1. L’accesso al giudizio in via principale e la ratio delle regole sulla legittimazione ad agire.
La giurisdizione costituzionale non ha carattere generale. Essa è limitata alle ipotesi tassativamente previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali, (art. 137 Cost.).
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, alle Regioni (e alle Province autonome di Trento e Bolzano) è dischiuso l’accesso al giudizio in via principale contemplato dall’art. 127 Cost., soltanto limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale relative alla lesione della competenza regionale (o provinciale), diversamente dallo Stato, che è legittimato a promuovere una qualsiasi questione di legittimità costituzionale (1).
La corrispondenza fra affermazione della titolarità della situazione per la quale si chiede tutela e legittimazione ad agire, costituisce anche nei processi comuni la regola generale (2).
Le regole sulla legittimazione ad agire hanno lo scopo di tutelare il soggetto passivo dell’azione dal coinvolgimento in processi inutili perché aventi per oggetto una questione che in essi non è consentito decidere. La mancanza della legittimazione è perciò sanzionata con l’inammissibilità del ricorso, sicché la decisione del giudizio non produce nessun effetto sostanziale nei confronti del destinatario passivo di un’azione intrapresa da un soggetto che non sia parte del rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Inutile e destinato a concludersi con una decisione di inammissibilità, quindi, sarebbe un giudizio in via principale ad iniziativa regionale su una questione di legittimità costituzionale di un atto non invasivo della competenza regionale. Del tutto estraneo alla ratio e agli effetti della regola limitativa della legittimazione ad agire, peraltro, è qualsiasi effetto limitante la pretesa all’integrità della sfera di competenza (3). La limitazione della legittimazione delle Regioni trova la sua giustificazione anche nell’opportunità di contenere il già elevatissimo contenzioso costituzionale dovuto alla mancanza di adeguate sedi di composizione politica delle controversie fra Stato e Regioni (4).
L’interesse ad agire, invece, esprime l’esigenza che il ricorso al giudice costituzionale sia per il ricorrente uno strumento necessario per evitare la lesione della situazione giuridica di cui è titolare. Esso trova la sua giustificazione nell’opportunità di evitare lo spreco di attività processuali (5). Peraltro, con riferimento ai processi come il giudizio in via principale, che hanno uno scopo di carattere obiettivo — nonostante la loro struttura contenziosa (6) — si è registrata nella giurisprudenza costituzionale una certa tendenza alla sovrapposizione della legittimazione e dell’interesse ad agire, nel senso che data la legittimazione si è riconosciuto l’interesse all’azione, conseguentemente in tali casi non è stata richiesta al ricorrente la dimostrazione del suo specifico interesse alla decisione. C’è stata, talvolta, anche una indebita confusione terminologica fra le due categorie (7).
I requisiti per la valida costituzione del rapporto processuale nei giudizi in via principale (così come in ogni altro processo costituzionale) concorrono a definire l’ambito nel quale è dischiuso l’accesso al sindacato di costituzionalità, sicché la loro interpretazione è importante anche per definire il ruolo assegnato al giudice costituzionale nell’ordinamento, nonché il ruolo che compete allo Stato e alle Regioni come “tutori” della legalità costituzionale.
Tenuto conto dei rilievi svolti, la determinazione della legittimazione delle Regioni richiede la precisazione del concetto di “lesione della competenza regionale”. Prima di procedere ad esaminare i due termini — “lesione” e “competenza” — dai quali dipende la legittimazione ad agire delle Regioni nel giudizio in via principale, conviene soffermarsi brevemente sul concetto di sostituzione processuale, poiché, come sarà chiarito successivamente, esso è utile a cogliere la questione che ci occupa dal lato negativo, nel senso che laddove le Regioni pretendessero promuovere un giudizio in via d’azione dinnanzi alla Corte costituzionale su una questione che non riguarda una lesione della competenza di cui si affermino titolari, esse intenderebbero comportarsi come dei sostituti processuali, ciò che di regola non è loro consentito dalla legge processuale (fatte salve, quindi, eventuali eccezioni).
 
2. La sostituzione processuale.
Come anticipato, la corrispondenza fra affermazione della titolarità della situazione per la quale si chiede tutela e legittimazione ad agire, costituisce anche nei processi comuni una regola generale. Eccezionale è, invece, l’ipotesi in cui il legislatore — per la rilevanza degli interessi pubblici coinvolti o per altre ragioni — avverte la necessità di riconoscere la legittimazione ad agire ad un soggetto che non si affermi titolare della situazione fatta valere in giudizio, ma agisca come sostituto processuale del titolare (8). Talora ricondotta al fenomeno della sostituzione processuale è la legittimazione ad agire delle Regioni secondo l’art. 32, secondo comma, della l. 87/1953. Tale disposizione prevede che
 
La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente forza di legge impugnati.
 
L’ipotesi che la disposizione appena citata possa essere ricondotta alla categoria della sostituzione processuale, secondo un’opinione dottrinale, parrebbe di recente avvalorata dalla giurisprudenza costituzionale poiché Corte costituzionale ha affermato che:
 
le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato il principio che la suddetta legittimazione sussiste in capo alle Regioni, in quanto «la stretta connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004) per far valere nel giudizio in via principale la lesione delle attribuzioni degli enti locali (9).
 
Tuttavia, la possibilità di ravvisare una sostituzione processuale non appare conseguenza certa delle affermazioni della Corte, che potrebbero essere intese anche nel senso che l’affermazione di una lesione della competenza regionale (non necessariamente legislativa) è sempre requisito necessario della legittimazione regionale; d’altra parte quest’ultima eventualità ricorre tipicamente in caso di lesione della competenza degli enti locali, sicché affermare la lesione delle attribuzioni in materia finanziaria degli enti locali equivale ad affermare anche la lesione delle competenze regionali, (ma allora non si discute di sostituzione processuale) (10).
Per chiarire il confine fra legittimazione ordinaria e legittimazione straordinaria (quanto meno di regola) non consentita alle Regioni, occorre ora chiarire il concetto di “competenza” e quello di “lesione”.
 
3. Precisazione del concetto di “competenza”.
La “competenza” è una categoria che interessa una molteplicità di settori dell’ordinamento (11). Nell’affermazione della titolarità di una competenza, quale requisito della legittimazione ad agire regionale, il concetto viene in considerazione nel suo significato generale. L’affermazione della titolarità della situazione fatta valere in giudizio, diversamente da quanto accade con riferimento ai processi comuni, con riferimento alla competenza non è di immediata evidenza, perché essa non è un “bene” (12) che si lascia identificare rapidamente con lo sguardo, è un potere, una riserva di potere, un potenziale di attività che tende alla sua più compiuta realizzazione (13), ma che non esiste da solo, perché le competenze dei diversi soggetti dell’ordinamento reciprocamente si delimitano. Le regole di ripartizione della competenza, infatti, differenziano e misurano il potere pubblico secondo corrispondenti titoli, limitandolo e rendendolo giustiziabile relativamente alla sua esistenza ed estensione (14).
Occorre poi considerare che la competenza è anche prerogativa di decisione (15). Negli ordinamenti democratici a struttura pluralistica, laddove non esiste “una verità” ma “c’è spazio per una decisione politicamente controversa”, la legittimazione alla decisione deriva dalla competenza (16). L’attribuzione della competenza è stabilita dalle disposizioni costituzionali in base alla valutazione del soggetto astrattamente più idoneo alla realizzazione dell’interesse pubblico e alla garanzia dei diritti dei cittadini, (artt. 5, 116, 117, 118, 123 Cost.). L’attribuzione della competenza, invero, mai è fine a se stessa. La titolarità della competenza, peraltro, non è di per sé sufficiente alla qualificazione di una decisione come “giusta” nel senso di conforme a Costituzione. La disposizione sulla competenza indica chi ha il potere, non quale possa o non possa essere il contenuto dell’atto conforme alle disposizioni che regolano la titolarità della competenza. L’esercizio della competenza deve rispettare i limiti e i vincoli stabiliti per l’esercizio del potere attribuito, come espressamente statuito dall’art. 117, I comma, Cost. Questo dato complica la questione. In altri termini, non è compito essenziale delle norme sulla competenza stabilire quale sia l’interesse pubblico o quali siano i diritti dei cittadini. Questo è lo scopo essenziale delle c.d. “norme sostanziali”. Tuttavia il rispetto di queste ultime non sempre è del tutto indifferente per la titolarità della competenza. Conviene approfondire le due categorie di norme e le relazioni che tra di esse possono istituirsi (17).
 
4. La distinzione fra norme “competenziali” e norme “sostanziali”.
Come anticipato, le disposizioni giuridiche che ripartiscono il potere pubblico sono indicate come norme sulla competenza o competenziali. Loro scopo è stabilire chi ha il potere di adottare le decisioni in una determinata sfera della realtà, senza statuire sul loro contenuto, lasciato al libero confronto politico, ma nel rispetto della Costituzione, dei vincoli di diritto internazionale e sovranazionale (art. 117, I comma, Cost.). Esse sono in questo senso considerate norme formali e indicate come ipotetiche (poiché riferite anche a situazioni giuridiche potenziali), in contrapposizione alle disposizioni sostanziali, che statuiscono su situazioni soggettive in atto e che in tal senso sono norme categoriche (18).
Le norme competenziali definiscono le relazioni fra lo Stato e le Regioni (e gli altri enti autonomi) attraverso regole giuridiche che riguardano, ad esempio, l’oggetto delle competenze (i c.d. titoli o materie) o la forma del loro esercizio (esclusiva, concorrente, “residuale”) (19). Esse creano così quei reciproci rapporti di competenza fra Stato e autonomie che rappresentano il presupposto sostanziale di una valida costituzione del “rapporto processuale” (20) nel giudizio in via principale, richiesto dal requisito della legittimazione ad agire. Si comprende, allora, perché secondo la giurisprudenza (21) invocare la lesione di un parametro competenziale soddisfa di per sé quest’ultimo requisito (salvo poi verificare nel merito la effettiva sussistenza della lesione soltanto “affermata”, ciò che è sufficiente a integrare la legittimazione ad agire) (22).
Se la distinzione fra norme competenziali e norme sostanziali è utile per la precisazione del concetto di competenza e quindi per l’individuazione dell’oggetto tutelato nel giudizio in via principale, essa, tuttavia, non sottende alcuna rigida separazione fra le disposizioni costituzionali o fra le parti della Costituzione in cui esse sono rispettivamente collocate. Anzi, secondo il principio di unità della Costituzione l’interpretazione delle disposizioni sui diritti e l’interpretazione delle altre norme sostanziali influenza l’interpretazione delle norme competenziali e viceversa (23). Inoltre, come sarà evidenziato, talvolta si osservano intrecci fra le due tipologie di norme perché una disposizione sulla competenza dà rilevanza a una disposizione sostanziale quale elemento costitutivo della fattispecie attributiva del potere ovvero perché costituisce un limite suo limite negativo.
Per la rilevanza che talvolta le norme sostanziali assumono per la delimitazione della competenza, non si può escludere, quindi, che lo Stato violi la competenza regionale attraverso e nell’esercizio di una sua propria competenza (24) , sicché in simili casi per l’“affermazione” di una lesione della competenza regionale non è sufficiente l’indicazione del solo parametro attributivo della competenza regionale. In simili situazioni, la lesione deriva dal modo in cui lo Stato ha esercitato la sua competenza (25) e dipende dalla violazione anche di parametri diversi da quelli attributivi della competenza. La giurisprudenza della Corte costituzionale qualifica questo tipo di lesione come “lesione indiretta” della competenza o la indica come ipotesi di “ridondanza” della violazione (della norma extra-competenziale) in lesione della sfera di autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale (26). “Ridondare” significa “sovrabbondare”, “eccedere”, “traboccare…”! (27). Si tratta di un’espressione inadeguata, nella sua imprecisione, a identificare il rapporto sostanziale che è il necessario presupposto della valida costituzione del rapporto processuale fra Stato e Regione nel giudizio in via principale promosso su iniziativa regionale. Resta indeterminato anche il concetto di “lesione indiretta”. Quest’ultimo ci indica una caratteristica della lesione, non quando essa si produce. Non sorprende, perciò, la mancanza di coerenza della giurisprudenza nell’applicazione delle anzidette “categorie”, della quale l’imprecisione terminologica è segno premonitore (28).
Una maggiore attenzione ai presupposti sostanziali del rapporto processuale può contribuire a chiarire la questione. In questa prospettiva, il problema che ci occupa può essere riformulato nei seguenti termini: se scopo delle norme competenziali è individuare il titolare del potere, perché e come una norma sostanziale può assumere in concreto rilevanza nella reciproca delimitazione delle sfere di competenza?
 
5. Il significato costituzionale delle competenze come presupposto concettuale della “lesione di competenza”.
La ragione per la quale le norme sostanziali possono essere rilevanti per l’individuazione della sfere di potere risiede nella funzione costituzionale delle competenze.
Le norme competenziali sono necessariamente norme di organizzazione. Esse canalizzano il potere nei fini che ci si attende siano assicurati o comunque perseguiti dai poteri pubblici, tenuto conto dell’esigenza di evitare duplicazioni, con inutile dispendio di risorse e pregiudizievoli interferenze e sovrapposizioni. Laddove alla stregua del diritto sostanziale il perseguimento di un fine pubblico sia almeno in certa misura doveroso, il suo mancato conseguimento ingenera anche responsabilità. Il potere pubblico è attribuito per la cura degli interessi pubblici e per la garanzia dei diritti dei cittadini ed è ripartito secondo criteri funzionali alla loro migliore soddisfazione, sicché la rilevanza delle norme competenziali trascende il profilo meramente organizzativo e assume una valenza specifica anche per la tutela dei diritti, per il perseguimento degli interessi pubblici e, quindi, per la realizzazione degli obiettivi dell’ordinamento costituzionale (29).
Ledere una competenza significa precludere l’esercizio del potere, significa frustrarne la funzione che è diretta alla garanzia dei diritti o alla realizzazione dell’interesse pubblico.
Tutelare il potere significa tutelare gli interessi cui è finalizzato, non (o non soltanto) l’astratta titolarità, ma la concreta futura possibilità del suo svolgimento conforme a Costituzione o il già avvenuto esercizio. Questo è il valore e il significato della garanzia costituzionale delle competenze, che giustifica l’istituzione di un’apposita sede di controllo della legittimità costituzionale a tutela delle competenze.
Proprio per il significato costituzionale delle competenze, la loro violazione non ha una rilevanza meramente formale e dà luogo a una questione di legittimità costituzionale (art. 127 Cost.) che introduce nel giudizio in via principale questioni di diritto sostanziale nella misura in cui sono le norme competenziali a dare ad esse rilevanza nella reciproca delimitazione delle sfere di potere. La riforma del Titolo V della Costituzione ha esteso (almeno sulla Carta) le competenze delle Regioni relative alla garanzia dei diritti, sicché il giudizio in via principale non può essere indifferente a quest’evoluzione (30) e sollecita il definitivo superamento della rigida distinzione fra “Corte dei diritti” e “Corte dei poteri”.
 
6. Le norme sostanziali come elemento costitutivo della fattispecie competenziale: esemplificazione.
La connessione fra norme competenziali e norme sostanziali si ha quando la fattispecie costitutiva della competenza crea una “dipendenza” fra due sfere di potestà che fa riferimento anche a una norma costituzionale sostanziale, sicché l’esercizio conforme a quest’ultima della competenza “principale” delimita le potenzialità di estensione dell’altra. Si pensi alla competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, II comma, lett. m) in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali garantiti in tutto il territorio statale. Tale disposizione circoscrive la potestà legislativa statale e corrispondentemente la residuale potestà regionale. La correlazione fra potestà legislativa e garanzia dei diritti crea fra la competenza statale e la competenza regionale un’interdipendenza nei contenuti che è inscindibile rispetto alla interdipendenza relativa alla reciproca delimitazione delle sfere di potestà legislativa. Ne consegue che l’esercizio della potestà legislativa statale in contrasto con i diritti dei cittadini o con altre disposizioni sostanziali determina una lesione anche della competenza regionale, poiché restringe (incostituzionalmente) le potenzialità del suo esercizio, lo preclude (come si è illustrato la competenza è attività in potenza). D’altra parte, la norma competenziale non può essere intesa nel senso che la potestà regionale possa risultare delimitata anche attraverso l’esercizio di potere statale in contrasto con la Costituzione. Questo tipo di questione si è concretamente posta, ad esempio, quando alcune Regioni assumevano la pericolosità della terapia elettroconvulsivante e la vietavano ritenendola contraria all’art. 32 cost., mentre lo Stato considerava la medesima terapia un livello essenziale del medesimo diritto, secondo l’interpretazione accolta dalla Corte costituzionale (31).
L’effetto di delimitazione non può che essere riconosciuto soltanto allo svolgimento conforme a Costituzione della potestà che circoscrive l’estensione della competenza “dipendente”, poiché la Costituzione non può voler ricollegare effetti costitutivi dell’ordine delle competenze ad atti incostituzionali. Tuttavia, le norme incostituzionali sono medio tempore efficaci; d’altra parte è vietato alle Regioni (come allo Stato) risolvere in via di autotutela, rectius in via unilaterale, i conflitti costituzionali (32).Ne consegue che laddove le prerogative inerenti a una sfera di competenza siano limitate da una disciplina incostituzionale perché esercitata in contrasto con le norme sostanziali che la regolano, il titolare della competenza “dipendente” deve ritenersi legittimato a far valere la violazione di norme sostanziali nel giudizio in via principale, a tutela della propria sfera di competenza. Ove la disciplina impugnata risulti incostituzionale essa è “plurioffensiva” (“ridondante” nella terminologia della giurisprudenza costituzionale) poiché insieme alle norme sostanziali viola anche la sfera di competenza del ricorrente. La disciplina impugnata sarà lesiva dell’altrui sfera di competenza e incostituzionale, benché deliberata dal legislatore competente.
L’ipotesi più generale di connessione fra norme competenziali e norme sostanziali si osserva nella potestà legislativa concorrente, dove la riserva allo Stato della determinazione dei principi fondamentali al tempo stesso circoscrive anche le potenzialità di esercizio della potestà regionale: quest’ultima non può svolgersi in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dallo Stato, ma lo Stato non può pretendere di circoscriverla dettando principi incostituzionali (33). Questi ultimi, tuttavia, alle condizioni precisate nella giurisprudenza già citata, talvolta possiedono immediata efficacia abrogativa della legge regionale incompatibile.
A sostegno della legittimazione regionale, la dottrina reclama la giusta aspettativa regionale ad essere liberata dal “vincolo a compiere atti incostituzionali” (34). Ci sembra, invece, che la pretesa di delimitare l’esercizio della potestà regionale con discipline incostituzionali, se non accompagnata dall’espressa previsione di un obbligo di esercitare la loro competenza, non determini per le Regioni alcun vincolo, bensì una semplice preclusione allo svolgimento delle prerogative inerenti alla loro competenza.
Si ha una connessione fra norma competenziale e norma sostanziale anche laddove la Costituzione collega a una competenza una determinazione di scopo legislativa, cioè indirizza l’esercizio della potestà attribuita al conseguimento di un obiettivo. Le determinazioni di scopo legislative hanno carattere vincolante per i soggetti pubblici che ne sono destinatari e fondano corrispondenti doveri di protezione. Benché esse di regola non fondino autonomi diritti, poiché non conferiscono ai singoli pretese giustiziabili relative a un predeterminato bene o a un interesse, non è escluso che possano collegarsi alla concretizzazione di diritti costituzionali che necessitano per realizzarsi di prestazioni pubbliche (35). Ne è un esempio l’art. 117, VII comma Cost. che attribuisce alle leggi regionali il compito di rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e di promuovere la parità di accesso tra donne e uomini nelle cariche elettive. Si tratta di compiti che concretizzano il diritto alla eguaglianza sostanziale. Ove lo Stato nell’esercizio delle proprie competenze violasse tali disposizioni con l’effetto di precludere o di privare di efficacia l’esercizio della potestà legislativa regionale secondo le finalità indicate dall’art. 117, VII comma, Cost., le Regioni dovrebbero ritenersi legittimate a far valere la lesione della propria competenza per effetto del contrasto con disposizioni aventi carattere sostanziale (36).
 
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(1) Sul tema della legittimazione ad agire delle Regioni costituiscono un punto di riferimento essenziale per ogni riflessione, i contributi di F. Drago, I ricorsi in via principale nel quadro del novellato Titolo V, in Federalismi.it, 11 aprile 2003; C. Padula, L’asimmetria nel giudizio in via principale, Cedam, 2005, E. Malfatti, Le regioni e gli enti locali, in L’accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive di un modello, a cura di R. Romboli, ESI, 2006, 138 ss., I. Sigismondi, La riforma del giudizio di costituzionalità in via principale, nell’ambito della revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione, in Trasformazioni della funzione legislativa, a cura di F. Modugno, P. Carnevale, Jovene, 2008, p. 337 ss., A. Cerri, Corso di giustizia costituzionale, Giuffrè, IV ed., 2008, p. 296 ss.nonché i contributi raccolti in I ricorsi in via principale, Atti del Seminario Svoltosi in Roma Palazzo della Consulta, 19 novembre 2010, Giuffrè, 2011, in particolare, C. Salazar, Politicità e asimmetria nel giudizio in via principale: un binomio in evoluzione?, p. 45 ss., E. Rossi, Parametro e oggetto nel giudizio in via principale: riflessi processuali della caotica produzione normativa statale e possibili rimedi, p. 129 ss., M. D’Amico, Il giudizio davanti alla Corte e gli effetti delle decisioni, p. 191 ss.; M. Cecchetti, La “ridondanza” tra mitologia e realtà. Vizi deducibili e legittimazione delle Regioni a difendere le proprie attribuzioni costituzionali contro gli atti legislativi dello Stato, p. 279 ss. Come sarà illustrato più avanti, è controverso se la legittimazione ad agire delle Regioni debba intendersi estesa a promuovere le questioni di costituzionalità relative alla violazione delle competenze degli enti locali indipendentemente dalla prospettazione di una violazione della competenza regionale, secondo la previsione dell’art. 32, II comma, della l. 87/1953
(2) A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Jovene, 2012, p. 292 ss.
(3) Sull’esigenza che le regole sulla legittimazione garantiscano la possibilità di una tutela effettiva delle sfere di competenza si vedano i contributi di C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit., nonché i contributi di C. Salazar, Politicità…, 2011, cit., E. Rossi, Parametro…, 2011, cit., M. D’Amico, Il giudizio…, 2011, cit., M. Cecchetti, La “ridondanza”…, 2011, cit.
(4) Su questo aspetto si veda E. Gianfrancesco, Il giudizio in via principale oggi: prevenire è meglio che reprimere sì, ma come?, in I ricorsi…, 2011, cit.,anche per la proposta di ipotesi di soluzione dell’eccessiva e spesso inutile conflittualità sottoposta all’esame della Corte costituzionale.
(5) Sulla legittimazione e sull’interesse ad agire, oltre agli Autori citati alla nota 1, G. Conti, L’interesse al processo nella giustizia costituzionale, Giappichelli, 2000. Sono di notevole interesse, inoltre, gli studi della dottrina tedesca, che esamina sempre con rigore le questioni teoriche del processo costituzionale, cfr. E. Benda, E. Klein, O. Klein, Verfassungsprozessrecht, C. F. Müller, 2012, p. 121 ss., p. 422 ss., per la distinzione fra interesse e legittimazione ad agire.
(6) Anche di recente la Corte costituzionale lo ha ribadito, cfr. ordinanza 107/2010, laddove precisa che è scopo del giudizio in via principale la «tutela di un obiettivo interesse generale», sicché considera ammissibile un’istanza cautelare promossa da una Giunta regionale dimissionaria; l’ordinanza cita la precedente sentenza 119/1966; per un commento all’ordinanza 107/2010, cit., di P. Vipiana, La prima pronuncia della Corte costituzionale sul merito di un’istanza di sospensiva delle leggi, in www.forumcostituzionale.it, dicembre 2010 e in una versione riveduta dall’Autrice, in Le Regioni, 2011, p. 1339 ss., con nota di A. Gragnani, La tutela cautelare nella giustizia costituzionale: la Corte costituzionale e le obiezioni di Carl Schmitt, in www.forumcostituzionale.it, febbraio 2011 e in Giur. cost., 2011, p. 3965 ss.
(7) È significativo osservare che ciò è contestualmente avvenuto nell’esperienza italiana, sulla quale C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit., p. 173 ss., e in quella tedesca, cfr. E. Benda, E. Klein, O. Klein, Verfassungsprozessrecht, 2012, cit., p. 422.
(8) A. Proto Pisani, Lezioni…, 2012, cit., p. 292 ss.
(9) Corte costituzionale, sentenza 16 novembre 2009, n. 298.
(10) Sulla sentenza 298/2009, cit., G. Di Cosimo, Se le Regioni difendono gli enti locali davanti alla Corte, in Le Regioni, 2010, p. 875 ss., sul fenomeno della sostituzione processuale delle Regioni agli enti locali, C. Salazar, Politicità…, 2011, cit., p. 45 ss., E. Rossi, Parametro…, 2011, cit., M. D’Amico, Il giudizio…, 2011, cit.; cauta sulla pur plausibile possibilità di ravvisare una sostituzione processuale è la posizione di A. Pertici, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2008-2010), Giappichelli, 2011, p.119, p. 156 ss., il quale ricorda anche che tale qualificazione è stata impiegata dal Presidente della Corte costituzionale nella relazione su La giurisprudenza costituzionale del 2005.
(11) Sul concetto di competenza e quindi sul vizio di incompetenza, F. Modugno, Legge (vizi della), in Enc. dir., XXIII, 1973, con riferimento al diritto amministrativo, A. Pioggia, La competenza amministrativa, Giappichelli, 2001; nella letteratura tedesca, C. Pestalozza, Der Garantiegehalt der Kompetenznorm, in Der Staat, 1972, p. 161 ss., R. Stettner, Grundfragen ein Kompetenzlehre, Dunckler & Humblot, 1983, B. Pieroth, Materiale Rechtsfolgen grundgesetzlicher Kompetenz- und Organisationsnormen, in AöR 114 (1989), p. 422, J. Isensee, Die bundesstaatliche Kompetenz, in HBStR, vol. VI, a cura diJ. Isensee, P. Kirchhof, Müller, 2008,p. 455 ss., K. F. Gärditz, Grundrechte im Rahmen der Kompetenzordnung, in HBStR, vol. VI, 2008, cit., p. 225 ss.
(12) Con riferimento a questioni diverse dalla legittimazione ad agire, osserva che le competenze non sono beni J. Isensee, Die bundesstaatliche Kompetenz…, 2008, cit.
(13) Su questa tendenza di ogni funzione pubblica, F. Benvenuti, Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., Giuffrè, 1959.
(14) Per un esame teorico del concetto di materia, S. Mangiameli, Le materie di competenza regionale, Giuffrè, 1992.
(15) Sono queste alternative definizioni proposte dagli Autori indicati nella nota che precede.
(16) R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., J. Isensse, Die bundesstaatliche…, 2008, cit.
(17) R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., B. Pieroth, Materiale Rechtsfolgen…, 1989, cit., J. Isensse, Die bundesstaatliche…, 2008, cit., K. F. Gärditz, Grundrechte…, 2008, cit.
(18) Ancora per queste precisazioni C. Pestalozza, Der Garantiegehalt…, 1972, cit.,R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., B. Pieroth, Materiale Rechtsfolgen J. Isensse, Die bundesstaatliche…, 2008, cit., K. F. Gärditz, Grundrechte…, 2008, cit.
(19)Tipologia prevista dalla Costituzione ma che attualmente nella giurisprudenza costituzionale ha una valenza precettiva solo “tendenziale”, cfr. di recente sul tema, S. Mangiameli, La nuova parabola del regionalismo italiano: tra crisi istituzionale e necessità di riforme, in questa Rivista, ottobre 2012, p. 5 e ss.
(20) Il concetto di “rapporto processuale” è di ordinario impiego nella letteratura e giurisprudenza costituzionale tedesca, cfr. E. Benda, E. Klein, O. Klein, Verfassungsprozessrecht, 2012, cit., ma si trova anche nella letteratura italiana, cfr. A. Cerri, Corso…, 2008, cit., p. 296 ss.
(21) C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit., nonché i contributi di C. Salazar, Politicità…, 2011, cit., E. Rossi, Parametro…, 2011, cit., M. D’Amico, Il giudizio…, 2011, cit., M. Cecchetti, La “ridondanza”…, 2011, cit.
(22) Secondo un criterio comune a diversi sistemi processuali, A. Proto Pisani, Lezioni…, 2012, cit.
(23) R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., ricorda in porposito il contributo di F. Müller, Die Einheit einer Verfassung. Elemente einer Verfassungstheorie, Duncker und Humblot, 1979.
(24) Sul tema, C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit., M. Cecchetti, La “ridondanza”, 2011, cit.
(25)C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit., p. 265 ss.
(26) M. Cecchetti, La “ridondanza”, 2011, cit.
(27) Cfr. N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, 2005.
(28) Per un esame della giurisprudenza e delle sue contraddizioni, M. Cecchetti, La “ridondanza”…, 2011, cit.
(29) C. Pestalozza, Der Garantiegehalt…, 1972, cit.,R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., B. Pieroth, Materiale Rechtsfolgen J. Isensse, Die bundesstaatliche…, 2008, cit., K. F. Gärditz, Grundrechte…, 2008, cit., con riferimento al diritto amministrativo, A. Pioggia, La competenza…, 2001, cit.
(30) G. Zagrebelsky, V. Marcenò, La giustizia costituzionale, Mulino, 2012, p. 333 ss. Per una visione di insieme che tiene conto anche dei rapporti fra le differenti competenze della Corte costituzionale S. Cassese, La giustizia costituzionale in Italia: lo stato presente, in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, p. 603 ss.
(31) Cfr. Corte costituzionale, sentenza 282/2002, relativamente alla valutazione della pericolosità delle terapie vietate dalla legge regionale, con note di V. Molaschi, «Livelli essenziali delle prestazioni» e corte costituzionale: prime osservazioni e A. Gragnani, Principio di precauzione, libertà terapeutica e ripartizione di competenza fra Stato e Regioni, in Foro it., 2003. c. 398 ss.
(32) R. Bin, Sulle leggi «di reazione», in Le Regioni, 2004, p. 1374 ss., A. Gragnani, La tutela cautelare nella giustizia costituzionale, Aracne, 2012, con riferimento ai riflessi delle questioni relative alla legittimazione ad agire sull’interpretazione dei presupposti della tutela cautelare nel giudizio in via principale.
(33) Ancora sul tema, C. Padula, L’asimmetria…, 2005, cit.
(34) M. Cecchetti, La “ridondanza”…, 2011, cit
(35) C. Pestalozza, Der Garantiegehalt…, 1972, cit., R. Stettner, Grundfragen…, 1983, cit., B. Pieroth, Materiale Rechtsfolgen J. Isensse, Die bundesstaatliche…, 2008, cit., K. F. Gärditz, Grundrechte…, 2008, cit.
(36) Per questo esempio con riferimento alla problematica della legittimazione regionale all’istanza cautelare, A. Gragnani, La cognizione cautelare nel processo costituzionale: l’esperienza del Tribunale costituzionale federale tedesco, in Riv. Dir. Cost., 2005, p. 157 ss., p. 164 ss.

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