fino alla sentenza n. 313 del 2003 hanno interpretato il nuovo art. 121 Cost. a favore della immediata attribuzione ai governi regionali della potestà regolamentare, con un conseguente incremento - nei quattro anni di esercizio “viziato” - della fonte. Il ritorno al consiglio, invece, sembra aver ripristinato quella situazione di ”indifferenza” sulla scelta dello strumento legislativo o regolamentare che ha caratterizzato gli ordinamenti regionali fino alla riforma costituzionale del 1999, ad eccezione (come qui evidenziato nel paragrafo introduttivo) delle regioni Toscana, Marche e Lombardia.
Dall’insieme dei dati raccolti e delle considerazioni svolte emergono alcune tendenze significative.
Innanzitutto, i regolamenti regionali seguono l’andamento delle leggi. Le fonti secondarie non sembrano essere alternative a quelle primarie e, come evidenziato anche nella sezione sulla legislazione, la graduale diminuzione della fonte legislativa, non appare tanto dovuta alla riscoperta dei regolamenti quanto, in massima parte, alle difficoltà delle regioni ad attuare la riforma costituzionale e al ricorso costante a leggi di riordino organico in luogo di una molteplicità di leggine che disciplinavano una sola materia.
In secondo luogo, l’utilizzo del regolamento non è uniforme sul territorio nazionale. Vi sono regioni che fanno ricorso alla fonte in modo marcato, altre in modo episodico e marginale. Se si confrontano i dati della tabella 7, in effetti, con una media di 33 regolamenti a regione, si passa dai 66 regolamenti della Puglia – cui seguono i 64 del Piemonte, i 61 della Lombardia e i 58 della Toscana - agli 11 del Veneto.
In terzo luogo, alla luce di quanto avvenuto nella prassi, è da sottolineare che, al di là dell’aumento del dato quantitativo, i regolamenti intervengono, quasi sempre, a completare, specificare, integrare discipline contenute in settori molto ristretti di materie e si rinvengono pochi esempi di regolamenti “sostitutivi” della legislazione.
Infine, quanto alle prospettive future, l’attribuzione alla giunta, sia pure con un riproporzionamento del potere dell’esecutivo, appare la soluzione più aderente alle modifiche istituzionali già avvenute. Il ricorso alla fonte regolamentare può essere opportuno soprattutto per arginare due fenomeni che da sempre interessano gli ordinamenti regionali. Il primo è quello dell’utilizzo della legge in luogo del regolamento che, soprattutto fino alla riforma dell’art. 121 della Costituzione, era molto diffuso in alcune regioni. Ma che, anche dopo, ha continuato a manifestarsi. Il secondo fenomeno è, poi, quello della proliferazione di atti formalmente amministrativi ma a contenuto generale, i cd. “regolamenti travestiti” (13) che, nel precedente regime costituzionale, ha contribuito ad arginare il monopolio consiliare, ma anche dopo la riforma costituzionale ha continuato a manifestarsi. La progressiva estensione del ricorso ad atti a contenuto generale con valore normativo esterno adottati da organi afferenti all’esecutivo (regolamenti in senso sostanziale, piani, regolamenti assessorili) ha di conseguenza contribuito a restringere la regolazione legislativa. Questi atti non disciplinati sotto il profilo procedurale e dei limiti – e spesso nemmeno pubblicati - producono effetti rilevanti dal punto di vista delle garanzie istituzionali e delle posizioni soggettive e, pertanto, bisognerebbe evitarne l’emanazione. Sicuramente i nuovi statuti, con l’attribuzione alla giunta del potere regolamentare, sia pure con qualche temperamento, hanno chiuso una partita aperta, in primo luogo, dalla riforma costituzionale del 1999 e, successivamente, dalla decisione della Corte costituzionale più volte richiamata.
NOTE
(1) Più nel dettaglio, per la ricostruzione dell’intera vicenda, cfr. L. RONCHETTI, I regolamenti regionali, in ISSiRFA-CNR, Secondo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2003), Milano, Giuffrè, 2004, p. 274 e ss.
(2) Nel corso dell’anno solo le giunte delle regioni Calabria, Lazio e Puglia hanno ripreso ad emanare regolamenti a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi statuti. I regolamenti di consiglio indicati nella tabella 1 per il Lazio nel 2004 e nel 2005 sono quelli di ratifica dei regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003. Alle iniziative delle giunte richiamate sono seguite, a partire dalla regione Toscana nel marzo 2005, quelle delle altre regioni che hanno attribuito, nei nuovi statuti, l’esercizio della competenza regolamentare agli esecutivi (v. infra, par. 4).
(3) Tar Piemonte, sez. II, n. 1272/2004, in issirfa.cnr.it>la giurisprudenza amministrativa>anno 2004.
(4) Se a questi dati si sommano anche quelli relativi alle regioni speciali ed alle province autonome, il ricorso alla fonte secondaria risulta essere ancora più rilevante. Sempre con riferimento ai tre anni indicati, cfr. A.G. ARABIA, Aspettando gli statuti: i regolamenti regionali per le attività produttive tra riforme e prassi, in ISSiRFA-CNR, Regioni e attività produttive. Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, 2003, Milano, Giuffrè, 2004, p. 25 e ss.
(5) Non mancano, però, alcune eccezioni. Cfr. ad esempio, due regolamenti della regione Toscana, il primo del 2003 (n. 47) e l’altro del 2004 (n. 13), entrambi di ampie dimensioni in termini di articoli (95) e commi, rispettivamente, 349 e 362. Si tratta, però, di due testi unici. Il primo, dei regolamenti regionali di attuazione della l.r. n. 3 del 1992, in materia di protezione della fauna omeoterma; il secondo, frutto di una vasta delegificazione operata dalla l.r. n. 32 del 2002, in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro.
(6) Nel dettaglio si rinvia ai dati, comprensivi anche delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome, riportati in Camera dei Deputati – Osservatorio sulla legislazione, Rapporti sulla legislazione 2002 e 2003. In particolare, cfr. le tabelle 4b dell’Appendice allegata alla parte su Tendenze e problemi della legislazione regionale, per il 2002 p. 377, per il 2003 p. 434.
(7) A.G. ARABIA, Riordino normativo e qualità della legislazione, in Camera dei deputati – Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2002 sullo stato della legislazione, Roma, 2003, p. 244.
(8) Cfr. regolamenti Molise nn.4, 7 e 8 del 2001; n. 2 del 2001; 5 del 2001 e 2 del 2003.
(9) Cfr. regolamento Umbria n. 1 del 2003.
(10) Per una disamina delle disposizioni statutarie sulla tipologia delle fonti, cfr. il dossier I nuovi statuti regionali: lo stato dell’arte e, in particolare, il capitolo di P. GARRO, in consiglio.regione.toscana.it>oli>pubblicazioni.
(11) Al maggio 2005 sono entrati in vigore: l.r. Calabria 19 ottobre 2004, n. 25; l.r. Emilia-Romagna 31 marzo 2004, n 13; l. statutaria Lazio 11 novembre 2004, n. 1; l. statutaria Liguria 3 maggio 2005, n. 1; l. statutaria Marche 8 marzo 2005, n. 1; l.r. statutaria Piemonte 4 marzo 2005, n. 1; l.r. Puglia 12 maggio 2004, n. 7; statuto Toscana 11 febbraio 2005; l.r. Umbria 16 aprile 2005, n. 21.
(12) Sembrano mantenere la potestà regolamentare in capo al consiglio anche le regioni Abruzzo e Campania che, prima della fine delle legislatura, avevano approvato, in prima lettura, la loro deliberazione legislativa statutaria.
(13) A. D’ATENA, Introduzione, Tendenze e problemi della legislazione regionale, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2002, cit, p.. 227.
Tabelle allegate
1. Regolamenti regionali di Giunta e Consiglio – Anni 2001-2005
2. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2001
3. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2002
4. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2003
5. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2004
6. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2005
7. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – Anni 2001-2005
8. Classificazione dei regolamenti per macrosettori e profilo delle materie (anni 2001-2005)
SOMMARIO:
1. Introduzione.
2. La riscoperta del regolamento: dati e contenuti.
3. La convalida dei regolamenti di giunta.
4. I regolamenti regionali nei nuovi statuti.
5. Considerazioni conclusive
Note
Tabelle allegate
1. Introduzione
Quando le funzioni legislativa e regolamentare erano attribuite entrambe al consiglio regionale, la seconda delle funzioni richiamate veniva scarsamente esercitata. Il fenomeno - come autorevolmente sostenuto - si spiegava, in parte, per l’indifferenza sulla scelta dello strumento legislativo o regolamentare data la competenza del medesimo organo e date - almeno in alcune regioni - anche le medesime procedure di formazione dei due tipi di atti; in parte, per essere già la legislazione regionale relegata a fonte sostanzialmente regolamentare, data l’incidenza della legislazione statale “di principio” troppo esaustiva e dettagliata nella disciplina della materia.
Alle leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001 si deve la riscoperta dei regolamenti, non quella sopravalutazione tanto temuta dalla dottrina ma, sicuramente, un maggior utilizzo della fonte rispetto al passato. L’incremento dei regolamenti risulta, però, diversificato nelle singole regioni e questo si spiega per una pluralità di fattori. In primo luogo, per la diversa forza politica dei singoli governi regionali. In secondo luogo, per la rilevanza degli apparati amministrativi delle giunte che giocano un ruolo decisivo nella fase di formazione dei regolamenti. Infine, per una certa “abitudine” della giunta (del presidente ma anche degli assessori), più accentuata in alcune regioni, a ricorrere da sempre a fonti anomale (in luogo dei regolamenti) che forse ha facilitato gli esecutivi - legittimati, come si dirà in seguito, dalla prima interpretazione della riforma – nel ricorso alla fonte regolamentare.
La prima delle leggi costituzionali richiamate sottrae al consiglio il privilegio del potere regolamentare, senza peraltro attribuirlo espressamente alla giunta e qualifica come “emanazione” e non più come “promulgazione” la potestà del presidente della giunta su tali atti. La seconda limita la sfera di competenza materiale dello Stato ed estende notevolmente quella regionale. Più in particolare, in base all’art. 117, sesto comma, Cost., il governo può emanare fonti secondarie solo nelle materie di propria competenza esclusiva, mentre alle regioni è attribuita, oltre alla competenza sulle materie cd. residuali, anche quella sulle materie concorrenti. Inoltre, la stessa norma prevede anche l’ipotesi di regolamenti delegati dallo Stato su materie di esclusiva competenza legislativa di quest’ultimo.
A seguito delle accennate riforme costituzionali prende, comunque, corpo la tesi dell’immediata titolarità del potere regolamentare alla giunta (1). Così per parte della dottrina e della giurisprudenza amministrativa, nonché per il dipartimento per gli affari regionali e per alcune commissioni statali di controllo sugli atti amministrativi delle regioni. In un primo momento gli indirizzi della Corte costituzionale sembravano lasciare spazio a differenti valutazioni circa l’attribuzione del potere regolamentare, compresa quella favorevole all’immediata competenza dell’esecutivo regionale (ordinanza n. 87 del 2001). Solo nel 2003 - superando le differenti opinioni dottrinali e bloccando una prassi che ormai andava estendendosi negli ordinamenti regionali – la Corte “risolve” definitivamente la questione. Con la sentenza n. 313, infatti, rimette al legislatore statutario la scelta organizzativa circa la titolarità del potere regolamentare. In attesa dei “nuovi” statuti, per i giudici della Consulta, vale ancora la distribuzione delle competenze normative stabilita nei testi ancora vigenti i quali, riproducendo, attuando e specificando il testo originario dell’art. 121 Cost., attribuivano la competenza all’approvazione dei regolamenti al consiglio. Gli effetti della sentenza sono evidenti dai dati riportati nella tabella 1.
Nel 2004, il consiglio si riappropria della potestà regolamentare (2). Ne consegue, nella maggior parte delle regioni, il blocco dell’esercizio del potere da parte delle giunte e solo in alcuni casi il ricorso, in modo limitato, alla fonte regolamentare. Tre regioni, non sembrano rinunciare all’utilizzo della fonte e, alcune in modo più marcato, hanno continuato a far ricorso a regolamenti, sia pur di consiglio. Si tratta delle regioni Toscana (16), Marche (13) e Lombardia (10). Solo in Piemonte la funzione non è ritornata al consiglio, mentre in Basilicata e Molise, questo avviene nel corso dell’anno. Dalla tabella 1, infatti, si può constatare la presenza in queste due ultime regioni sia di regolamenti di giunta che di consiglio. Il numero, sia pur esiguo di regolamenti dell’esecutivo, porta a pensare che debba trattarsi di atti adottati prima della sentenza e pubblicati successivamente, sicuramente in osservanza di leggi regionali anteriori alla decisione della Corte che ne prevedevano l’emanazione. Diverso è il caso della regione Piemonte che, nel corso del 2004, ha emanato ben 16 regolamenti di giunta. La sentenza del Tar sui buoni scuola (3) ha, probabilmente, giocato un ruolo decisivo in tal senso. Richiesto, infatti, tra gli altri atti, anche l’annullamento del regolamento di giunta n. 11/R del 1 agosto 2003, di attuazione della l.r. n. 10 del 2003, inerente al contributo regionale alla libera scelta educativa per l’anno 2003-2004, i giudici amministrativi salvano il regolamento richiamato sulla base di una norma (art. 39, co. 4) del vecchio statuto piemontese che “consente al legislatore regionale di affidare alla giunta “ogni altra attribuzione” che non sia già prevista in via generale, dalla Costituzione”. Tale disposizione è, secondo il Tar, perfettamente conforme al nuovo testo dell’art. 121, comma 2, ed anche all’art. 123 della Carta, atteso che nessuna di tali norme contiene alcuna “riserva di regolamento” a favore del consiglio, mentre la giurisprudenza costituzionale richiamata dai ricorrenti “non assume alcuna rilevanza nel caso di specie, riguardando l’opposta situazione in cui lo statuto regionale non contenga una norma di tenore analogo al citato art. 39, comma 4, dello statuto piemontese”. In altre parole la clausola residuale che tutto ciò che non è espressamente attribuito al consiglio può essere esercitato dalla giunta, ha “permesso” l’emanazione di regolamenti da parte dell’esecutivo piemontese anche dopo l’arresto generalizzato dell’esercizio della funzione nelle altre regioni.
2. La riscoperta del regolamento: dati e contenuti
Fino alla sentenza n. 313 del 2003 anche le regioni hanno interpretato l’art. 121 Cost. a favore dell’immediata attribuzione alle giunte della potestà regolamentare. In conseguenza di ciò è avvenuta, rispetto al passato e come sopra già evidenziato, una rivalutazione della fonte in esame. I regolamenti dell’esecutivo, infatti, incominciano ad aumentare come dato complessivo, in modo più marcato negli anni 2001, 2002 e 2003. Ammontano, rispettivamente, a 94, 108 e 152, con regioni che registrano un aumento costante (tabella 1). Ad esempio in Lombardia si passa dai 9 del 2001 ai 14 del 2002, fino ad arrivare ai 23 del 2003. Il cambiamento di rotta è notevole se si pensa che in 15 anni (1971-1986) la stessa regione aveva fatto ricorso alle fonti secondarie solo 39 volte. E le medesime conclusioni valgono per il Piemonte che in 26 anni (1972-1999) ha emanato 124 regolamenti e nel periodo 2000-2004 ben 71! Accanto alla Lombardia e al Piemonte, comunque, anche altre regioni ordinarie hanno rivalutato la fonte in esame che, nel 2003, in alcuni casi (Umbria, Liguria, Toscana, Puglia, Basilicata e Campania) è stata utilizzata dalle 12 alle 19 volte.
I dati relativi al numero dei regolamenti adottati nei tre anni indicati, mettono in evidenza che il 13,3% (2001), il 16,1% (2002) e il 22,8% (2003) della produzione normativa complessiva (leggi e regolamenti) delle regioni ordinarie è avvenuta ad opera di regolamenti in maniera crescente: a fronte di 615 leggi, nel 2001 sono stati emanati, infatti, 94 regolamenti, così nel 2002 (563 leggi e 108 regolamenti) e nel 2003 (514 leggi e 152 regolamenti) (4).
Passando, poi, più propriamente a considerare i contenuti dei regolamenti emanati nel periodo 2001-2005 – v. le tabelle dal n. 2 al n. 6 e la tabella riassuntiva n. 7 - risultano più numerosi quelli relativi allo “sviluppo economico e attività produttive” (157), seguiti da quelli relativi al macrosettore “territorio, ambiente e infrastrutture” (114), dal settore “servizi alla persona e alla comunità” (113), dal settore “ordinamento istituzionale” (90) e, infine, da quello relativo alla “finanza regionale” (22). Questo naturalmente in termini assoluti. Se si scende al livello delle singole regioni, nello sviluppo economico, Puglia, Toscana e Lombardia hanno emanato più regolamenti, rispettivamente, 29, 23 e 22; nel settore del territorio, il Piemonte, la Lombardia e la Basilicata con 25, 19 e 17 regolamenti; nel settore dei servizi, il Piemonte e la Puglia, entrambe con 19 regolamenti; nel settore dell’ordinamento istituzionale la Puglia con 14 regolamenti, il Lazio e il Molise con 10 regolamenti. Non sono rilevanti i dati per regione in materia di finanza regionale, dato il totale già molto esiguo. Guardando, poi, all’interno dei macrosettori, appare maggiormente significativa – come si ricava dalla tabella 8 - la prevalenza di alcune materie. In particolare, nel settore dello sviluppo economico, fa la parte del leone la materia agricoltura e foreste con 44 regolamenti, seguita dal commercio, con 35 regolamenti, dalla caccia con 29 regolamenti e dal turismo con 23 regolamenti. Nel settore territorio e ambiente, sono vicini i regolamenti in materia di territorio e urbanistica (27) e quelli relativi alla protezione della natura (25), seguiti da quelli in materia di risorse idriche (16), trasporti (14), opere pubbliche e protezione civile (entrambe con 13 regolamenti). Nel settore dei servizi alla persona, è nettamente prevalente la tutela della salute con 31 regolamenti, seguita dai servizi sociali con 23 regolamenti. Nel settore dell’ordinamento istituzionale predomina la materia personale e amministrazione con 61 regolamenti, mentre nel settore della finanza regionale sono superiori i regolamenti in materia di contabilità (12). I dati relativi alla prevalenza di alcune materie nei primi tre macrosettori sono pienamente coincidenti con quelli evidenziati nella sezione dedicata alla legislazione. Si discostano i dati delle materie comprese nel settore ordinamento istituzionale e, in particolare, quelle relative al personale e all’amministrazione, non solo per una netta prevalenza rispetto alle altre materie, ma soprattutto per essere quasi il doppio delle leggi (61 regolamenti e 38 leggi). Sicuramente questi risultati evidenziano l’attuazione di quel processo di delegificazione di interi ambiti di normativa fatto proprio, da alcune regioni, negli ultimi anni. Infine, altre discordanze con la legislazione si evidenziano disaggregando i dati per macroregioni (tabella 8). Mentre, in termini assoluti, si evidenzia, nell’area del Sud, un maggior utilizzo delle fonti (959 leggi e 193 regolamenti), se si passa all’esame dei macrosettori risultano più numerosi, nell’ordine, i regolamenti relativi allo “sviluppo economico e attività produttive” al Sud e al Centro, rispettivamente con 64 e 45 regolamenti, mentre nell’area del Nord predominano quelli inerenti al “territorio, ambiente e infrastrutture” (54 regolamenti).
Naturalmente il dato quantitativo non deve essere letto in termini assoluti. In numerosi casi, infatti, si tratta di regolamenti di modifica e/o di integrazione di precedenti atti e spesso si tratta di regolamenti dal contenuto microsettoriale e da dimensioni ridotte anche in termini di articoli e commi (5). Nella maggior parte dei casi, poi, l’esercizio della potestà regolamentare ha comportato prevalentemente l’adozione di regolamenti di esecuzione e di attuazione di leggi regionali e in alcuni casi di singole disposizioni. Altre volte i regolamenti sono attuativi di disposizioni legislative e regolamentari statali, molto numerosi prima della modifica del Titolo V ma presenti anche dopo il 2001, soprattutto in attuazione di leggi anteriori alla riforma costituzionale. Pochi regolamenti sono “vincolati” da disposizioni comunitarie (6).
In alcuni casi questi atti, limitandosi ad indicare solo la competenza della giunta, regolano, pur in assenza di una determinazione legislativa di principi e criteri direttivi, in modo esaustivo interi ambiti materiali. Vi sono anche esempi anche di regolamenti indipendenti sganciati, cioè, da qualsivoglia previsione legislativa: si tratta, però, di una produzione regolamentare intesa a disciplinare procedimenti amministrativi piuttosto che a colmare carenze normative. Questi atti, per citare solo qualche esempio riferito alla regione Molise che, insieme alle regioni Marche e Umbria, risulta aver fatto ricorso a tale tipologia di regolamenti (7), contengono disposizioni strumentali all’attuazione di misure di programmazione di attività formative, fissano termini per la conclusione di procedimenti sanzionatori, prevedono modalità di cessione di elaborati cartografici prodotti dalla regione, disciplinano le modalità di emanazione di bandi regionali (8) o fissano le modalità dei controlli relativi all’agevolazione fiscale per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli (9).
3. La convalida dei regolamenti di giunta
Il 2004 è l’anno dell’adeguamento degli ordinamenti regionali alla decisione della Corte costituzionale. Il problema, infatti, era quello di “sanare” i regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003, a rigore tutti illegittimi.
Parte della dottrina aveva in proposito ipotizzato la necessità dell’elaborazione di una norma statutaria per sanare gli atti di giunta emanati nel periodo di vigenza dell’equivoco se non addirittura di anticiparla rispetto all’approvazione degli statuti.
Le regioni hanno, in modi e tempi differenti, fornito una soluzione al problema.
Una prima risposta arriva dalla regione Puglia che preliminarmente approva una mozione (19 dicembre 2003) intesa ad impedire alla giunta l’approvazione di regolamenti in contrasto con lo statuto e successivamente, con l’art. 35 della finanziaria (l.r. n.1 del 2004), provvede a sanare (approvandole) solo due deliberazioni di giunta, rispettivamente, concernenti il piano sanitario regionale e il piano di riordino della rete ospedaliera.
Segue, poi, l’iniziativa della regione Liguria che, nel gennaio 2004, emana un regolamento (n. 1) di adeguamento dell’ordinamento regionale agli effetti della sentenza n. 313 della Corte costituzionale. Il consiglio regionale con l’atto in oggetto convalida, infatti, tutti i regolamenti (20) emanati dalla giunta dal 2001 al 2003.
La regione Marche con l.r. n. 1 del 2004 ha apportato modificazioni alle leggi regionali, approvate dal 2000 al 2003, contenenti disposizioni attributive del potere regolamentare alla giunta. Ha previsto, poi, nella norma transitoria, che i regolamenti già emanati restino in vigore fino a che non siano fatti propri dal consiglio regionale con propria delibera.
La regione Lazio, oltre ad aver operato un primo adeguamento della normativa regionale agli effetti della sentenza n. 313 nella legge finanziaria (n. 2 del 2004), modificando, all’art. 20, una serie di norme di leggi regionali contenenti rinvii espliciti a regolamenti dell’esecutivo, con due successivi regolamenti del consiglio (n. 1 del 2004 e 1 del 2005) ha provveduto a ratificare i 10 regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003.
La regione Emilia-Romagna dedica una disposizione (art. 55) nell’ambito della legge di riforma del sistema amministrativo regionale e locale (l.r. n. 6 del 2004) alla convalida dei regolamenti impropriamente emanati dalla giunta sulla base della legge costituzionale n. 1 del 1999.
Anche la regione Lombardia sceglie la medesima strada della regione Marche emanando una legge ad hoc di modifica di leggi regionali in materia di potestà regolamentare. Infatti, con l.r. n. 12 del 2004 opera, nell’art. 1, la sostituzione delle disposizioni di legge che avevano attribuito tale potestà all’esecutivo e, nella norma finale, salvaguarda l’efficacia dei regolamenti precedentemente approvati dalla giunta medesima. E lo stesso è da dire per la regione Veneto che è intervenuta con l.r. n. 23 del 2004 a modificare 9 leggi regionali - eliminando il riferimento all’esercizio della potestà regolamentare da parte della giunta - e a convalidare 10 regolamenti.
La regione Campania risolve il problema nel 2005. Con il regolamento n. 3, infatti, è intervenuta a convalidare – forse per eccesso di zelo - 82 delibere di giunta, alcune emanate con decreto del presidente, a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale più volte richiamata. Il regolamento sostituisce la deliberazione consiliare di approvazione dei singoli regolamenti.
Infine, anche la regione Piemonte, nonostante la legittimazione ad emanare regolamenti di giunta, individuata dal Tar nella sentenza richiamata nell’introduzione, ha affrontato il problema della convalida dei regolamenti nella II norma transitoria del nuovo statuto, dove espressamente si fanno salvi gli effetti dei regolamenti emanati dalla giunta nel periodo decorrente dall’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1999 fino all’entrata in vigore della carta statutaria.
4. I regolamenti regionali nei nuovi statuti
La titolarità della potestà regolamentare è, ora, disciplinata nelle nuove carte statutarie (10). Nella maggioranza dei casi esse “riabilitano” la giunta; solo in sporadici casi “ripristinano” le attribuzioni del consiglio. Dei nove statuti entrati in vigore (11), infatti, solo quello della regione Marche si è mosso verso quest’ultima direzione (12) , anche se ha previsto la possibilità di delega alla giunta. Gli altri statuti attribuiscono il potere all’organo esecutivo, sia pure con qualche “temperamento”.
Tra gli statuti che assegnano il potere regolamentare all’esecutivo regionale, quelli delle regioni Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana e Umbria, conservano in capo all’organo consiliare l’esercizio della potestà regolamentare delegata dallo Stato nelle materie di propria competenza legislativa esclusiva.
Sul piano procedimentale, nei casi delle regioni Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana e Umbria, è prevista l’approvazione della giunta previo parere obbligatorio della commissione consiliare competente. E’ vero che trattandosi di parere obbligatorio e non vincolante, la giunta potrebbe disattendere i rilievi della commissione ma, in ipotesi siffatta, ne “soffrirebbero” i legami politici con il legislativo. Nel caso delle regioni Emilia-Romagna e Lazio è previsto il parere dell’organo di garanzia statutaria, mentre in Emilia è richiesto il parere, sempre obbligatorio, dell’assemblea legislativa. Nel caso, poi, della regione Puglia, lo statuto prevede che nell’esercizio della potestà regolamentare, la giunta possa avvalersi anche del parere del Consiglio di Stato.
In alcuni statuti, poi, l’attribuzione della potestà regolamentare, oltre che sullo statuto si basa sull’intermediazione della legge regionale. In tal senso si sono mossi in via generale i legislatori del Piemonte e del Lazio, aderendo ad una interpretazione forte del principio di legalità che vuole, di volta in volta, l’autorizzazione, con legge, dell’esercizio del potere regolamentare. In altri statuti, invece, la potestà resta sottoposta al potere del legislatore regionale solo nel caso di regolamenti di delegificazione. Così, ad esempio, oltre che naturalmente nei due statuti richiamati che la prevedono in via generale, anche negli statuti delle regioni Calabria, Puglia e Umbria.
In materia, poi, di competenza degli enti locali, gli statuti della Toscana e dell’Emilia-Romagna prevedono la cedevolezza dei regolamenti regionali la cui applicazione permane, appunto, fino all’entrata in vigore dei regolamenti degli enti locali. Naturalmente questo vale anche per le regioni che non lo hanno previsto in statuto, dati i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sui quali si regge il nuovo impianto costituzionale e, in particolare, il nuovo assetto delle competenze.
5. Considerazioni conclusive
L’analisi svolta in precedenza ha messo in luce una situazione fondata su un equivoco. Le regioni, infatti, fino alla sentenza n. 313 del 2003 hanno interpretato il nuovo art. 121 Cost. a favore della immediata attribuzione ai governi regionali della potestà regolamentare, con un conseguente incremento - nei quattro anni di esercizio “viziato” - della fonte. Il ritorno al consiglio, invece, sembra aver ripristinato quella situazione di ”indifferenza” sulla scelta dello strumento legislativo o regolamentare che ha caratterizzato gli ordinamenti regionali fino alla riforma costituzionale del 1999, ad eccezione (come qui evidenziato nel paragrafo introduttivo) delle regioni Toscana, Marche e Lombardia.
Dall’insieme dei dati raccolti e delle considerazioni svolte emergono alcune tendenze significative.
Innanzitutto, i regolamenti regionali seguono l’andamento delle leggi. Le fonti secondarie non sembrano essere alternative a quelle primarie e, come evidenziato anche nella sezione sulla legislazione, la graduale diminuzione della fonte legislativa, non appare tanto dovuta alla riscoperta dei regolamenti quanto, in massima parte, alle difficoltà delle regioni ad attuare la riforma costituzionale e al ricorso costante a leggi di riordino organico in luogo di una molteplicità di leggine che disciplinavano una sola materia.
In secondo luogo, l’utilizzo del regolamento non è uniforme sul territorio nazionale. Vi sono regioni che fanno ricorso alla fonte in modo marcato, altre in modo episodico e marginale. Se si confrontano i dati della tabella 7, in effetti, con una media di 33 regolamenti a regione, si passa dai 66 regolamenti della Puglia – cui seguono i 64 del Piemonte, i 61 della Lombardia e i 58 della Toscana - agli 11 del Veneto.
In terzo luogo, alla luce di quanto avvenuto nella prassi, è da sottolineare che, al di là dell’aumento del dato quantitativo, i regolamenti intervengono, quasi sempre, a completare, specificare, integrare discipline contenute in settori molto ristretti di materie e si rinvengono pochi esempi di regolamenti “sostitutivi” della legislazione.
Infine, quanto alle prospettive future, l’attribuzione alla giunta, sia pure con un riproporzionamento del potere dell’esecutivo, appare la soluzione più aderente alle modifiche istituzionali già avvenute. Il ricorso alla fonte regolamentare può essere opportuno soprattutto per arginare due fenomeni che da sempre interessano gli ordinamenti regionali. Il primo è quello dell’utilizzo della legge in luogo del regolamento che, soprattutto fino alla riforma dell’art. 121 della Costituzione, era molto diffuso in alcune regioni. Ma che, anche dopo, ha continuato a manifestarsi. Il secondo fenomeno è, poi, quello della proliferazione di atti formalmente amministrativi ma a contenuto generale, i cd. “regolamenti travestiti” (13) che, nel precedente regime costituzionale, ha contribuito ad arginare il monopolio consiliare, ma anche dopo la riforma costituzionale ha continuato a manifestarsi. La progressiva estensione del ricorso ad atti a contenuto generale con valore normativo esterno adottati da organi afferenti all’esecutivo (regolamenti in senso sostanziale, piani, regolamenti assessorili) ha di conseguenza contribuito a restringere la regolazione legislativa. Questi atti non disciplinati sotto il profilo procedurale e dei limiti – e spesso nemmeno pubblicati - producono effetti rilevanti dal punto di vista delle garanzie istituzionali e delle posizioni soggettive e, pertanto, bisognerebbe evitarne l’emanazione. Sicuramente i nuovi statuti, con l’attribuzione alla giunta del potere regolamentare, sia pure con qualche temperamento, hanno chiuso una partita aperta, in primo luogo, dalla riforma costituzionale del 1999 e, successivamente, dalla decisione della Corte costituzionale più volte richiamata.
NOTE
(1) Più nel dettaglio, per la ricostruzione dell’intera vicenda, cfr. L. RONCHETTI, I regolamenti regionali, in ISSiRFA-CNR, Secondo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2003), Milano, Giuffrè, 2004, p. 274 e ss.
(2) Nel corso dell’anno solo le giunte delle regioni Calabria, Lazio e Puglia hanno ripreso ad emanare regolamenti a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi statuti. I regolamenti di consiglio indicati nella tabella 1 per il Lazio nel 2004 e nel 2005 sono quelli di ratifica dei regolamenti di giunta emanati dal 2000 al 2003. Alle iniziative delle giunte richiamate sono seguite, a partire dalla regione Toscana nel marzo 2005, quelle delle altre regioni che hanno attribuito, nei nuovi statuti, l’esercizio della competenza regolamentare agli esecutivi (v. infra, par. 4).
(3) Tar Piemonte, sez. II, n. 1272/2004, in issirfa.cnr.it>la giurisprudenza amministrativa>anno 2004.
(4) Se a questi dati si sommano anche quelli relativi alle regioni speciali ed alle province autonome, il ricorso alla fonte secondaria risulta essere ancora più rilevante. Sempre con riferimento ai tre anni indicati, cfr. A.G. ARABIA, Aspettando gli statuti: i regolamenti regionali per le attività produttive tra riforme e prassi, in ISSiRFA-CNR, Regioni e attività produttive. Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, 2003, Milano, Giuffrè, 2004, p. 25 e ss.
(5) Non mancano, però, alcune eccezioni. Cfr. ad esempio, due regolamenti della regione Toscana, il primo del 2003 (n. 47) e l’altro del 2004 (n. 13), entrambi di ampie dimensioni in termini di articoli (95) e commi, rispettivamente, 349 e 362. Si tratta, però, di due testi unici. Il primo, dei regolamenti regionali di attuazione della l.r. n. 3 del 1992, in materia di protezione della fauna omeoterma; il secondo, frutto di una vasta delegificazione operata dalla l.r. n. 32 del 2002, in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro.
(6) Nel dettaglio si rinvia ai dati, comprensivi anche delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome, riportati in Camera dei Deputati – Osservatorio sulla legislazione, Rapporti sulla legislazione 2002 e 2003. In particolare, cfr. le tabelle 4b dell’Appendice allegata alla parte su Tendenze e problemi della legislazione regionale, per il 2002 p. 377, per il 2003 p. 434.
(7) A.G. ARABIA, Riordino normativo e qualità della legislazione, in Camera dei deputati – Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2002 sullo stato della legislazione, Roma, 2003, p. 244.
(8) Cfr. regolamenti Molise nn.4, 7 e 8 del 2001; n. 2 del 2001; 5 del 2001 e 2 del 2003.
(9) Cfr. regolamento Umbria n. 1 del 2003.
(10) Per una disamina delle disposizioni statutarie sulla tipologia delle fonti, cfr. il dossier I nuovi statuti regionali: lo stato dell’arte e, in particolare, il capitolo di P. GARRO, in consiglio.regione.toscana.it>oli>pubblicazioni.
(11) Al maggio 2005 sono entrati in vigore: l.r. Calabria 19 ottobre 2004, n. 25; l.r. Emilia-Romagna 31 marzo 2004, n 13; l. statutaria Lazio 11 novembre 2004, n. 1; l. statutaria Liguria 3 maggio 2005, n. 1; l. statutaria Marche 8 marzo 2005, n. 1; l.r. statutaria Piemonte 4 marzo 2005, n. 1; l.r. Puglia 12 maggio 2004, n. 7; statuto Toscana 11 febbraio 2005; l.r. Umbria 16 aprile 2005, n. 21.
(12) Sembrano mantenere la potestà regolamentare in capo al consiglio anche le regioni Abruzzo e Campania che, prima della fine delle legislatura, avevano approvato, in prima lettura, la loro deliberazione legislativa statutaria.
(13) A. D’ATENA, Introduzione, Tendenze e problemi della legislazione regionale, in Camera dei deputati-Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2002, cit, p.. 227.
Tabelle allegate
1. Regolamenti regionali di Giunta e Consiglio – Anni 2001-2005
2. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2001
3. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2002
4. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2003
5. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2004
6. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – anno 2005
7. Numero dei regolamenti per settori organici e per regione – Anni 2001-2005
8. Classificazione dei regolamenti per macrosettori e profilo delle materie (anni 2001-2005)